Hacker in manette per il furto di dati sensibili alla Pubblica amministrazione

L'arrestato, residente a Imperia, trafugava informazioni da vari enti, come l'Agenzia delle Entrate e l'Inps per poi rivenderli con un sistema informatizzato. Denunciati anche altri sei complici.

Hackerate centinaia di credenziali di accesso a dati sensibili, migliaia di informazioni private contenute in archivi informatici della pubblica amministrazione, relativi a posizioni anagrafiche, contributive, di previdenza sociale e dati amministrativi appartenenti a centinaia di cittadini e imprese del nostro Paese. Il principale sospettato, R.G., originario della provincia di Torino e residente a Imperia, è stato arrestato dalla Polizia postale su provvedimento del Gip di Roma.

ATTACCHI A INPS, ACI E AGENZIA DELLE ENTRATE

L’arrestato, ha spiegato la Polizia postale, ha «un know how informatico di altissimo livello e numerosi precedenti penali» e, tramite ripetuti attacchi ai sistemi informatici di numerose Amministrazioni centrali e periferiche italiane, sarebbe riuscito ad intercettare illecitamente centinaia di credenziali di autenticazione (user ID e password). Dapprima attaccando i sistemi informatici di alcuni Comuni italiani, il sospettato è riuscito ad introdursi in banche dati di rilievo istituzionale, appartenenti ad Agenzia delle Entrate, Inps, Aci ed Infocamere, veri obiettivi finali dell’attività delittuosa.

DENUNCIATI ANCHE SEI COMPLICI

Ha quindi esfiltrato preziosi dati personali di ignari cittadini ed imprese italiane. Denunciati a piede libero, per le stesse violazioni, sei complici dell’arrestato, tutti impiegati all’interno di note agenzie investigative e di recupero crediti operanti in varie città d’Italia. L’attività investigativa condotta dagli uomini del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche ha permesso di ricostruire come R.G., nel corso degli anni, avesse ingegnerizzato un vero e proprio sistema di servizi, tra cui il portale illecito ‘PEOPLE1‘, commercializzato clandestinamente ed offerto alle agenzie interessate che, pagando una sorta di canone, potevano istallare il software con una semplice pen-drive Usb e riuscire così a connettersi clandestinamente alle banche dati istituzionali e fare interrogazioni dirette.

COME FUNZIONAVA LA VENDITA DEI DATI

Per ottenere l’accesso clandestino alle banche dati, il gruppo criminale utilizzava sofisticati virus informatici per infettare i sistemi degli uffici pubblici riuscendo ad ottenere le credenziali di login degli impiegati. Ingenti i proventi dell’attività criminale, se si pensa alle decine di migliaia di interrogazioni illecite su commissione già accertate e che una singola interrogazione delle banche dati istituzionali veniva venduta a partire da 1 euro «a dato», anche attraverso sistemi di pagamento evoluto e attraverso l’acquisto in modalità prepagata di «pacchetti di dati sensibili».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it