Cosa ha detto il presidente Mattarella nel messaggio di fine anno 2019

Lungo intervento del capo dello Stato nel suo discorso di Capodanno. Spazio ai temi dell'unità nazionale e della coesione.

«Si avvia a conclusione un decennio impegnativo, contrassegnato da una lunga crisi economica e da mutamenti tanto veloci quanto impetuosi. In questo tempo sono cambiate molte cose attorno a noi, nella nostra vita e nella società». Ha iniziato così il suo discorso di fine anno il presidente Sergio Mattarella. «Si tratta di un’occasione per pensare – insieme – al domani. Per ampliare l’orizzonte delle nostre riflessioni; senza trascurare il presente e i suoi problemi, ma rendendosi conto che il futuro è già cominciato», ha aggiunto.

L’ITALIA DALL’ALTO COME METAFORA DI COME SIAMO VISTI ALL’ESTERO

«Mi è stata donata poco tempo fa una foto dell’Italia vista dallo spazio», ha continuato il capo dello Stato, «Ve ne sono tante sul web, ma questa mi ha fatto riflettere perché proviene da una astronauta, adesso al vertice di un Paese amico. Vorrei condividere con voi questa immagine. Con un invito: proviamo a guardare l’Italia dal di fuori, allargando lo sguardo oltre il consueto. In fondo, un po’ come ci vedono dall’estero». Mentre parlava il presidente ha mostrato una foto dell’Italia presa dallo spazio che gli ha donato la governatrice generale del Canada, Julie Payette, ex astronauta. All’estero, ha aggiunto, «vedono il nostro bel Paese, proteso nel Mediterraneo e posto, per geografia e per storia, come uno dei punti di incontro dell’Europa con civiltà e culture di altri continenti. Questa condizione ha contribuito a costruire la nostra identità, sinonimo di sapienza, genio, armonia, umanità».

L’ESALTAZIONE DELLA CREATIVITÀ DEL NOSTRO PAESE

«È significativo che, nell’anno che si chiude, abbiamo celebrato Leonardo da Vinci e, nell’anno che si apre, celebreremo Raffaello. E subito dopo renderemo omaggio a Dante Alighieri», ha aggiunto Mattarella esemplificando la ricchezza delle celebrazioni italiane. «Incontro sovente Capi di Stato, qui in Italia o all’estero. Registro ovunque – ha proseguito – una grande apertura verso di noi, un forte desiderio di collaborazione. Simpatia nei confronti del nostro popolo. Non soltanto per il richiamo della sua arte e dei paesaggi, per la sua creatività e per il suo stile di vita; ma anche per la sua politica di pace, per la ricerca e la capacità italiana di dialogo nel rispetto reciproco, per le missioni delle sue Forze Armate in favore della stabilità internazionale e contro il terrorismo, per l’alto valore delle nostre imprese e per il lavoro dei nostri concittadini. Vi è una diffusa domanda di Italia”.

«DOBBIAMO AVERE FIDUCIA NELL’ITALIA E NEGLI ITALIANI»

«L’Italia riscuote fiducia», ha continuato, «Quella stessa fiducia con cui si guarda, da fuori, verso il nostro Paese deve indurci ad averne di più in noi stessi, per dar corpo alla speranza di un futuro migliore». Il presidente ha anche aggiunto che bisogna «aver fiducia e impegnarci attivamente nel comune interesse. Disponiamo di grandi risorse. Di umanità, di ingegno, di capacità di impresa. Tutto questo produce esperienze importanti, buone pratiche di grande rilievo».

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Capodanno di proteste e violenze a Hong Kong

Sit-in e barricate nel cuore dell'ex colonia per la fine del nuovo anno. Gruppi di manifestanti sono stati poi dispersi dall'intervento della polizia. Timori per la manifestazione del primo gennaio.

La polizia di Hong Kong ha sparato gas lacrimogeni sui manifestanti pro democrazia poco dopo lo scoccare del Capodanno 2020, una scadenza che gli attivisti hanno trasformato in una occasione di protesta. Lo riportano i media internazionali. I manifestanti hanno organizzato raduni a tarda sera salutando il nuovo anno in piazza, in vista di un corteo di massa previsto per il primo gennaio. Poco prima della mezzanotte, migliaia di persone si sono radunate nel quartiere degli affari, lungo il lungomare di Victoria Harbour e nella zona della movida di Lan Kwai Fong.

BARRICATE INCENDIATE A MONG KOK

Il gruppo concentrato al porto ha inneggiato un conto alla rovescia verso il nuovo anno cantando: «Dieci! Nove! Liberate Hong Kong, la rivoluzione ora!» ondeggiando i telefoni accesi. Gruppi più piccoli di manifestanti hanno eretto barricate nel distretto di Mong Kok e le hanno incendiate, ed è stato qui che la polizia antisommossa ha scatenato, in risposta, le prime raffiche di gas lacrimogeni del 2020. Mancavano invece pochi secondi alla mezzanotte quando la polizia ha usato i cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti in una zona attigua, mentre nel vicino quartiere Principe Edoardo gli agenti hanno arrestato diversi manifestanti che avevano organizzato una veglia a lume di candela. All’inizio della serata, migliaia di persone hanno inscenato catene umane che si estendevano per miglia lungo le trafficate strade dello shopping e i quartieri residenziali. Il tradizionale spettacolo pirotecnico dei fuochi d’artificio della vigilia di Capodanno è stato annullato per motivi di sicurezza; ammessi solo spettacoli di luci e fuochi d’artificio a dimensione familiare.

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Comune e Regione trovano l’intesa per la discarica di Roma

La Giunta Capitolina ha deliberato che Roma Capitale indicherà come sito per lo smaltimento dei rifiuti nel territorio del Comune,..

La Giunta Capitolina ha deliberato che Roma Capitale indicherà come sito per lo smaltimento dei rifiuti nel territorio del Comune, ovvero la discarica di servizio per la città, l’area di Monte Carnevale, nel Municipio XI nella Valle Galeria. La Regione, tra le altre cose, disporrà tutte le attività necessarie per consentire, come richiesto da Roma Capitale, una serie lavori straordinari all’impianto Tmb di Rocca Cencia. Lo affermano Roma Capitale e Regione Lazio in una nota congiunta.

IN PASSATO SALTATE LE IPOTESI FALCOGNANA E TRAGLIATELLA

La Regione, vista l’individuazione sul territorio comunale dell’impianto, in concomitanza con l’approvazione del provvedimento capitolino, «stralcerà anche dal Piano Rifiuti in via d’approvazione, come da accordo, l’indicazione del sub-ato per il Comune di Roma Capitale», si legge ancora nella nota congiunta. Prima delle festività le due amministrazioni avevano trovato un accordo sui rifiuti di Roma che prevedeva il supporto della Regione nella gestione temporanea dell’immondizia a fronte dell’indicazione di un sito dentro il Comune da parte del Campidoglio da realizzare in circa 18 mesi. Dopo aver detto no all’ ipotesi Falcognana e Tragliatella la scelta è caduta, tra le cosiddette ‘aree bianche’ indicate dalla città metropolitana, su Monte Carnevale.

VIGNAROLI (COMM.ECOMAFIE): «SCELTA INACCETTABILE»

La mossa di Comune e Regione ha fatto andare su tutte le furie il presidente della Commissione parlamentare Ecomafie Stefano Vignaroli: «La decisione di realizzare la nuova discarica di rifiuti urbani di Roma a due chilometri dalla discarica di Malagrotta è inaccettabile». «È una scelta vergognosa nei confronti di un’area già devastata e mai adeguatamente bonificata», ha aggiunto spiegando che «alla chiusura di Malagrotta non è seguito alcun intervento di risanamento ambientale».

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Le mosse del Mit su Autostrade per il 2020

Il ministero dei Trasporti prova a limitare Aspi con l'introduzione di un osservatorio sulle verifiche di sicurezza. E spinge per congelare i pedaggi sul 95% della rete.

L’anno difficile delle strade liguri ha coinciso un un anno complesso soprattutto per Autostrade per l’Italia, tanto da tenere il ministero del Trasporti, e in generale la fazione grillina del governo, sul piede di guerra. Gli ultimi episodi di fine anno, come l’incendio nel cantiere del viadotto Polcevera a Genova o il crollo del soffitto di una galleria sulla A26, hanno spinto il Mit a correre ai ripari.

DAL 2020 NUOVO OSSERVATORIO SUL MONITORIAGGIO DI ASPI

La ministra Paola De Micheli al termine della riunione informativa sul distacco di parte del soffitto della galleria Berté ha deciso che a partire dal prossimo anno verrà istituito presso il Mit un Osservatorio permanente di monitoraggio delle verifiche di sicurezza relative a tutte le strade e autostrade gestite in concessione, anche con il coinvolgimento di Ansfisa, l’agenzia per la sicurezza stradale e ferroviaria. Durante il vertice che si è tenuto al ministero con i vertici di Aspi si è discusso di una accelerazione dei tempi relativi alla manutenzione di autostrade e gallerie gestite da Aspi, dell’istituzione di un osservatorio Mit-Aspi sui controlli realizzati dalla società concessionaria e di un aiuto economico al Porto di Genova. Alla riunione hanno partecipato oltre al ministro in conference call, il capo di gabinetto del Mit, il direttore generale per la Vigilanza sulle concessionarie autostradali del Mit, e l’Amministratore delegato di Aspi.

IL MINISTERO CHIEDE DI COGLEARE GLI AUMENTI PER IL 2020

Il Mit ha reso noto anche che verranno differiti dal decreto Milleproroghe gli incrementi tariffari previsti dal prossimo 1 gennaio 2020 per il «95% della rete autostradale» e che gli aumenti tariffari ci saranno solo per le società CAV 1,20%, Autovia Padana 4,88%, Bre.Be.Mi. 3,79% e Pedemontana Lombarda 0,80%. Inoltre «si conferma l’ulteriore congelamento degli incrementi tariffari relativi agli anni precedenti» per le società Concessionarie quali Strada dei Parchi, Autostrade per l’Italia e Milano Serravalle. Il Ministero ha fatto inoltre presente che «relativamente alla Concessionaria Strada dei Parchi, l’incremento tariffario è ulteriormente sospeso fino al 31 ottobre 2021» per cui sulle autostrade A24 e A25 «continueranno ad applicarsi le tariffe di pedaggio vigenti alla data del 31 dicembre 2017».

