Il Garante della privacy contro l’archiviazione integrale delle fatture elettroniche

Secondo l'authority i dati memorizzati dall'Agenzia delle entrate comprendono anche informazioni non rilevanti ai fini tributari. Parlamento invitato a modificare la norma contenuta nel decreto fiscale.

L’archiviazione integrale per otto anni di tutte le fatture elettroniche emesse e ricevute da parte dell’Agenzia delle entrate, compresi i dati non fiscalmente rilevanti e quelli relativi alle prestazioni fornite, per il Garante delle privacy è «sproporzionata». L’authority ha quindi invitato il parlamento a «vagliare l’effettiva necessità» di questa norma, valutando la possibilità di sostituirla con procedure «meno invasive» per i cittadini o semplicemente di «oscurare i dati non fiscalmente rilevanti».

LA NORMA È CONTENUTA NEL DECRETO FISCALE

Nella memoria che il Garante ha trasmesso alla commissione Finanze della Camera, dove sono in corso le audizioni sul decreto fiscale, ci si concentra sull’articolo 14 del provvedimento, che consente per l’appunto all’Agenzia delle entrate di memorizzare i file delle fatture elettroniche per gli otto anni successivi alla presentazione della dichiarazione dei redditi.

ARCHIVIAZIONE FINALIZZATA ALL’ANALISI DEL RISCHIO-EVASIONE

L’archiviazione è finalizzata all’analisi del rischio-evasione e all’esecuzione di controlli sia da parte della stessa Agenzia delle entrate, sia da parte della Guardia di finanza in caso di inchieste giudiziarie. Ma secondo il Garante per la privacy, quantità e qualità dei dati archiviati sarebbero eccessive. Anche perché l’intero patrimonio di informazioni sarebbe esposto a rischi di «esfiltrazione o attacchi informatici», per fronteggiare i quali servirebbero apposite leggi.

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