In Toscana Salvini ha un potente alleato: la Cina

La concorrenza del Dragone è alla base della crisi che spinge tanti elettori nelle braccia della Lega. Il Capitano non lo ha ancora capito ma Pechino lavora per lui più e meglio della sua famigerata “Bestia”.

Nel modo di pensare cinese il termine Wu wei è di grande importanza e di difficile traduzione per noi occidentali. Il concetto alla base del Wu wei si potrebbe rendere come «lasciare fare ad altri ciò che è utile a noi», oppure anche – secondo il taoismo – «l’arte della non-azione», un principio secondo cui il miglior modo di affrontare una situazione, specialmente se conflittuale, è non agire e non forzare alcuna soluzione, bensì permettere che le cose accadano da sole e lavorino per il tuo scopo finale. Matteo Salvini probabilmente non lo sa, ma la Cina, attraverso il concetto di Wu wei, è attualmente il suo migliore alleato nelle prossime elezioni in Toscana.

SEMPRE PIÙ ELETTORI ABBRACCIANO LA LEGA

Questa è anche – più o meno – la tesi dell’autorevole quotidiano americano New York Times, che qualche giorno fa ha pubblicato un ampio reportage nel quale ha messo in relazione l’ascesa di Salvini in Toscana con la concorrenza economica della Cina. Gli autori del lungo articolo dal titolo “The Chinese Roots of Italy’s Far-Right Rage” (Le radici cinese della rabbia di estrema destra in Italia) si sono mossi per la loro inchiesta nella cosiddetta “zona rossa”, quell’area compresa tra Toscana, Marche e Umbria, dove la sinistra è da sempre forza politica maggioritaria ma dove, di recente – e proprio in coincidenza con la crisi economica e sociale in atto in quelle zone -, sempre più elettori dicono di voler votare per la Lega e per i partiti populisti e anti-establishment. Nelle interviste fatte ad artigiani, piccoli imprenditori e politici locali – tutti in questi anni colpiti dalla crisi e costretti a licenziare i propri dipendenti o a chiudere le loro attività – è emersa infatti una singolare “sintonia” tra l’impatto aggressivo e devastante della “concorrenza sleale” delle imprese cinesi – valga un esempio per tutti, il tessile a Prato – e l’ascesa politica locale del Capitano.

Giorgia Meloni dovrebbe ripensare i suoi recenti feroci attacchi a Pechino, e guardare invece con grande simpatia al regime illiberale cinese

L’inchiesta, condotta come sempre magistralmente dai due giornalisti del Nyt, Peter S. Goodman ed Emma Bubola, è a dir poco illuminante e chiarisce come – malgrado gli sforzi del M5s e di Beppe Grillo per “lisciare il pelo” a Pechino – la Cina sia invece il principale alleato del successo elettorale della Lega nella fu “Toscana rossa”. Una costatazione che dovrebbe spingere per esempio Giorgia Meloni almeno a ripensare i suoi recenti feroci attacchi a Pechino, e a guardare invece con grande simpatia al regime illiberale cinese, al quale del resto FdI e appunto la Lega sono molto più vicini delle altre forze politiche italiane, non foss’altro per la comune “ispirazione” dei propri programmi elettorali, volti a promuovere un sistema di “valori” – se così possiamo chiamarli – e di principi basati sull’autoritarismo e la retorica dell’uomo forte: insomma, Xi Jinping e l’attuale regime illiberale comunista (se non altro nel nome) cinese, come fonte di ispirazione ed esempio da seguire.

L’IMPATTO DELLA CONCORRENZA CINESE E IL SENTIMENTO ANTI-IMMIGRATI

Così dall’inchiesta del quotidiano americano veniamo a conoscere quello che pensa per esempio Mauro Lucentini, oggi consigliere per la Lega a Montegranaro, una cittadina dove le circa 600 aziende calzaturiere si sono ridotte ormai a meno di 150 a causa della crisi economica causata dalla concorrenza cinese, spingendo la gente del posto ad abbracciare la Lega e le sue invettive contro gli immigrati. Il negozio di mobili di sua madre è uscito devastato dalla concorrenza dell’Ikea, che attinge fortemente dai fornitori a basso costo in Cina. Fogli di cartone coprono le porte di vetro di un rivenditore fallito che vendeva lacci per le scarpe e altri accessori per calzature. Un negozio che vende strumenti e macchinari è vuoto. Una fabbrica a tre piani che una volta impiegava 120 persone versa in desolante abbandono, con la facciata che cade a pezzi. «Non possiamo aiutare l’ultima persona in Africa e non aiutare il nostro vicino», ha detto Lucentini al Nyt, sintetizzando il suo pensiero.

Salvini forse non lo ha ancora capito ma la Cina, in Toscana e non solo, lavora per lui più e meglio della sua famigerata “Bestia”

«Non penso che sia giusto che vengano a rubare il lavoro agli italiani», ha detto poi la signora Travaglini, impiegata in un’azienda tessile di Prato, ora rimasta senza lavoro e che si dice convinta che le aziende cinesi non paghino le tasse e violino le leggi sui salari, riducendo la retribuzione per tutti. Il concetto di multiculturalismo è una bestemmia per lei. Con i giornalisti americani ha insistito sul fatto che l’Italia è per gli italiani – un affermazione che ha esteso ovviamente anche ai cinesi, compresi quelli di seconda e terza generazione, quelli che parlano italiano con accento toscano più degli italiani. «Sono italianizzati», è il suo pensiero, «ma non sono ancora italiani». Insomma, Salvini forse non lo ha ancora capito ma la Cina, in Toscana e non solo, lavora per lui più e meglio della sua famigerata “Bestia”, l’efficiente macchina di propaganda della Lega. Mettendo in pratica anche l’altro antico detto cinese: “uccidere il nemico con una spada presa in prestito”. Dalla Cina, appunto.

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