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Dazi Usa-Cina, verso la firma dell’intesa a metà gennaio

Il presidente americano Trump ha twittato che Washington e Pechino firmeranno la prima parte dell'intesa all'inizio dell'anno per poi continuare avviare la seconda fase dei colloqui.

«Firmerò la fase uno del nostro grande e completo accordo commerciale con la Cina il 15 gennaio. La cerimonia avrà luogo alla Casa Bianca. Saranno presenti rappresentanti di alto livello della Cina. In seguito andrò a Pechino, dove inizieranno i colloqui sulla fase due». È quanto ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

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Ceccherini alza il tiro

Dopo la causa civile a Calabresi, Gatti e Pier Luca Santoro per un articolo del 2018 ritenuto diffamatorio, il fondatore dell’Osservatorio Giovani-Editori sta valutando l’azione penale.

Un inizio anno non dei migliori per Claudio Gatti, Mario Calabresi e Pier Luca Santoro, fondatore del sito Datamedia hub. A guastare le feste dei due giornalisti di Repubblica e di Santoro ci ha pensato un vecchio articolo dedicato all’Osservatorio Permanente Giovani-Editori apparso nel marzo 2018 sul Venerdì di Repubblica, considerato fin da subito gravemente diffamatorio dagli interessati, e ripreso poi sul sito online del quotidiano romano.

SCENDONO IN CAMPO I PENALISTI

Inizialmente Andrea Ceccherini, fondatore e anima dell’Osservatorio, sembrava voler limitare la propria azione contro i due giornalisti e Santoro al classico ambito civile. Perciò aveva messo in pista un pool di avvocati di rango, guidato dal professor Guido Alpa, balzato agli onori della cronaca per essere stato storico sodale del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tuttavia qualcosa di nuovo deve essere emerso se solo qualche giorno fa i civilisti sono stati affiancati da un pool di penalisti dai nomi eccellenti (tra cui lo studio fiorentino Taddeucci-Sassolini) cui è stato dato l’incarico di verificare se, nell’ambito della conduzione dell’indagine giornalistica, si siano consumate fattispecie di reati o se invece tutto si sia svolto correttamente. I penalisti dovranno riferire nei primi mesi dell’anno le loro valutazioni, per permettere all’Osservatorio di decidere se procedere o limitarsi all’originaria causa civile.

NO COMMENT DA FIRENZE

L’Osservatorio, che fin dall’inizio aveva reagito al servizio di Gatti con durezza, sembra oggi intenzionato ad alzare ulteriormente il livello dello scontro, probabilmente consigliato dagli stessi legali. Anche se, secondo quanto risulta a Lettera43, sembra che Ceccherini voglia approfondire adeguatamente i fatti e gli atti, prima di muovere un ulteriore passo. Quello che è certo è che il recente cambio di proprietà del giornale, passato dalla famiglia De Benedetti alla Exor di John Elkann, non sembra abbia indotto il manager fiorentino a recedere. Anzi. Interpellati sulle indiscrezioni raccolte da questo giornale, al quartier generale di Firenze hanno preferito non rilasciare dichiarazioni in materia. L’unica cosa di cui sono disposti a parlare è la grande soddisfazione per la partnership strategica con Apple, celebrata in pompa magna a Firenze lo scorso 13 ottobre, che ha contribuito a ispessire il profilo internazionale dell’Organizzazione, tanto da meritare il plauso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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Le reazioni dopo la fuga in Libano dell’ex presidente Nissan, Carlos Ghosn

La fuga dal Giappone del manager libanese è ancora avvolta nel mistero. Persino i legali nipponici non sospettavano di niente. E intanto la procura chiede la revoca della libertà vigilata.

Fuggito in Libano per evitare le persecuzioni. Si è giustificato così Carlos Ghosn, ex presidente di Nissan. Il manager con passaporto libanese ha infatti confermato l’indiscrezione del 30 dicembre sul suo arrivo dal Giappone. Attraverso i suoi legali, Ghosn ha dichiarato che non stava fuggendo dalla giustizia ma sta piuttosto cercando di evitare «ingiustizia e persecuzione politica». L’ex presidente di Nissan, che si trovava in libertà vigilata a Tokyo in attesa di processo per frode industriale e fiscale, non ha fornito dettagli su come è uscito dal Giappone ma ha promesso di parlare presto ai giornalisti. Subito dopo la conferma della notizia, il pubblico ministero giapponese ha chiesto alla corte distrettuale di Tokyo la revoca della libertà vigilata, come riportato dai media giapponesi, spiegando che se il tribunale accoglie l’istanza, la libertà vigilata verrà annullata e la cauzione di 1,5 miliardi di yen (12,3 milioni di euro) verrà confiscata.

L’AFFONDO CONTRO LA GIUSTIZIA GIAPPONESE

«Ora sono in Libano e non sarò più tenuto in ostaggio da un sistema giudiziario giapponese truccato in cui si presume la colpa, la discriminazione dilaga e vengono negati i diritti umani di base, in flagrante disprezzo degli obblighi legali del Giappone ai sensi del diritto internazionale e dei trattati che è vincolato a sostenere», si legge in una dichiarazione. I media giapponesi hanno citato pubblici ministeri che affermano di non sapere come Ghosn abbia lasciato il Paese. L’ex presidente di Nissan, che è di origine libanese e detiene passaporti francese e libanese, è stato arrestato in Giappone nel novembre 2018 e sta affrontando varie accuse di cattiva condotta finanziaria. Dovrebbe affrontare un processo nell’aprile del 2020.

ANCHE I LEGALI COLTI DI SORPRESA

L’avvocato di Ghosn in Giappone, Junichiro Hironaka, si è detto «stupito» dalla decisione del suo cliente di lasciare il paese, affermando di non avere avuto alcun contatto con l’ex numero uno della Nissan-Renault. «Siamo completamente interdetti», ha detto Hironaka alla stampa, negando di essere in grado di raggiungere telefonicamente l’ex tycoon, che si trova a Beirut. Nei confronti di Ghosn ci sono quattro capi di imputazione, tra cui l’aver sottostimato i propri compensi per un periodo compreso tra il 2010 e il 2017, e l’abuso di fiducia aggravata. Accuse che Ghosn ha sempre negato, asserendo di essere vittima di una cospirazione all’interno della casa auto nipponica. Dallo scorso aprile era stato rilasciato su cauzione con l’obbligo di rimanere nella sua residenza di Tokyo, e il vincolo di consegna del passaporto al proprio avvocato. Qualsiasi spostamento in Giappone per più di tre giorni doveva essere autorizzato dal suo legale, e anche solo per contattare la moglie l’ex dirigente doveva richiedere il permesso del tribunale. Una telecamera di sorveglianza era installata nella sua residenza, e l’accesso al telefono cellulare doveva essere controllato dal proprio avvocato, così come la navigazione su internet.

TOKYO E BEIRUT NON HANNO UN TRATTATO SULL’ESTRADIZIONE

Secondo il database dell’ufficio non ci sono indicazioni della partenza di Ghosn, ma una fonte del ministero dei Trasporti ha riferito all’agenzia Kyodo che un aereo privato è partito dall’aeroporto internazionale del Kansai di Osaka nella serata di domenica, e diretto a Instabul, ma non si hanno dettagli sulle identità dell’equipaggio a bordo. Il governo di Tokyo non ha firmato un trattato di estradizione con il Libano, rendendo molto difficile l’estradizione di Ghosn se le autorità di Beirut rifiutano di consegnare l’ex tycoon alla giustizia nipponica. Secondo il Financial Times, Ghosn è atterrato all’aeroporto internazionale di Beirut Rafic al-Hariri nella tarda serata del 20 dicembre, mentre il giornale libanese Al-Joumhouria ha scritto che l’ex dirigente è volato dalla Turchia su un aereo privato. Il centro di Immigrazione giapponese ha reso noto di non avere dettagli sulla partenza di Ghosn.

BEIRUT: «GHOSN ENTRATO NEL PAESE LEGALMENTE»

Da Beirut, intanto, hanno fatto sapere che «Carlos Ghosn è entrato in Libano legalmente e contro di lui non c’è alcuna misura né alcun procedimento giudiziario». Secondo un comunicato della Direzione della Sicurezza generale del Libano, citato dal quotidiano libanese L’Orient-Le Jour, «nelle ultime ore ci sono state numerose interpretazioni sull’ingresso del cittadino libanese a Beirut».

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Le reazioni dopo la fuga in Libano dell’ex presidente Nissan, Carlos Ghosn

La fuga dal Giappone del manager libanese è ancora avvolta nel mistero. Persino i legali nipponici non sospettavano di niente. E intanto la procura chiede la revoca della libertà vigilata.

Fuggito in Libano per evitare le persecuzioni. Si è giustificato così Carlos Ghosn, ex presidente di Nissan. Il manager con passaporto libanese ha infatti confermato l’indiscrezione del 30 dicembre sul suo arrivo dal Giappone. Attraverso i suoi legali, Ghosn ha dichiarato che non stava fuggendo dalla giustizia ma sta piuttosto cercando di evitare «ingiustizia e persecuzione politica». L’ex presidente di Nissan, che si trovava in libertà vigilata a Tokyo in attesa di processo per frode industriale e fiscale, non ha fornito dettagli su come è uscito dal Giappone ma ha promesso di parlare presto ai giornalisti. Subito dopo la conferma della notizia, il pubblico ministero giapponese ha chiesto alla corte distrettuale di Tokyo la revoca della libertà vigilata, come riportato dai media giapponesi, spiegando che se il tribunale accoglie l’istanza, la libertà vigilata verrà annullata e la cauzione di 1,5 miliardi di yen (12,3 milioni di euro) verrà confiscata.

L’AFFONDO CONTRO LA GIUSTIZIA GIAPPONESE

«Ora sono in Libano e non sarò più tenuto in ostaggio da un sistema giudiziario giapponese truccato in cui si presume la colpa, la discriminazione dilaga e vengono negati i diritti umani di base, in flagrante disprezzo degli obblighi legali del Giappone ai sensi del diritto internazionale e dei trattati che è vincolato a sostenere», si legge in una dichiarazione. I media giapponesi hanno citato pubblici ministeri che affermano di non sapere come Ghosn abbia lasciato il Paese. L’ex presidente di Nissan, che è di origine libanese e detiene passaporti francese e libanese, è stato arrestato in Giappone nel novembre 2018 e sta affrontando varie accuse di cattiva condotta finanziaria. Dovrebbe affrontare un processo nell’aprile del 2020.

