L’indagine sulle presunte spese pazze di Mifsud

Il misterioso docente maltese, coinvolto nel Russiagate, è finito sotto la lente per un buco di decine di migliaia di euro. Viaggi e telefonini: gli acquisti nel mirino della procura di Agrigento.

La procura di Agrigento indaga sulle presunte spese pazze di Joseph Mifsud, il misterioso docente maltese coinvolto nel Russiagate, scomparso dai radar da fine 2017, che per alcuni anni è stato presidente del Consorzio universitario della Città dei Templi. I reati ipotizzati nel fascicolo sono, al momento, truffa e abuso d’ufficio. Le indagini sono state avviate dopo che il presidente facente funzioni del Consorzio universitario, Giovanni Di Maida, ha scoperto un “buco” di 100, forse 200 mila euro, e ha presentato un esposto alla Guardia di finanza. Gli ammanchi sarebbero dovuti a spese compiute da Mifsud – per viaggi all’estero, acquisto di telefonini, ma anche bollette telefoniche da 4 mila euro – nel periodo in cui è stato presidente del Consorzio universitario di Agrigento – dal 2009 al 2012 – su indicazione dell’allora presidente della Provincia Eugenio D’Orsi.

SEQUESTRATI CENTINAIA DI DOCUMENTI

Solo nel 2010, con la carta di credito, Mifsud avrebbe fatto spese, secondo l’esposto, per 35.369 euro; 6.090 euro, invece, nel 2011 quando la carta di credito utilizzata venne sospesa però da maggio a settembre. Mifsud di recente è stato anche condannato dalla Corte dei Conti di Palermo a risarcire un danno erariale alla provincia di Agrigento. La Guardia di finanza della città siciliana ha già sequestrato centinaia di documenti sulle presunte spese pazze sostenute da Mifsud mentre era a capo dell’università. Documenti, bollette telefoniche, biglietti aerei, bolle di acquisto di telefoni cellulari e molto altro. Carte che documenterebbero i ripetuti viaggi in Russia, ma anche a Malta, Usa, Inghilterra, Libia, Libano.

IL RUOLO DI MIFSUD NEL RUSSIAGATE

Mifsud, di cui non si hanno più notizie da ottobre 2017, è colui che a Roma nel 2016 avvicinò uno dei consulenti di Donald Trump parlandogli delle email compromettenti di Hillary Clinton nelle mani dei russi, inducendo poi l’Fbi ad aprire l’indagine sul Russiagate. Indagine che il presidente Usa ritiene un complotto tramato dall’amministrazione Obama, con la complicità di qualche servizio occidentale, per ostacolare nel 2016 la sua corsa e costruire collusioni del suo staff con la Russia. L’amministrazione Trump ha avviato una controinchiesta sulle origini del Russiagate, che da amministrativa e diventata ora penale, affidata a John Durham, procuratore federale, sotto la supervisione del ministro della Giustizia William Barr. I due hanno incontrato a Roma i vertici dell’intelligence: nei colloqui si sarebbe parlato anche del ruolo di Mifsud sul cui conto, però, i servizi segreti italiani avrebbero spiegato di non aver mai avuto notizie particolari.

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La strategia di Conte sul Mes dopo la doccia fredda dell’Eurogruppo

Il premier tenta un'ultima mediazione nonostante il no a riaprire le trattative da parte dell'Ue. Anche se la questione dovrebbe essere rinviata a gennaio. Di Maio alza la posta, il M5s cerca una linea comune.

La strategia non cambia: dialogo fermo in Europa e riduzione al minimo di una propaganda che rischia di essere autolesionista. A Palazzo Chigi le bocce restano ferme dopo le parole di netta chiusura del presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno sul Mes. Parole che Luigi Di Maio accoglie con gelido silenzio, così come anche i vertici del Pd. Parole che non sorprendono il governo più di tanto: i margini di negoziato sono sull’intero pacchetto di riforme e andranno percorsi dal premier Giuseppe Conte al prossimo Eurosummit. La discussione sul Mes, tuttavia, sarà probabilmente rinviata a gennaio per lasciare spazio a una trattativa. Lo fanno sapere fonti Ue all’Ansa. erse clausole di azione collettiva. E’ quanto si apprende da fonti Ue. Il summit Ue della prossima settimana non dovrebbe quindi prendere una decisione, ma rinvierebbe la palla all’Eurogruppo di gennaio.

LA DOPPIA TRINCEA DI CONTE: IN EUROPA E CON IL M5S

Ma per il capo del governo il problema è duplice: alla trincea dell’Eurogruppo si somma quella di un M5s che, sul Mes, rischia di andare in ordine sparso. Le parole di Centeno, di certo, non agevolano la distensione. Tanto che al Quirinale si assiste al continuo scontro PdM5s con preoccupazione. E avendo ben presente un obiettivo per il Colle fondamentale: l’approvazione della manovra. Un’approvazione che dovrebbe prescindere dalle fibrillazioni della maggioranza, senza quindi incrociare pericolosamente gli sforzi sul fondo salva Stati. Il presidente Sergio Mattarella avrà modo di incontrare Conte e buona parte dei ministri la settimana prossima, nell’usuale pranzo prima del Consiglio Ue.

IL NODO DELLA RISOLUZIONE DI MAGGIORANZA

Saranno le ore della della verità sulla tenuta della maggioranza: se alle comunicazioni di Conte alle Camere seguirà una risoluzione unitaria di maggioranza il governo, almeno fino a Natale, sarà salvo. Proprio sulla risoluzione sul Mes, in queste ore, si succedono le riunioni nel M5s. In serata i parlamentari competenti in materia vedono a Palazzo Chigi la sottosegretaria agli Affari Ue Laura Agea, deputata a stilare assieme ai capigruppo la risoluzione. Una riunione simile, sempre con Agea, avverrà domani al Senato. Il Movimento naviga a vista, sospeso tra linea barricadera sposata da Di Maio e Alessandro Di Battista e tra quella di chi, anche tra i membri del governo, auspicherebbe toni più moderati.

LE TENSIONI NEL MOVIMENTO

«Non possiamo fare certi post mentre stiamo al governo», protesta un parlamentare del M5s indicando i titoli che si succedono in queste ore sul blog delle Stelle. «A forza di tirare la corda, quella si spezza», incalzano diversi deputati in Transatlantico mentre Giorgio Trizzino sembra quasi avvertire Di Maio: «è bene sia chiaro a tutti, non esiste alternativa al governo giallo-rosso ed il Presidente Conte ha la fiducia di tutti i parlamentari del Movimento». Sotterraneamente, il ministro per i Rapporti del Parlamento Federico D’Incà cerca di smussare gli angoli provando a spingere per una risoluzione unitaria di sostegno a Conte.

LA MEDIAZIONE DI FICO

Da Reggio Emilia, dove si trovava con Graziano Delrio, il presidente della Camera Roberto Fico mette in campo una moral suasion che piacerebbe anche all’ultimo Beppe Grillo: «Per il bene del Paese il governo deve andare avanti». Lo spettro del voto, nei corridoi del Parlamento, tuttavia comincia a muoversi, spaventando i parlamentari pentastellati. Eppure, spiega chi ha sentito in queste ore Di Maio, la convinzione del capo politico è ben diversa e radicata in un concetto: il Pd non andrà mai al voto. Anche per questo il leader sta alzando i toni. Il rischio però è di rendere ancora più in salita la strada negoziale di Conte. Anche perché al Consiglio Ue Conte è pronto a fare la voce grossa, ma a suo modo. «Non firmiamo cambiali in bianco», è il suo messaggio.

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Cosa c’è nel maxi emendamento del governo alla manovra

Quasi azzerata la tassa sulle auto aziendali. Dimezzata quella sulla plastica. Ma spunta una clausola di salvaguardia sulle accise della benzina nel 2021. Le novità.

Arriva una Robin tax sui concessionari, viene quasi azzerata la tassa sulle auto aziendali e si riduce del 50% quella sulla plastica. Dopo settimane di tavoli di maggioranza e ipotesi, la manovra cambia volto con un maxi emendamento presentato dal governo.

Mentre alla Camera viene posta la fiducia sul decreto fiscale, l’esecutivo tenta uno sprint per portare in Aula la legge di bilancio lunedì 9 dicembre, in una corsa contro il tempo che non scongiura il rischio del via libera finale solo tra Natale e Capodanno.

Il maxi emendamento comprende una ventina di misure per un totale di 1,7 miliardi. Per coprire i buchi che derivano dallo stop alle microtasse, viene inserita una clausola di salvaguardia che farebbe aumentare di circa 900 milioni le accise sulla benzina nel 2021. I nodi politici, però, non sono tutti risolti: Italia viva storce il naso sulla Robin tax e chiede l’abolizione totale della tassa sulla plastica e anche della sugar tax, che potrebbe essere cambiata alla Camera.

SALE L’IRES PER LE SOCIETÀ CONCESSIONARIE DI SERVIZI PUBBLICI

La novità principale del maxi emendamento è proprio la Robin tax, ovvero l’aumento dell’Ires del 3% per le società concessionarie di servizi pubblici, per tre anni. La misura, voluta dal Pd, è destinata a far discutere. Anche perché si applica ad Autostrade, mentre è in corso l’istruttoria per la revoca della concessione. L’aumento dell’Ires sostituisce la stretta sull’ammortamento prevista inizialmente per i soli concessionari autostradali e destina i 647,1 milioni stimati nel 2020 (369,8 milioni nel 2021 e 2022) a migliorare le infrastrutture e combattere il degrado sociale. L’aumento scatta per chi gestisce porti, aeroporti, autostrade, lo sfruttamento di acque minerali, la produzione di energia elettrica, le ferrovie, le frequenze radio tv e telefoni. Sono salvi i balneari e le concessioni petrolifere.

