Cosa contiene la bozza del decreto Rilancio

Gualtieri assicura lo scioglimento di tutti i nodi politici. Si va verso un taglio dell'Irap per le imprese fino a 250 milioni di fatturato. Sconto Imu per gli alberghi. E stabilizzazione per 16 mila insegnanti.

Calo dell’Irap ma non per tutte le imprese. Via la prima rata dell’Imu per alberghi e stabilimenti balneari. Più fondi per gli ammortizzatori e stabilizzazione di altri 16 mila insegnanti che saranno in cattedra da settembre. Si avvicina a tagliare il traguardo il tanto atteso decreto Rilancio, con le nuove misure per attutire l’impatto economico dell’epidemia del coronavirus. Un provvedimento «molto consistente» ha ribadito il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri spiegando che i nodi politici sono stati superati – tranne a quanto si apprende la regolarizzazione dei lavoratori immigrati su cui il M5s ha alzato le barricate – e ora si tratta solo di chiudere le norme nei dettagli.

BONUS DI 500 EURO PER LE VACANZE IN ITALIA

Tra questi, nelle ultime bozze, ne spuntano diversi che vanno dall’ampliamento di chi potrà usare il 730 per fare la dichiarazione dei redditi, a un aumento delle famiglie che potranno sfruttare il bonus per andare in vacanza in Italia. Il tetto di Isee infatti sale da 35 mila a 50 mila euro per un tax credit che si potrà spendere in strutture ricettive e b&b a fronte di pagamenti registrati (fattura elettronica o documenti con codice fiscale del destinatario dello sconto). Il bonus rimane di massimo 500 euro a famiglia (300 euro in due e 150 euro per una persona sola).

TAGLIO DELL’IRAP DA QUASI 2 MILIARDI

Per aiutare il turismo, il settore più martoriato, ci saranno anche sconti per gli affitti (previsti anche per tutti quelli che hanno avuto perdite ma solo fino al 60%) e ora anche l’abolizione della prima rata dell’Imu (con una copertura di circa 120 milioni), a patto che alberghi e pensioni siano gestiti dai proprietari. La cancellazione dell’Imu vale anche per le strutture turistiche di laghi e fiumi. Il pacchetto per le imprese, comunque, resta uno dei più corposi del provvedimento: confermati contributi a fondo perduto per micro-aziende, commercianti, artigiani e autonomi sotto i 5 milioni di ricavi, mentre si sta ancora lavorando agli aiuti per le imprese di medie dimensioni. La novità è quella del taglio dell’Irap che potrebbe valere circa 1,5-2 miliardi. La platea al momento sarebbe quella delle attività tra 5 e 250 milioni di ricavi, come ha confermato Gualtieri: si tratterebbe di circa 54 mila imprese su un totale di 1,8 milioni di attività produttive, artigianali e commerciali sottoposte all’Irap. Ma si starebbe ancora cercando di allargarla anche alle imprese più piccole.

AL VAGLIO MISURE PER LE RICAPITALIZZAZIONI

Le coperture arriverebbero dai 10 miliardi già previsti per gli aiuti a fondo perduto. Difficile indicare comunque sia la platea sia il risparmio effettivo per le imprese che non andranno alla cassa entro il 16 giugno per pagare saldo e acconto dell’imposta, sia perché l’acconto si potrà calcolare tenendo conto dell’andamento reale della propria attività (secondo norme introdotte con i precedenti decreti), sia perché al momento è previsto un paletto legato alle perdite di fatturato legate al Covid (almeno due terzi nel confronto tra aprile 2019 e aprile 2020). Ancora in valutazione anche le misure a sostegno delle ricapitalizzazioni, nelle prime ipotesi un mix tra sconti fiscali e intervento dello Stato attraverso Invitalia, mentre per le grandi imprese dovrebbe essere confermato il coinvolgimento di Cdp con un fondo apposito.

FONDI PER SANIFICAZIONE E DISPOSITIVI DI PROTEZIONE

Per le imprese sono in arrivo anche altri fondi per rendere più sicuri i luoghi di lavoro e ridurre il rischio contagio. I primi 50 milioni messi a disposizione di Invitalia con il programma Imprese sicure sono finiti il primo giorno, davanti a un boom di domande per oltre un miliardo di richieste di rimborsi per i soli acquisti di mascherine e dispositivi di protezione. Ora dovrebbero esserci altri 600 milioni tra credito d’imposta per le sanificazioni e i dispositivi e aiuti a fondo perduto sempre per adeguare i posti di lavoro: le imprese fino a nove dipendenti potranno avere massimo 15 mila euro, 50 mila euro fino a 50 dipendenti e quelle più grandi massimo 100mila euro.