ANCHE I LEGALI COLTI DI SORPRESA

L’avvocato di Ghosn in Giappone, Junichiro Hironaka, si è detto «stupito» dalla decisione del suo cliente di lasciare il paese, affermando di non avere avuto alcun contatto con l’ex numero uno della Nissan-Renault. «Siamo completamente interdetti», ha detto Hironaka alla stampa, negando di essere in grado di raggiungere telefonicamente l’ex tycoon, che si trova a Beirut. Nei confronti di Ghosn ci sono quattro capi di imputazione, tra cui l’aver sottostimato i propri compensi per un periodo compreso tra il 2010 e il 2017, e l’abuso di fiducia aggravata. Accuse che Ghosn ha sempre negato, asserendo di essere vittima di una cospirazione all’interno della casa auto nipponica. Dallo scorso aprile era stato rilasciato su cauzione con l’obbligo di rimanere nella sua residenza di Tokyo, e il vincolo di consegna del passaporto al proprio avvocato. Qualsiasi spostamento in Giappone per più di tre giorni doveva essere autorizzato dal suo legale, e anche solo per contattare la moglie l’ex dirigente doveva richiedere il permesso del tribunale. Una telecamera di sorveglianza era installata nella sua residenza, e l’accesso al telefono cellulare doveva essere controllato dal proprio avvocato, così come la navigazione su internet.

TOKYO E BEIRUT NON HANNO UN TRATTATO SULL’ESTRADIZIONE

Secondo il database dell’ufficio non ci sono indicazioni della partenza di Ghosn, ma una fonte del ministero dei Trasporti ha riferito all’agenzia Kyodo che un aereo privato è partito dall’aeroporto internazionale del Kansai di Osaka nella serata di domenica, e diretto a Instabul, ma non si hanno dettagli sulle identità dell’equipaggio a bordo. Il governo di Tokyo non ha firmato un trattato di estradizione con il Libano, rendendo molto difficile l’estradizione di Ghosn se le autorità di Beirut rifiutano di consegnare l’ex tycoon alla giustizia nipponica. Secondo il Financial Times, Ghosn è atterrato all’aeroporto internazionale di Beirut Rafic al-Hariri nella tarda serata del 20 dicembre, mentre il giornale libanese Al-Joumhouria ha scritto che l’ex dirigente è volato dalla Turchia su un aereo privato. Il centro di Immigrazione giapponese ha reso noto di non avere dettagli sulla partenza di Ghosn.

BEIRUT: «GHOSN ENTRATO NEL PAESE LEGALMENTE»

Da Beirut, intanto, hanno fatto sapere che «Carlos Ghosn è entrato in Libano legalmente e contro di lui non c’è alcuna misura né alcun procedimento giudiziario». Secondo un comunicato della Direzione della Sicurezza generale del Libano, citato dal quotidiano libanese L’Orient-Le Jour, «nelle ultime ore ci sono state numerose interpretazioni sull’ingresso del cittadino libanese a Beirut».

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I cantanti in gara a Sanremo 2020 svelati da Amadeus

Per la prima volta Piero Pelù. Ma c'è anche Bugo (in coppia con Morgan) e il ritorno di Francesco Gabbani.

Amadeus, conduttore e direttore artistico di Sanremo 2020, ha annunciato in un’intervista a Repubblica i nomi dei cantanti in gara al Festival.

I Big sono: Marco Masini, Michele Zarrillo, Alberto Urso (il tenore pop vincitore di Amici), Elettra Lamborghini, Achille Lauro, Anastasio (vincitore di X Factor), Bugo e Morgan, Diodato, Elodie, Enrico Nigiotti, Francesco Gabbani.

Ci sono anche Irene Grandi, Le Vibrazioni, Levante, Junior Cally, Paolo Jannacci, Piero Pelù e Giordana Angi (da Amici). Infine Pinguini Tattici Nucleari, Rancore, Raphael Gualazzi e Riki (anche lui da Amici).

Tutti gli artisti saranno ospiti il 6 gennaio nello speciale di Rai 1 de I Soliti ignoti dedicato alla Lotteria Italia, e annunceranno loro i titoli delle canzoni.

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I cantanti in gara a Sanremo 2020 svelati da Amadeus

Per la prima volta Piero Pelù. Ma c'è anche Bugo (in coppia con Morgan) e il ritorno di Francesco Gabbani.

Amadeus, conduttore e direttore artistico di Sanremo 2020, ha annunciato in un’intervista a Repubblica i nomi dei cantanti in gara al Festival.

I Big sono: Marco Masini, Michele Zarrillo, Alberto Urso (il tenore pop vincitore di Amici), Elettra Lamborghini, Achille Lauro, Anastasio (vincitore di X Factor), Bugo e Morgan, Diodato, Elodie, Enrico Nigiotti, Francesco Gabbani.

Ci sono anche Irene Grandi, Le Vibrazioni, Levante, Junior Cally, Paolo Jannacci, Piero Pelù e Giordana Angi (da Amici). Infine Pinguini Tattici Nucleari, Rancore, Raphael Gualazzi e Riki (anche lui da Amici).

Tutti gli artisti saranno ospiti il 6 gennaio nello speciale di Rai 1 de I Soliti ignoti dedicato alla Lotteria Italia, e annunceranno loro i titoli delle canzoni.

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Ci penserà Salvini a disarcionare Salvini

Per il leader leghista il 2020 è l'anno degli esami. Sarà chiamato a fare opposizione costruttiva o a governare. In entrambi i casi, dovrà dimostrare qualità che non ha.

Quant’è durata quella storia che Matteo Salvini era diventato moderato? Qualche ora, forse qualche giorno. Il leader leghista è tornato in grande spolvero nel suo ruolo di produttore mondiale di odio e di cazzate. Il 2020 lo consacrerà probabilmente come l’uomo che potrebbe guidare l’Italia. Un dispiacere glielo può dare l’Emilia-Romagna e penso che glielo darà. In questo caso la sua carriera avrebbe un rallentamento, non un arresto immediato. Il caso Emilia-Romagna è interessante perché la vittoria di Salvini manderebbe a casa il governo e spingerebbe i cinque stelle nel baratro e il Pd assai vicino al buco nero. La sconfitta di Salvini, invece, avrebbe due conseguenze: primo, ne indebolirebbe gravemente la leadership nella Lega; secondo, darebbe uno slancio ulteriore a Giorgia Meloni che viceversa sarebbe sacrificata nell’ipotesi di vittoria del leghista.

In ogni caso è facile immaginare che il 2020 sarà l’ultimo anno di gloria, e soprattutto di nullafacenza, per Salvini. Sono anni, direi decenni, che è sulla scena nelle sembianze diverse di ragazzo di bottega con Umberto Bossi e Roberto Maroni, di prim’attore negli ultimi mille giorni o poco più. Finora ha dimostrato qualità indiscusse come promotore di movimenti di estrema destra. In verità se fosse sceso in campo Vittorio Feltri lui gli starebbe accanto come un cagnolino. Ma Feltri ama la vita comoda e si è ritagliato questo ruolo di gran inventore di uomini e movimenti di destra, riuscendo a fare cose che a sinistra Eugenio Scalfari ha tentato di fare, non riuscendovi. Voglio dire che lo sdoganamento del cattivismo e la demonizzazione della sinistra hanno aperto un varco nella prateria per la destra italiana. Non hanno fatto tutto da soli, né Salvini né Feltri e altri modesti imitatori del fondatore di Libero. Devono ringraziare i cinque stelle e quel mondo giustizialista che è stata la vera testuggine che ha sfondato le linee di resistenza del pensiero democratico. Devono ringraziare il “mielismo” e quella cultura “né-né” che ha prevalso nel giornalismo italiano. Comunque è andata così. Pazienza.

I DOSSIER? SALVINI NON GUARDA NEMMENO LE FIGURE

Ora Salvini sia nel caso che vinca nella regione più rossa d’Italia sia che perda deve mostrare qualità che non ha, almeno io penso che non abbia. Deve cioè fare o l’oppositore in grado di costruire alleanze stabili (nel caso di sconfitta emiliano-romagnola) o addirittura di governare nel caso di vittoria alle regionali. Salvini non è capace di governare. Persino Luigi Di Maio dà talvolta l’impressione di aver letto qualche dossier, ma Salvini sicuramente non guarda neppure le figure. L’idea che l’uomo di destra di governo debba solo saper attizzare le folle ma non abbia il dovere di saper governare è un pregiudizio di noi di sinistra. La gente di destra che va al governo sa di cosa parla. Ne abbiamo visti tanti, maschi e femmine. Persino il più improbabile leader estremista, penso a Donald Trump, ha una squadra di sbrigafaccende con un indirizzo preciso in testa. Salvini ha nulla in testa.

LE UNICHE IDEE DEL “CAPITANO” VENGONO DAL MERCATO DELL’USATO

Non è un mio pregiudizio propagandistico. Chi come me osserva la politica con ostinata e quotidiana attività (leggendo discorsi, dichiarazioni, interviste, una vera vita di m…da) non ha mai trovato nelle cose di Salvini una idea, tranne quelle che ha raccattato al mercato dell’usato. La mia sorpresa è come faccia tanta gente di destra, abituata a leader con storia e letture, a essersi consegnata a uno sconclusionato figlio del Nord più cialtrone (credevate che ce li avevamo solo noi meridionali?). Comunque sia, quest’anno Salvini darà gli esami. Quelli veri. Dovrà dimostrare di saper stare all’opposizione oppure di essere in grado di governare. In questo secondo caso la sinistra è bene che smetta subito di lamentarsi. Smetta prima di ricominciare a farlo. Salvini al governo durerà poco. La quantità di incidenti istituzionali, internazionali, di piazza sarà talmente alta che alla fine lo butteranno fuori i suoi.

Le sardine non possono portare la gente in piazza ripetutamente senza dare una prospettiva

E nell’attesa? Nell’attesa sappiamo poche cose, ma importanti. Che il Pd non raggiunge il 20%, che Matteo Renzi è bollitissimo, che la magistratura, pur divisa come mai, ha ripreso il sopravvento sulla politica e vedremo arresti e avvisi di garanzia a carrettate. Per fortuna ci sono i movimenti giovanili di massa e, quando tornano in piazza, le donne. Io non so se le “sardine” devono fare un partito, ma credo abbia ragione Massimo Cacciari quando dice loro che non si può portare la gente in piazza ripetutamente senza dare una prospettiva. Se gli toccherà di fare un partito, facciano un partito. Buon anno.