SCOMPARE IL BOLLO SUI CERTIFICATI PENALI

Tra le novità annunciate in manovra c’è poi la scomparsa del bollo sui certificati penali, l’arrivo di 40 milioni per i Vigili del fuoco e 50 milioni per il sostegno agli affitti.

QUASI AZZERATA LA TASSA SULLE AUTO AZIENDALI

C’è poi il quasi azzeramento, con solo un milione di incasso nel 2020, della tassa sulle auto aziendali: non solo slitta a luglio e si applica alle nuove immatricolazioni, ma si articola in quattro fasce in base alle emissioni. I mezzi in fringe benefit concorreranno al reddito per il 25% per le auto più ecologiche, mentre si arriverà al 60% per quelle che più inquinanti.

DIMEZZATA LA PLASTIC TAX

Infine, la plastic tax: l’imposta si dimezza a 50 centesimi al chilo e si escludono i prodotti che contengono plastica riciclata, tutti i contenitori di medicine e dispositivi medici.

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Primo sì all’impeachment di Trump: rush alla Camera

Secondo tre costituzionalisti chiamati a testimoniare, il presidente Usa deve essere messo in stato d'accusa. I dem puntano al voto entro Natale.

«Donald Trump deve essere messo in stato di accusa»: non hanno alcun dubbio i tre autorevoli costituzionalisti chiamati a testimoniare dai democratici nella prima, infuocata udienza della commissione Giustizia della Camera, incaricata di proseguire l’indagine di impeachment e di redigere gli articoli da contestare dopo il primo sì della commissione Intelligence, anch’essa controllata dai dem: il rapporto che accusa il presidente di ostruzione della giustizia e abuso di potere per aver «sollecitato l’interferenza di un governo straniero, quello dell’Ucraina, per trarre vantaggio nella sua rielezione», mettendo così «i suoi interessi politici e personali al di sopra di quelli degli Stati Uniti».

L’UCRAINAGATE: PRESSIONI SU KIEV

Si tratta delle pressioni su Kiev affinché indagasse sul suo rivale nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden e su suo figlio Hunter, che sedeva nel board della società energetica ucraina Burisma quando il padre gestiva la politica Usa in quel Paese. Pressioni alimentate con il blocco degli aiuti militari Usa. A dissentire è solo il prof. Jonathan Turley, docente della George Washington University Law School, l’unico testimone citato dai repubblicani: ma non tanto per i fatti, meritevoli a suo avviso di essere indagati, quanto per la brevità di un processo «sgangherato» e l’incompletezza delle prove, col rischio di creare un precedente pericoloso per i futuri presidenti.

COLPO DI IMMAGINE A TRUMP

L’udienza infligge un nuovo colpo d’immagine a Trump sul palcoscenico mondiale del vertice Nato, che il tycoon decide di abbandonare senza conferenza stampa finale, un po’ per il video in cui altri leader sembrano farsi beffa di lui e un po’ forse – malignano alcuni – per sottrarsi ad imbarazzanti domande sull’impeachment. Il presidente non rinuncia tuttavia a dire la sua: l’indagine è una «barzelletta» e «non ha alcun fondamento». Ma le parole dei costituzionalisti sono come macigni. Noah Feldman (Harvard Law School), Pamela Karlan (Stanford Law School) e Michael Gerhardt (University of North Carolina School of Law) spiegano con rigore che le azioni del presidente rientrano chiaramente, sul piano storico e giuridico, tra quelle degne di impeachment.

LE BORDATE DEI COSTITUZIONALISTI

La sua condotta, accusa Gerhardt, «è peggio di quella di qualsiasi presidente precedente», a partire da Nixon. «Trump ha attaccato le salvaguardie contro la creazione di una monarchia in questo paese», rincara riferendosi all’ostruzione del Congresso, cui nella divisione dei poteri spetta il controllo dell’esecutivo. «Ha commesso gravi crimini e misfatti abusando corrottamente dell’ufficio della presidenza», gli ha fatto eco Feldman. «Un presidente deve opporsi alle interferenze straniere nelle nostre elezioni, non sollecitarle», ha osservato Karlan, che si è detta «insultata» dall’accusa dei repubblicani di non aver letto tutti gli atti. Ma è stato solo la prima delle scintille in una commissione dove la battaglia tende a inasprirsi, a colpi di obiezioni, interruzioni e mozioni dell’opposizione repubblicana. «Questo è un golpe guidato dai democratici», ha accusato il deputato Doug Collins, il più alto in grado tra i repubblicani nel panel. Ma i dem accelerano e puntano ad un voto alla Camera entro Natale. Poi a giudicare, in gennaio, sarà il Senato, dove il Grand Old Party ha la maggioranza e al momento non ci sono i due terzi dei voti per arrivare ad una condanna.

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La Casaleggio Associati e quell’app finita nella bufera

Linkiesta dice che la Srl «ha sottratto i dati personali di utenti Facebook tre anni prima di Cambridge Analytica». Immediata la replica: «Tutto legale». Italia viva annuncia un esposto al garante.

Fa discutere lo «scoop» de Linkiesta sulla Casaleggio Associati. Secondo l’articolo pubblicato il 4 dicembre a firma di Nicola Biondo, «la Casaleggio ha sottratto i dati personali di utenti Facebook tre anni prima di Cambridge Analytica». Il pezzo poggia sulla denuncia di Marco Canestrari, l’ex braccio destro del cofondatore del Movimento 5 stelle, Gianroberto Casaleggio. Linkiesta, in particolare, punta il dito contro un’app lanciata nel 2013 per sostenere la campagna elettorale del M5s, che – si legge – «celava un inganno, una gigantesca cessione di dati personali».

LA CASALEGGIO ASSOCIATI: «CAMBRIDGE ANALYTICA? UN CASO DIVERSO»

Immediata la replica della Casaleggio Associati: «In maniera completamente errata è stato comparato un caso in cui sono stati utilizzati milioni di dati senza il consenso degli utenti, a un caso profondamente diverso in cui legittimamente un sito chiedeva individualmente alle singole persone di poter utilizzare alcuni dati per verificare la propria classifica di attivismo (es. per aver cambiato la propria immagine di Facebook, o avere tanti amici che utilizzavano l’app)». Nella nota si precisa che «i dati raccolti nel 2013 non sono stati utilizzati dalla Casaleggio Associati per altre finalità e sono poi stati cancellati alla fine dell’iniziativa in piena sintonia con la legge, con le politiche di Facebook e con la normativa sulla privacy».

ANZALDI (ITALIA VIVA) ANNUNCIA UN ESPOSTO AL GARANTE

Sul fronte politico, il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi ha annunciato l’intenzione di presentare «un esposto al Garante» e depositare «un’interrogazione parlamentare». L’interrogazione sarebbe rivolta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, «poiché a gestire materialmente l’applicazione che avrebbe sottratto i dati, secondo quanto rivelato a Linkiesta da un ex dipendente di Casaleggio, sarebbe stato l’allora dipendente della Casaleggio Associati Pietro Dettori, che oggi risulta essere collaboratore del ministro degli Esteri Di Maio alla Farnesina e che nel precedente governo lavorava addirittura presso gli uffici di Palazzo Chigi».

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Perché sulla prescrizione Di Maio e il governo si giocano il futuro

Trovare un'intesa o far crollare tutto: giustizia decisiva per le sorti dei giallorossi. E anche per quelle del capo M5s: in caso di elezioni sarebbe sostituito da Di Battista. Ma tra paletti renziani e scenari di asse Pd-Forza Italia l'accordo sembra lontano.

La prescrizione potrebbe essere la miccia accesa per far deflagrare il governo. La preoccupazione rimbalza da Palazzo Chigi alle Camere, attraversando le segreterie dei partiti. È il tema su cui Luigi Di Maio manifesterà le reali intenzioni sull’alleanza con Partito democratico e Italia viva. Nei fatti può tirare la corda fino a spezzarla, senza che nessuno gli possa rinfacciare alcunché: la cancellazione della prescrizione è una misura bandiera del Movimento 5 stelle.

BONAFEDE IN PRIMA FILA

Fonti della maggioranza osservano: «Nessuno potrà polemizzare sulla prescrizione. Nemmeno i suoi più tenaci detrattori». Di sicuro al fianco di Di Maio c’è il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ha voluto questo provvedimento quando era al governo con la Lega e che lo sta difendendo anche dai rilievi del Pd.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede all’epoca del governo gialloverde con la Lega di Matteo Salvini.

ATTESO UN GESTO DI CHIAREZZA DAI CINQUE STELLE

Dunque se il numero uno della Farnesina vuole davvero far cadere il Conte II ha l’occasione giusta: quasi irripetibile. Al contrario se dovesse mostrare disponibilità a trovare un’intesa, allora agli alleati arriverebbe un messaggio chiaro: la volontà, nonostante tutto, di proseguire con il governo. Insomma, sulla prescrizione è atteso il gesto di chiarezza invocato da più parti, qualunque sia la direzione.

DI MAIO PERÒ RISCHIA ANCHE LA SUA FINE POLITICA

La partita presenta un alto coefficiente di rischio per Di Maio: la fine di questo esecutivo sarebbe in pratica la fine della sua parabola politica. Una prescrizione delle sue ambizioni. La coalizione con i dem è tuttora sponsorizzata da Beppe Grillo: resta convinto che il Conte II sia un’opportunità per il M5s. La sola idea di staccare la spina fa virare i suoi umori verso il nero. E chissà che l’Elevato, come si è proclamato l’ex comico, in caso di crisi di governo non decida di avviare “il processo” di destituzione del capo politico, raccogliendo tutti i malumori nel Movimento. Che sono tanti e solidi, come testimonia il costante sbandamento dei gruppi parlamentari.

