Il contratto di matrimonio tra Fca e Psa si firma il 18 dicembre

Sul testo hanno lavorato 50 persone, La fusione vale 50 miliardi. Ancora da capire se i cinesi di Dongfeng usciranno dall'azionariato del gruppo automobilistico francese.

Le nozze tra Fiat Chrysler e Psa sono sempre più vicine. È attesa per mercoledì la firma del Memorandum of understanding, il documento vincolante che delinea i prossimi passi verso la fusione delle due case automobilistiche. Un’operazione che dovrebbe concretizzarsi entro un anno. Il Memorandum, che in pratica riprende i contenuti delle comunicazioni ufficiali diffuse il 31 ottobre, non conterrà i dettagli su produzione, fabbriche, modelli e sinergie perché di questo si comincerà a parlare dopo l’accordo. In rialzo a Piazza Affari il titolo Fca (+1%).

AL LAVORO 50 PERSONE E NOVE GRUPPI SUL TESTO

Il testo dell’accordo, dopo un fine settimana di lavoro per tentare di chiudere le ultime questioni in sospeso, sarà presentato al consiglio di sorveglianza di Psa. Lo Stato francese conferma, intanto, il suo parere favorevole all’operazione. Fonti del ministero dell’Economia sottolineano che, come già dichiarato nelle scorse settimane, «questa operazione ha senso» perché permette «costruire un nuovo campione di statura mondiale per rispondere alle sfide della mobilità sostenibile». Alla definizione del Memorandum hanno lavorato 50 persone in nove gruppi, guidati da Doung Ostermann, tesoriere e direttore delle operazioni di Fca, e da Olivier Bourges, direttore dei programmi e delle strategie di Psa. All’operazione guardano con attenzione anche gli Stati Uniti, mentre hanno espresso un giudizio positivo il governo italiano e i sindacati europei del gruppo. Dalla fusione, che vale 50 miliardi, nascerà il quarto gruppo mondiale dell’auto.

UNA FUSIONE DA 50 MILIARDI

La nuova società sarà paritetica 50% Fca e 50% Psa (la holding Exor al 14,5%, mentre lo Stato francese, la famiglia Peugeot e il socio cinese Dongfeng Motor avranno il 5,9% ciascuno), avrà sede in Olanda e sarà quotata a Milano, Parigi e Wall Street. Le sedi operative saranno a Torino, Parigi e Auburn Hills. Alla guida del gruppo ci saranno Carlos Tavares, amministratore delegato e John Elkann, presidente. Il consiglio di amministrazione sarà formato da cinque rappresentanti dei soci Psa e cinque dei soci Fca, mentre l’undicesimo consigliere sarà Tavares che avrà un mandato iniziale di 5 anni. Non ancora chiarito il ruolo di Mike Manley, attuale amministratore delegato di Fca, che dovrebbe continuare a lavorare a stretto contatto con Tavares. Le sinergie annuali a breve termine sono stimate intorno ai 3,7 miliardi di euro, ma non chiuderanno stabilimenti. Resta da definire il ruolo dei cinesi di Dongfeng che nelle scorse settimane hanno paventato la possibilità di uscire dall’azionariato di Psa. Per i suoi azionisti Fca prevede, prima del perfezionamento dell’operazione, che porterà alla nascita di un gruppo con ricavi pari a quasi 170 miliardi di euro e un utile operativo di oltre 11 miliardi, un dividendo spe

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Niente illusioni, Tavares andrà giù con l’accetta

Dopo la fusione-cessione, il futuro ad di Psa & Fca procederà con una serie di tagli replicando su più ampia scala quanto già fatto in Peugeot e Opel/Vauxhall. E i primi destinatari saranno i colletti bianchi.

Per quanto tempo John Elkann avrà in tasca un biglietto da visita con su scritto Chairman of the board di Psa & Fca N.V.? Meno o più di due anni come è successo con Partner Re, la società delle riassicurazioni che Elkann acquisì nel marzo 2016 pagando ben 6,9 miliardi di dollari? Tra l’altro, quella operazione fu condotta all’insaputa di Sergio Marchionne che notoriamente mal digerì quello sconcertante esborso di denaro che l’ad italo-canadese considerò «sottratto a Fca». 