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Centinaia di manifestanti contro l’ambasciata americana di Baghdad

Hanno tentato di assaltare l'edificio dopo i raid che hanno provocato la morte di 25 combattenti di una milizia sciita appoggiata dall'Iran.

Centinaia di iracheni hanno tentato di assaltare l’ambasciata americana di Baghdad, per protestare contro i raid Usa che hanno ucciso 25 combattenti di una milizia sciita appoggiata dall’Iran.

Secondo il New York Times i partecipanti al funerale, una volta terminata la cerimonia, hanno deciso di marciare verso la Zona Verde dove ha sede l’ambasciata. La folla ha uralto: «Down, down Usa!».

Le guardie di sicurezza si sono ritirate all’interno del palazzo, mentre i manifestanti hanno lanciato bottiglie e distrutto le telecamere di sicurezza all’esterno dell’edificio. I manifestanti hanno anche appeso fuori dalle mura dell’ambasciata le bandiere gialle della milizia Kataeb Hezbollah.

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Indagato per corruzione il prefetto di Cosenza

Paola Galeone è accusata di aver preso una mazzetta di 700 euro da un'imprenditrice, che ha denunciato tutto alla polizia.

Il prefetto di Cosenza, Paola Galeone, è indagata per corruzione. Secondo la Gazzetta del Sud, che per prima ha dato la notizia, l’accusa è di aver intascato una mazzetta di 700 euro da un’imprenditrice, che ha denunciato tutto alla polizia consentendo di documentare in un video il passaggio di denaro. La consegna della busta sarebbe avvenuta in un bar di Cosenza. Galeone avrebbe proposto all’imprenditrice di emettere una falsa fattura di 1.220 euro allo scopo di intascare la parte di fondo di rappresentanza accordata ai prefetti che era rimasta disponibile alla fine dell’anno: 700 euro della somma concordata sarebbero andati al prefetto, 500 all’imprenditrice.

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Incendio nel cantiere del viadotto Polcevera a Genova

Al momento non si registrano feriti. Via Fillak è stata chiusa al traffico per consentire le operazioni in sicurezza.

Un grosso incendio è divampato all’interno del cantiere per il nuovo ponte di Genova. A prendere fuoco materiale dentro la pila 13 della nuova struttura. Sul posto stanno intervenendo cinque squadre dei vigili del fuoco. Le fiamme hanno avvolto l’intera pila. Al momento non si registrano feriti. Via Fillak è stata chiusa al traffico per consentire le operazioni in sicurezza.

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Incendio nel cantiere del viadotto Polcevera a Genova

Al momento non si registrano feriti. Via Fillak è stata chiusa al traffico per consentire le operazioni in sicurezza.

Un grosso incendio è divampato all’interno del cantiere per il nuovo ponte di Genova. A prendere fuoco materiale dentro la pila 13 della nuova struttura. Sul posto stanno intervenendo cinque squadre dei vigili del fuoco. Le fiamme hanno avvolto l’intera pila. Al momento non si registrano feriti. Via Fillak è stata chiusa al traffico per consentire le operazioni in sicurezza.

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Guida al menù last minute per cenoni da single

Antipasti con acciughe, foie gras e caviale. Tortellini o calamarata di pesce spada come primi. Per i secondi cotture alla griglia o baccalà fritto. Champagne da bere e panettone artigianale. La soluzione per un workaholic che lavora fino al 31 e fa finta di snobbare le feste.

Si fa presto a dire che le feste natalizie sono dedicate alla famiglia, ai parenti e agli amici stretti. C’è chi, per scelta, trascorre nella completa solitudine anche il cenone, lavorando la sera del 24 o del 31 dicembre. Nella maggior parte dei casi chi sceglie di non festeggiare è un po’ anarchico e un po’ snob, se ne infischia delle ricorrenze di massa e, per coerenza, non fa sontuosi banchetti. Per lui le vigilie di Natale e di Capodanno equivalgono a un qualsiasi giorno dell’anno, non meritano cibi speciali, né di trascorrere le giornate ai fornelli. Ma c’è anche chi decide di regalarsi un menù di più portate, nonostante il lavoro. Ci siamo immaginati questa situazione: è la notte del 31 dicembre, esci dall’ufficio alle 19 e non vuoi rinunciare a un cenone tête-à-tête con te stesso. Che fai?

NIENTE RISTORANTI O GASTRONOMIA

La soluzione più semplice sarebbe andare in un ristorante, ma nel caso in cui non sia stata effettuata alcuna prenotazione e non ci fossero posti? Il piano B potrebbe essere comprare tutto già pronto in una gastronomia, ma se l’orario di chiusura non fosse compatibile con l’orario di uscita dal lavoro? Come organizzarsi per un cenone last minute solitario?

SUPERMERCATO E SPESA DI PESCE AZZURRO

La prima regola è andare in un supermercato ancora aperto e fare la spesa. Cosa comprare? Bisogna pensare a una cena che sia veloce da preparare, ma anche un po’ ricercata. Partiamo dagli antipasti. Pane, burro, acciughe: veloce, gustoso, low profile e anche un po’ da intenditori, considerando che il pesce azzurro sta tornando in auge. Un single workaholic che fa finta di snobbare il Natale, ma non vuole rinunciare al cenone, potrebbe però anche mirare a cibi che nella sua testa sono un po’ esclusivi, ma che nella realtà dei fatti sanno un po’ di parvenu. Quindi pan brioche con foie gras e caviale in purezza. Poi, giusto per aggiungere un tocco un po’ pop agli antipasti, una ciotolina di insalata russa ci sta sempre, già pronta ovviamente.

TORTELLINI SÌ, MA PER IL BRODO NON C’È TEMPO

Passiamo ai primi e andiamo sul classico: pasta fresca che, tradotto, significa tortellini. Ricordiamo che il nostro lavoratore snob esce tardi dall’ufficio e non ha tempo per dedicarsi alle lunghe preparazioni. Per cui i tortellini devono essere già pronti da cuocere, ma bisogna escludere il brodo, che è la morte della pasta fresca ripiena, e tornare a un must Anni 80. Tortellini con prosciutto, panna e parmigiano. Il plus potrebbe essere l’aggiunta del burro di affioramento, ma la spesa la facciamo al supermercato e non è detto che riusciamo a reperirlo. Se invece si rinuncia alla pasta fresca, si può tranquillamente andare su un primo molto veloce, ma gustoso. Calamarata con dadolata di pesce spada, aglio, olio, peperoncino, mentuccia, vino bianco.

BISTECCA AL SANGUE O TRANCIO DI TONNO

I secondi sono un po’ più impegnativi ed è difficile realizzarli con la clessidra del tempo in mano. Il consiglio è di andare sulle cotture alla griglia, quindi una bistecca al sangue potrebbe funzionare o, nel caso di pesce, un trancio di tonno. Se invece si ha voglia di mettersi ai fuochi, si può optare per una preparazione veloce, ma che dà sempre soddisfazioni: il baccalà fritto, un grande classico del Natale partenopeo. Comprate un bel pezzo di baccalà già ripulito della pelle, lavatelo e togliete eventuali lische, tagliatelo a pezzi grossi, infarinatelo e friggetelo. Potete abbinarci un’insalata di finocchi, limoni e arance o della cicoria saltata in padella con aglio e peperoncino.

UNA CREMA PASTICCERA AL VOLO

Da bere concedetevi il migliore champagne a tutto pasto. Non è per ostentare, ma che diamine, avete lavorato tutto il giorno, meritate un po’ di coccole. Il dolce della festa non può che essere il panettone, quello però sarebbe bello se fosse artigianale e magari fatevi una crema pasticcera (latte, zucchero, tuorlo, amido di riso, baccello di vaniglia e scorza di limone) per accompagnarlo. Per i cenoni delle feste si possono preparare dei menù anche last minute, dopo una giornata di lavoro, senza dover necessariamente trascorrere l’intera giornata ai fornelli e senza essere per forza dei custodi del focolare domestico. Un’unica raccomandazione: dopo il cenone solitario andate a letto, evitate il brindisi tristissimo con tanto di conto alla rovescia davanti alla tivù.

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Bancarotta Etruria, tra i 14 a processo c’è Pier Luigi Boschi

La procura di Arezzo ha esercitato la citazione diretta a giudizio per gli ex dirigenti e membri del cda dell'istituto toscano. Tra loro il padre dell'ex ministra. Faro degli inquirenti sulle maxi-consulenze.

Citazione diretta a giudizio per bancarotta colposa, davanti al giudice monocratico di Arezzo, per 14 ex dirigenti e membri dell’ultimo cda di Banca Etruria. L’iniziativa è stata esercitata dalla procura di Arezzo per il reato di bancarotta colposa contestata per l’incarico di consulenze esterne date per cercare un partner per la banca aretina ma ritenute dai pm inutili e tali da aggravarne il crac. Tra i citati dalla procura c’è Pier Luigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena, che fu membro di quel cda, e stavolta Boschi finirebbe a processo per la prima volta nell’intera vicenda Etruria.

DUE ARCHIVIAZIONI NEL 2019

A ottobre, infatti, una sua posizione è stata archiviata nel filone relativo alla mancata fusione di Etruria con Popolare Vicenza. Per lui e altri imputati il gip non ha ravvisato l’integrazione del reato di bancarotta circa la valutazione di un’eventuale fusione tra le due banche. A febbraio 2019 Boschi era inoltre stato archiviato, sempre con altri indagati, dal filone di falso in prospetto riguardo a comunicazioni date ai risparmiatori per sottoscrivere alcuni prodotti. Invece, entro i primi di gennaio 2020 è attesa la decisione del gup Piergiorgio Ponticelli sul filone dedicato alla liquidazione da 700.000 euro data all’ex dg Luca Bronchi nel 2014: tra i 12 imputati che attendono c’è anche Boschi senior.

FARO DELLA PROCURA SULLE SUPER CONSULENZE

Nella citazione diretta per i 14 la procura ipotizza la bancarotta colposa per superconsulenze fra cui 4 milioni di euro pagati per incarichi a grandi società (Mediobanca e Bain) e importanti studi legali (Grande Stevens a Torino e Zoppini a Roma). Per la procura i 14 imputati citati a giudizio non avrebbero vigilato sulla redazione delle consulenze, che gli inquirenti ritengono in gran parte inutili e ripetitive, nonché tali da contribuire all’aggravamento del dissesto. In questo filone c’erano 17 indagati. Ai 14 per cui la procura ha esercitato la citazione diretta, si aggiungono l’ex presidente Lorenzo Rosi, l’ex dg Luca Bronchi e l’ex vicepresidente Alfredo Berni: ma questi tre, già coinvolti nel processo per bancarotta fraudolenta tuttora in corso (Rosi è imputato, Bronchi e Berni vi sono stati condannati in rito abbreviato), la procura non li ha citati essendo già contestati a loro in quel processo gli stessi fatti del filone consulenze. Il maxi-processo con 25 imputati riprenderà il 9 gennaio ad Arezzo.

