Perché le inesattezze del film Napoleon di Ridley Scott stanno facendo infuriare i francesi

Se non fosse per la concorrenza del sorprendente esordio alla regia di Paola Cortellesi con C’è ancora domani, Napoleon avrebbe forse esordito al primo posto del box office italiano. Uscito il 23 novembre perché potesse riempire le sale cinematografiche nelle settimane che solitamente decisive per gli incassi dell’intera annata, il film di Ridley Scott con le superstar Joaquin Phoenix e Vanessa Kirby non sta però convincendo pienamente la critica, in particolare in Francia, dove ha un certo peso l’inaccuratezza con cui la sceneggiatura di David Scarpa restituisce diversi passaggi storici e dove non mancano nemmeno le accuse di sentimenti anti-francesi nei confronti del cineasta britannico. Per il quale, del resto, la fedeltà storica non è mai dovuta, come era già accaduto con Il Gladiatore e altri suoi blockbuster. A chi ha mosso questa osservazione, lui ha risposto lapidario: «Fatti una vita».

Un colpo di cannone in direzione delle Piramidi: poco credibile

Lo ha fatto quando gli è stato chiesto se avesse visto un video che circola da luglio su TikTok, pubblicato da Dan Snow, autore di un volume sulla battaglia di Waterloo, che ha fatto notare diverse inesattezze storiche contenute nel trailer: innanzitutto non è vero che Bonaparte arrivava dal nulla («suo padre era un aristocratico») e che ha conquistato «tutto» (per esempio non la Gran Bretagna, sottolinea Snow). In più, nel film Napoleone è presente quando la regina Maria Antonietta viene decapitata, cosa che non corrisponde al vero (nemmeno la lunghezza dei capelli di lei è realistica), come non è realistica la scena in cui il celebre condottiero spara un colpo di cannone in direzione delle Piramidi nel corso di una delle sue più celebri battaglie. Dan Snow, tutto sommato, l’ha presa bene: «Non l’ha mai fatto! Ma sembra figo».

Perché le inesattezze del film Napoleon di Ridley Scott stanno facendo infuriare i francesi
La scena del colpo di cannone sparato.

Ricatti emotivi e dichiarazioni d’amore troppo minacciose

Altri ancora hanno osservato le scelte di casting: nella vita reale, Vanessa Kirby ha 14 anni meno di Joaquin Phoenix, mentre sappiamo che Giuseppina aveva sei anni più di Napoleone. Inoltre i due attori mantengono il proprio accento, ossia Phoenix quello statunitense e Kirby quello inglese. Snow non è l’unico esperto ad aver commentato il film: su The Conversation Katherine Astbury dell’Università di Warwick ha parlato delle lettere dell’imperatore alla sua amata definendole cariche di ricatti emotivi e di ripetute dichiarazioni d’amore che «sembrano minacciose piuttosto che sdolcinate».

Perché le inesattezze del film Napoleon di Ridley Scott stanno facendo infuriare i francesi
Joaquin Phoenix e Vanessa Kirby nel film Napoleon.

«Colpisce è la totale omissione della schiavitù»

Perciò, se nel film lui dà uno schiaffo a lei, non è solo perché in Giuseppina il regista vede – lo ha dichiarato – un’adultera che portò Bonaparte a voler distruggere se stesso e lei insieme, ma anche perché sul set i due attori hanno lavorato così bene insieme da decidere di autorizzarsi vicendevolmente (lo ha riferito la stessa Kirby) ad aggiungere degli elementi non previsti nella sceneggiatura di Scarpa, ma funzionali all’idea che Scott si è fatto di Bonaparte. Altri ancora, come la testata Mediapart, hanno scritto di come «al di là delle inesattezze e delle invenzioni storiche, ciò che colpisce è la totale omissione della schiavitù».

Perché le inesattezze del film Napoleon di Ridley Scott stanno facendo infuriare i francesi
Una scena del film Napoleon.

Scott ha preferito raccontare gli amori piuttosto che la politica

«Finitela! Non è un documentario, è un film», hanno replicato puntualmente molti fan del cineasta, dimostrando di non sapere che anche i documentari sono film (la distinzione andrebbe fatta semmai tra finzione e cinema del reale). Ma perché il Napoleon di Scott è in grado di far inalberare così tante persone? Per Liberation il problema è che «non offre alcun punto di vista, né sull’uomo, né sul mito», mentre per Le Monde Ridley Scott ha preferito raccontare gli amori di Napoleone piuttosto che la sua vita politica (e dunque il lavoro di fantasia si può giustificare più facilmente).

Perché le inesattezze del film Napoleon di Ridley Scott stanno facendo infuriare i francesi
Joaquin Phoenix nei panni di Napoleone.

«Uno storico deve rimanere fuori dalla porta quando parla un regista»

A Fahrenheit, la trasmissione di Radio3, è intervenuto Luigi Mascilli Migliorini, uno dei maggiori studiosi dell’età napoleonica e della Restaurazione in Europa, docente di Storia moderna all’Orientale di Napoli. Ha raccontato come al termine di una proiezione del film diverse persone gli abbiano chiesto se quella dello schiaffo e altre sequenze siano da ritenere credibili: difficile stabilirlo, specialmente quando si tratta di episodi della sfera privata, ma «tutti abbiamo diritto a costruirci il nostro Napoleone», ha concluso il professore, che ha detto anche: «Uno storico deve rimanere fuori dalla porta quando parla un regista».

Cosa può darci nel 2023 l’ennesimo ritratto soggettivo di Napoleone?

La domanda che dovremmo porci è piuttosto: cosa cerchiamo in un film come Napoleon? E ancora: cosa può darci nel 2023 un ritratto soggettivo di una figura storica che ha già avuto oltre mille rappresentazioni tra cinema e televisione? Forse dovremmo essere disposti ad accoglierne i limiti, a contenere le aspettative. Tra tanti film su questa figura amata e controversa non sarà quello di Scott a rimanere nella storia. Di certo non quella del cinema.

Cortellesi batte anche Napoleon: gli incassi al cinema del weekend

Paola Cortellesi continua a dominare il box office italiano. Il suo esordio alla regia C’è ancora domani infatti ha totalizzato altri 3,2 milioni di euro, aggiudicandosi il weekend del 23-26 novembre. Raggiunta così quota 23,9 milioni in totale, entrando tra i 20 migliori risultati italiani dal 1997, l’anno in cui Cinetel ha iniziato a monitorare i botteghini nel nostro Paese. La Top 5, con i 31,2 milioni de La vita è bella di Benigni, non è lontana. Con le festività natalizie all’orizzonte, il film di Paola Cortellesi si candida ufficialmente a diventare il maggior incasso del 2023 in Italia. Attualmente terzo in classifica, potrebbe presto superare il biopic di Christopher Nolan Oppenheimer, che si è fermato a 27,9 milioni di euro, e persino Barbie, leader con 32,1 milioni.

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Cortellesi ha battuto anche la concorrenza di Napoleon

Alle spalle di Paola Cortellesi c’è Napoleon, l’ultimo lavoro di Ridley Scott che racconta la vita di Bonaparte. Il film con Joaquin Phoenix, nel suo primo weekend italiano, ha incassato 2,9 milioni di euro, registrando la miglior media per cinema in assoluto. Con 5990 euro per sala, ha strappato il primato a C’è ancora domani, che si è fermato a 4669. Si tratta di un risultato degno di nota per il kolossal distribuito da Eagle Pictures, considerando la durata di oltre due ore e 40 minuti e dunque un minor numero di spettacoli a disposizione. A livello mondiale, l’epopea del condottiero francese ha totalizzato 78,8 milioni di dollari (circa 71,1 milioni di euro), di cui 32 negli States grazie al weekend del Ringraziamento. Dati ancora distanti dai 200 milioni che Apple ha speso per realizzare la pellicola.

C'è ancora domani di Paola Cortellesi incassa altri 3,2 milioni di euro. In totale sono 23,9, terzo risultato in Italia del 2023.
Joaquin Phoenix, Vanessa Kirby e Ridley Scott sul red carpet (Getty Images).

Tornando al box office in Italia, resiste sul podio Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente. Il prequel della saga fantasy tratta dai romanzi di Suzanne Collins ha infatti incassato 1,08 milioni di euro, per un totale di 4 milioni dall’uscita. Il capitolo con Rachel Zegler e Tom Blyth ha superato così ampiamente i 3 milioni di euro del primo Hunger Games del 2012 con protagonista Jennifer Lawrence. Distanti invece gli 8 milioni dei successivi episodi, da La ragazza di fuoco alle due parti de Il canto della rivolta. Ai piedi del podio si è invece piazzato Cento domeniche, il nuovo film di Antonio Albanese, che al debutto ha guadagnato 539 mila euro, con una media di 1469 euro per sala.

In Top10 anche Trolls 3, The Marvels e Comandante

Al quinto posto della classifica del box office italiano c’è Trolls 3, film di animazione della DreamWorks con le voci di Lodovica Comello e Stash dei The Kolors. Il terzo capitolo della saga ha incassato 246 mila euro nel weekend 23-26 novembre, issandosi a 2,1 milioni in totale. Alle sue spalle il deludente The Marvels con Brie Larson, che dal suo debutto ha totalizzato solo 3,1 milioni di euro. Numeri lontanissimi dai cinefumetti con Robert Downey Jr. e Chris Evans, tanto da segnare il peggior risultato globale della saga di Kevin Feige. Il nuovo capitolo del Marvel Cinematic Universe ha incassato infatti appena 228 mila euro.