DA ESCLUDERE UN RITORNO CON LA LEGA

Di Maio dovrebbe avere un piano B da tirar fuori come un coniglio dal cilindro per garantirsi un futuro politico. Neppure nella più incallita professione di ottimismo può immaginare di tirare dritto, come se nulla fosse, di fronte all’eventuale showdown che porterebbe il Paese alle elezioni. Perché non ci sono altre strade percorribili. Il remake dell’alleanza con la Lega è impraticabile per varie ragioni. Prima di tutto i gruppi parlamentari del M5s sono nettamente contrari a un ritorno al passato; inoltre Matteo Salvini non avrebbe alcun motivo per tornare indietro.

DI BATTISTA PRONTO A DIVENTARE NUOVO UOMO IMMAGINE

E infine il Quirinale ha fatto filtrare più volte l’orientamento: dopo il Conte II è quasi impossibile pensare che possano esserci altri esecutivi in questa legislatura. Quindi resta solo lo scenario elettorale e l’ipotesi del tandem con Alessandro Di Battista: l’ex deputato sarebbe l’uomo immagine con il capo politico a fare da regista alle spalle. Ma si torna al punto di partenza: è una sfida spericolata, che finge di non considerare gli effetti del trauma di una rottura. E che ignora il calo nei sondaggi.

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Luigi Di Maio con Alessandro Di Battista. (Ansa)

M5S CONTRO I «PALETTI RENZIANI»

Guarda caso, però, proprio Di Battista è tornato a pestare duro sulla cancellazione della prescrizione, rinsaldando la ritrovata intesa con il leader del Movimento. «I politici del Pd, che osano mettere a rischio questa norma di civiltà, dovrebbero avere il coraggio di andare dai familiari dei morti di Casale Monferrato, guardarli negli occhi e imbastire le ormai ventennali supercazzole sul tema», ha attaccato ricordando le vittime dell’Eternit e parlando poi di «pali renziani» all’interno del Pd.

CONTE, FIUTATA L’ARIA, VUOLE MEDIARE

Praticamente in contemporanea Di Maio ha evocato un Nazareno 2.0 sulla Giustizia, una rinnovata intesa PdForza Italia, sfoderando il lessico marcatamente ostile ai dem. Giuseppe Conte ha fiutato l’aria ed è intervenuto dicendosi di sicuro che sarà «trovata una soluzione». Le ostilità sono aperte e la tensione è troppo alta: per questo il presidente del Consiglio ha cercato di stemperare la polemica.

IL PD OSSERVA E NON FA PASSI INDIETRO

A Largo del Nazareno, intanto, non c’è alcuna intenzione di giocare al ruolo di “responsabili” a ogni costo. Sul tema della prescrizione men che meno. Il segretario Nicola Zingaretti ha lanciato avvertimenti chiari: c’è stato il tweet di Pierluigi Castagnetti, figura molto vicina al Quirinale, sulla chiusura del sipario di questo esecutivo, poi l’intervista di Goffredo Bettini, in estate grande tifoso del “governo di legislatura” con il Movimento, che ha avvertito come la pazienza stia per finire. A seguire le dure prese di posizione dei capigruppo di Camera e Senato, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, che hanno vestito i panni delle colombe durante la nascita del Conte II. Ma anche loro sono irritati. Segnali di fumo non trascurabili. Per il momento la linea politica è quella di osservare cosa accade nel Movimento, senza cedere, cercando di comprendere il progetto di Di Maio. Che continua a muoversi su un filo.

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La Nato litiga anche sulla definizione di terrorismo

Le divergenze in seno all'Alleanza ne testimoniano lo stato semi-comatoso. Mancano leadership e strategie condivise. E l'Ue continua a farsi notare solo per la propria indecisione.

Una Nato senza leadership, senza strategie condivise. La conferenza di Londra che avrebbe dovuto celebrare il 70esimo anniversario della Alleanza Atlantica conferma in pieno la crudele diagnosi di Emmanuel Macron: elettroencefalogramma piatto. La scenetta registrata a loro insaputa di Justin Trudeau, Boris Johnson e Macron che dileggiano Donald Trump («Ai suoi collaboratori cade la mascella quando parla…») la dice lunga sulla fine della egemonia americana sulla Nato. Trudeau peraltro si è beccato dell’«ipocrita» da Trump richiesto di commentare la scenetta.

Ma a Londra è soprattutto emerso chiaramente che, tramontata Washington, Bruxelles non si è fatta avanti: l’Europa divisa e anche confusionaria non è in grado di elaborare uno straccio di strategia e men che meno una egemonia politica alternativa a quella americana. Non solo, la minaccia di Trump di imporre nuovi dazi ai Paesi europei nel caso applicassero una digital tax alle major americane della rete ha trovato una risposta sfumata. Di fatto, la conferenza si è spezzettata in una serie di bilaterali di Trump, gli unici che hanno dato il senso dello stato dell’arte, al di là del solito comunicato finale di mediazione che si ferma a ribadire l’impegno per aumento delle risorse destinate alla difesa da parte dei Paesi europei.

UN COLPO AL CERCHIO E UNO ALLA BOTTE

Sul tema scabroso dei rapporti con la Russia (aperturista Macron, negativo Trump), il comunicato finale dà un colpo al cerchio e uno alla botte, segno del permanere delle divergenze sul tema focale: «La Nato rimane disponibile al dialogo e a un rapporto costruttivo con la Russia, quando le azioni della Russia lo renderanno possibile, ma le azioni aggressive della Russia rappresentano una minaccia alla sicurezza euro-atlantica». Per quanto riguarda il bilaterale tra Trump e Giuseppe Conte un piccolo e significativo giallo ha dato il senso della pasticciata politica estera dell’esecutivo italiano. Trump infatti ha dichiarato di avere avuto assicurazioni circa il disimpegno dell’Italia dall’utilizzo della tecnologia cinese Huawei per il 5G: «Ho parlato con l’Italia e non sembra che vadano avanti con questo». Da parte sua però “Giuseppi” ha negato di aver preso questo impegno: «Non ho trattato questo tema con Trump».

LE DIVISIONI SU TURCHIA E TERRORISMO

Lo stato semi-comatoso dell’Alleanza è infine –ma non per ultimo- emerso con chiarezza a fronte della pressante richiesta di Tayyp Erdogan affinché la Nato dichiari formalmente «terroristi» i curdi siriani dello Ypg. Richiesta più che giustificata perché infinite sono le prove della collusione e della collaborazione attiva tra lo Ypg e il Pkk curdo-turco nello sviluppare quegli attacchi e quegli atti di terrorismo che dal 2015 a oggi hanno fatto non meno di 4.500 vittime in Turchia. Da parte sua, Trump, dopo il bilaterale con Erdogan, ha apprezzato molto quelle operazioni militari turche per creare una zona di sicurezza in Siria che all’opposto l’Unione Europea condanna: «Nel Nord della Siria la zona di sicurezza sta funzionando molto bene. Riconosco per questo molto credito alla Turchia. Abbiamo discusso di tutto io ed Erdogan, abbiamo discusso di Siria, di curdi. Il cessate il fuoco sta reggendo molto, forse un giorno me ne riconosceranno il merito, ma probabilmente no».

Non è stato possibile raggiungere un consenso con la Turchia sulla definizione di terrorismo

Emmanuel Macron

Ma sul tema del terrorismo curdo-siriano Macron ha fatto muro, si è rifiutato di condannare lo Ypg, ha anzi accusato la Turchia di «collaborare con gruppi siriani alleati dell’Isis» e ha tagliato netto: «Non è stato possibile raggiungere un consenso con la Turchia sulla definizione di terrorismo». Una Nato che non riesce neanche ad accordarsi sulla definizione di terrorismo a 18 anni dall’11 settembre è drammaticamente nel caos.

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L’accordo tra Michelin e Tripadvisor che mischia critica e recensioni

I 14 mila ristoranti della Guida sbarcano sulla popolare piattaforma con le Stelle e i giudizi degli esperti. E saranno prenotabili tramite TheFork.

La Guida Michelin ha stretto una partnership con Tripadvisor e TheFork con l’obiettivo, spiegano le aziende in una nota congiunta, di unire il giudizio irreprensibile degli ispettori Michelin e le recensioni dei clienti di ristoranti e alberghi con il suo servizio di prenotazione. Michelin ha inoltre venduto la sua piattaforma di prenotazione, Bookatable, acquisita solo nel 2016, a TheFork che si espande così in cinque nuovi Paesi: Regno Unito, Germania, Austria, Finlandia e Norvegia.

I RISTORANTI MICHELIN PRENOTABILI SU THEFORK

In questo modo i 14 mila ristoranti della Guida Michelin saranno identificati sul sito e sull’app di TripAdvisor con i loro punteggi e le distinzioni Stella, Bib Gourmand e Piatto. In più con la cessione di Bookatable, gli stessi ristoranti saranno prenotabili anche su TheFork, che, forte già dei suoi 67 mila, diventa la più grande piattaforma di prenotazione di ristoranti online. Secondo un recente studio condotto da Strategy&, parte del network PwC, nel 2018 le due società hanno spostato insieme quasi 8 miliardi di dollari di ricavi nei sei mercati analizzati dallo studio (Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito), vale a dire oltre 320 milioni di pasti aggiuntivi nei ristoranti.

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I socialisti della Commissione Ue cantano “Bella Ciao”

Tra loro anche Gentiloni, subito attaccato da Meloni e Salvini: «Teatrino scandaloso. La prossima volta intoneranno Bandiera Rossa».