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Bancarotta Etruria, tra i 14 a processo c’è Pier Luigi Boschi

La procura di Arezzo ha esercitato la citazione diretta a giudizio per gli ex dirigenti e membri del cda dell'istituto toscano. Tra loro il padre dell'ex ministra. Faro degli inquirenti sulle maxi-consulenze.

Citazione diretta a giudizio per bancarotta colposa, davanti al giudice monocratico di Arezzo, per 14 ex dirigenti e membri dell’ultimo cda di Banca Etruria. L’iniziativa è stata esercitata dalla procura di Arezzo per il reato di bancarotta colposa contestata per l’incarico di consulenze esterne date per cercare un partner per la banca aretina ma ritenute dai pm inutili e tali da aggravarne il crac. Tra i citati dalla procura c’è Pier Luigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena, che fu membro di quel cda, e stavolta Boschi finirebbe a processo per la prima volta nell’intera vicenda Etruria.

DUE ARCHIVIAZIONI NEL 2019

A ottobre, infatti, una sua posizione è stata archiviata nel filone relativo alla mancata fusione di Etruria con Popolare Vicenza. Per lui e altri imputati il gip non ha ravvisato l’integrazione del reato di bancarotta circa la valutazione di un’eventuale fusione tra le due banche. A febbraio 2019 Boschi era inoltre stato archiviato, sempre con altri indagati, dal filone di falso in prospetto riguardo a comunicazioni date ai risparmiatori per sottoscrivere alcuni prodotti. Invece, entro i primi di gennaio 2020 è attesa la decisione del gup Piergiorgio Ponticelli sul filone dedicato alla liquidazione da 700.000 euro data all’ex dg Luca Bronchi nel 2014: tra i 12 imputati che attendono c’è anche Boschi senior.

FARO DELLA PROCURA SULLE SUPER CONSULENZE

Nella citazione diretta per i 14 la procura ipotizza la bancarotta colposa per superconsulenze fra cui 4 milioni di euro pagati per incarichi a grandi società (Mediobanca e Bain) e importanti studi legali (Grande Stevens a Torino e Zoppini a Roma). Per la procura i 14 imputati citati a giudizio non avrebbero vigilato sulla redazione delle consulenze, che gli inquirenti ritengono in gran parte inutili e ripetitive, nonché tali da contribuire all’aggravamento del dissesto. In questo filone c’erano 17 indagati. Ai 14 per cui la procura ha esercitato la citazione diretta, si aggiungono l’ex presidente Lorenzo Rosi, l’ex dg Luca Bronchi e l’ex vicepresidente Alfredo Berni: ma questi tre, già coinvolti nel processo per bancarotta fraudolenta tuttora in corso (Rosi è imputato, Bronchi e Berni vi sono stati condannati in rito abbreviato), la procura non li ha citati essendo già contestati a loro in quel processo gli stessi fatti del filone consulenze. Il maxi-processo con 25 imputati riprenderà il 9 gennaio ad Arezzo.

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Fioramonti lascia il M5s e passa al gruppo misto

L'ex ministro dell'Istruzione ha annunciato l'intenzione di uscire dei pentastellati. «C'è diffuso sentimento di delusione».

L’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha lasciato il gruppo parlamentare del Movimento Cinque Stelle e si è iscritto, «a titolo puramente individuale», al gruppo Misto. Lo ha annunciato lo stesso Fioramonti su Facebook.

Questi giorni sono stati difficili. Il mio nome sballottolato sui giornali per ogni sorta di retroscena, speculazione e…

Posted by Lorenzo Fioramonti on Monday, December 30, 2019

«Il Movimento 5 Stelle mi ha deluso molto. So che esiste un senso di delusione profondo, più diffuso di quanto si voglia far credere», ha scritto ancora l’ex titolare del Miur annunciando di aver comunicato al Presidente della Camera la «decisione di lasciare il gruppo parlamentare ed approdare al misto». «È come se quei valori di trasparenza, democrazia interna e vocazione ambientalista che ne hanno animato la nascita si fossero persi nella pura amministrazione, sempre più verticistica, dello status quo», ha aggiunto.

«ATTACCHI FEROCI CONTRO LA MIA PERSONA»

«Gli attacchi più feroci sono arrivati dal Movimento 5 Stelle, non criticando la mia scelta, ma colpendo la mia persona. Anche se tutti, ma proprio tutti, sapevano da mesi come la pensavo», ha aggiunto l’ex titolare del Miur spiegando che l’addio al gruppo è legato anche a «tutti gli attacchi che ho ricevuto». «In questo percorso, ho incontrato tante persone che mi hanno sostenuto. Dentro e fuori dal Movimento», ha continuato. «E non c’è niente di male se con alcune di queste persone si è cercato di collaborare per riportare in auge temi cruciali come l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, la formazione e la ricerca. Sono questi i veri temi del presente e del futuro. E invece tutti parlano di altro. Si è parlato di gruppi, correnti, partiti. Tutte parole al vento per riempire giornali e pagine web».

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Casaleggio all’attacco su soldi, lobbying e conflitto d’interessi

Duro affondo social dell'amministratore della Casaleggio Associati. Respinte al mittente tutte le accuse su soldi dei deputati, caso Moby e litigi con Grillo.

Davide Casaleggio ha scelto Facebook per passare al contrattacco. In un lungo post il titolare della Casaleggio Associati ha risposto colpo su colpo a tutte le accuse piovute nelle ultime settimane. Dalla gestione dei fondi dei parlamentari del Movimento 5 stelle fino al suo presunto ruolo del piano innovazione. «Ho preferito non alimentare le polveri in un momento delicato come la legge di bilancio visto che mi sembravano strumentali alla contrattazione in corso da parte delle forze parlamentari», ha esordito nel suo post, «ora che la questione é chiusa credo tuttavia opportuno chiarire alcuni punti, per evitare che alla prossima occasione si torni a diffondere notizie prive di fondamento. Per difendersi da numerosi attacchi, Casaleggio Associati si è tutelata più volte per vie legali. Dunque al termine delle cause si appurerà se i tanti declamati scoop sono stati tali o solo bufale per ingannare le persone», ha attaccato.

RESPINTA OGNI ACCUSA DI CONFLITTO D’INTERESSE

«Da anni prosegue la litania del conflitto di interessi, con teorie al limite dell’assurdo, in cui viene continuamente messa in discussione la mia integrità e quella di Casaleggio Associati», si legge nel post, che ha passato poi in rassegna, punto per punto, «una serie di notizie prive di fondamento». «Il cosiddetto conflitto di interessi», ha continuato, «si manifesta quando una persona ha potere di firma su due lati dello stesso tavolo di contrattazione. Non sono parlamentare né ho incarichi di governo, non voto e non firmo leggi». «Sarebbe interessante sapere se i parlamentari che oggi si riempiono la bocca con attacchi nei miei confronti abbiano società di proprietà o quote in diverse di esse per le quali abbiano presentato direttamente in qualità di parlamentari, qui sì con potere di firma, delle leggi o emendamenti che abbiano avuto impatto sulle loro aziende. Mi risulta che 120 parlamentari abbiano una quota di un’azienda. Immagino che qualche giornalista le andrà a verificare prima o poi».

Al termine delle cause si appurerà se i tanti declamati scoop sono stati tali o solo bufale per ingannare le persone

Davide Casaleggio

«MAI GESTITI I SOLDI DEI PARLAMENTARI»

In merito alla polemica sulle restituzioni dei deputati pentastellati, «Casaleggio Associati», ha spiegato il titolare, «non gestisce in alcun modo soldi dei parlamentari o del Movimento 5 stelle. Non c’è alcuna questione di ‘opacità’ o ‘ruoli poco chiari’, è solo una bufala». Alle accuse sui guadagni che Casaleggio Associati farebbe grazie al M5s, Casaleggio ha risposto spiegando che la società «produceva più utili prima della nascita del movimento: 2.7 milioni di euro di fatturato e 617 mila euro di utile nel 2007 prima del MoVimento, lo scorso anno invece 2 milioni di fatturato e 181 mila euro di utile».

«MAI RETRIBUITO PER ROUSSEAU E LAVORO NEL MOVIMENTO»

Riguardo l’interesse che lo stesso Davide Casaleggio avrebbe ad assistere il Movimento: «Se fossi stato interessato ai soli soldi», ha spiegato, «avrei forse potuto aspirare a una nomina da qualche centinaia di migliaia di euro di solo stipendio. Per le attività di Rousseau e per il Movimento non sono mai stato retribuito». Poi un cenno alla questione Casaleggio-Cambridge Analytica? «Si è anche parlato di un’applicazione realizzata sei anni fa (6!) da parte di Casaleggio Associati quando ancora gestiva il blog di Beppe Grillo. L’applicazione era stata realizzata secondo i principi di legge e secondo le indicazioni di Facebook, come migliaia di applicazioni analoghe», ha chiarito.

Il fine d'anno é stato pieno di fuochi d'artificio mediatici. Proprio contestualmente alla chiusura della manovra di…

Posted by Davide Casaleggio on Monday, December 30, 2019

NESSUN RUOLO NEL PIANO INNOVAZIONE

Nel post viene evidenziato in particolare che non ci sia stato nessun ruolo nella stesura del piano innovazione: «Vedere ridurre la discussione sul Piano Innovazione italiano al fatto che dovesse o meno avere il mio nome tra i ringraziamenti è veramente avvilente», ha spiegato. «Sono contento di aver messo a disposizione gratuitamente tutti gli studi che ho pubblicato in questi anni e spero siano serviti nell’elaborazione della strategia. Se può servire a parlare di innovazione in Italia si tolga pure il mio nome dai ringraziamenti di quel documento».