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Il ministro Gualtieri contro il terrorismo di Salvini sul Mes

Il titolare del Mef ha attaccato il leader del carroccio e Borghi per la polemica sul Meccanismo europeo di stabilità.

«Quella sul Mes è una discussione che ci sarebbe stata comunque, a prescindere da questo dibattito sopra le righe, ma è avvenuta in un contesto in cui la Lega, Salvini e Borghi con cinismo hanno iniziato a fare una campagna terroristica per spaventare le persone». È stato l’affondo del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ospite a Mezz’ora in più. «Certo», ha continuato, «se non ci si riesce a esprimersi con competenza e serietà sulla Nutella è evidente che la credibilità su ciò che si dice sul Mes sia piuttosto scarsa».

«Il rinvio», ha aggiunto il capo del Tesoro, «è un fatto, ci sono anche dei miglioramenti che vanno valutati, c’è un orizzonte più largo sul pacchetto. Auspico che ci sia una risoluzione positiva che guardi in avanti e che raccolga il sostegno delle forze responsabili, anche non della maggioranza. Certo, chi vuole l’incidente, chi spaventa le persone in modo molto cinico dicendo che ci tolgono i soldi dai conto correnti, dubito possa convergere».

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Gualtieri esulta per il rinvio della riforma del Mes

Il ministro: «Giornata positiva, abbiamo un accordo di principio». La firma slitta al 2020. Ora la parola passa al Consiglio europeo del 13 dicembre, che non sarà decisivo. Cala la tensione nella maggioranza.

Dopo un lunghissimo negoziato notturno a Bruxelles, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è soddisfatto. L’Italia, a suo giudizio, ha ottenuto le tre cose che chiedeva all’Eurogruppo sulla riforma del Mes e sulla road map verso lo Schema europeo di garanzia dei depositi bancari.

«Giornata positiva, abbiamo un accordo di principio», ha commentato il titolare del Tesoro. Soprattutto perché i partner europei hanno accettato di rinviare la firma del trattato ai primi mesi del 2020 (gennaio-febbraio) e il parlamento italiano avrà quindi tutto il tempo per esprimersi. Il rinvio della firma e il fatto che il tema potrebbe non essere oggetto del Consiglio europeo del 13 dicembre, che non sarà decisivo in quanto destinato a ricomporre le divergenze politiche fra gli Stati membri, sono due elementi che dovrebbero contribuire a far calare di molto la tensione nella maggioranza.

Il governo Conte bis dovrebbe quindi superare senza intoppi il voto in parlamento previsto l’11 dicembre sulla risoluzione che il M5s sta mettendo a punto. «Gualtieri ha tenuto fede all’accordo, non ha dato luce verde al Mes. Ora risoluzione di maggioranza in parlamento. Noi non firmiamo finché non conosceremo le altre riforme nel dettaglio. Ci vorranno mesi per capire se il pacchetto va a favore dell’Italia», ha detto il 5 dicembre il sottosegretario agli Affari europei Laura Agea, incaricata da Luigi Di Maio di mettere a punto la risoluzione.

LEGGI ANCHE: Cos’è il Mes e perché Salvini e Meloni attaccano il governo

LE MODIFICHE ALLE CLAUSOLE DI AZIONE COLLETTIVA

Gualtieri, entrando nei dettagli, ha spiegato che sulle clausole di azione collettiva l’Italia ha ottenuto «un meccanismo che rende le cosiddette single lib cacs più simili alle double limb. Per noi è una cosa importante e questo aspetto richiederà un lavoro aggiuntivo, solo dopo il quale sarà possibile la finalizzazione dell’accordo e poi la firma e le procedure di ratifica». Tradotto, significa che il nuovo meccanismo di maggioranza semplice (single limb) deciso per rivalutare i titoli di Stato in caso di ristrutturazione del debito potrà contenere dei sotto-insiemi per garantire tutti gli investitori e non solo alcuni. La richiesta verrà accordata su base volontaria, ogni Stato potrà decidere se dotarsi oppure no di queste sub-aggregazioni.