I commissari del gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) cantano Bella Ciao al Parlamento europeo dopo aver ottenuto il via libera dell’assemblea. È il video circolato sui social network, che immortala il commissario Ue per gli Affari economici Paolo Gentiloni mentre intona insieme ad altri colleghi del gruppo S&D le parole del famoso canto partigiano.

Oltre a Gentiloni, anche i vicepresidenti della Commissione Ue Frans Timmermans e Maros Sefcovic

Oltre a Gentiloni, anche i vicepresidenti della Commissione Ue Frans Timmermans e Maros Sefcovic, il commissario al Lavoro Nicolas Schmit, la commissaria per i Partenariati internazionali Jutta Urpilainen, la commissaria alla coesione Elisa Ferreira, e la presidente del gruppo S&D Iratxe García Pérez.

DA MELONI A SALVINI PASSANDO PER FORZA ITALIA: CENTRODESTRA IN RIVOLTA

Il commento delle forze di centrodestra italiane non s’è fatto attendere. Per primo è arrivato quello della presidente di Fratelli d’Italia (FdI) Giorgia Meloni. In un tweet Meloni ha scritto: «Solo io reputo scandaloso questo ridicolo teatrino da parte delle più alte istituzioni europee? Non hanno nulla di più importante di cui occuparsi?».

A ruota è arrivato il commento del leader leghista Matteo Salvini: «Ah beh, allora siamo a posto…! Complimenti a Pd e 5 Stelle per la scelta di Gentiloni come rappresentante dell’Italia in Europa, al prossimo giro canteranno anche Bandiera Rossa, poi Sanremo e tournée internazionale!».

Anche l’europarlamentare Fulvio Martusciello (Forza Italia), dal canto suo, ha scritto in una nota: «Ma pensassero a lavorare che sono pagati per questo. Bonino, Frattini o Tajani che pure sono stati commissari europei non lo avrebbero mai fatto. Non è un caso che i commissari che cantano sono tutti socialisti. Noi popolari siamo seri e una cretinaggine del genere non l’avremmo mai fatta».

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Inchiesta Open, il Csm contro Renzi: «Delegittima i pm»

I membri togati chiedono di aprire una pratica a tutela dei magistrati fiorentini dopo le critiche del leader di Italia viva.

Le dichiarazioni fatte da Matteo Renzi dopo le perquisizioni disposte dai pm Firenze nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open «alimentano un clima di delegittimazione nei confronti dei magistrati della procura di Firenze». Per questo «si impone l’esigenza dell’intervento del Consiglio a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia della giurisdizione». Lo scrivono tutti i componenti togati del Csm e il il laico del M5s Fulvio Gigliotti nella richiesta al Comitato di presidenza di aprire una pratica a tutela dei pm fiorentini. La raccolta delle firme per far scattare la procedura è partita dal gruppo di Area.

RENZI: «FERITA AL GIOCO DEMOCRATICO»

«Penso che siamo in presenza di un vulnus, di una ferita al gioco democratico» aveva detto Renzi. Frase riportata nel documento presentato al Comitato di presidenza, dai togati e da Gigliotti. Queste dichiarazioni , scrivono i consiglieri, «non si limitano ad una critica, sempre legittima, del merito del provvedimento, ma costituiscono commenti che alimentano un clima di delegittimazione nei confronti dei magistrati di Firenze, come si evince dal contenuto dai numerosi post pubblicati sui social e dalle dichiarazioni rilasciate agli organi di informazione nelle ultime ore».

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Poste Vita, soluzioni assicurative per casa persona

Poste Casa 360 e Poste Salute sono i due aiuti concreti proposti da Poste Italiane per tutelare il proprio futuro.

Gli italiani scelgono sempre di più le polizze assicurative come forma di protezione e tutela per un futuro che sembra essere sempre più incerto. Per vivere in maniera più sicura e protetta Poste Italiane interviene sul campo con Poste Vita, la compagnia assicurativa più grande d’Italia nel ramo vita con più di 4 milioni di clienti.  

A Poste Vita è stato conferito il premio Best Pension Fund Governance di Capital Finance International, la prestigiosa rivista britannica che per il 2019 ha scelto la compagnia assicurativa di Poste Italiane perché «ha alimentato un sentimento di fiducia tra i suoi clienti – si legge nella motivazione – per la semplicità dei suoi servizi, la trasparenza delle sue operazioni e la sua accessibilità» definendo la compagnia come realtà che propone «tutto ciò che occorre per poter progettare un futuro sicuro e stabile».

E proprio per pensare al futuro Poste Vita ha confezionato delle soluzioni studiate ad hoc che permettono di assicurare sia le proprietà, che la propria persona. Per rispondere a questi bisogni scende in campo Poste Assicura, la compagnia danni del Gruppo Poste Vita che lancia due soluzioni assicurative: Poste Casa 360 e Poste Salute.

PER LA CASA POSTE CASA 360

è la soluzione assicurativa che mette al riparo la casa da imprevisti come allagamenti, incendi e furti, arricchendo la protezione della casa con due importanti coperture incluse nella garanzia base: terremoto con la protezione da danni all’abitazione causati da eventi sismici e crollo con la protezione dell’abitazione da danni materiali e diretti all’abitazione tali da renderla inagibile, indipendentemente dalla causa. Tre le combinazioni di protezione di Poste Casa 360 tra le quali scegliere e due i livelli di copertura. La protezione si applica, con diverse garanzie, sia alla casa di proprietà sia alla casa in affitto.

PER LA PERSONA POSTE SALUTE

è invece la polizza assicurativa che pensa direttamente alla persona unendo alla protezione in caso di malattia e infortunio, la prevenzione e l’assistenza. I moduli tra i quali scegliere sono differenti. La formula “rimborso spese mediche” prevede che l’assicurato possa recarsi in una struttura convenzionata con il network di Poste Salute, pagando direttamente le spese mediche da lui dovute, o rimborsando ciò che è stato anticipato in caso di ricovero, day hospital, day surgery, intervento chirurgico ambulatoriale sia in caso di infortunio sia di malattia. L’opzione “indennità per interventi” prevede, invece, il pagamento di un indennizzo predefinito, in base alla classe in cui rientra l’intervento chirurgico a cui si è sottoposti. La formula “Diaria”, infine, è ideale per chi vuole un indennizzo giornaliero in caso di ricovero, convalescenza e immobilizzazione. Qualunque sia il modulo scelto l’assistenza è sempre compresa attraverso una struttura organizzativa a disposizione 24 ore su 24, tutti i giorni in caso di necessità. L’assicurato di Poste Salute ha inoltre la possibilità di fare prevenzione usufruendo di una prestazione annuale inclusa in polizza, specifica a seconda dell’età, da scegliere tra quelle indicate nella polizza presso le strutture del network convenzionato.

POSTE E GLI INVESTIMENTI RESPONSABILI

Poste Vita nel febbraio scorso ha aderito ai principi per gli investimenti responsabili promossi dalle Nazioni Unite, confermando l’impegno del Gruppo Poste Italiane a perseguire un’attività di gestione socialmente responsabile e rafforzandone il posizionamento di realtà di riferimento in questo settore.

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Il nuovo piano di ArcelorMittal per l’Ilva prevede 4.700 esuberi

Si passerebbe da oltre 10 mila occupati a poco più di 6 mila entro il 2023.

Rispetto alle richieste iniziali, il passo indietro è quasi impercettibile. Il nuovo piano industriale di ArcelorMittal per l’Ilva prevede infatti 4.700 esuberi, da portare a termine entro il 2023.

La forza lavoro passerebbe dunque, nel giro di pochi anni, dagli attuali 10.789 occupati a 6.098. La notizia arriva dai partecipanti al tavolo in corso al ministero dello Sviluppo.

La multinazionale, il 6 novembre, aveva detto al premier Giuseppe Conte di volere 5 mila esuberi per tenersi gli stabilimenti italiani, provocando la levata di scudi di tutto il governo e dei sindacati.

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Dal 5G alla Libia: le spine di Conte al vertice Nato

Bilaterale con Trump, che annuncia il passo indietro dell'Italia sulla rete di quinta generazione. Il premier smentisce: «Non ne abbiamo parlato». Sul tavolo anche il ruolo di Washington a Tripoli.

Difesa del ruolo della Nato, Mes, dossier libico, ma soprattutto il 5G. Sono questi i temi al centro del vertice dell’Alleanza Atlantica nelle parole del premier Giuseppe Conte. Il capo del governo, arrivato nella mattina del 4 dicembre al summit Nato di Watford, nel Nord di Londra, e subito incalzato dai giornalisti sul dibattito relativo all’importanza dell’Alleanza nel contesto globale di oggi e di domani, ha risposto: «La Nato è e rimane un punto di riferimento sia per la dimensione militare che per quella politica. Certo che ha un futuro». Il premier ha avuto un bilaterale con il primo ministro britannico Boris Johnson e uno con il presidente Usa Donald Trump, all’indomani della minaccia del tycoon di imporre nuovi dazi contro la digital tax.

IL BOTTA E RISPOSTA SUL 5G CON TRUMP

E proprio con Trump è andato un scena un botta e risposta a distanza sulla scottante questione del 5G. Il presidente l’ha definito un «pericolo per la sicurezza», affermando che vari Paesi, tra cui l’Italia, non andranno avanti nel progetto di implementazione della tecnologia d’intesa col colosso cinese Huawei. «Ho parlato all’Italia e sembra che non procederanno», ha detto Trump. «Ho parlato con altri Paesi, non procederanno. Tutti quelli con cui ho parlato non andranno avanti». Immediata è arrivata la smentita del premier Conte: «Non abbiamo trattato questo tema», ha tagliato corto. Tema che è «rimesso alle prescrizioni del nostro ordinamento giuridico. Sul 5G l’Italia si è dotata di struttura normativa particolarmente avanzata» con la golden power, unica in Europa, «ed è quella che governa le nostre azioni», ha spiegato Conte.