Seguono in classifica The Old Oak di Ken Loach con 193 mila euro e l’horror Thanksgiving di Eli Roth con Patrick Dempsey e la tiktoker Addison Rae, che ha guadagnato 181 mila euro. Chiudono la Top 10 Comandante con Pierfrancesco Favino (126 mila euro) e il film di animazione Mary e lo spirito di mezzanotte con 89 mila euro.

Scream VII, licenziata Melissa Barrera per i post sulla guerra in Medio Oriente

Clamoroso scossone in Scream VII. Melissa Barrera, protagonista dei due precedenti capitoli e prossima a tornare nel settimo film, è stata licenziata con effetto immediato. Secondo quanto ha riportato Variety, è colpa di una serie di commenti su Instagram in merito alla guerra in Medio Oriente. Con diverse stories, il volto di Samantha Carpenter ha infatti definito i raid di Israele una «pulizia etnica e un genocidio» sulla Striscia di Gaza, descritta come «un campo di concentramento». Frasi che hanno spinto Spyglass Media Group, la società di produzione del lungometraggio, a stracciare il contratto. «Abbiamo tolleranza zero per l’antisemitismo e l’incitamento all’odio», si legge nel comunicato, riportato anche da Tmz. «Compresi i riferimenti a genocidio, pulizia etnica e negazione dell’Olocausto».

Scream VII, i commenti di Barrera e la replica del regista Landon

«Gaza è un campo di concentramento», ha scritto Barrera nelle stories. «Mettono tutti all’angolo, senza alcun posto dove andare, senza elettricità né acqua. Le persone non hanno imparato niente dalle nostre storie. E proprio come in quei casi, continuano a guardare in silenzio quello che accade. È un genocidio e una pulizia etnica». In altri commenti online, l’attrice di Scream ha attaccato i media occidentali poiché «mostrano solo il lato di Israele. Perché lo facciano, lo lascio dedurre a voi». Subito dopo il licenziamento, la star messicana di Monterrey ha condiviso martedì 21 novembre un’altra storia molto polemica. «Preferisco essere esclusa per chi io includo, che essere inclusa per chi io escludo».

L'attrice Melissa Barrera licenziata da Scream VII per alcune stories sulla guerra fra Hamas e Israele: «Gaza è un campo di concentramento».
Una delle stories di Melissa Barrera (Screenshot Instagram).

Sul caso è intervenuto anche il regista di Scream VII, Christopher Landon, con un post sulla sua pagina X. «Smettetela di gridare, non è stata una mia decisione», ha scritto il cineasta. «Fa tutto schifo, questa è la mia dichiarazione». Avendo tagliato ogni legame con Melissa Barrera, la produzione andrà incontro a un inevitabile ritardo nella realizzazione e nell’uscita del nuovo film della saga. L’attrice avrebbe dovuto di nuovo interpretare Sam Cartpenter, perno della narrazione sin dal quinto capitolo. Il suo addio prevedrà una completa riscrittura della sceneggiatura prima di poter iniziare le riprese, inizialmente fissate per inizio 2024. In dubbio anche il ritorno di Jenna Ortega, salita alla ribalta per la serie Mercoledì su Netflix.

Incassi in Italia, Cortellesi in vetta batte anche The Marvels

Prosegue l’enorme successo di C’è ancora domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi presentato alla Festa del Cinema di Roma. Grazie al terzo weekend in vetta alla classifica degli incassi in Italia, il film ha superato così i numeri de La Sirenetta, issandosi al quinto posto generale per l’anno 2023. Dal 9 al 12 novembre, infatti, ha totalizzato altri 4,5 milioni di euro, arrivando a 12,9 dall’uscita. È così il più grande risultato italiano della stagione, alle spalle solo di colossi Usa come Barbie, Oppenheimer, Super Mario e Avatar – La via dell’acqua, uscito però a fine 2022. Registrata una crescita del 28 per cento rispetto alla settimana precedente, con quasi 2 milioni di biglietti totali venduti.

Incassi in Italia, dopo Cortellesi si piazza il flop dei Marvel Studios

Il film di Paola Cortellesi ha sbaragliato anche la concorrenza temuta di The Marvels, nuovo capitolo del Marvel Cinematic Universe con Brie Larson, che si è dovuto accontentare di 1,5 milioni di euro. Il secondo capitolo sulla supereroina intergalattica ha incassato appena 88 milioni a livello globale, di cui 47 negli Stati Uniti. Frutto di un’apertura al di sotto delle aspettative, il film ha segnato un record negativo per la saga dei supereroi tratti dai fumetti di Stan Lee, prima appartenente a L’incredibile Hulk con 55,4 milioni, uscito però nel 2008 ancor prima del successo degli Avengers. I dati americani risultano persino inferiori a The Flash, peggior incasso della DC Comics. Un flop che risulta ancor più grave se rapportato agli enormi costi per la produzione del film. Stando ai media Usa, Disney e Marvel avrebbero investito 274 milioni di dollari, tanto da diventare il quarto progetto più costoso della saga.

C'è ancora domani di Paola Cortellesi domina il box office in Italia. Regina degli incassi, ha battuto The Marvels con Brie Larson.
Brie Larson è protagonista di The Marvels (Getty Images).

Il podio degli incassi al cinema in Italia nel weekend 9-12 novembre si completa con l’horror Five Nights at Freddys’, adattamento dell’omonimo videogame per console. Pur calando del 67 per cento rispetto al fine settimana precedente, ha totalizzato altri 876 mila euro salendo a un totale che ha superato i 4,8 milioni in due settimane. In Top 5 anche Trolls 3 – Tutti insieme, nuovo capitolo della saga di animazione che vanta anche l’inedito degli Nsync con Justin Timberlake. Il film ha incassato infatti 874 mila euro grazie a circa 127 mila spettatori, superando il milione in totale. Al quinto posto c’è invece la seconda pellicola italiana della classifica, Comandante con Pierfrancesco Favino. Il progetto di Edoardo De Angelis ha guadagnato 700 mila euro nel weekend, per un totale di 2,6 milioni dall’inizio della distribuzione in sala.

Ancora in Top10 Scorsese, i Me contro Te e Saw X

Resta ancora in classifica Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, che sfiora i 5 milioni in totale grazie ad altri 288 mila euro incassati nel weekend. Nel mondo ha raggiunto quindi 137 milioni, di cui 59 negli Usa dopo un’apertura magra da 23,2 milioni di dollari. Settimo posto nel box office italiano per Saw X, pellicola che si svolge tra gli eventi del primo e del secondo capitolo. L’horror ha guadagnato altri 273 mila euro per un totale di 3,3 milioni dall’uscita. Seguono Me contro Te Il film – Vacanze in Transilvania  (180 mila) e la Palma d’Oro a Cannes Anatomia di una caduta (136 mila). Chiude la Top 10 Joika – A un passo dal sogno con incassi per 70 mila euro.

Incassi al cinema, Paola Cortellesi regina del box office in Italia

Paola Cortellesi si conferma regina degli incassi in Italia. Nel weekend fra il 2 e il 5 novembre, il suo esordio alla regia C’è ancora domani ha totalizzato altri 3,5 milioni di euro, superando quota 7 milioni già nella sua seconda settimana in sala. Nel cast del film, in cui l’attrice recita anche da protagonista, figurano Valerio Mastandrea e Romana Maggiora Romano. Presentato in anteprima in apertura della Festa del Cinema di Roma, ha conquistato pubblico e critica aggiudicandosi anche il Premio della Giuria. Al secondo posto del box office italiano c’è l’horror Five Nights at Freddy’s, adattamento dell’omonimo videogioco di Scott Cawthon, che ha incassato poco più di 2,6 milioni di euro per un totale di 3,6 milioni dall’uscita. Chiude il podio Comandante di Edoardo de Angelis, apertura alla Mostra del Cinema di Venezia, con 1,07 milioni, sfondando così quota 1,7 milioni totali.

Incassi in Italia, in Top 5 anche l’ultimo film di Martin Scorsese

Ai piedi del podio si è invece piazzato Saw X, nuovo capitolo della saga horror creata da James Wan e Leigh Whannell nel 2004. Il decimo film, la cui trama si posiziona a cavallo tra primo e secondo, ha guadagnato altri 662 mila euro, arrivando a un totale di 2,9 milioni dall’uscita, su cui ha pesato anche Halloween. Quinto invece Killers of the Flower Moon, ultima fatica di Martin Scorsese con protagonisti Leonardo DiCaprio e Robert De Niro. Con altri 603 mila euro di incassi, il film ha superato 4,4 milioni in tre settimane nelle sale. Deludenti però i risultati nel resto del mondo, dove ha totalizzato 119 milioni di dollari di cui appena 52 negli Usa nonostante sia uscito il 20 ottobre, frutto di un’apertura modesta da 23 milioni.

C'è ancora domani di Paola Cortellesi domina il box office in Italia. Sul podio degli incassi anche Five Nights at Freddy's e Comandante.
Leonardo DiCaprio in una scena del film “Killers of the Flower Moon” (X).