NEGATE LE PRESSIONI IN FAVORE DI MOBY

Tra le varie accuse rispedite al mittente c’è stata anche quella inerente al rapporto con l’operatore di trasporti marittimi Moby: «Nessun parlamentare o persona con incarichi governativi ha mai ricevuto pressioni di alcun tipo a favore di Moby (o per qualunque altro cliente di Casaleggio Associati) da parte mia o della mia azienda e qualunque parlamentare che si sia occupato di trasporti lo può confermare». «Tanto che, in realtà», ha aggiunto Casaleggio, «per ciò che riguarda i suoi rapporti con lo Stato e con il governo era spesso sotto attacco e non mi risulta alcun vantaggio ‘politico’ ricevuto dall’azienda di traghetti».

SMENTITO ANCHE IL CONFLITTO CON GIRLLO

«Certa stampa», ha proseguito, «mi vorrebbe in conflitto perenne con Beppe arrivando ad inventarsi situazioni e virgolettati mai detti».

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Casaleggio all’attacco su soldi, lobbying e conflitto d’interessi

Duro affondo social dell'amministratore della Casaleggio Associati. Respinte al mittente tutte le accuse su soldi dei deputati, caso Moby e litigi con Grillo.

Davide Casaleggio ha scelto Facebook per passare al contrattacco. In un lungo post il titolare della Casaleggio Associati ha risposto colpo su colpo a tutte le accuse piovute nelle ultime settimane. Dalla gestione dei fondi dei parlamentari del Movimento 5 stelle fino al suo presunto ruolo del piano innovazione. «Ho preferito non alimentare le polveri in un momento delicato come la legge di bilancio visto che mi sembravano strumentali alla contrattazione in corso da parte delle forze parlamentari», ha esordito nel suo post, «ora che la questione é chiusa credo tuttavia opportuno chiarire alcuni punti, per evitare che alla prossima occasione si torni a diffondere notizie prive di fondamento. Per difendersi da numerosi attacchi, Casaleggio Associati si è tutelata più volte per vie legali. Dunque al termine delle cause si appurerà se i tanti declamati scoop sono stati tali o solo bufale per ingannare le persone», ha attaccato.

RESPINTA OGNI ACCUSA DI CONFLITTO D’INTERESSE

«Da anni prosegue la litania del conflitto di interessi, con teorie al limite dell’assurdo, in cui viene continuamente messa in discussione la mia integrità e quella di Casaleggio Associati», si legge nel post, che ha passato poi in rassegna, punto per punto, «una serie di notizie prive di fondamento». «Il cosiddetto conflitto di interessi», ha continuato, «si manifesta quando una persona ha potere di firma su due lati dello stesso tavolo di contrattazione. Non sono parlamentare né ho incarichi di governo, non voto e non firmo leggi». «Sarebbe interessante sapere se i parlamentari che oggi si riempiono la bocca con attacchi nei miei confronti abbiano società di proprietà o quote in diverse di esse per le quali abbiano presentato direttamente in qualità di parlamentari, qui sì con potere di firma, delle leggi o emendamenti che abbiano avuto impatto sulle loro aziende. Mi risulta che 120 parlamentari abbiano una quota di un’azienda. Immagino che qualche giornalista le andrà a verificare prima o poi».

Al termine delle cause si appurerà se i tanti declamati scoop sono stati tali o solo bufale per ingannare le persone

Davide Casaleggio

«MAI GESTITI I SOLDI DEI PARLAMENTARI»

In merito alla polemica sulle restituzioni dei deputati pentastellati, «Casaleggio Associati», ha spiegato il titolare, «non gestisce in alcun modo soldi dei parlamentari o del Movimento 5 stelle. Non c’è alcuna questione di ‘opacità’ o ‘ruoli poco chiari’, è solo una bufala». Alle accuse sui guadagni che Casaleggio Associati farebbe grazie al M5s, Casaleggio ha risposto spiegando che la società «produceva più utili prima della nascita del movimento: 2.7 milioni di euro di fatturato e 617 mila euro di utile nel 2007 prima del MoVimento, lo scorso anno invece 2 milioni di fatturato e 181 mila euro di utile».

«MAI RETRIBUITO PER ROUSSEAU E LAVORO NEL MOVIMENTO»

Riguardo l’interesse che lo stesso Davide Casaleggio avrebbe ad assistere il Movimento: «Se fossi stato interessato ai soli soldi», ha spiegato, «avrei forse potuto aspirare a una nomina da qualche centinaia di migliaia di euro di solo stipendio. Per le attività di Rousseau e per il Movimento non sono mai stato retribuito». Poi un cenno alla questione Casaleggio-Cambridge Analytica? «Si è anche parlato di un’applicazione realizzata sei anni fa (6!) da parte di Casaleggio Associati quando ancora gestiva il blog di Beppe Grillo. L’applicazione era stata realizzata secondo i principi di legge e secondo le indicazioni di Facebook, come migliaia di applicazioni analoghe», ha chiarito.

Il fine d'anno é stato pieno di fuochi d'artificio mediatici. Proprio contestualmente alla chiusura della manovra di…

Posted by Davide Casaleggio on Monday, December 30, 2019

NESSUN RUOLO NEL PIANO INNOVAZIONE

Nel post viene evidenziato in particolare che non ci sia stato nessun ruolo nella stesura del piano innovazione: «Vedere ridurre la discussione sul Piano Innovazione italiano al fatto che dovesse o meno avere il mio nome tra i ringraziamenti è veramente avvilente», ha spiegato. «Sono contento di aver messo a disposizione gratuitamente tutti gli studi che ho pubblicato in questi anni e spero siano serviti nell’elaborazione della strategia. Se può servire a parlare di innovazione in Italia si tolga pure il mio nome dai ringraziamenti di quel documento».

NEGATE LE PRESSIONI IN FAVORE DI MOBY

Tra le varie accuse rispedite al mittente c’è stata anche quella inerente al rapporto con l’operatore di trasporti marittimi Moby: «Nessun parlamentare o persona con incarichi governativi ha mai ricevuto pressioni di alcun tipo a favore di Moby (o per qualunque altro cliente di Casaleggio Associati) da parte mia o della mia azienda e qualunque parlamentare che si sia occupato di trasporti lo può confermare». «Tanto che, in realtà», ha aggiunto Casaleggio, «per ciò che riguarda i suoi rapporti con lo Stato e con il governo era spesso sotto attacco e non mi risulta alcun vantaggio ‘politico’ ricevuto dall’azienda di traghetti».

SMENTITO ANCHE IL CONFLITTO CON GIRLLO

«Certa stampa», ha proseguito, «mi vorrebbe in conflitto perenne con Beppe arrivando ad inventarsi situazioni e virgolettati mai detti».

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Genova, crollano calcinacci dal soffitto di una galleria: chiuso un tratto della A26

Parte del soffitto della galleria Bertè tra fra Ovada e Masone in direzione Genova è crollato, senza però colpire le auto in transito. Chiuso il tratto fino al bivio A26/A10.

Caduta di calcinacci dalla galleria Bertè, in A26 in direzione Genova. Il tratto da Masone fino al bivio A26/A10 è stato chiuso con uscita obbligatoria a Masone, ad eccezione dei mezzi pesanti che restano in coda. Sul posto sono intervenuti le pattuglie della polizia stradale e le squadre dei tecnici di Autostrade. Il crollo non ha coinvolto mezzi in transito. Sul posto si è formata una coda di un chilometro. Nelle prime foto apparse sui social si vedono le tre corsie e i calcinacci caduti in quella centrale. A crollare sono state alcune grosse lastre di cemento dalla volta della galleria che è a tre corsie.

Il Comune di Rossiglione sua pagina Facebook ha pubblicato un post con cui ha dato conto dell’accaduto: «Prestate massima #attenzione sulla #A26! La prima galleria dopo Masone, verso Genova, è investita da #materiale! Autostrada in direzione #Sud in #chiusura con #obbligo di #uscita a #Masone, ad eccezione dei mezzi pesanti che rimangono in coda».

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Genova, crollano calcinacci dal soffitto di una galleria: chiuso un tratto della A26

Parte del soffitto della galleria Bertè tra fra Ovada e Masone in direzione Genova è crollato, senza però colpire le auto in transito. Chiuso il tratto fino al bivio A26/A10.

Caduta di calcinacci dalla galleria Bertè, in A26 in direzione Genova. Il tratto da Masone fino al bivio A26/A10 è stato chiuso con uscita obbligatoria a Masone, ad eccezione dei mezzi pesanti che restano in coda. Sul posto sono intervenuti le pattuglie della polizia stradale e le squadre dei tecnici di Autostrade. Il crollo non ha coinvolto mezzi in transito. Sul posto si è formata una coda di un chilometro. Nelle prime foto apparse sui social si vedono le tre corsie e i calcinacci caduti in quella centrale. A crollare sono state alcune grosse lastre di cemento dalla volta della galleria che è a tre corsie.

Il Comune di Rossiglione sua pagina Facebook ha pubblicato un post con cui ha dato conto dell’accaduto: «Prestate massima #attenzione sulla #A26! La prima galleria dopo Masone, verso Genova, è investita da #materiale! Autostrada in direzione #Sud in #chiusura con #obbligo di #uscita a #Masone, ad eccezione dei mezzi pesanti che rimangono in coda».

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Sequestri e divieti da Nord a Sud contro i botti in vista del Capodanno 2020

Forze dell'ordine e sindaci si preparano ai festeggiamenti di fine anno. Crescono le confische da Nord a Sud. E sempre più sindaci firmano divieti di utilizzo.

Proseguono serrati i controlli di botti, candelotti e fuochi d’artificio in vista della notte di Capodanno. Allo stesso tempo è aumentato il numero dei sindaci che hanno disposto ordinanze per vietare l’utilizzo di materiale pirotecnico che lo scorso anno, durante la notte di San Silvestro, hanno provocato 216 feriti, tra cui 13 gravi e 41 minorenni. Mentre animalisti e ambientalisti ne ricordano anche i danni per gli animali e l’ambiente.

RAFFICA DI SEQUESTRI TRA MILANO, ROMA E NAPOLI

Nelle ultime ore che precedono la fine dell’anno, le operazioni più importanti hanno visto il sequestro di 740 chili di botti da parte della Guardia di Finanza di Milano, che ha denunciato tre uomini e ne ha arrestato un quarto. Mentre le Fiamme gialle di Roma hanno scoperto oltre 1.500 chili di botti illegali provenienti da una rivendita gestita da un cinese. A Spoleto sono stati sequestrati 25 chili di petardi mentre a Napoli è stato fermato un uomo che viaggiava su un’auto con 50 chili di botti illegali, acquistati tramite i social network. Interventi che si sommano a quelli dei giorni scorsi.