LA POLITICA USA IN LIBIA

Sul Mes che tanti problemi sta creando in seno alla sua maggioranza, Conte ha poi detto: «C’è una logica di pacchetto, rimaniamo vincolati a questa prospettiva. Con gli altri leader europei abbiamo parlato di molte cose, e senza entrare nei dettagli, posso dire che quando c’è da difendere gli interessi dell’Italia non mi distraggo mai. Se vedo il rischio di dover mettere un veto in Ue o di una spaccatura nella maggioranza? Non vedo né il primo né il secondo rischio. Quando il Mes sarà firmato decideranno i responsabili politici dei singoli Paesi, ci sono tempi e modi che decideremo in seguito». Conte ha poi parlato del minisummit a quattro che si è tenuto il 3 dicembre: «Era un vertice sulla Siria che nasceva con un altro formato, nessuno parlerebbe di Libia senza coinvolgere l’Italia». Sul dossier libico a preoccupare Conte è l’imprevedibilità di Trump, ondivago nel suo sostegno al governo riconosciuto di Fayez al-Serraj e al generale Khalifa Haftar.

Gli Usa in Libia possono e devono avere un ruolo fondamentale

Giuseppe Conte

«Sicuramente gli Usa hanno un ruolo fondamentale nel Mediterraneo allargato e, anche per la Libia, possono e debbono avere un ruolo fondamentale, noi li abbiamo sempre coinvolti in questi dossier», ha detto Conte. «Prescindere da loro per cercare di indirizzare alla soluzione politica il conflitto libico sarebbe impensabile».

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BpVi, la Fondazione Roi fa causa al cda di Zonin

L'ente creato per volontà del marchese Boso Roi, ha ottenuto il via libera dalla Regione per chiedere i danni all'ex presidente dopo il crack dell'istituto vicentino.

La Regione Veneto ha dato il via libera alla Fondazione Roi per agire in sede civile contro Gianni Zonin. L’ente di mecenatismo culturale creato come eredità dal marchese Boso Roi, ha deciso di citare in giudizio l’ex presidente che l’aveva presieduto dal 2009 all’estate del 2015. Non solo. Nel mirino della fondazione sono finiti anche i vari cda che si sono succeduti in quel periodo.

LEGGI ANCHE: Zonin rinviato a giudizio per il dissesto della BpVi

L’attuale board della fondazione aveva chiesto al Consiglio regionale di poter citare in giudizio gli ex amministrazioni per i danni derivanti da investimenti in azioni nella Banca Popolare di Vicenza quantificati in 23 milioni di euro. Come ha riportato il 3 dicembre il Corriere del Veneto, Venezia ha dato il suo parere favorevole con una delibera regionale in base alle funzioni di controllo dell’ente guidato da Luca Zaia.

Il nodo del risarcimento però resta. Sempre secondo quello che scrive il Corriere gli investimenti in titoli della BpVi erano superiori ai 23 milioni. La fondazione era infatti uno dei primi soci dell’istituto con un portafoglio di 510 mila azioni. Non è però detto possano essere recuperati tutti gli investimenti. Nel 2017, infatti, Fondazione Roi aveva accettato la proposta di transazione della Banca recuperando circa 5,1 milioni di euro.

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I leader Nato ostentano unità nel vertice ad alta tensione

Trump, Johnson e la dichiarazione finale congiunta definiscono il summit un «grande successo». Ma come non mai sono emerse le divisioni e i veleni tra i protagonisti.

Al secondo giorno del vertice Nato a Londra che celebra il 70esimo anniversario dell’Alleanza Atlantica, i leader hanno mostrato un’unità e una sintonia che stridono con le tensioni e i veleni emersi durante il summit. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha annunciato la firma della dichiarazione finale del vertice di Watford, sottolineando l’impegno «senza precedenti» per l’incremento di risorse, sulla sfida delle nuove tecnologie, per un atteggiamento di forte «deterrenza», ma anche per il dialogo con la Russia, indicando «per la prima volta la Cina» come oggetto di attenzione.

LA DICHIARAZIONE FINALE DEL VERTICE

Nella dichiarazione finale approvata dai leader si fa riferimento per la prima volta anche alla cooperazione militare nello spazio tra i Paesi Nato, alla lotta alle cyber minacce e al terrorismo fra i fronti emergenti del futuro. «La Nato è l’alleanza di maggior successo nella storia perché cambia in quanto il mondo è cambiato», ha detto Stoltenberg. Il segretario generale ha poi rivendicato i 130 miliardi di dollari in più stanziati dai Paesi membri dal 2016 a oggi per la difesa e l’impegno ad arrivare a 400 miliardi nel 2024.

PER TRUMP E JOHNSON «UN SUCCESSO»

Gli stessi Donald Trump e Boris Johnson hanno definito il meeting un «successo», aggiungendo che la «Nato è più forte che mai».

«Basta liti e divisioni», ha detto il premier britannico, che con la Brexit in vista ha bisogno più che mai dell’asse atlantico. Ma le divisioni, a partire dallo strappo del presidente Emmanuel Macron e dalla variabile impazzita della Turchia, ci sono state eccome. A farle emergere in tutta la loro evidenza è stato un video rubato durante la cena a Buckingham Palace in cui Macron, il premier canadese Justin Trudeau, Johnson e il primo ministro olandese Mark Rutte fanno capannello prendendosi gioco di Trump.

Un filmato che ha innervosito parecchio il presidente Usa, che ha attaccato Trudeau dicendo prima che ha una «doppia faccia» per poi annullare la conferenza stampa finale. «Ne ho già fatte troppe in questi giorni», si è giustificato, ma è più probabile che le tensioni accumulatesi lo abbiano spinto a voler calmare le acque.

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La posizione della Banca d’Italia e del governatore Visco sul Mes

Il capo di Palazzo Koch in audizione alle commissioni Bilancio e Politiche Ue della Camera ha spiegato che il salva-stati non altera i meccanismi sul debito ed è utile se rilancia l'integrazione Ue.

«Il modo migliore per convincere tutti dell’utilità della riforma è usarla come punto di partenza per riprendere con convinzione il percorso di integrazione europea». È l’augurio del governatore di Bankitalia Ignazio Visco in audizione alle commissioni Bilancio e Politiche Ue della Camera sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Quello che continua a mancare, secondo Visco, è «un disegno organico di completamento dell’unione monetaria» nonché il completamento dell’unione stessa.

I VANTAGGI NELLA RIFORMA SECONDO VISCO

«La proposta di riforma del Mes», ha aggiunto il governatore, «segna un passo nella giusta direzione, soprattutto perché introduce il backstop al Fondo di risoluzione unico». La guida di palazzo Koch ha poi spiegato che «viene confermata l’esclusione di qualsiasi automatismo nelle decisioni circa la sostenibilità dei debiti pubblici e di un eventuale meccanismo per la loro ristrutturazione». Una «conferma importante», questa, perché in caso contrario si incorrerebbe in un «rischio enorme».

LIMITI ALLA POSSIBILE RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO

Le modifiche introdotte per la riforma del Meccanismo di Stabilita «sono di portata complessivamente limitata. La riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Anche la verifica della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente. È una clausola a tutela delle risorse del Mes, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore», ha concluso Visco.

VISCO: «SERVONO TAGLI DEL DEBITO»

Sempre sulla questione del debito il governatore ha aggiunto che «le modifiche proposte in materia di assistenza finanziaria ai paesi membri ribadiscono principi di buon senso che sono già presenti nel Trattato». «In ogni caso», ha puntualizzato, «è indispensabile proseguire in maniera credibile nel processo di consolidamento delle finanze pubbliche nei paesi ad alto debito, cogliendo senza esitazione l’opportunità fornita dall’attuale contesto di bassi tassi di interesse». «Per il Mes, come per qualsiasi prestatore», ha aggiunto, «non avrebbe senso erogare credito a chi ha un debito che non è considerato sostenibile, visto che si tratterrebbe di un trasferimento a fondo perduto. I presidi in termini di condizionalità ex ante e di monitoraggio ex post che accompagnano i finanziamenti del meccanismo erano e restano doverosamente rigorosi. Sono presidi a tutela delle risorse che i paesi dell’area dell’euro hanno “investito” nell’istituzione l’Italia, come ho ricordato, è al terzo posto in termini di impegno finanziario».

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L’Inps ha sbloccato il reddito di cittadinanza per gli immigrati extracomunitari

Ma gli aventi diritto che provengono da una lista di 19 Paesi dovranno produrre una documentazione aggiuntiva.

Si sblocca la procedura per l’erogazione del reddito di cittadinanza alle famiglie di extracomunitari che ne hanno diritto. Lo chiarisce l’Inps spiegando che il decreto del ministero del Lavoro di concerto con gli Esteri ha definito l’ambito di applicazione della norma sui documenti da produrre per ottenere la carta Rdc. Solo i cittadini provenienti da 19 Paesi dovranno produrre la documentazione aggiuntiva mentre per gli altri, se ci sono i requisiti, si sblocca la domanda e arriva la carta. Con cadenza quindicinale arriveranno anche gli arretrati

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Rc auto familiare e bonus airbag: il decreto fiscale cambia ancora

Il testo torna in commissione Finanze dopo i rilievi della commissione Bilancio sulle coperture disponibili. Le novità più importanti.