Al sesto posto gli youtuber Luì e Sofì, alias Me contro Te. Il loro Vacanze in Transilvania ha registrato altri 527 mila euro, superando 4,2 milioni in tre settimane di programmazione. Al settimo posto Anatomia di una caduta, thriller Palma d’oro al Festival di Cannes 2023 e passato anche per la Festa del Cinema di Roma. Il film di Justine Triet, favorito anche per il premio Oscar straniero, ha incassato 192 mila euro per un totale di 563 mila in 14 giorni nelle sale. Ottava la prima new entry della classifica del box office, Joika – A un passo dal sogno, opera di James Napier con Diane Kruger nei panni dell’allenatrice senza scrupoli di una giovane stella della danza al Bolshoi di Mosca. Secondo i dati Cinetel ha incassato 132 mila euro nel weekend. Chiudono la Top 10 Assassinio a Venezia con altri 99 mila euro e un totale di 8,5 milioni, e Retribution con 91 mila euro.

Chuck Norris torna al cinema con il film Agent Recon

Chuck Norris torna al cinema 12 anni dopo l’ultima volta. La star americana delle arti marziali, celebre per aver recitato in Walker Texas Ranger e al fianco di Bruce Lee in L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente, sarà in sala nel 2024 con Agent Recon, un film che mescolerà azione e fantascienza. L’ultima apparizione sul grande schermo risale al 2012, quando prese parte a I Mercenari 2 al fianco di Sylvester Stallone. «Siamo davvero entusiasti di lavorare con lui», hanno detto a Deadline i produttori. «È una vera leggenda action in tutto il mondo e i fan saranno al settimo cielo nel ritrovarlo al cinema». Sebbene non ci sia ancora una data di uscita ufficiale, il film dovrebbe uscire nel corso del 2024.

Assente al cinema da I Mercenari 2 del 2012, Chuck Norris tornerà con Agent Recon. Il figlio Dakota è la controfigura per i ciak d'azione.
L’attore Chuck Norris in un evento pubblico del 2018 (Getty Images).

Chuck Norris, nel cast del nuovo film anche il figlio Dakota

Già disponibili dettagli sulla trama. Chuck Norris sarà Alastair, il comandante di una task force segreta che si occupa di mantenere la sicurezza sul pianeta Terra. Quando i segnali radar captano un misterioso disturbo nel campo magnetico, si imbarcherà in una missione nel New Mexico per scoprire eventuali tracce di tecnologia aliena. Assieme a lui ci saranno un novellino di grandi ambizioni di nome Jim, interpretato dall’astro nascente di Hong Kong Derek Ting, tra l’altro anche regista del progetto. Ai due si unirà anche l’esperto colonnello Green, che avrà invece il volto di Marc Singer, celebre protagonista della serie V – Visitors e dell’ottava stagione di Dallas. La squadra si imbatterà molto presto in un essere sconosciuto dotato di forza e velocità sovrumane e della capacità di controllare la mente.

Chuck Norris, che il 10 marzo 2024 compirà 84 anni, non parteciperà in prima persona alle sequenze di azione più intensa. Sua controfigura sarà il figlio Dakota Alan, avuto dalla relazione con Gena O’Kelley. «Ha lavorato a stretto contatto con il padre, che lo ha guidato durante le riprese», ha raccontato Ting, che ha mostrato grande entusiasmo nel lavorare con i veterani di Hollywood. «Essere al fianco di grandi eroi come Chuck e Singer è incredibile, sarà un divertimento epico». Lontano dalla cinepresa dal 2012, Chuck Norris negli ultimi 12 anni ha recitato soltanto una volta, apparendo per un breve cameo nel finale della decima stagione di Hawaii Five-0.

De Niro alla sbarra: l’ex assistente chiede 12 milioni per «danni emotivi»

Robert De Niro è finito alla sbarra a New York per difendersi dalle accuse di una ex assistente. Si tratta di Graham Chase Robinson, che lo ha attaccato e ha chiesto i danni per discriminazione di genere. L’attore l’aveva precedentemente accusata di avergli rubato milioni di miglia di programmi frequent flyer e di aver passato le giornate, anziché a lavorare, abbuffandosi su Netflix. La donna, 41enne, è stata alla dipendenze del divo di Hollywood dal 2008 al 2019.

Chase Robinson: «Mi sottopagava»

L’ex assistente ha dichiarato: «Mi sottopagava, faceva commenti sessisti e mi assegnava compiti stereotipicamente femminili». Chase Robinson, assunta da giovanissima nel 2008, è stata licenziata undici anni dopo quando era vicepresidente per la produzione e le finanze. L’incarico le ha fruttato uno stipendio da 300 mila dollari l’anno. Ora ha chiesto 12 milioni di dollari per aver subito «gravi danni emotivi e alla reputazione». La società di De Niro, Canal Productions, ne vuole a sua volta sei accusando la donna di aver trasferito l’equivalente di 450 mila dollari in miglia di viaggi aerei sul suo conto personale e di aver speso decine di migliaia di dollari in cibo, viaggi e altri servizi non legati al suo impiego. I due processi si svolgono contemporaneamente e dovrebbero concludersi nell’arco di due settimane.

Le accuse di De Niro

Robert De Niro, dal canto suo, ha spiegato che le mansioni di Graham includevano tenergli l’agenda, organizzare i viaggi e acquistare regali per amici e parenti. L’ex assistente ha contrattaccato dichiarando che le faceva rammendare i vestiti, fare il bucato e a volte addirittura grattargli la schiena. Inoltre lo ha accusato di averla chiamata «in ogni ora del giorno e della notte». L’attore ha replicato: «L’ho sempre chiamata in ore decenti fuori dall’orario». Ma quando la donna ha riferito di una chiamata alle quattro del mattino, nel 2017, De Niro ha risposto piccato: «Era la volta in cui mi spaccai la schiena cadendo dalle scale».

Johnny Depp e il film su Modigliani: le anticipazioni di trama e cast

Con l’ingresso di Luisa Ranieri, si arricchisce sempre più il cast di Modi, film che Johnny Depp dirigerà sulla vita dell’artista italiano Amedeo Modigliani. Sebbene l’uscita sia prevista solo per il 2024, emergono nuovi dettagli sull’atteso ritorno alla regia del divo di Hollywood. Oltre che star del grande schermo, Depp è già stato una volta dietro la macchina da presa nel 1997 per il suo esordio da cineasta Il coraggioso, in cui vestì anche i panni del personaggio principale. Ancora pochi i dettagli sulla trama, che racconterà solo 48 ore che il pittore originario di Livorno trascorse a Parigi nel 1916. Le riprese sono attualmente in corso a Budapest e proseguiranno per alcune settimane. Direttore della fotografia sarà l’italiano Nicola Pecorini, che ha lavorato con Depp nel 1998 sul set di Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam.

Modi, trama e cast del film di Johnny Depp sull’artista italiano

Il nuovo film di Johnny Depp sarà un adattamento cinematografico dell’opera teatrale di Dennis McIntyre per mano di Jerzy e Mary Kromolowski. Nei panni del protagonista Modigliani ci sarà Riccardo Scamarcio, che tornerà dunque a interpretare un artista dopo aver vestito i panni di Caravaggio nel biopic di Michele Placido. Secondo le poche anticipazioni disponibili sulla trama di Modi, la storia seguirà dunque un breve lasso di tempo durante il soggiorno parigino dell’artista. Desideroso di mettere fine alla propria carriera e lasciare la città, il protagonista si ritroverà in fuga dalla polizia e si scontrerà con altre grandi personalità bohemien della sua epoca. Fra questi l’artista transalpino Maurice Utrillo, con il volto di Pierre Niney, e la sua musa nonché amante britannica Beatrice Hastings.

Nel 2024 uscirà l'atteso biopic di Johnny Depp su Amedeo Modigliani. Nel cast Riccardo Scamarcio e Luisa Ranieri, riprese a Budapest.
Riccardo Scamarcio al Festival di Cannes 2021 (Getty Images).

Luisa Ranieri sarà invece Rosalie, una modella che in quell’epoca posò per molti artisti, tra cui Modigliani. Sarà una figura importante durante le 48 ore di narrazione, anche se ancora non è noto in quale misura. Il protagonista incontrerà poi anche il bielorusso Chaim Soutine e il mercante d’arte polacco Leopold Zborowski. Tuttavia, la sua strada incrocerà anche quella del collezionista internazionale Maurice Gangnat, che avrà il volto di Al Pacino, pronto a stravolgere la sua vita. Non è ancora ufficiale il budget a disposizione di Johnny Depp ma, stando a quanto riporta il sito Imdb, non dovrebbe superare i 10 milioni di dollari.

Le prime foto dal set e le parole del produttore

Si moltiplicano intanto sui social network gli scatti rubati dal set ungherese della produzione, che mostrano le prime immagini della Parigi degli Anni 10. Johnny Depp non è apparso infastidito dai numerosi fan che si sono accalcati nella zona, dispensando anche sorrisi, selfie e autografi quando possibile. «È un progetto che assieme ad Al (Pacino, ndr.) inseguo da anni», aveva detto a maggio a Deadline il produttore Barry Nvidi nel presentare il film. «L’arguzia e la sensibilità di Depp, unite a un cast incredibile, faranno sì che il mio sogno si avveri».