DANNI ANCHE DAI BOTTI LEGALI

Petardi, fontanelle e bengala, però, possono rappresentare un rischio anche se non di provenienza illegale. Basta, infatti, una distrazione a provocare danni che sono «simili a quelli provocati da materiale bellico», ha spiegato Giorgio Pajardi, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia della mano dell’Ospedale San Giuseppe di Milano. In caso di incidenti «vengono danneggiati soprattutto mani, volto, occhi e udito. Per quanto riguarda la mano», ha aggiunto, «l’evento più ricorrente è un trauma da proiettile: i tessuti si bruciano, coinvolgendo ossa, tendini, nervi». Anche se le ricostruzioni chirurgiche oggi possano fare molto, «queste lesioni a volte sono irreversibili».

I RISCHI PER ANIMALI E AMBIENTE

Tradizione irrinunciabile per molti, i botti di Capodanno rappresentano anche un rischio per gli animali, domestici e selvatici. Migliaia ne rimangono feriti in modo diretto, altri come uccelli, cani e gatti perdono il senso dell’orientamento a causa dello spavento, e rischiano la vita per mettersi in fuga. Senza dimenticare i danni per l’inquinamento dell’ambiente, ha osservato il Wwf in una nota. «Va considerata l’enorme quantità di rifiuti generati dai fuochi, soprattutto per quelli detonati in mare. L’alluminio, a contatto con l’acqua salata del mare, può modificarsi e rilasciare sostanze nocive».

BOOM DI DIVIETI DA NORD A SUD

Per questo cresce il numero di città che, da Nord a Sud, hanno deciso quest’anno di vietarne l’utilizzo. Nel 2017 a lasciare Roma senza botti era stata la sindaca Virginia Raggi. Tantissime le città che li metteranno off limits quest’anno, sostituendoli con concerti in piazza e giochi di luce: da Parma a Catania, da Fermo a Pescara e ancora, tra le tante, La Spezia, Sulmona, Aosta, Terni, Pistoia. A Firenze, niente botti e vetro ‘zero’ in area Unesco. Ordinanza anti-botti anche a Palermo. Decisioni che vedono il plauso delle associazioni ambientaliste e degli animalisti, dalla Lipu all’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali (Enpa). «Vietarli è un gesto di civiltà e di responsabilità» ma le ordinanze, ha osservato Ilaria Innocenti, responsabile Area Animali Familiari della Lega Antivivisezione (Lav) «vengono emanate troppo tardi e non sono lo strumento ideale».

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Sequestri e divieti da Nord a Sud contro i botti in vista del Capodanno 2020

Forze dell'ordine e sindaci si preparano ai festeggiamenti di fine anno. Crescono le confische da Nord a Sud. E sempre più sindaci firmano divieti di utilizzo.

Proseguono serrati i controlli di botti, candelotti e fuochi d’artificio in vista della notte di Capodanno. Allo stesso tempo è aumentato il numero dei sindaci che hanno disposto ordinanze per vietare l’utilizzo di materiale pirotecnico che lo scorso anno, durante la notte di San Silvestro, hanno provocato 216 feriti, tra cui 13 gravi e 41 minorenni. Mentre animalisti e ambientalisti ne ricordano anche i danni per gli animali e l’ambiente.

RAFFICA DI SEQUESTRI TRA MILANO, ROMA E NAPOLI

Nelle ultime ore che precedono la fine dell’anno, le operazioni più importanti hanno visto il sequestro di 740 chili di botti da parte della Guardia di Finanza di Milano, che ha denunciato tre uomini e ne ha arrestato un quarto. Mentre le Fiamme gialle di Roma hanno scoperto oltre 1.500 chili di botti illegali provenienti da una rivendita gestita da un cinese. A Spoleto sono stati sequestrati 25 chili di petardi mentre a Napoli è stato fermato un uomo che viaggiava su un’auto con 50 chili di botti illegali, acquistati tramite i social network. Interventi che si sommano a quelli dei giorni scorsi.

DANNI ANCHE DAI BOTTI LEGALI

Petardi, fontanelle e bengala, però, possono rappresentare un rischio anche se non di provenienza illegale. Basta, infatti, una distrazione a provocare danni che sono «simili a quelli provocati da materiale bellico», ha spiegato Giorgio Pajardi, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia della mano dell’Ospedale San Giuseppe di Milano. In caso di incidenti «vengono danneggiati soprattutto mani, volto, occhi e udito. Per quanto riguarda la mano», ha aggiunto, «l’evento più ricorrente è un trauma da proiettile: i tessuti si bruciano, coinvolgendo ossa, tendini, nervi». Anche se le ricostruzioni chirurgiche oggi possano fare molto, «queste lesioni a volte sono irreversibili».

I RISCHI PER ANIMALI E AMBIENTE

Tradizione irrinunciabile per molti, i botti di Capodanno rappresentano anche un rischio per gli animali, domestici e selvatici. Migliaia ne rimangono feriti in modo diretto, altri come uccelli, cani e gatti perdono il senso dell’orientamento a causa dello spavento, e rischiano la vita per mettersi in fuga. Senza dimenticare i danni per l’inquinamento dell’ambiente, ha osservato il Wwf in una nota. «Va considerata l’enorme quantità di rifiuti generati dai fuochi, soprattutto per quelli detonati in mare. L’alluminio, a contatto con l’acqua salata del mare, può modificarsi e rilasciare sostanze nocive».

BOOM DI DIVIETI DA NORD A SUD

Per questo cresce il numero di città che, da Nord a Sud, hanno deciso quest’anno di vietarne l’utilizzo. Nel 2017 a lasciare Roma senza botti era stata la sindaca Virginia Raggi. Tantissime le città che li metteranno off limits quest’anno, sostituendoli con concerti in piazza e giochi di luce: da Parma a Catania, da Fermo a Pescara e ancora, tra le tante, La Spezia, Sulmona, Aosta, Terni, Pistoia. A Firenze, niente botti e vetro ‘zero’ in area Unesco. Ordinanza anti-botti anche a Palermo. Decisioni che vedono il plauso delle associazioni ambientaliste e degli animalisti, dalla Lipu all’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali (Enpa). «Vietarli è un gesto di civiltà e di responsabilità» ma le ordinanze, ha osservato Ilaria Innocenti, responsabile Area Animali Familiari della Lega Antivivisezione (Lav) «vengono emanate troppo tardi e non sono lo strumento ideale».

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Cinque persone sono state indagate per la valanga in Val Senales

Proseguono le rilevazioni delle forze dell'ordine dopo la tragedia del 28 dicembre costata la vita a una donna e due bambine di sette anni. Tra le ipotesi omicidio colposo e disastro colposo.

Cinque persone sono state iscritte nel registro degli indagati per la valanga che sabato 28 dicembre, intorno all’ora di pranzo, ha investito alcuni sciatori sulla pista “Teufelsegg” in Val Senales, provocando la morte di una donna di 25 anni, di sua figlia di sette e di un’altra bambina sempre di sette anni, tutte provenienti dalla Germania. Lo rende noto il procuratore della Repubblica di Bolzano, Giancarlo Bramante.

SI INDAGA PER OMICIDIO COLOSO

Le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo e disastro colposo derivante da valanga. Durante un volo di ricognizione ed un sopralluogo sulla pista, che è stata sottoposta a sequestro probatorio, sono stati rilevati, anche fotograficamente, la dimensione della valanga ed i punti di distacco. La procura ha anche incaricato un consulente di ricostruire la dinamica dell’accaduto. La magistratura, infine, ha rilasciato i nulla osta per i funerali delle vittime.

I DUE FRONTI DELL’INDAGINE

Gli indagati, a vario titolo, sono responsabili della gestione e della sicurezza del centro sciistico. L’inchiesta si muoverà su due fronti: in primo luogo va chiarito se si è trattato di un distacco spontaneo oppure se la slavina sia stata provocata da uno sciatore durante un fuoripista. Come ha confermato ai microfoni della Rai di Bolzano l’esperto valanghe della Provincia di Bolzano Lukas Rastner, che ha sorvolato la zona in elicottero, sul pendio sul bordo della slavina sono stati individuate tracce di sci. Sarà comunque quasi impossibile stabilire con esattezza a quando risalgono.

TRAGEDIA FORSE DETTATA DAGLI ACCUMULI DI NEVE

Secondo Rastner, una causa è da attribuire agli accumuli eolici in quota. La scorsa settimana è infatti caduta neve fresca che poi è stata spostata dal forte vento che soffiava nei giorni prima della tragedia. Il secondo quesito che dovrà essere chiarito dall’inchiesta riguarda invece la prevedibilità dell’incidente. La pista Teufelsegg (l’Angolo del Diavolo) spesso viene chiusa proprio per non correre rischi. In questo caso gli sciatori dalle piste sul ghiacciaio a oltre 3.000 metri devono tornare a valle in funivia e non con gli sci ai piedi. In serata a Maso Corto, in val Senales, è in programma una commemorazione per ricordare le tre vittime della slavina. La donna morta – scrive oggi il tabloid Bild – era un medico dell’esercito tedesco.

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I numeri sulle stragi del sabato sera nel 2019

Secondo i dati di Polizia stradale e Carabinieri quest'anno sono diminuite le vittime. Boom di conducenti ubriachi e multe per eccesso di velocità.

Le stragi del sabato sono in diminuzione ed anche le vittime, ma aumentano nei fine settimana i conducenti ubriachi. Polizia stradale e Arma dei Carabinieri nel 2019 hanno rilevato 148 incidenti mortali con 178 vittime: 11 in meno dello scorso anno. Nei week end i conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 195.533, il 5,7% dei quali (pari a 11.063, di cui 9.432 uomini e 1.631 donne) è risultato positivo al test per tasso alcolemico, mentre nel 2018 la percentuale era stata del 5,2%. Dal venerdì alla domenica le persone denunciate per guida sotto effetto di sostanze stupefacenti, invece, sono state 408 e i veicoli sequestrati per la confisca 613. Da ottobre è iniziata anche una campagna sperimentale della Polizia Stradale di controlli per il contrasto dell’uso di stupefacenti alla guida di veicoli nelle notti del sabato e della domenica sulla rete autostradale, con utilizzo di un laboratorio mobile per l’esecuzione, direttamente su strada, delle analisi di secondo livello della saliva.