L’Odissea della conversione in legge del decreto fiscale 2020 non è ancora finita. Il testo, infatti, è destinato a tornare in commissione Finanze alla Camera dopo i rilievi della commissione Bilancio. I cambiamenti principali, già annunciati, sono due: salta il bonus per l’acquisto di airbag per le moto, perché mancano le coperture; e saranno riviste (prima ancora di aver visto la luce) le nuove norme in materia di Rc auto familiare, che hanno provocato le proteste delle assicurazioni.

Per quanto riguarda in particolare la nuova Rc auto, le disposizioni che estendono la classe più favorevole a tutti i veicoli assicurati in famiglia, anche in occasione dei rinnovi, verranno corrette. Come, ancora non si sa.

Il portale Facile.it, confrontando i prezzi delle assicurazioni a Milano, Bologna e Firenze, ha calcolato che un nucleo di quattro persone con due auto in prima fascia e due scooter in 14esima fascia potrebbe risparmiare fino al 53% all’anno.

Ma l’Associazione nazionale delle imprese assicuratrici (Ania) ha avvertito il governo: «Se i costi per le assicurazioni rimangono inalterati e la raccolta premi diminuisce, le imprese non si potrebbero più sostenere. Per evitare che questi premi gravino su pochi, è necessario andare a ridistribuirli su tutti».

Tra gli emendamenti al decreto fiscale che andranno riformulati, sempre per ragioni legate alle coperture disponibili, ci sono anche quelli che riguardano il fondo per le vittime dell’amianto e il credito d’imposta per le commissioni sui pagamenti via smartphone.

Infine, salta l’ampliamento della platea del 730. La commissione Bilancio ha chiesto che si cancelli pure lo slittamento al 30 settembre per la presentazione della dichiarazione dei redditi, perché comporterebbe «criticità» nel monitoraggio delle entrate. Ma su quest’ultimo punto le modifiche richieste non sono obbligatorie.

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Mes, il presidente dell’Eurogruppo: «Non vedo ragioni per cambiare il testo»

Il portoghese Mario Centeno gela l'Italia. La firma del nuovo Trattato avverrà «all'inizio del prossimo anno».

«Non vediamo ragione per cambiare testo» del Mes: lo ha detto il presidente dell‘Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno. «Il dibattito è in corso, oggi faremo un altro passo importante e poi aggiusteremo le necessità di dibattito che sono presenti» nei nostri Paesi, ha aggiunto.

LEGGI ANCHE: Il negoziato sul Mes in otto tappe e documenti

Centeno ha anche annunciato che la firma del nuovo Trattato avverrà «ad inizio del prossimo anno». Secondo quanto si apprende, infatti, dopo l’accordo in Eurogruppo e all’Eurosummit serve tempo ulteriore, circa un paio di mesi, per tradurre i testi nelle diverse lingue.

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La Germania espelle due diplomatici russi per l’omicidio di un ribelle ceceno

La procura federale di Berlino ha prove sufficienti per affermare che è stato ucciso «o per conto delle autorità statali russe o per conto della Repubblica cecena autonoma, parte della Federazione russa», Il Cremlino lo consdera «un atto ostile».

La Germania ha annunciato l’espulsione di due diplomatici russi dopo che i pubblici ministeri che si occupano dell’inchiesta hanno dichiarato che dietro l’uccisione di un ex comandante ribelle ceceno in un parco di Berlino potrebbe esserci il governo di Mosca. Zelimkhan Khangoshvili era stato stato ucciso il 23 agosto scorso, presumibilmente da un russo, arrestato poco dopo. Il ministero degli Esteri di Berlino ha reso noto che i due diplomatici sono stati dichiarati «persone indesiderate con effetto immediato».

«UN ATTO OSTILE»

Dura la risposta del ministero degli Esteri russo, In una nota ripresa dalla Tas la diplomazia guidata da Sergej Lavrov sostiene: «Mosca considera le dichiarazioni della Germania e l’espulsione dei diplomatici russi come infondate e un atto ostile» e «risponderà in modo simmetrico».

«PROVE SUFFICIENTI: UCCISO PER CONTO DI RUSSIA O CECENIA»

Secondo la ricostruzione di Der Spiegel la decisione del ministero degli Esteri di espellere due funzionari russi dei servizi segreti è stata presa in seguito alle informazioni assunte dalla procura federale di Karlsruhe, e pubblicate sul suo sito internet. Questa mattina è stato convocato l’ambasciatore russo a Berlino Sergej J. Netschajew a cui è stata comunicata verbalmente la richiesta di espulsione. La ragione sarebbe la mancata collaborazione della Federazione russa nell’indagine sull’omicidio del cittadino georgiano, ex militare in Cecenia, a Berlino in pieno giorno il 23 agosto scorso. La procura federale ha confermato di avere prove sufficienti per ritenere che l’uccisione sia stata compiuta «o per conto delle autorità statali russe o per conto della Repubblica cecena autonoma, parte della Federazione russa», è scritto nel comunicato ufficiale della procura federale, che si occupa di sicurezza interna e internazionale.

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I mafiosi detenuti possono avere benefici anche se non collaborano con la giustizia

Ecco perché la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'articolo 4 bis, primo comma dell'ordinamento penitenziario.

Il detenuto per un reato di mafia può essere premiato se collabora con la giustizia, ma non può essere punito ulteriormente – negandogli benefici riconosciuti a tutti – se non collabora. Con queste motivazioni la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 4 bis, primo comma dell’ordinamento penitenziario. Se il mafioso detenuto non parla, la presunzione di pericolosità sociale resta. Ma non va intesa in modo assoluto e può essere superata se il Tribunale di Sorveglianza ha raccolto elementi tali da escludere che il detenuto stesso abbia ancora collegamenti con l’associazione criminale.

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Parma 2020, i tesori e i primati dell’Emilia sotto i riflettori

Il prossimo anno la città raccoglierà il testimone di Palermo, Capitale 2018. Un'occasione per riscoprire e fare scoprire i gioielli dell'intera regione: dall'enogastronomia ai motori e l'arte.

È l’unica regione italiana che prende il nome da una strada, la Via Emilia, antica strada romana fatta costruire nel 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido per collegare Piacenza a Rimini.

L’antica via è poi diventata arteria fondamentale di ogni attraversamento dell’Italia, e intorno a essa è nata l’Emilia-Romagna, una delle aree più fiorenti della Penisola.

Stefano Bonaccini, governatore uscente e si spera presto rientrante, alla presentazione di Parma Capitale italiana della Cultura 2020, ha voluto inquadrare così l’essenza di questa terra che non ha un unico centro a forte attrazione, come Roma o Napoli, Firenze, Venezia o Milano, ma genera il proprio valore dalla disseminazione di eccellenze su tutto il territorio in molti campi diversi, dai motori alla meccanica di precisione, dalla gastronomia al fashion, dall’arte alla musica. 

PARMA 2020 ACCENDE I FARI SUI GIOIELLI EMILIANI

Così, l’incoronazione di Parma a Capitale della Cultura è soprattutto un faro che si accende su uno dei gioielli emiliani, per riverberarne lo splendore su tutti gli altri. Infatti, ha calamitato da subito Piacenza e Reggio Emilia, costituendo il distretto Emilia occidentale quale protagonista dell’operazione. Che poi Parma, tutti lo dicono en passant durante la presentazione ufficiale, Capitale lo è stata davvero (per ben 300 anni). Ma si sa, in un Paese frazionato per secoli in regni, principati, granducati e signorie, quasi ogni città italiana è stata a suo modo Capitale. Se si legge l’Europa come un continente-museo che preserva i fasti e la storia della civiltà occidentale, l’Italia è certamente il museo con più sale, più capolavori, più cimeli preziosi. 

Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna (Ansa).

L’ARTE DI ERIK SPIEKERMANN

Parma ne custodisce molti, uniti da un filo rosso che è lo spirito stesso della città, il suo entusiasmo nel mettersi in mostra, confermato dalla folla presente a Palazzo della Borsa, a Milano (sede della conferenza stampa), in cui domina quella parlata dolce e un po’ strascicata che ricorda tanto Bernardo Bertolucci, celebrato ad hoc con un video-montaggio di clip sonore tratte dai suoi film, brani di monologhi e dialoghi che fanno emozionare tutti. Sarà che tra i deus ex machina di Parma 2020 c’è il giovanissimo assessore alla Cultura Michele Guerra, docente proprio di Teoria del Cinema nell’università cittadina, colui che ha pensato e coordinato la “messa in scena” della città, brandizzata dal designer tedesco Erik Spiekermann con una grande P, che significa Parma, ma anche prosciutto, pasta, pomodori, Pilotta, Po, Parmigiano Reggiano, nonché Parmigianino, il pittore rinascimentale della Madonna dal collo lungo. «Ho 73 anni», ha detto Spiekermann, «sono in pensione. Ma quando mi hanno chiesto di lavorare a questo progetto, mi sono detto: le persone sono squisite, la città affascinante, il cibo ottimo. Perché no?».

TUTTI I PRIMATI DELLA REGIONE

Così, è partito dal giallo-Parma, colore identificativo della città, e ha disegnato una grafica che sarà declinata nelle mille iniziative previste dal fittissimo programma. I parmigiani sono pronti a ospitare con calore, gentilezza e prelibatezze alimentari, «milioni di visitatori da tutto il mondo», dicono gli organizzatori, forti del contributo delle fiorenti imprese locali, tutte coinvolte fin dal principio nella progettazione e nella realizzazione dell’evento.

nFederico Pizzarotti, sindaco di Parma. (Ansa).