Festa del cinema di Roma, Anna Magnani sull’immagine ufficiale

Anna Magnani è la protagonista dell’immagine ufficiale della 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Fra i maggiori talenti della recitazione internazionale, fu la prima attrice italiana a vincere il premio Oscar, conquistato nel 1956 grazie a La rosa tatuata di Daniel Mann. La foto presente sul poster, che ritrae l’interprete sorridente e circondata di fotografi, risale proprio alla conferenza stampa in occasione della cerimonia di premiazione negli States. Anna Magnani mostra all’obiettivo un fazzoletto su cui, appunto, è raffigurata una rosa, identificativo della pellicola in cui recitò al fianco di Burt Lancaster e Marisa Pavan e per cui si aggiudicò anche il Bafta e il Golden Globe. Per ricordarne i 50 anni dalla morte, la Festa del Cinema di Roma la descrive come «donna forte, determinata e affascinante, indimenticabile simbolo del nostro cinema nel mondo».

Anna Magnani ottenne anche una seconda nomination ai premi Oscar nel 1958 grazie a Selvaggio è il vento di George Cukor, pur senza aggiudicarsi il premio. La performance, che le valse la candidatura anche a Bafta e Golden Globes, le consentì di vincere il primo dei suoi due David di Donatello (seguito da quello l’anno successivo per Nella città l’inferno). Star del grande schermo e simbolo della romanità nel mondo, ha legato la sua carriera anche a pellicole cult come Roma città aperta, Bellissima e Mamma Roma. L’ultima sua apparizione risale invece al 1972, grazie a un cameo nel film Roma di Federico Fellini.

Festa del Cinema di Roma, in apertura l’esordio alla regia di Paola Cortellesi

Sebbene manchino ancora diverse settimane all’inizio della Festa del Cinema di Roma, è già noto il film scelto per l’apertura. Sarà C’è ancora domani, che segnerà l’esordio alla regia di Paola Cortellesi. La pellicola, interamente girata in bianco e nero, si svolgerà nell’Italia del dopoguerra e racconterà la storia di Delia, che vive nella Capitale italiana con il marito Ivano e i loro tre figli. Vittima ogni giorno della prepotenza del partner, la protagonista trova conforto soltanto nell’amica Marisa, con cui ama condividere momenti di leggerezza e intimi segreti. Nel cast, oltre alla regista Cortellesi, figurano Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli e Giorgio Colangeli.

L'attrice premio Oscar sul poster della 18esima edizione. Ad aprire la Festa del cinema di Roma l'esordio alla regia di Paola Cortellesi.
Paola Cortellesi esordirà alla regia con il film C’è ancora domani (Getty Images).

Venezia 80: al Lido dominano biopic e storie vere

L’edizione numero 80 della Mostra del Cinema di Venezia, dopo la rinuncia di Luca Guadagnino a presentare il suo Challengers a causa dello sciopero degli attori in corso, si apre con Comandante diretto da Edoardo de Angelis con Pierfrancesco Favino, film che dà il via a un’edizione in cui a dominare saranno le storie vere e i progetti biografici. Si parte dunque dalla storia di Salvatore Todaro, e dal suo gesto eroico durante la Seconda Guerra mondiale, e si chiude con La società della neve, sulla drammatica lotta per la sopravvivenza di un gruppo di sopravvissuti a un incidente aereo firmato da Juan Antonio Bayona.

Attesa per il ritorno di Garrone con Io Capitano 

Tra le opere italiane più attese al Lido di Venezia non si può non citare il ritorno di Matteo Garrone che si è ispirato alle storie vere di Kouassi Pli, Adama Mamadou, Arnaud Zohin, Amara Fofana, Brhane Tareke e Siaka Doumbia per scrivere la sceneggiatura di Io Capitano. Il film, in concorso, racconta l’odissea di due giovani senegalesi che decidono di partire per l’Europa vista come una terra promessa. Le riprese sono durate ben tre mesi e sono state effettuate tra Dakar e il Marocco. Giorgio Diritti porta invece sugli schermi con Lubo la storia degli jenish, i rom svizzeri. Protagonista del film ambientato nel 1939 è un giovane artista di strada (Franz Rogowski) che lotta contro un governo che gli ha portato via i figli, mentre si trova al fronte a combattere, solo perché nomade.

Da Maestro a Priscilla, fino a Ferrari: i grandi biopic hollywoodiani

Presenti in concorso anche molti biopic. Pare già proiettato verso gli Oscar Maestro, film diretto e interpretato da Bradley Cooper su Leonard Bernstein, il celebre direttore d’orchestra, compositore e pianista e sul tormentato rapporto con la moglie Felicia Montealegre (Carey Mulligan). Il trailer ha già scatenato numerose polemiche per il  naso finto di Cooper-Bernstein che secondo i detrattori nalimenterebbe gli stereotipi sugli ebrei. A smorzare le critiche ci hanno pensato gli eredi dell’artista che hanno confermato il loro totale sostegno al regista, supportato anche da un produttore come Steven Spielberg.

 

Attesa anche per Priscilla di Sofia Coppola. Il film, con protagonista Cailee Spaeny, racconta Elvis Presley dal punto di vista della moglie ed è basato sul memoir di Priscilla Presley Elvis and me del 1985. Inevitabile il confronto con il recente Elvis di Baz Luhrmann. L’assenza dei brani originali del re del rock – la richiesta alla Elvis Presley Enterprises è stata respinta – non dovrebbe aver inciso troppo sul racconto, almeno secondo la stessa Coppola che ha anzi dichiarato: «Ci ha reso più creativi».

Un irriconoscibile Adam Driver sarà Enzo Ferrari nel biopic diretto da Michael Mann. Dopo aver interpretato Maurizio Gucci, la star si confronterà dunque con il Drake, un’altra icona italiana. Totalmente sopra le righe è invece il ritratto di Pinochet tratteggiato da Pablo Larrain che con il suo El Conde immagina che il dittatore cileno sia sopravvissuto e diventato un vampiro. Avrà invece come star Mads Mikkelsen ila pellicola The Promised Land, del regista danese Nikolaj Arcel, che riporta gli spettatori nel 1755 quando il capitano Ludvig Kahlen, caduto in disgrazia, decise di fondare una colonia in nome del re in una brughiera inabitabile, con lo scopo di ottenere un titolo nobiliare.

Fuori concorso The Caine Mutiny Court-Martial ultimo film di Friedkin

A volte storie già raccontate più volte trovano nuove sfumature e dettagli nelle mani di nuovi registi. Oltre al già citato La società della neve – che riporta sul grande schermo la storia della squadra di rugby uruguaiana già al centro di I sopravvissuti delle Ande e Alive cult assoluto di Frank Marshall del 1993 – fuori concorso verrà presentata l’ultima opera di William Friedkin, scomparso lo scorso 7 agosto. Si tratta di The Caine Mutiny Court-Martial sull’ammutinamento raccontato nel film del 1954 con Humphrey Bogart e in quello di Robert Altman del 1988. L’originalità surreale e grottesca che contraddistingue il cinema del regista Quentin Dupieux regalerà infine un ritratto imperdibile di Salvador Dalì: il film DAAAAAALI! insisterà sul narcisismo degli artisti partendo dall’iconico pittore. Pur non rientrando nelle proposte di cinema di finzione, non si può non citare un ritratto emozionante che verrà proposto al Lido: quello di Ryuichi Sakamoto firmato da suo figlio Neo Sora in Opus, un film concerto pensato dallo stesso artista, morto a 71 anni il 28 marzo scorso, che ha compiuto un ultimo sforzo per lasciare un dono indimenticabile al mondo dell’arte, alla sua famiglia e agli amanti della musica.

Venezia 80, al via la Mostra del Cinema: apre Comandante con Favino

Tutto pronto per l’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, la più importante rassegna italiana per il grande schermo. Mercoledì 30 agosto alle ore 19, sul palco della Sala Grande del Palazzo del cinema ci sarà Caterina Murino, nuova madrina della kermesse che ha già fatto la tradizionale passeggiata e il bagno sulla battigia del Lido. «Sono strafelice, ho accettato questo ruolo come un regalo», ha dichiarato l’attrice, ex Bond Girl in Casino Royale. «Per la cerimonia d’apertura sarò spontanea, una padrona di casa. Chiedo già perdono al direttore Barbera». Nella serata inaugurale è prevista anche un’esibizione di Malika Ayane, che interpreterà Il cielo in una stanza di Gino Paoli. Sebbene mancheranno alcune star di Hollywood a causa dello sciopero in corso fra attori e sceneggiatori Usa, da oltreoceano arriveranno i protagonisti dei vari film indipendenti come Ferrari, che porterà al Lido Adam Driver.

Il 30 agosto la cerimonia di apertura con Malika Ayane che canta Gino Paoli. Madrina di Venezia sarà Caterina Murino. Il programma.
La madrina di Venezia Caterina Murino nel tradizionale shooting sulla spiaggia (Getty Images).

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Venezia 80, il programma della prima giornata della Mostra del Cinema

Oltre alla performance musicale di Malika Ayane, la serata inaugurale di Venezia 80 vedrà già l’assegnazione di un premio. La Biennale ha infatti deciso di assegnare il Leone d’oro alla carriera a Liliana Cavani, regista che ha diretto Francesco d’Assisi e I cannibali. «Sono molto felice», ha detto la cineasta sul sito ufficiale. «Ringrazierò sempre la Mostra per questa sorpresa bellissima». Ad accompagnarla sul palco l’attrice britannica Charlotte Rampling, che per lei ha recitato ne Il portiere di notte del 1974 al fianco di Dirk Bogarte. «Liliana è un’artista polivalente dal pensiero anticonformista e libero da preconcetti», ha spiegato il direttore Alberto Barbera. «Una protagonista del nostro cinema che ha segnato gli Anni 60». Il 2 settembre invece riceverà il Leone d’oro alla carriera anche Tony Leung Chiu-wai, attore di Hong Kong e protagonista in Lust, Caution di Ang Lee (2007).