RESPINTE LE IPOTESI DI CONDIZIONALITÀ SUL BACKSTOP

Il ministro ha inoltre sottolineato che «per il backstop sono state respinte tutte le ipotesi di condizionalità, quindi ci sarà una condivisione di risorse senza condizionalità, primo caso in Ue». Sull’Unione bancaria, tuttavia, la cosiddetta logica di pacchetto non è passata: «La discussione è stata lunga e difficile, dovremo continuare a lavorare su questo tema. Abbiamo ottenuto l’eliminazione dalla roadmap di riferimenti al trattamento prudenziale dei titoli sovrani, quindi il lavoro dovrà continuare». La ponderazione dei titoli di Stato, ha aggiunto Gualtieri, «sarebbe stata per noi assolutamente negativa e questo obiettivo è stato raggiunto, assieme alla sub-aggregazione e a quello di non raggiungere un accordo oggi, cosicché il parlamento possa esprimersi». Ma per la garanzia europea sui depositi bancari bisognerà attendere almeno il mese di giugno.

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Gualtieri esulta per il rinvio della riforma del Mes

Il ministro: «Giornata positiva, abbiamo un accordo di principio». La firma slitta al 2020. Ora la parola passa al Consiglio europeo del 13 dicembre, che non sarà decisivo. Cala la tensione nella maggioranza.

Dopo un lunghissimo negoziato notturno a Bruxelles, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è soddisfatto. L’Italia, a suo giudizio, ha ottenuto le tre cose che chiedeva all’Eurogruppo sulla riforma del Mes e sulla road map verso lo Schema europeo di garanzia dei depositi bancari.

«Giornata positiva, abbiamo un accordo di principio», ha commentato il titolare del Tesoro. Soprattutto perché i partner europei hanno accettato di rinviare la firma del trattato ai primi mesi del 2020 (gennaio-febbraio) e il parlamento italiano avrà quindi tutto il tempo per esprimersi. Il rinvio della firma e il fatto che il tema potrebbe non essere oggetto del Consiglio europeo del 13 dicembre, che non sarà decisivo in quanto destinato a ricomporre le divergenze politiche fra gli Stati membri, sono due elementi che dovrebbero contribuire a far calare di molto la tensione nella maggioranza.

Il governo Conte bis dovrebbe quindi superare senza intoppi il voto in parlamento previsto l’11 dicembre sulla risoluzione che il M5s sta mettendo a punto. «Gualtieri ha tenuto fede all’accordo, non ha dato luce verde al Mes. Ora risoluzione di maggioranza in parlamento. Noi non firmiamo finché non conosceremo le altre riforme nel dettaglio. Ci vorranno mesi per capire se il pacchetto va a favore dell’Italia», ha detto il 5 dicembre il sottosegretario agli Affari europei Laura Agea, incaricata da Luigi Di Maio di mettere a punto la risoluzione.

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LE MODIFICHE ALLE CLAUSOLE DI AZIONE COLLETTIVA

Gualtieri, entrando nei dettagli, ha spiegato che sulle clausole di azione collettiva l’Italia ha ottenuto «un meccanismo che rende le cosiddette single lib cacs più simili alle double limb. Per noi è una cosa importante e questo aspetto richiederà un lavoro aggiuntivo, solo dopo il quale sarà possibile la finalizzazione dell’accordo e poi la firma e le procedure di ratifica». Tradotto, significa che il nuovo meccanismo di maggioranza semplice (single limb) deciso per rivalutare i titoli di Stato in caso di ristrutturazione del debito potrà contenere dei sotto-insiemi per garantire tutti gli investitori e non solo alcuni. La richiesta verrà accordata su base volontaria, ogni Stato potrà decidere se dotarsi oppure no di queste sub-aggregazioni.

