La narrazione distorta dello spettacolo teatrale sulle banche venete

Il Comunale di Vicenza chiude le porte a "Una Banca Popolare". Che ha debuttato a Venezia tra perplessità e indignazione. Effetto di una lettura del terremoto BpVI sbilanciata a favore di Zonin.

Al teatro Comunale di Vicenza hanno già deciso. Commenti non ne filtrano, ma la scelta è netta: Una Banca Popolare, novità di Romolo Bugaro prodotta dal Teatro Stabile del Veneto, che ha debuttato al Goldoni di Venezia a metà dicembre, non approderà nella città più ferita dal tracollo delle Popolari venete. Nessuna sorpresa. Si parla di un palcoscenico che dista meno di 100 metri da quello che fu il quartier generale della Banca Popolare di Vicenza, l’istituto di credito presieduto da Gianni Zonin, fallito trascinando nel crac oltre 100 mila soci. Le finestre dell’ultimo piano del palazzo di via Framarin, dove si trovavano gli uffici dei Vip e la sala del consiglio di amministrazione, danno proprio sul teatro progettato da Gino Valle e aperto nel 2007. BpVI era fra i soci fondatori, aveva due rappresentanti nel consiglio della Fondazione costituta ad hoc dal proprietario, il Comune di Vicenza, per la gestione. E supportava con un sostanzioso contributo – 200 mila euro all’anno – le attività di spettacolo.

BELTOTTO, DA ZAIA AL TEATRO STABILE

Sono passati due anni e mezzo dal crollo e molto è cambiato. Banca Intesa, che al prezzo di un euro ha rilevato la Popolare fallita, in consiglio non c’è e ha dimezzato il contributo. Rimane importante la presenza della Regione, più incisiva da quando l’Amministrazione comunale di Vicenza, a giugno del 2018, si è allineata a centrodestra con quella veneta. Il dettaglio non è privo di significato. La Regione ha nello Stabile l’istituzione teatrale di riferimento: fra l’altro, il presidente è Giampiero Beltotto, in passato (dopo essere stato caporedattore della Rai a Venezia) per cinque anni portavoce di Luca Zaia, inamovibile governatore. E questo fa capire che dire no allo Stabile, anche solo per la distribuzione di un allestimento, non è così semplice. Il fatto è che questo spettacolo – ampiamente pubblicizzato prima dell’andata in scena come lettura delle vicende bancarie venete “dalla parte dei cattivi” – appare decisamente sbilanciato in una prospettiva che si può definire solo come “filo-zoniniana”.

L’opera è stata prodotta dal Teatro Stabile del Veneto.

A Venezia, il debutto e le repliche sono caduti in una certa pubblica indifferenza e in varie private indignazioni. Alla prima il teatro era tutt’altro che pieno e le accoglienze non sono state propriamente entusiastiche. Devono essere bastati i resoconti molto cauti della carta stampata per indurre un gruppetto di poche persone a recarsi al Goldoni, assistere all’ultima replica, non applaudire e “aspettare fuori” l’autore e il regista, Alessandro Rossetto. Volevano “chiedere spiegazioni” si è letto in una cronaca del quotidiano Nuova Venezia, difficile che quelle avute da una aiuto-regista (gli altri asseritamente non erano presenti) siano state soddisfacenti.

Dall’8 al 12 gennaio la partita si sposterà al Verdi di Padova, città decisamente più coinvolta di Venezia nel terremoto BpVI

Passate le feste, dall’8 al 12 gennaio la partita si sposterà al Verdi di Padova, città decisamente più coinvolta di Venezia nel terremoto BpVI. E si vedrà quale accoglienza sarà riservata al debutto nella drammaturgia dell’autore di casa Bugaro, avvocato-scrittore che gode di buona notorietà per una serie di romanzi spesso ad ambientazione veneta che gli sono valsi anche due ingressi nella cinquina del premio Campiello, nel 1998 e nel 2007. La sua scrittura teatrale, però, appare sostanzialmente deludente. E la sua lettura del caso banche venete sembra andare in direzione di una narrazione che è singolarmente sovrapponibile a quella che Gianni Zonin sta portando avanti da quando ha deciso di tornare in pubblico, di rispondere ai giornalisti e di partecipare alle udienze del processo in cui è imputato.

BUGARO E «I NAZISTI DELLA BCE»

È la narrazione di una gestione bancaria che è fallita per avere voluto pervicacemente fare l’interesse dell’economia del territorio e che riconduce il crollo alla capziosità dei controlli di Bankitalia e della Bce («i nazisti della Bce» fa dire testualmente Bugaro al suo presidente della fittizia Popolare del Nordest). Scrollandosi di dosso con arrogante sicumera ogni responsabilità per qualsiasi “mala gestio”, per qualsiasi comportamento illegale. Tutto questo avviene in un lunghissimo monologo (45 minuti peraltro ben sostenuti dall’attore Fabio Sartor) che come tutti i monologhi non prevede contradditorio, prospettiva diversa, sviluppo dialettico. Il banchiere Gianfranco Carrer (così si chiama il personaggio nello spettacolo) racconta la sua verità: un singolare spot teatrale per le tesi difensive dell’ex banchiere Zonin in tribunale a Vicenza. Che in questo dovesse consistere la pur interessante scelta di portare sulla scena il grande crac del Veneto è revocabile in dubbio.

Una scena di “Una Banca Popolare”.

Bugaro si limita ad abbozzare (nella prima parte) il ruolo e le miserie del “cerchio magico” che stava intorno al presidente della Banca Popolare: imprenditori e professionisti che hanno goduto di un trattamento privilegiato, si sono prestati a operazioni poche chiare spesso (ma non sempre) risolte in cospicui rovesci finanziari e solo alla fine, quando è esplosa la crisi, hanno scaricato il loro “benefattore”. Ma il lungo monologo finale cancella anche questo pur parziale tentativo di articolare di più e meglio il discorso. Che mai accende una luce sul colossale tradimento della fiducia di decine di migliaia di risparmiatori. Altri elementi, poi, sono destinati ad alimentare le polemiche.

IL PASSATO DI BELTOTTO ALLA BPVI

Sorprende ad esempio che alla produzione di uno spettacolo così a tesi (ne è prevista una versione cinematografica) partecipi la “Jole Film” di Marco Paolini, il popolare autore-attore che completa in questo modo un inedito percorso di avvicinamento allo Stabile, già contrassegnato da una significativa presenza nei suoi cartelloni. E incuriosisce, diciamo così, il fatto che Beltotto sia stato l’ultimo responsabile della comunicazione, prima del definitivo tracollo, della Banca Popolare di Vicenza. In quei mesi, Beltotto era già vicepresidente dello Stabile e lo era anche successivamente, quando il suo predecessore, Angelo Tabaro, decise di concretizzare il progetto di Una Banca Popolare. Infine, nell’ottobre 2018 Beltotto è diventato presidente. È stato lui, quindi, a seguire la definitiva realizzazione dello spettacolo. Al limite, come testimone del crollo, avrebbe anche potuto esserne un personaggio.

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