Bonaccini non manca, in chiusura, di sciorinare i primati della regione che vanta: il maggior numero (44) di prodotti Igp e Dop d’Europa, per un valore di circa 3 miliardi di euro; 11 siti Unesco (Parma è Città Creativa della Gastronomia per l’Unesco). Non solo, è la prima regione italiana per export pro-capite (più di Lombardia e Veneto); vanta uno tra i migliori chef del mondo: Massimo Bottura, modenese; sono stati triplicati i fondi per la cultura in cinque anni e a breve sarà pubblicata una Lonely Planet dedicata, consacrazione internazionale che vale come ciliegina su una torta già ricca di tanti sapori. «E pensare», ha ricordato Bonaccini, «che nel Dopoguerra l’Emilia era una delle regioni più povere del Paese». Intanto, Parma si proietta già oltre, con il piano Parma 2030 per la sostenibilità. Il sindaco Federico Pizzarotti sorride e viene da pensare che proprio il sorriso sia l’arma segreta di questa città, piccola ma grande, che mentre affetta prosciutto crudo, a suo modo progetta il futuro.

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Manovra: tasse sulle concessionarie dello Stato per fondi al sociale

Il governo pensa all'aumento dell'Ires per chi gestisce servizi come autostrade, porti e aeroporti. L'obiettivo è di creare una "Robin tax" per progetti sociali.

Aumenterà del 2% l’Ires sugli utili di tutte le società concessionarie dello Stato: i ricavi saranno destinati a finalità sociali. La novità, a quanto si apprende, è spuntata in manovra con un emendamento del governo, anticipato dal Sole 24 Ore e in via di definizione, che dovrebbe tassare per tre anni gli utili dei concessionari che gestiscono servizi come autostrade, porti, aeroporti, servizi di telefonia. L’idea è una sorta di “Robin tax” per finanziare progetti per il sociale e dovrebbe sostituire la stretta degli ammortamenti sui soli concessionari autostradali. La finanziaria dovrebbe approdare in Aula al Senato il 9 dicembre.

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«L’accordo sui dazi tra Usa e Cina è vicino»: brindano le Borse

Lo rivela l'agenzia Usa Bloomberg: improbabile che le tensioni sulle questioni interne cinesi possano influenzare imminenti sviluppi.

Gli Stati Uniti e la Cina sarebbero vicini ad un accordo sui dazi, nonostante le tensioni in atto su Hong Kong e lo Xinjiang, ha scritto Bloomberg citando fonti vicine al dossier, e subito le borse mondiali hanno virato verso l’alto. Secondo le fonti, le dichiarazioni Usa del 4 dicembre che facevano sembrare lontana una intesa non corrisponderebbero ad un effettivo stallo dei colloqui, ed è improbabile che le tensioni sulle questioni interne cinesi possano influenzare imminenti sviluppi.

SUL TAVOLO IL NODO DEI PRODOTTI AGRICOLI USA

Secondo le fonti, che Bloomberg precisa «familiari al pensiero di Pechino», i negoziatori statunitensi prevedono che una prima fase di accordo con la Cina potrebbe essere completata prima che scattino i dazi americani annunciati a partire dal 15 dicembre. Tra le questioni sul tavolo dei colloqui, c’è la ricerca di un modo per garantire gli acquisti di prodotti agricoli statunitensi da parte della Cina e la definizione delle tariffe sulle quali si può fare marcia indietro. Interpellato da Bloomberg, l’ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti Robert Lighthizer non ha inteso commentare, come pure il ministero del Commercio cinese.

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Omicidio Sacchi, Anastasia al gip: «Non sapevo dei 70 mila euro»

La giovane indagata per il tentato acquisto di droga nel caso che ha portato all'uccisione del fidanzato si difende: «Io e Luca a quel pub come mille altre volte».

È stata ascoltata nell’ufficio del gip di Roma nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia Anastasia Kylemnyk, la fidanzata di Luca Sacchi accusata di tentativo di acquisto di droga nell’ambito della vicenda conclusasi con l’omicidio del giovane romano.

«NON SAPEVO DEI 70 MILA EURO NELLO ZAINO»

Berretto rosa calato sugli occhi e occhiali da sole, la giovane è stata accompagna dal suo difensore, l’avvocato Giuseppe Concioni. «Non sapevo di avere 70 mila euro nello zaino ed ero davanti a quel pub con Luca come mille altre volte era capitato», ha detto Anastasia agli inquirenti, spiegando come lei e Luca fossero «completamente estranei alla vicenda». Per l’avvocato Concioni, «Il comportamento di Anastasia durante l’interrogatorio ha dato atto della sua estraneità sull’ipotizzato traffico di stupefacenti». Il legale ha anche aggiunto che la sua cliente ha spiegato come prima di quel momento Giovanni Princi fosse «un grandissimo amico di Luca».

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Omicidio Sacchi, Anastasia al gip: «Non sapevo dei 70 mila euro»

La giovane indagata per il tentato acquisto di droga nel caso che ha portato all'uccisione del fidanzato si difende: «Io e Luca a quel pub come mille altre volte».

È stata ascoltata nell’ufficio del gip di Roma nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia Anastasia Kylemnyk, la fidanzata di Luca Sacchi accusata di tentativo di acquisto di droga nell’ambito della vicenda conclusasi con l’omicidio del giovane romano.

«NON SAPEVO DEI 70 MILA EURO NELLO ZAINO»

Berretto rosa calato sugli occhi e occhiali da sole, la giovane è stata accompagna dal suo difensore, l’avvocato Giuseppe Concioni. «Non sapevo di avere 70 mila euro nello zaino ed ero davanti a quel pub con Luca come mille altre volte era capitato», ha detto Anastasia agli inquirenti, spiegando come lei e Luca fossero «completamente estranei alla vicenda». Per l’avvocato Concioni, «Il comportamento di Anastasia durante l’interrogatorio ha dato atto della sua estraneità sull’ipotizzato traffico di stupefacenti». Il legale ha anche aggiunto che la sua cliente ha spiegato come prima di quel momento Giovanni Princi fosse «un grandissimo amico di Luca».

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Pil, disoccupazione e consumi: quali sono le prospettive per l’economia italiana nel 2019 e 2020

L'Istat ha pubblicato le sue valutazioni in materia economica. Prodotto interno lordo in aumento dello 0,2% per quest'anno. Giù anche la disoccupazione. Bene il risparmio delle famiglie.

Il Prodotto interno lordo italiano crescerà nel 2019 dello 0,2%, «in deciso rallentamento» rispetto al +0,8% dello scorso anno. È quanto ha calcolato l’Istat che ha limato così le stime della scorsa primavera che indicavano un +0,3%. La crescita risulterebbe invece «in lieve accelerazione nel 2020», con un aumento dello 0,6%. Sono le valutazioni dell’Istat nel documeto sulle prospettive per l’economia italiana per il 2019 e 2020. Nel dossier si prendono in esame però anche altri indicatori. Leggero miglioramento per la disoccupazione, con un tasso del 10% per quest’anno e un previsto 9,9% per il 2020. In frenata i consumi delle famiglie, ma in deciso aumento la propensione al risparmio.

A PESARE LA VARIAZIONE DELLE SCORTE (-0,8%)

Nel 2019, ha spiegato l’Istat, «la domanda interna al netto delle scorte fornirebbe un contributo positivo alla crescita del Pil pari a 0,8 punti percentuali; l’apporto della domanda estera netta risulterebbe moderatamente positivo (+0,2 punti percentuali) mentre la variazione delle scorte fornirebbe un impulso ampiamente negativo (-0,8 punti)». Su quest’ultimo dato potrebbe pesare la bassa fiducia che sta caratterizzando il mondo delle imprese in questi ultimi mesi.

IL FRENO DEL COMMERCIO MONDIALE

In generale l’Istituto ha parlato di una crescita che in Italia si mantiene «moderata». Nel dettaglio, «nell’ultima parte dell’anno, l’evoluzione del Pil è attesa proseguire sui ritmi dei mesi precedenti». Nel 2020, viene evidenziato, «il tasso di crescita del Pil è previsto in leggera accelerazione (+0,6%) rispetto al 2019, sostenuto dai consumi e dagli investimenti, nonostante una decelerazione della crescita stimata per questi ultimi». Soffermandosi proprio sugli investimenti, l’Istat ha notato come nel 2020 «risentirebbero della lenta crescita del commercio mondiale» ma «beneficeranno della reintroduzione degli incentivi di iper e super ammortamento e del perdurare di una politica monetaria espansiva da parte della Bce».

NUMERI GIÙ ANCHE PER LA DISOCCUPAZIONE

Per quanto riguarda il mercato di lavoro l’istituto nazionale di statistica ha rilevato «un deciso miglioramento», con il tasso di senza lavoro che si attesterebbe al 10,0% (dal 10,6% del 2018). Un numero che dovrebbe scendere a 9,9% per l’anno successivo. In sostanza l’istituto per i prossimi mesi ha previsto «il proseguimento della fase di miglioramento del mercato del lavoro, ma con un’intensità più contenuta». Tale andamento, ha fatto notare, «rifletterebbe, con un lieve differimento temporale, il progressivo rallentamento del ciclo economico«. L’aumento dell’occupazione (+0,7% per quest’anno e il prossimo) «si accompagnerebbe a una crescita del monte salari e a un miglioramento delle retribuzioni lorde per dipendente (+0,7% e +0,6% rispettivamente nel 2019 e nel 2020)».

RALLENTA LA SPESA DELLE FAMIGLIE

Nel rapporto l’Itat scrive anche che per «il 2019 si prevede un incremento dei consumi delle famiglie in termini reali (+0,6%) in rallentamento rispetto all’anno precedente, che si accompagnerebbe a un deciso aumento della propensione al risparmio». Nel 2020 la crescita della spesa «è prevista della stessa intensità (+0,6%), sostenuta dai miglioramenti del mercato del lavoro».