Il 30 agosto la cerimonia di apertura con Malika Ayane che canta Gino Paoli. Madrina di Venezia sarà Caterina Murino. Il programma.
La regista Liliana Cavani riceverà il Leone d’Oro alla carriera (Getty Images).

Quanto ai film, il compito di alzare il sipario sull’80esima Mostra del Cinema di Venezia sarà nelle mani di Edoardo De Angelis con il suo Comandante. Prima della proiezione ufficiale del film, gli attori e il regista sfileranno sul red carpet, dove è atteso fra gli altri anche Pierfrancesco Favino. Ambientata nella Seconda guerra mondiale, la trama segue le gesta di Salvatore Todaro, al comando del sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nel 1940, nel pieno del conflitto, decise di salvare 26 naufraghi belgi nemici per portarli nel più vicino porto sicuro, come previsto dalla legge del mare. Una decisione che mise a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini. Nel cast anche Silvia D’Amico, Arturo Muselli e Massimiliano Rossi.

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Da Adam Driver a Jessica Chastain, le star di Hollywood presenti al Lido

Sebbene a Hollywood prosegua senza sosta lo sciopero di attori e sceneggiatori, che rispettivamente hanno superato i 40 e i 100 giorni di protesta, Venezia potrà accogliere alcune celebrità. Il sindacato Sag-Aftra e la sua presidente Fran Drescher hanno infatti concesso una deroga provvisoria per tutti gli interpreti coinvolti in film indipendenti, ossia non rappresentati dall’Amptp, associazione delle major americane come Disney o Netflix contro cui si sta combattendo. Al Lido ci sarà, come ha sottolineato anche Variety, Adam Driver ma non Penélope Cruz per Ferrari, l’atteso biopic di Michael Mann. Presente anche Priscilla Presley, moglie del re del rock Elvis, per la presentazione del film sulla sua vita diretto da Sofia Coppola. Previsto l’arrivo sul red carpet anche degli attori protagonisti Cailee Spaeny e Jacob Elordi.

A Venezia 80 ci sarà anche Mads Mikkelsen, volto principale di Bastarden di Nikolaj Arcel. Ufficiale la presenza di Jessica Chastain per Memory di Michel Franco, prima performance dopo l’Oscar in Gli occhi di Tommy Faye nel 2022. Non ci saranno purtroppo Bradley Cooper per il suo Maestro, Emma Stone e Willem Dafoe per Povere creature e Michael Fassbender per The Killer, nuovo film del regista di Fight Club David Fincher.

Luca Guadagnino aprirà la Mostra del Cinema di Venezia con il film Challengers

Luca Guadagnino aprirà la Mostra d’arte cinematografica di Venezia, in programma al Lido dal 30 agosto al 9 settembre. Fuori concorso arriverà infatti il suo Challengers, drama che racconta la relazione fra tre campioni del tennis, il cui passato a lungo dimenticato finisce improvvisamente per scontrarsi. Nel cast spicca Zendaya, già volto noto per la serie HBO Euphoria e la trilogia di Spiderman con il fidanzato Tom Holland. Con lei recitano anche Josh O’Connor e Mike Faist. L’80esima edizione della rassegna svelerà il suo programma completo il prossimo 25 luglio con tutti i film in corsa per il Leone d’oro, le star sul red carpet e il cartellone degli eventi. Il regista Guadagnino in un comunicato: «Aprire Venezia 80 è un sogno che si avvera, non vedo l’ora che arrivi la serata inaugurale».

Il film con Zendaya aprirà l'80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Madrina Caterina Murino, Damien Chazelle alla giuria.
Una scena di “Challengers” di Luca Guadagnino con Zendaya (YouTube).

Non solo Luca Guadagnino: le anticipazioni ufficiali di Venezia 80, dalla giuria alla madrina

«Luca Guadagnino è uno dei pochi registi italiani abituati a lavorare anche con attrici e attori esteri», ha spiegato sul sito della Biennale il direttore Antonio Barbera. «Challengers è cinema allo stato puro». Per Guadagnino si tratterà dell’ennesimo ritorno alla Mostra del Cinema di Venezia, il secondo consecutivo dopo che nel 2022 presentò in anteprima Bones and All, tra l’altro vincitore del Leone d’argento per la miglior regia. Al Lido il cineasta ha infatti svelato al pubblico The Protagonists (1999), Io sono l’amore (2009), Bertolucci on Bertolucci (2013), A Bigger Splash (2015), Suspiria (2018) e Salvatore: Shoemaker of Dreams (2020). Probabile che con lui sbarchi sul red carpet anche l’attrice protagonista Zendaya, a Venezia anche nel 2021 per presentare Dune di Denis Villeneuve.

Sebbene, a eccezione del film di Luca Guadagnino, il cartellone sia ancora top secret, la Biennale ha rilasciato alcune anticipazioni ufficiali di Venezia 80. Madrina 2023 ed erede di Rocío Muñoz Morales sarà infatti Caterina Murino che condurrà le serate di apertura e chiusura. Cagliaritana, classe 1977, ha ottenuto il primo ruolo da protagonista con Il seme della discordia di Pappi Corsicato nel 2008. Due anni prima era apparsa anche in Casino Royale, primo film con Daniel Craig nei panni di 007, dove ha interpretato la Bond girl Solange. Presidente della giuria internazionale di Venezia 80, che assegnerà il Leone d’Oro, sarà Damien Chazelle, premio Oscar per il capolavoro musicale La La Land e nel 2022 al cinema con Babylon. Il riconoscimento per la miglior opera prima sarà assegnato da un collettivo presieduto dalla francese Alice Diop, mentre Jonas Carpignano si occuperà dei giudizi per la sezione Orizzonti.

Il film con Zendaya aprirà l'80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Madrina Caterina Murino, Damien Chazelle alla giuria.
Caterina Murino sarà madrina della Mostra del Cinema di Venezia (Getty Images).

Film e serie tv premiati ai Golden Globe 2019

Sam Mendes e Quentin Tarantino conquistano i premi per i migliori film. Netflix esce ridimensionata dopo le 34 nomination.

Due grandi firme sui Golden Globe 2019. I premi più ambiti, quelli per il miglior film drammatico e la migliore commedia cinematografica, sono andati a Sam Mendes, con 1917 e Quentin Tarantino, con C’era una volta…a Hollywood. Mendes e Tarantino si sono portati a casa anche un altro premio a testa, il primo come miglior regista, il secondo per la sceneggiatura. C’era una volta… a Hollywood è poi valso a Brad Pitt il riconoscimento come migliore attore non protagonista. Beffata Netflix, che per la prima volta sembrava superfavorita della vigilia con le sue produzioni e che aveva messo insieme ben 34 candidature, e che invece è uscita ridimensionata dai premi.

LA SALA BATTE LO STREAMING

«Spero che significhi che la gente vada a vedere questi film sul grande schermo, nel modo che era inteso», ha detto Mendes inserendosi nella lunga e infinita diatriba tra sala e streaming. Solo due i premi per Netflix, quello a Laura Dern per Marriage Story e quello a Olivia Colman per The Crown, che però è una serie tv, quindi decisamente fuori dal perimetro della distribuzione cinematografica.

MENDES BATTE IL JOKER

Marriage Story e Due Papi, altre due produzioni Netflix, hanno subito la sconfitta da 1917, esattamente come Joker di Todd Phillips. Quattro premi su 15 candidature per Hbo, con Chernobyl e Succession, due per Amazon, grazie a Fleabag, che si è aggiudicata il globo come miglior serie comica e quello come migliore attrice per Phoebe Waller-Bridge. Successo di Parasite del sudcoreano Bong Joon-Ha nella categoria dei film stranieri, mentre Renée Zellweger e Joaquin Phoenix hanno vinto come migliori attori protagonisti.

LA POLITICA NEI DISCORSI DELLE STAR

Spizzichi di politica nella serata condotta dal britannico Ricky Gervais: Michelle Williams ha fatto appello per la difesa dei diritti di scelta delle donne in fatto di aborto accettando il premio come migliore attrice in una miniserie per Fosse/Verdon, mentre Joaquin Phoenix ha chiesto ai vip dell’entertainment di far di più per combattere il clima impazzito. Nicole Kidman è apparsa in lacrime sul red carpet per gli incendi che stanno devastando la sua Australia.

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Jumanji: The Next Level è il classico film di Natale senza pretese

Inseguimenti, ponti sospesi, animali selvaggi di ogni tipo: se volete passare un po' di tempo durante le feste in relax con la famiglia il secondo sequel dell'episodio del 1995 è quello che fa per voi. Una trama esile non certo per palati fini.

Jumanji: The Next Level riporta al cinema le incredibili avventure del gruppo di giovani che vengono trasportati all’interno di un videogioco, secondo sequel del film del 1995 Jumanji, dopo Jumanji – Benvenuti nella giungla del 2017. La situazione in questo capitolo della storia è complicata dalla presenza del nonno di Spencer, ragazzo che fa fatica ad abituarsi alla normalità dopo la prima esperienza nella giungla in cui ha avuto un avatar davvero eroico e possente, e del suo amico Milo, ruoli affidati alle star della comicità Danny DeVito e Danny Glover.