RESPINTE LE IPOTESI DI CONDIZIONALITÀ SUL BACKSTOP

Il ministro ha inoltre sottolineato che «per il backstop sono state respinte tutte le ipotesi di condizionalità, quindi ci sarà una condivisione di risorse senza condizionalità, primo caso in Ue». Sull’Unione bancaria, tuttavia, la cosiddetta logica di pacchetto non è passata: «La discussione è stata lunga e difficile, dovremo continuare a lavorare su questo tema. Abbiamo ottenuto l’eliminazione dalla roadmap di riferimenti al trattamento prudenziale dei titoli sovrani, quindi il lavoro dovrà continuare». La ponderazione dei titoli di Stato, ha aggiunto Gualtieri, «sarebbe stata per noi assolutamente negativa e questo obiettivo è stato raggiunto, assieme alla sub-aggregazione e a quello di non raggiungere un accordo oggi, cosicché il parlamento possa esprimersi». Ma per la garanzia europea sui depositi bancari bisognerà attendere almeno il mese di giugno.

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Gualtieri, come buttare il ministero dell’Economia in Vacca

Il titolare di via XX Settembre è in ambasce a causa del suo staff. Il principale "imputato" è il capo segreteria che la fa da padrone. Seguono il capo di gabinetto Luigi Carbone, rimasto su pressione di Tria e del Nazareno, e il portavoce ombra Roberto Basso che coordina il consiglio di comunicazione.

«A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio». La formula attribuita a Oscar Wilde sembra una seconda pelle per lo staff di Roberto Gualtieri. Il ministro dell’Economia è un po’ in ambasce. E non soltanto perché – come ama dire – «ho recuperato in 23 giorni i 23 miliardi di aumento dell’Iva». Ma anche perché si sta rendendo conto che alcune scelte di staff stanno mostrando la corda. Il principale indagato è Ignazio Vacca, il suo capo della segreteria, figlio del filosofo comunista Giuseppe Vacca, che in via XX Settembre la fa da padrone, tanto da essere considerato una sorta di ministro ombra. Forse perché abituato all’ufficio del personale delle Poste dove ha lavorato, una delle prime mosse che ha fatto è stata quella di sostituire le segretarie. E pensare che sedevano al loro posto da una ventina d’anni, indifferentemente dal colore politico del ministro. 

LEGGI ANCHE: Luisa Pannone, il sergente di ferro da Tria a Dadone

I NODI DI CARBONE E BASSO

Al secondo posto, pari merito, ci sono il suo capo di gabinetto, Luigi Carbone, e il suo portavoce “ombra” Roberto Basso. Il primo, Gualtieri lo voleva sostituire con il dalemiano Roberto Garofoli, ma non c’è riuscito: un po’ per le pressioni ricevute anche dal Nazareno (Carbone è arrivato pure lì, senza usare il monopattino), un po’ per le pressanti richieste di Giovanni Tria per confermarlo. Più articolata la situazione per il portavoce. Formalmente, il Mef non ha un portavoce. Ha un consigliere per la comunicazione. Si racconta che con questa formula Basso sia riuscito a confermare le consulenze che ha accumulato come professionista, anche nel pianeta del ministero dell’Economia. Per salvare capra e cavoli (incarico istituzionale e contratti privatistici), Vacca si è inventato una specie di consiglio della comunicazione, coordinato da Basso e animato dal capo ufficio stampa, Michele Baccinelli, e da altri due giovani professionisti piovuti dal Nazareno piddino.

I CONSULENTI DEM BLOCCATI DA DAL VERME

In realtà, proprio dal Pd erano attesi una trentina di consulenti di vario genere per supportare il ministro nelle scelte strategiche. In realtà non se n’è visto nessuno. A stopparli, si racconta, sarebbe stato l’atteggiamento disincentivante di Alessandra Dal Verme. La ruvida dirigente della Ragioneria generale dello Stato sembra abbia operato una resistenza passiva all’ingresso di questi esperti dem. Tale da indurre il ministro, da una parte, e i potenziali candidati dall’altra, tutti presi per stanchezza, a soprassedere all’operazione. D’altra parte, Dal Verme è molto ascoltata al Nazareno: è pur sempre la cognata dell’ex premier Paolo Gentiloni, e nessuno ha il coraggio di mandarla a quel paese. Tuttavia, dopo la fallita scalata alla poltrona di Ragioniere generale dello Stato, Dal Verme avrebbe puntato quella di direttore del Demanio. Ma l’uscita dai radar romani di Gentiloni (trasferito a Bruxelles) e la titubanza nelle nomine dello staff di Gualtieri, rischiano di rovinarle l’operazione.  

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere


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