NEL CONFRONTO PESA LA TRAGEDIA DEL MORANDI NEL 2018

Più in generale, secondo i dati diminuiscono del 2,9% le vittime di incidenti stradali nel corso dell’anno. Il numero complessivo degli incidenti (70.801) è in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2018 (-1,3%), mentre i sinistri con esito mortale (1.430) sono pressoché invariati (8 meno dello scorso anno, -0,6%). Si riduce più sensibilmente – del 2,9%, appunto – il numero delle vittime (1.566, 46 in meno), e questo anche perché nel dato del 2018 sono compresi i 43 morti del crollo del viadotto di Genova sul Polcevera.

IN UN ANNO CONTESTATE OLTRE 2,3 MILIONI DI INFRAZIONI

Dal 1° gennaio al 15 dicembre 2019 Polizia Stradale ed Arma dei carabinieri hanno effettuato 3 milioni 859.538 pattuglie di vigilanza stradale e contestato 2 milioni 376.484 infrazioni al Codice della strada. Le violazioni accertate per eccesso di velocità sono state complessivamente 685.778, ritirate 61.322 patenti di guida e 74.087 carte di circolazione. I punti patente decurtati sono 3 milioni 581.140. I conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 1 milione 264.314, di cui 23.800 sanzionati per guida in stato di ebbrezza alcolica (+2,2% rispetto al 2018), mentre quelli denunciati per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti sono stati 2.156 (- 6,7%). Per quanto riguarda nello specifico i controlli effettuati dalla Polizia stradale su circa 1.000 chilometri di autostrada (dal 1° gennaio al 30 novembre), le violazioni per eccesso di velocità sono state 657.804 ed hanno registrato un vero e proprio boom, con un incremento del 35,7% rispetto al 2018. Il cosiddetto Tutor ha consentito di accertare 306.971 violazioni dei limiti di velocità.

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Le polemiche per la possibile partecipazione di Rula Jebreal a Sanremo 2020

Bufera dopo l'indiscrezione di Dagospia sulla possibile partecipazione della giornalista palestinese alla kermesse musicale. Bordate da Capezzone a Gervasoni. Dubbi del consigliere Rai Rossi: «Sarebbe divisiva».

Con l’arrivo di Sanremo (4 febbraio) ecco immancabili le immancabili per tenere viva l’attenzione sull’evento. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dopo un’indiscrezione uscita su Dagospia sulla possibile partecipazione alla kermesse canora della giornalista Rula Jebreal al fianco di Amadeus per condurre una delle serate. Secondo il sito online di Roberto D’Agostino, il conduttore Rai avrebbe incontrato Rula in un albergo milanese proponendole di affiancarlo per una sera sul palco dell’Ariston. E lei avrebbe dato la sua disponibilità. Subito dopo la pubblicazione della notizia, giornali e social dell’area sovranista sono insorti contro la reporter palestinese.

L’ATTACCO DELLA DESTRA SOVRANISTA

In prima linea Daniele Capezzone, cronista de La Verità, che ha attaccato a testa bassa su Twitter: «Mi par di capire che con i soldi del canone #Rai #RulaJebreal potrebbe essere incaricata a #Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo. Se poi qualcuno si lamenterà sui social, seguiranno accuse di: -razzismo -sessismo – machismo. Pure nel 2020, ci avete già rotto….». Per gli haters, la eventuale presenza di Rula sul palco di Sanremo sarebbe «un insulto a tutti gli italiani». Durissima anche la presa di posizione di Marco Gervasoni docente dell’Università del Molise (noto alle cronache per aver pubblicato tweet offensivi nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre) che sempre su Twitter ha commentato: «Mitica la definizione che ne diede in un talk show anni fa Sapelli “gnocca senza testa”. Aspettatevi un Sanremo pro clandestini, pro islam, pro lgbt, pro utero in affitto, pro sardine, pro investitori d’auto (purché con suv)». Nel frattempo sui social qualcuno ha lanciato l’hashtag #BoicottaSanremo.

I DUBBI DEL CONSIGLIERE RAI ROSSI: «RULA SAREBBE DIVISIVA»

Sentito dall’Adnkronos, il consigliere Rai in quota Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi, ha confermato i contatti «tra la direzione artistica del Festival di Sanremo e la signora Rula Jebreal», e si è detto «piuttosto stupito». «Sono note le sue posizioni ideologiche radicali, filoislamiste e dichiaratamente antisraeliane così come le fake news raccontate sulla guerra in Siria, ma ignoravo che Rula Jebreal fosse esperta di musica italiana», ha attaccato. «Credo», ha aggiunto, «che il Festival di Sanremo debba essere un momento di unione del nostro Paese e non lasciare spazio, quindi, a sentimenti divisivi e a persone che li alimentano».

LE VOCI IN DIFESA DI RULA

Tra Facebook e Twitter arrivano però anche dei messaggi di sostegno. «Io sono italiano, pago le tasse, e non mi sono mai sentito schifato da Rula Jebreal», ha scritto un utente. «Grazie #Amadeus per aver scelto #RulaJebreal, stai mandando in tilt i cervelli dei razzisti perché è una donna, straniera, che ha detto chiaramente che l’Italia è un paese fascista. Spero faccia qualche discorsetto durante il festival», ha attaccato un altro.

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Come si arrivò all’abolizione della leva obbligatoria 15 anni fa

Nel 2005 venne congelata la naja, con le ultime cartoline inviate verso la fine del 2004. L'ex ministro Martino: «Decisione inevitabile, serviva un esercito di professionisti».

Le ultime cartoline di “chiamata alle armi” sono partite nel 2004, per i ragazzi nati nel 1985, convocati per i tre giorni di visita medica e attitudinale. Gli idonei si sono presentanti a dicembre nelle caserme di Chieti, Firenze e Sulmona. Poi, dal primo gennaio del 2005, la naja è stata accantonata e da 15 anni le forze armate italiane, come quelle di molti altri Paesi europei, arruolano esclusivamente militari professionisti, persone che hanno scelto quella carriera su base volontaria.

UN PROVVEDIMENTO CONGELATO MA NON ABOLITO

La “legge Martino” ha sospeso la leva obbligatoria, che per quasi 144 anni ha costretto a un periodo di formazione militare tante generazioni, da un lato agevolando l’integrazione linguistica e consentendo di conoscere il Paese, dall’altro comportando, per molti, un’imposizione contro la libertà e i principi personali. Negli anni sono stati oltre 1.400 i condannati in via definitiva per aver saltato l’obbligo del servizio militare. La legge approvata nel luglio 2004 tecnicamente non ha previsto l’abolizione della naja, per la quale servirebbe una modifica costituzionale, ma l’ha congelata. Sospesa. E di conseguenza ha anche fatto decadere l’anno di servizio civile obbligatorio per gli obiettori di coscienza, istituito a partire dal 1972.

MARTINO: «SUPERARE L’ESERCITO DI LEVA»

«La sospensione della leva», ha detto l’ex ministro della Difesa Antonio Martino, che fu fautore della legge, «era importante per due ragioni: faceva perdere un anno di tempo ai giovani nel momento più importante della loro vita, quando terminati gli studi dovevano trovare un lavoro, e non rafforzava le forze armate, la cui attività prevalente è nelle missioni all’esterno, per le quali sono necessari dei professionisti bene addestrati». L’impiego dei militati di leva negli anni di piombo contro il terrorismo «fu una risposta estrema a un problema estremo». Così come oggi, quando si invoca l’utilizzo dell’esercito per l’ordine pubblico, «sono sempre dell’idea», ha osservato Martino, «che il lavoro di polizia lo debbano fare le forze di polizia».

COM’È CAMBIATO L’ESERCITO DOPO IL 2005

La legge che porta il suo nome fu approvata con i voti della Casa delle libertà e del centrosinistra e ha anticipato di due anni la professionalizzazione delle forze armate, che inizialmente era prevista a partire dal 2007. «Il percorso parlamentare fu agevole», ha continuato l’ex ministro, perché i tempi erano ormai maturi: «Gli unici ad opporsi erano rimasti gli alpini. Mi limitati ad anticipare un percorso iniziato dal ministro della Difesa Sergio Mattarella, che aveva già previsto la fine della leva. Non ci furono obiezioni da parte delle forze politiche, tranne che da qualche nostalgico del servizio militare». Nel giro di cinque anni le forze armate cambiarono volto: prima l’ingresso delle donne, poi la fine della leva obbligatoria. «Devo dire che ero molto preoccupato per l’ingresso delle donne nelle caserme. In realtà mi sono ricreduto, tranne qualche episodio nella norma, non è successo niente che abbia confermato le preoccupazioni. L’unico caso di mobbing di cui mi sono trovato ad occupare non è stato di un uomo nei confronti di una donna, ma di una donna nei confronti di un uomo. Il sesso ‘forte’, per così dire, ha dimostrato di essere quello femminile».

GLI ULTIMI TENTATIVI DI RIPRISTINO

La tentazione di ripristinare una forma di servizio militare periodicamente si riaffaccia nel dibattito politico. Nel marzo scorso la Camera ha dato il primo ok alla mini-naja: un reclutamento volontario e non retribuito di cui si parla da tanti anni, che impegnerebbe i giovani diplomati tra i 18 e i 22 anni per sei mesi. «Secondo me è un progetto sbagliato», ha concluso Martino, «perché in sei mesi i ragazzi non possono fare nulla di utile né per se stessi né per le forze armate».

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Lo scherzo di cattivo gusto del Mein Kampf regalato al posto di Minecraft

Il video è diventato virale, ma era un fake creato dal comico francese Yann Stotz, che intendeva realizzare una gag per sottolineare l’assonanza tra le due parole.

Il video è diventato virale. Ma la scena mostrata, oltre a essere di cattivo gusto, era un fake creato ad arte. Il filmato (visto da milioni di persone durante le feste di Natale) ha per protagonista un nonno che confonde la parola Minecraft con Mein Kampf e, al posto del noto videogioco, regala al nipotino il saggio del 1925 di Adolf Hitler. «Ma cos’è questo?», chiede in francese una voce fuori campo.

La vera storia che sta dietro al video è venuta fuori grazie al quotidiano 20 Minutes. Tutto nasce da un’idea del comico francese Yann Stotz, che ha diffuso le immagini in Rete. Stotz voleva realizzare una gag per sottolineare l’assonanza tra le due parole. «Tre anni fa ho regalato a mio figlio una copia di Minecraft», ha raccontato il comico, «e ho pensato: “È divertente che suoni simile a Mein Kampf“. Così quest’anno ho stampato una copia della copertina e l’ho incollata su un libro di Jules Verne per girare il video».

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