BLOCKBUSTER DAI RITMI DIVERTENTI

Il nuovo elemento su cui si sviluppa la narrazione si rivela vincente: i due personaggi alle prese con la scoperta delle regole del gioco, del loro nuovo “fisico” e di conoscenze e abilità inedite danno vita a momenti esilaranti grazie alle performance di Dwayne Johnson e Kevin Hart che interpretano alla perfezione lo spaesamento dei due personaggi. Karen Gillan e Jack Black sono nuovamente brillanti, e anche loro messi alla prova con uno scambio di ruoli, e la new entry Awkwafina conferma di essere in grado di passare dal registro drammatico del film rivelazione The Farewell – Una bugia buona ai ritmi necessari a far divertire gli spettatori del blockbuster.

AZIONI IN STILE VIDEOGIOCO E BUONI SENTIMENTI

Il cattivo Jorgen il Bruto, ben costruito sulla fisicità di Rory McCann, è poi un antagonista adatto alla situazione e gli elementi che ricreano le avventure dei videogame “vintage” sostengono bene una trama esile, ma efficace. Il regista Jake Kasdan aumenta la spettacolarità proposta dal film tra inseguimenti, ponti sospesi, animali selvaggi di ogni tipo, continui cambi di location e missioni da compiere, ovviamente in pieno stile videogioco, e il risultato è una commedia leggera, coinvolgente e con la giusta dose di azione e buoni sentimenti.

Una scena coi due protagonisti anziani.

FORMULA CALIBRATA PER GIOVANI E FAMIGLIE

Non manca infatti lo spazio per le amicizie da riallacciare, nuove occasioni e un pizzico di romanticismo, formula ben calibrata su un pubblico composto da giovani e famiglie. Jumanji: The Next Level, pur non proponendo nulla di veramente originale, appare però come un titolo perfetto per le festività natalizie che permettono di trascorrere più tempo in totale relax.

JUMANJI: THE NEXT LEVEL IN PILLOLE

LA SCENA MEMORABILE

Eddie e Milo si ritrovano nel mondo di Jumanji e iniziano a scoprirne i segreti e le nuove abilità a loro disposizione.

LA FRASE CULT

«Sono morto e mi sono trasformato in un piccolo boy scout pieno di muscoli?».

TI PIACERÀ SE

Ami i film per tutta la famiglia ricchi di avventura e divertimento.

DEVI EVITARLO SE

Non apprezzi i progetti spettacolari ideati senza troppe pretese.

CON CHI VEDERLO

Con la propria famiglia, per divertirsi insieme durante le feste.

PERCHÉ VEDERLO

Per trascorrere un po’ di tempo in totale relax immergendosi in un mondo fantastico.

Regia: Jake Kasdan; genere: commedia, avventura (Usa, 2019); attori: Dwayne Johnson, Jack Black, Kevin Hart, Karen Gillan, Awkwafina, Danny DeVito, Danny Glover, Alex Wolff, Nick Jonas.

1. SCENA SUI TITOLI DI CODA: LE BASI PER UN TERZO CAPITOLO

Una scena inserita durante i titoli di coda di Jumanji: The Next Level mostra l’arrivo a casa di Spencer di chi deve occuparsi di alcune riparazioni, ruolo affidato a Lamorne Morris, che scende nello scantinato e nota la console del videogioco, prendendola in mano. Come accade nel film originale del 1995 e nei romanzi di Chris Van Allsburg fonte di ispirazione per il franchise, nel mondo “reale” iniziano quindi ad apparire delle creature provenienti da quello fantastico. La continuazione della storia potrebbe quindi sviluppare nuovamente lo spunto narrativo di elementi incredibili e pericolosi che “invadono” la nostra realtà.

2. HOLLYWOOD APPREZZA: C’È LA FILA DI ATTORI

Dwayne Johnson ha rivelato che nel caso in cui venga realizzato un terzo capitolo di Jumanji ci sono già molte star che hanno espresso il desiderio di essere coinvolte nel progetto e “diventare” degli avatar. L’attore ha infatti spiegato che molti colleghi gli hanno chiesto di ottenere la possibilità di avere una parte nella realizzazione di un’avventura di Jumanji e essere “interpretati” da lui o da Kevin Hart.

3. COME INTERPRETARE DEVITO? OSSERVANDOLO

Danny DeVito ha raccontato che Dwayne Johnson lo ha osservato a lungo sul set per capire in che modo “interpretarlo” nel film. La star ha spiegato di non aver dato alcun consiglio al collega che ha semplicemente sfruttato nel migliore dei modi il tempo trascorso insieme per scoprire tutti i dettagli utili per lavorare sul set nel migliore dei modi.

4. DAGLI AVATAR L’IDEA DI COINVOLGERE DEGLI ANZIANI

Dwayne Johnson ha svelato di aver avuto l’idea di introdurre nella storia la coppia di anziani amici affidati poi a Danny DeVito e Danny Glover mentre parlava con Jake Kasdan dell’ipotesi di realizzare un sequel. Il fatto che in Jumanji vengano coinvolti gli avatar, che modificano totalmente l’aspetto fisico e le caratteristiche di una persona, lo hanno spinto a ipotizzare una storia in stile Cocoon, arrivando quindi al coinvolgimento nelle avventure nel mondo del videogame del nonno di Spencer e del suo amico.

5. ULTIMO FILM? JACK BLACK VERSO IL RITIRO

Jack Black, durante la promozione del film, ha svelato di non escludere che Jumanji: The Next Level sia il suo ultimo film. Da tempo l’attore ha infatti pensato a un possibile ritiro dal mondo dello spettacolo per poter trascorrere più tempo con la sua famiglia e per ora non ha deciso se accettare ulteriori progetti. Il 50enne Jack ha però ammesso che potrebbe valutare dei ruoli in qualche serie tivù, visto che l’impegno sul set sarebbe più lungo, ma con orari meno impegnativi.

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Dopo il calcio, Cristiano Ronaldo sogna il cinema di Hollywood

Una volta detto addio allo sport, il campione vorrebbe recitare in film importanti: «Voglio uscire dalla mia zona di confort. Quando lo fai, è una grande sfida».

«C’è vita dopo il calcio, ed è importante ricordarselo: vincere più Palloni d’oro e Champions mi rende più felice ma è solo una tappa». A Dubai, dove si trova per l’assegnazione dei Globe Soccer Awards, ecco il Cristiano Ronaldo che non ti aspetti, che mantiene intatto il desiderio di vincere («Spero che il 2020 sia un anno eccellente, come lo sono stati questi ultimi, anzi spero sia fantastico») ma filosofeggia sulla vita e rivela i suoi desideri per quando smetterà di giocare: «Non succederà a breve, ma quando accadrà avrò l’umiltà giusta di rendermi conto se la mia mente sarà più veloce del mio corpo». E tra i suoi sogni c’è Hollywood: «Recitare al top è un qualcosa a cui voglio prepararmi». Ecco quindi il CR7 in futuro attore, non tanto per vanità personale come potrebbe pensare chi non lo conosce e si ferma alle apparenze: «Voglio uscire dalla mia zona di confort. Quando lo fai, è una grande sfida e a me piacciono le sfide: voglio sorprendere prima me stesso e poi gli altri, e continuare a raggiungere traguardi».

LA LETTURA COME HOBBY PER IL TEMPO LIBERO

Nel frattempo c’è il Cristiano extra calcio di oggi, quello per il quale è importante trovare ogni giorno un paio d’ore da dedicare a se stesso: «Magari per rilassarmi o leggere un libro». Già i libri, forse uno dei rimpianti di uno che dalla vita ha avuto tutto. «Ho quattro figli e se mi chiedono qualcosa e non so rispondere mi vergogno, quindi devo autoeducarmi, perché per via del calcio non ho potuto studiare molto, ma quando mi chiedono qualcosa devo poter rispondere. Così quando avevo 26-27 anni ho cominciato ad essere più curioso nei confronti della vita, ad informarmi di più, a parlare meglio l’inglese, e a leggere un buon libro che fa crescere la tua intelligenza e la tua cultura».

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La dea fortuna di Ozpetek non è il solito film sulle famiglie arcobaleno

Una coppia gay in crisi (Accorsi-Leo) si trova a gestire i due bambini di un'amica (Trinca). Ma la storia fa riflettere sulla genitorialità di tutti, a prescindere dall'orientamento sessuale. Una raffica di sentimenti, emozioni, risate e qualche lacrima.

Ferzan Ozpetek torna alla regia con La dea fortuna, film con cui esplora nuovamente il tema della famiglia tramite il racconto della coppia composta da Alessandro (Edoardo Leo) e Arturo (Stefano Accorsi) che fa i conti con un rapporto in difficoltà e la cui quotidianità viene stravolta dall’entrata in scena di Annamaria (Jasmine Trinca), la migliore amica di Alessandro, e dei suoi due figli.

TROPPO IN SECONDO PIANO GLI ATTORI NON PROTAGONISTI

La sceneggiatura, scritta dal filmmaker in collaborazione con Gianni Romoli e Silvia Ranfagni, riesce a delineare i protagonisti con grande attenzione, permettendo ad Accorsi e Leo di regalare due ottime interpretazioni che sostengono una narrazione in cui i personaggi secondari, nonostante propongano degli spunti narrativi interessanti come nel caso di chi deve fare i conti con l’Alzheimer, restano purtroppo sempre in secondo piano.