TAVARES NON SOPPORTA IL PARAGONE CON MARCHIONNE

Sempre a proposito di apparato digerente e sistema nervoso, fonti francesi sostengono che anche il futuro ad di Psa & Fca Carlos Tavares, così come Carlos Ghosn, già ad di Renault-Nissan, del quale il dirigente d’azienda portoghese fu a suo tempo braccio destro, non sopporta essere paragonato a Sergio Marchionne e, peggio, descritto come uno scimmiottatore delle due ex “prime donne”. Si sa che l’ego dei Ceo dell’industria automobilistica non ha pari. E l’ingegner Elkann, che ha molto patito la strabordante presenza di Marchionne, dopo questa breve stagione che gli sta offrendo le luci dei riflettori e una ribalta, si prepari a dover fare un passo indietro rispetto allo strabordante Tavares.

Il Ceo di Fca Mike Manley e John Elkann.

FCA-PSA, UNA CESSIONE DESCRITTA COME “FUSIONE PARITETICA”

Ma andiamo con ordine. È chiaro che John Elkann ha fretta di chiudere e firmare la vendita di Fca a Psa. E che si tratti di una cessione, sia pure descritta come «fusione paritetica (50/50)», è dimostrato anche da quello che recita il comunicato stampa congiunto del 31 ottobre: «Il consiglio di amministrazione sarebbe composto da 11 membri. Cinque membri del cda sarebbero nominati da Fca (incluso John Elkann in qualità di presidente) e cinque da Groupe Psa (incluso il Senior independent Director e il vice presidente)». Ma attenzione a quello che segue: «Carlos Tavares sarebbe Chief executive officer, oltre che membro del cda, per un mandato iniziale di cinque anni». In altre parole: 6 consiglieri targati Psa e 5 Fca. Chiaro che non si tratta di una merger of equals.

chi è carlos tavares psa
Carlos Tavares.

D’altro canto, non è un mistero che la penuria di investimenti in nuovi prodotti e tecnologie insieme con il fiasco di nuovi modelli (tra i quali Dodge Dart, Chrysler 200, Dodge Viper, Alfa Romeo Giulia e Stelvio, Maserati Levante) della gestione improntata alla finanza di Marchionne abbiano posto Fca in una situazione di manifesta, forte debolezza.

ALFA ROMEO BRAND “LOCALE”

Quanto alla gestione dei 15 marchi (Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep®, Lancia, Ram, Maserati, Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall) del neo-costruttore olandese, l’ad di Fca Mike Manley ha provveduto, nella conference call di giovedì 31 ottobre, ad aggiungerne uno alla lista di quelli non globali e, dunque “regionali”: Alfa Romeo. Non un buon segnale per gli stabilimenti italiani per i quali – recita il comunicato stampa congiunto – non sono previste chiusure. Ovvio, così come scontato che le linee di montaggio continueranno a operare molto saltuariamente grazie a massicci ricorsi alla cassa integrazione. Del resto, privatizzare i guadagni e socializzare le perdite è stato un Leitmotiv della storia degli Agnelli e più in generale di molta industria italiana.

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COLLETTI BIANCHI NEL MIRINO DI TAVARES

Ma chi saranno i primi destinatari dei tagli che Tavares realizzerà molto celermente? Senza ombra di dubbio i colletti bianchi: ingegneria, marketing, comunicazione, produzione, finanza e amministrazione, risorse umane le aree notoriamente in cima alla lista di ogni cura dimagrante. I pochi sopravvissuti rimasti nella palazzina uffici del Lingotto in via Nizza e i tanti a Mirafiori si considerino avvisati. Dopotutto, Tavares replicherà, su più ampia scala, quanto già fatto in casa Psa e Opel/Vauxhall.

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