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Pil, disoccupazione e consumi: quali sono le prospettive per l’economia italiana nel 2019 e 2020

L'Istat ha pubblicato le sue valutazioni in materia economica. Prodotto interno lordo in aumento dello 0,2% per quest'anno. Giù anche la disoccupazione. Bene il risparmio delle famiglie.

Il Prodotto interno lordo italiano crescerà nel 2019 dello 0,2%, «in deciso rallentamento» rispetto al +0,8% dello scorso anno. È quanto ha calcolato l’Istat che ha limato così le stime della scorsa primavera che indicavano un +0,3%. La crescita risulterebbe invece «in lieve accelerazione nel 2020», con un aumento dello 0,6%. Sono le valutazioni dell’Istat nel documeto sulle prospettive per l’economia italiana per il 2019 e 2020. Nel dossier si prendono in esame però anche altri indicatori. Leggero miglioramento per la disoccupazione, con un tasso del 10% per quest’anno e un previsto 9,9% per il 2020. In frenata i consumi delle famiglie, ma in deciso aumento la propensione al risparmio.

A PESARE LA VARIAZIONE DELLE SCORTE (-0,8%)

Nel 2019, ha spiegato l’Istat, «la domanda interna al netto delle scorte fornirebbe un contributo positivo alla crescita del Pil pari a 0,8 punti percentuali; l’apporto della domanda estera netta risulterebbe moderatamente positivo (+0,2 punti percentuali) mentre la variazione delle scorte fornirebbe un impulso ampiamente negativo (-0,8 punti)». Su quest’ultimo dato potrebbe pesare la bassa fiducia che sta caratterizzando il mondo delle imprese in questi ultimi mesi.

IL FRENO DEL COMMERCIO MONDIALE

In generale l’Istituto ha parlato di una crescita che in Italia si mantiene «moderata». Nel dettaglio, «nell’ultima parte dell’anno, l’evoluzione del Pil è attesa proseguire sui ritmi dei mesi precedenti». Nel 2020, viene evidenziato, «il tasso di crescita del Pil è previsto in leggera accelerazione (+0,6%) rispetto al 2019, sostenuto dai consumi e dagli investimenti, nonostante una decelerazione della crescita stimata per questi ultimi». Soffermandosi proprio sugli investimenti, l’Istat ha notato come nel 2020 «risentirebbero della lenta crescita del commercio mondiale» ma «beneficeranno della reintroduzione degli incentivi di iper e super ammortamento e del perdurare di una politica monetaria espansiva da parte della Bce».

NUMERI GIÙ ANCHE PER LA DISOCCUPAZIONE

Per quanto riguarda il mercato di lavoro l’istituto nazionale di statistica ha rilevato «un deciso miglioramento», con il tasso di senza lavoro che si attesterebbe al 10,0% (dal 10,6% del 2018). Un numero che dovrebbe scendere a 9,9% per l’anno successivo. In sostanza l’istituto per i prossimi mesi ha previsto «il proseguimento della fase di miglioramento del mercato del lavoro, ma con un’intensità più contenuta». Tale andamento, ha fatto notare, «rifletterebbe, con un lieve differimento temporale, il progressivo rallentamento del ciclo economico«. L’aumento dell’occupazione (+0,7% per quest’anno e il prossimo) «si accompagnerebbe a una crescita del monte salari e a un miglioramento delle retribuzioni lorde per dipendente (+0,7% e +0,6% rispettivamente nel 2019 e nel 2020)».

RALLENTA LA SPESA DELLE FAMIGLIE

Nel rapporto l’Itat scrive anche che per «il 2019 si prevede un incremento dei consumi delle famiglie in termini reali (+0,6%) in rallentamento rispetto all’anno precedente, che si accompagnerebbe a un deciso aumento della propensione al risparmio». Nel 2020 la crescita della spesa «è prevista della stessa intensità (+0,6%), sostenuta dai miglioramenti del mercato del lavoro».

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Sulla prescrizione Renzi minaccia l’asse con Forza Italia

Il leader di Italia viva torna all'attacco: «Bonafede può cambiare la sua legge, non le nostre idee». E ipotizza il voto al ddl Costa in caso di mancato accordo.

«Volere una giustizia senza fine significa proclamare la fine della giustizia. E non abbiamo cambiato idea». Lo dice Matteo Renzi, intervistato dal Messaggero, in merito alla prescrizione: «Ora ci sono due alternative: la prima è che la nuova maggioranza trovi una soluzione. E sarebbe meglio. Se non accadrà noi non ci inchineremo al populismo giudiziario imperante. E dunque, se non ci sarà accordo, voteremo il ddl di Enrico Costa, persona saggia e già viceministro alla Giustizia del mio governo. Bonafede può cambiare la sua legge, se vuole, ma non può pretendere di cambiare le nostre idee».

«IL PD NON TEME LE URNE, MA FOLLEMENTE CI SPERA»

Sui timori che voglia staccare la spina per votare a marzo, l’ex premier chiarisce: «Non è un timore del Pd, ma una loro (folle) speranza. Una parte del Pd sogna le urne, invocandola con lo stesso giubilo con cui hanno anticipato le elezioni in Umbria, condannandosi a una clamorosa sconfitta. Fosse per me si voterebbe nel 2023. Ma non l’ha ordinato il dottore di stare tutti insieme. Chi vuole rompere deve solo dirlo». Parlando dei rapporti tra Conte e Di Maio, rileva: «Che i due non si salutino non mi interessa: devono governare il Paese, non andare a cena fuori. La vera domanda non è se sono ancora amici, ma se sono in grado di rappresentare l’Italia. Quanto a Di Battista: capisco che voglia tornare in parlamento per sue ovvie esigenze personali e quindi cerchi ogni pretesto per rompere. Ma questo governo è nato in quanto europeista e dunque Di Battista semplicemente non rileva. Se vogliono andare contro l’Europa, hanno sbagliato alleato: potevano tenersi Salvini».

DI MAIO: «DAL PRIMO GENNAIO LA RIFORMA DIVENTA LEGGE»

Di Maio, intanto, tira dritto: «La nostra riforma dal primo gennaio diventa legge. Su questo non discutiamo. Se il Pd poi vuol votare una legge con Salvini e Berlusconi per far tornare la prescrizione com’era ideata da Berlusconi sarà un Nazareno 2.0, ma non credo avverrà». Pronta la replica del presidente dei senatori dem Andrea Marcucci: «Di Maio forse non ha capito la gravità della situazione. Sulla prescrizione, non faremo passi indietro. Non si può accettare una norma anticostituzionale come il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Non si possono sottoporre i cittadini a processi infiniti. Ci sono diverse soluzioni tecniche da affrontare ora, consiglio al capo del M5S di smetterla con le provocazioni».

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Sulla prescrizione Renzi minaccia l’asse con Forza Italia

Il leader di Italia viva torna all'attacco: «Bonafede può cambiare la sua legge, non le nostre idee». E ipotizza il voto al ddl Costa in caso di mancato accordo.

«Volere una giustizia senza fine significa proclamare la fine della giustizia. E non abbiamo cambiato idea». Lo dice Matteo Renzi, intervistato dal Messaggero, in merito alla prescrizione: «Ora ci sono due alternative: la prima è che la nuova maggioranza trovi una soluzione. E sarebbe meglio. Se non accadrà noi non ci inchineremo al populismo giudiziario imperante. E dunque, se non ci sarà accordo, voteremo il ddl di Enrico Costa, persona saggia e già viceministro alla Giustizia del mio governo. Bonafede può cambiare la sua legge, se vuole, ma non può pretendere di cambiare le nostre idee».

«IL PD NON TEME LE URNE, MA FOLLEMENTE CI SPERA»

Sui timori che voglia staccare la spina per votare a marzo, l’ex premier chiarisce: «Non è un timore del Pd, ma una loro (folle) speranza. Una parte del Pd sogna le urne, invocandola con lo stesso giubilo con cui hanno anticipato le elezioni in Umbria, condannandosi a una clamorosa sconfitta. Fosse per me si voterebbe nel 2023. Ma non l’ha ordinato il dottore di stare tutti insieme. Chi vuole rompere deve solo dirlo». Parlando dei rapporti tra Conte e Di Maio, rileva: «Che i due non si salutino non mi interessa: devono governare il Paese, non andare a cena fuori. La vera domanda non è se sono ancora amici, ma se sono in grado di rappresentare l’Italia. Quanto a Di Battista: capisco che voglia tornare in parlamento per sue ovvie esigenze personali e quindi cerchi ogni pretesto per rompere. Ma questo governo è nato in quanto europeista e dunque Di Battista semplicemente non rileva. Se vogliono andare contro l’Europa, hanno sbagliato alleato: potevano tenersi Salvini».

DI MAIO: «DAL PRIMO GENNAIO LA RIFORMA DIVENTA LEGGE»

Di Maio, intanto, tira dritto: «La nostra riforma dal primo gennaio diventa legge. Su questo non discutiamo. Se il Pd poi vuol votare una legge con Salvini e Berlusconi per far tornare la prescrizione com’era ideata da Berlusconi sarà un Nazareno 2.0, ma non credo avverrà». Pronta la replica del presidente dei senatori dem Andrea Marcucci: «Di Maio forse non ha capito la gravità della situazione. Sulla prescrizione, non faremo passi indietro. Non si può accettare una norma anticostituzionale come il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Non si possono sottoporre i cittadini a processi infiniti. Ci sono diverse soluzioni tecniche da affrontare ora, consiglio al capo del M5S di smetterla con le provocazioni».

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