RACCONTO DIVERTENTE E A TRATTI COMMOVENTE

La bravura delle due star riesce però a proporre un racconto emozionante, divertente e a tratti commovente di un amore che si rinnova e si mette alla prova, trovando nei giochi di contrasti la formula quasi perfetta per coinvolgere gli spettatori nel susseguirsi di situazioni, musica, scambi di battute e suggestioni visive.

LA FOTOGRAFIA VALORIZZA LE LOCATION

La luminosa fotografia valorizza inoltre le location scelte, passando da Roma alla Sicilia, e facendo quasi dimenticare l’irrealtà del mondo creato da Ozpetek fatto anche di terrazzi e palazzi che rispecchiano l’apertura o la chiusura mentale di chi ci abita.

Jasmine Trinca interpreta il ruolo di Annamaria, la mamma dei due bambini.

FILM NON SENZA DIFETTI MA CHE LASCIA IL SEGNO

La dea fortuna non è un film privo di difetti, tuttavia riesce a mantenersi ben ancorato alla realtà grazie ai sentimenti e alle emozioni portate in scena, regalando ai fan di Ozpetek un nuovo racconto che lascia il segno.

LA DEA FORTUNA IN PILLOLE

LA SCENA MEMORABILE

Alessandro e Arturo affrontano i compiti dei due bambini.

LA FRASE CULT

«Mettiamoci ancora più nei guai!».

TI PIACERÀ SE

Ami lo stile del regista e il suo approccio alla rappresentazione di situazioni reali.

DEVI EVITARLO SE

Non apprezzi i racconti pieni di sentimenti ed emozioni.

CON CHI VEDERLO

Con la propria famiglia, per riflettere sui sentimenti che legano le persone tra loro.

PERCHÉ VEDERLO

Per apprezzare l’approccio pieno di speranza che offre il racconto.

Regia: Ferzan Ozpetek; genere: commedia (Italia, 2019); attori: Stefano Accorsi, Edoardo Leo, Jasmine Trinca, Sara Ciocca, Edoardo Brandi.

1. L’OBIETTIVO: PARLARE DELLA GENITORIALITÀ

Ferzan Ozpetek ha spiegato che il suo obiettivo non era di affrontare il tema delle famiglie arcobaleno, ma di riflettere sul fatto che essere genitori «non è una questione genetica, ma di cuore, cervello e moralità». Il regista, presentando il suo nuovo film, ha voluto ribadire: «Si è genitori dalla cintura in su, non dalla cintura in giù».

2. LO SPUNTO PER OZPETEK: UNO SCENARIO COI SUOI NIPOTI

Alla base del progetto c’è un’esperienza personale vissuta dal regista: alcuni anni fa suo fratello si è gravemente ammalato e sua moglie gli ha chiesto, nel caso in cui fosse successo qualcosa anche a lei, di occuparsi assieme al compagno dei suoi due figli. Questa situazione ha portato Ozpetek ad affrontare dei dubbi e delle paure personali inedite, non sapendo come avrebbe reagito alla possibile entrata nella sua vita quotidiana dei nipoti 12enni. La dea fortuna nasce quindi come esplorazione di quelle emozioni e di quei dubbi, cercando di offrire a se stesso e a gli spettatori delle risposte.

3. CHE FEELING SUL SET: LA COMPLICITÀ TRA I PROTAGONISTI

Stefano Accorsi ha svelato di essere rimasto sorpreso dall’essere riuscito a creare subito la giusta complicità con Edoardo Leo, potendo così rappresentare una coppia che sta insieme da oltre 10 anni in modo naturale ed efficace. La collaborazione tra di loro, secondo l’attore, è stata molto facile. Il suo collega ha confermato questo elemento lodando la capacità del cast di comprendere con bravura la storia proposta dalla sceneggiatura e le caratteristiche uniche dei personaggi.

4. IL SOGNO DIVENTATO REALTÀ DI LEO: LAVORARE COL REGISTA

Edoardo Leo ha raccontato che lavorare con Ferzan Ozpetek è sempre stato un suo sogno e da anni sperava di ricevere una proposta per collaborare con lui. L’attore ha sottolineato che entrare a far parte della famiglia creata dal regista è un’esperienza unica e gli ha permesso di mettersi alla prova come attore, in particolare dal punto di vista emotivo che ha richiesto un grande impegno.

5. L’APPROCCIO AL LAVORO: CAMBI A SORPRESA SUL SET

Accorsi ha raccontato che quando si lavora con Ozpetek si arriva sul set senza sapere esattamente cosa accadrà, pur avendo un’idea di quello che si dovrebbe girare. L’attore ha spiegato che la scena in cui si balla sotto la pioggia inizialmente mostrava tutti che fuggivano tranne Annamaria, interpretata da Jasmine Trinca. Il regista è però arrivato sul set e ha cambiato tutto perché ha detto che la reazione dei personaggi sarebbe stata proprio l’opposto, cioè uscire sotto la pioggia a danzare.

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Il traditore fuori dalla corsa all’Oscar per il miglior film straniero

L'opera di Marco Bellocchio che racconta la storia di Tommaso Buscetta interpretato da Pierfrancesco Favino è fuori dalla shortlist. Ci sono Almodovar e il coreano Parasite.

È finita la corsa italiana per il Best international feature film, nuova definizione dell’Oscar per il miglior film straniero. Il traditore di Marco Bellocchio, che narra le vicende del pentito di mafia Tommaso Buscetta e della sua collaborazione con il giudice Giovanni Falcone, è fuori dalla shortlist diffusa dall’Academy. Una vera delusione per una pellicola che, dopo l’anteprima a Cannes, aveva suscitato molto interesse all’estero, riscuotendo gli applausi del pubblico e di gran parte della critica per la sua capacità di discostarsi dai cliché del “cinema di mafia” e, come ha scritto Liberation, di raccontare i personaggi «non come eroi o antieroi, ma come persone normali, a loro modo perbene, che credono ancora in un’etica all’interno di un mondo dove i valori si sono fatti sempre più rari, ciascuno a modo proprio e ciascuno dalla sua parte».

DELUSE LE SPERANZE DI BELLOCCHIO

Ad alimentare le speranze la superba interpretazione di Pierfrancesco Favino, come di tutto il cast, la ricostruzione fedele dell’epoca, il rispetto e la rivalutazione della lingua siciliana e, soprattutto, il mettere al centro di quest’opera la naturale teatralità, tragicità di questi personaggi degni di un’opera verdiana. Anche Bellocchio sembrava crederci: «Sono contento di questa candidatura. È una possibilità, una chiave per entrare nella grande gara. Non mi faccio illusioni, ma farò tutto il possibile per aiutare Il traditore in questo lungo cammino. Pur da vecchio anarchico pacifista e non violento, sento come un onore e una responsabilità di rappresentare l’Italia in questa sfida», aveva commentato dopo la candidatura.

PARASITE E DOLORE E GLORIA RESTANO IN LIZZA

Dieci i titoli ancora in corsa, tra cui Parasite di Bong Joon-ho (Sud Corea), Dolore e gloria di Pedro Almodovar (Spagna), Atlantics di Mati Diop (Senegal). Se quest’ultimo ricevesse la nomination, sarebbe la prima volta per il Senegal. In maggio Diop è diventata la prima donna di colore a competere per il primo premio a Cannes, andato alla fine a Parasite. Il film ha vinto pero’ il Grand Prix honor.

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“Il primo Natale”, il vorrei ma non posso di Ficarra e Picone

Commedia natalizia per il duo comico che festeggia 25 anni di carriera assieme. Un approccio ironico per affrontare i problemi della società. Ma senza osare fino in fondo nella critica a religione e tradizioni. Pur strappando comunque diverse risate. La recensione.

Il duo di comici composto da Salvatore Ficarra e Valentino Picone torna nei cinema con la commedia natalizia Il primo Natale che segue le avventure del ladro Salvo e del prete Valentino, trasportati indietro nel tempo e arrivati misteriosamente ai giorni della nascita di Gesù, ritrovandosi così alle prese con l’epoca della dominazione romana, molte incomprensioni e problemi.

I CONTRASTI DI DUE FIGURE QUASI AGLI OPPOSTI

Il salto indietro nel tempo diventa un espediente per affrontare con ironia i problemi della società contemporanea e l’approccio delle persone alla religione, riuscendo non sempre nell’obiettivo nonostante il film strappi diverse risate. Visivamente ben curato, anche grazie al contributo del direttore della fotografia Daniele Ciprì, Il Primo Natale può sfruttare anche la convincente interpretazione di Massimiliano Popolizio nel ruolo dello spietato Erode e il pubblico di tutte le età sarà coinvolto nella divertente narrazione dei tentativi dei due protagonisti, costruiti dai due comici in collaborazione con gli sceneggiatori Nicola Guaglianone e Fabrizio Testini sfruttando i contrasti di due figure quasi in opposizione.

PIÙ ORIGINALE DELLE ALTRE PROPOSTE NATALIZIE

Pur non mantenendo alta la comicità dall’inizio alla fine e non osando fino in fondo criticare in modo tagliente la società o le tradizioni, la commedia riesce comunque a inserirsi con una certa originalità tra le proposte natalizie, sfruttando la simpatia trascinante di Ficarra e Picone.

Una scena del film “Il primo Natale”.

IL PRIMO NATALE IN PILLOLE

LA SCENA MEMORABILE

I due protagonisti vengono coinvolti nella nascita di Gesù.

LA FRASE CULT

«Come bambino sarà tranquillo, poi le cose si complicano dopo i 30 anni: moltiplica i pani, cammina sulle acque… buon Natale!»

TI PIACERÀ SE

Ami la comicità semplice e sincera di Ficarra e Picone.

DEVI EVITARLO SE

Non apprezzi le commedie leggere che cercano di offrire riflessioni su aspetti sociali.

CON CHI VEDERLO

Assieme a chi vuole rilassarsi con una commedia natalizia per tutta la famiglia.

PERCHÉ VEDERLO

Per divertirsi con un film in grado di coinvolgere lo spettatore sfruttando tradizioni e problemi sociali.

Regia: Salvatore Ficarra, Valentino Picone; genere: commedia (Italia, 2019); attori: Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Massimo Popolizio, Roberta Mattei, Giacomo Mattia.

1. PROGETTO IDEATO DA TEMPO: TUTTO È NATO DAL PRESEPE

La storia alla base del film Il primo Natale era stata ideata da tempo da Ficarra e Picone e i due hanno sottolineato che volevano avvicinarsi al loro primo progetto destinato a una distribuzione durante le feste senza ricorrere a figure come Babbo Natale o le renne, ma riprendendo il racconto tradizionale del compleanno di Gesù. Nicola Guaglianone ha raccontato che si è quindi partiti dall’idea del presepe per poi ampliare il racconto con molte tematiche e situazioni divertenti.

2. FONTI D’ISPIRAZIONE: TOTÒ, VILLAGGIO, BOLDI E DE SICA

Tra i riferimenti cinematografici a cui si sono ispirati Ficarra e Picone per dirigere la commedia ci sono molti film classici, tra cui Non ci resta che piangere e Ritorno al futuro, e comici del calibro di Totò, Paolo Villaggio, Massimo Boldi e Christian De Sica.

Ficarra e Picone nel loro film di Natale.

3. TEMPI STRETTI PER GIRARE: SOLO 10 SETTIMANE

Il tempo a disposizione per le riprese era di solo 10 settimane e questo ha obbligato il team della produzione e i due registi a prepararsi con grande attenzione fin da mesi prima dell’inizio del lavoro sul set, in modo da prevedere eventuali problemi e individuarne subito le possibili soluzioni.

4. CARRIERA DA CELEBRARE: IL DUO FA 25 ANNI ASSIEME

Il duo composto da Ficarra e Picone festeggia i suoi primi 25 anni di carriera e le celebrazioni iniziano proprio con l’uscita del film Il primo Natale nelle sale per poi proseguire con una tournée teatrale che si concluderà a Natale 2020.

5. SPUNTI PER IL PUBBLICO: L’OBIETTIVO DI FAR RIFLETTERE

La scelta di riflettere sul presente è stata sviluppata fin dall’inizio perché Ficarra e Picone hanno dichiarato: «Ci piace l’idea che il pubblico possa uscire dal cinema con una domanda e che abbia voglia di discutere di quello che ha visto, anche rimanendo della sua opinione».

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L’ultimo film di Eastwood gioca con la storia e finisce nella bufera

In "Richard Jewell" il regista descrive una reporter, oggi morta, che si concede in cambio di notizie. Il giornale per cui lavorava pronto a denunciare il premio Oscar per diffamazione.

Bufera su Clint Eastwood per il nuovo film sull’attentato alle Olimpiadi di Atlanta: in Richard Jewell, che esce oggi nelle sale Usa, il regista americano premio Oscar per Million Dollar Baby insinua che Kathy Scruggs, una cronista di ‘nera’ del giornale locale Atlanta Journal-Constitution, offrì sesso all’agente dell’Fbi incaricato delle indagini in cambio di informazioni per uno scoop sul colpevole. Il film si presenta come una storia vera, sullo stile di The 15:17 to Paris, Sully o American Sniper: stavolta lo spunto di Eastwood sono l’attentato del luglio 1996 al Centennial Park di Atlanta e la tempesta mediatica che cambiò la vita di Jewell, una guardia giurata che risultò poi innocente. Jewell, che è morto nel 2007, fu effettivamente il principale sospetto, come l’Atlanta Journal-Constitution riferì in un articolo di prima pagina. Ripresa dalla Cnn, la storia rimbalzò immediatamente su tutti i media e l’uomo, che non fu mai incriminato, passò settimane asserragliato in casa, circondato da giornalisti e telecamere fino a quando non fu scagionato tre mesi dopo la bomba che provocò due morti e 111 feriti.

LA SEQUENZA “INCRIMINATA”

Nel film la Scruggs (Olivia Wilde) incontra l’agente dell’Fbi (Jon Hamm) in un bar giorni dopo l’esplosione. «Dammi qualcosa che posso stampare», chiede la donna. Lui all’inizio si nega («Neanche se vieni a letto con me»), ma poi cede quando la mano della giornalista gli risale sulla coscia e rivela che l’inchiesta sta puntando su Jewell, inizialmente salutato come eroe per aver scoperto la bomba, avvertito la polizia con venti minuti di anticipo sull’esplosione e limitato così il numero delle vittime. «Vuoi prendere una stanza o andiamo nella mia macchina?», chiede a quel punto la Scruggs, in una battuta contestata da chi la conosceva bene. La giornalista è morta a 42 anni nel 2001 per overdose di farmaci.

LA LICENZA DI EASTWOOD CON LA VERITÀ STORICA

Come in molti docudrammi, anche l’ultimo Eastwood si prende licenze con la verità storica, usando tra l’altro il vero nome della giornalista e un nome inventato per l’agente dell’Fbi. Questa settimana l’Atlanta-Constitution, con l’aiuto di un avvocato, Martin Singer noto come «il cane da guardia delle star», ha scritto a Eastwood, allo sceneggiatore Billy Ray e a Warner Bros minacciando una causa per diffamazione se la reputazione della Scruggs non sarà restaurata nei titoli di testa. Quanto alla scena del bar nel film, per molti è l’ultimo esempio di un approccio sessista di Hollywood alle giornaliste: reporter donne che vanno a letto con le loro fonti per ottenere notizie sono apparse tra l’altro nelle serie House of Cards di Netflix, Sharp Objects di HBO e nel film Thank You for Smoking.

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Le nomination ai Golden Globe 2020

Marriage Story fa incetta di nomination (sei in tutto) con Driver e Johansson in lizza come migliori attori. Per il miglior film in corsa anche The Irishman e Joker.

Marriage Story (Storia di un matrimonio) guida la lista delle nomination, con sei candidature, per la 77esima edizione dei Golden Globe. L’annuncio è stato dato dalla Hollywood foreign press association. Diretto da Noah Baumbach e interpretato da Scarlett Johansson e Adam Driver, Marriage Story è candidato tra l’altro come miglior film assieme a The Irishman, Joker, I due papi e 1917.

JOHANSSON E DRIVER IN LIZZA PER I MIGLIORI ATTORI

Scarlett Johansson ha ottenuto la nomination come miglior attrice in un film drammatico; per la stessa categoria sono state nominate anche Cynthia Erivo per Harriet, Saoirse Ronan per Little Women, Charlize Theron per Bombshell e Renee Zellweger per Judy. Come miglior attore in un film drammatico sono stati nominati Christian Bale per Ford v Ferrari (Le Mans 66 – La grande sfida), Antonio Banderas per Pain and Glory (Dolor y Gloria), Adam Driver per Marriage Story, Joaquin Phoenix per Joker, Jonathan Pryce per I due papi.

SCORSESE, TARANTINO E BONG JOON HO PER LA REGIA

Nella categoria miglior regista sono candidati Martin Scorsese per The Irishman, Bong Joon Ho per Parasite, Sam Mendes per 1917, Todd Phillips per Joker, Quentin Tarantino per Once Upon a Time in Hollywood (C’era una volta a… Hollywood).

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Così Ciro è diventato l’Immortale

Marco D'Amore racconta il passato del protagonista di Gomorra. Un progetto cross-mediale che vuole essere un ponte cinematografico tra la quarta e la quinta stagione della serie.

Ciro di Marzio, il personaggio amato dai fan della serie Gomorra, ritorna sugli schermi, questa volta cinematografici, con L’immortale diretto e interpretato da Marco D’Amore.

La trama comincia con un colpo esploso a bordo di una barca: Genny Savastano spara a Ciro il cui corpo sprofonda nelle acque buie del Golfo di Napoli. In quel momento riaffiorano i ricordi: un bambino piange tra le macerie di un palazzo distrutto nel terremoto dell’Irpinia. È il 1980 e quel neonato, rimasto solo al mondo, è destinato a diventare l’Immortale.

UN EPISODIO INDIPENDENTE DI GOMORRA

D’Amore si mette alla prova nella triplice veste di attore, sceneggiatore (in collaborazione con Leonardo Fasoli, Maddalena Ravagli, Giulia Forgione e Francesco Ghiaccio) e regista, confezionando un prodotto cross-mediale dedicato ai fan di Gomorra con l’obiettivo, ha spiegato lo stesso D’Amore, «di portare in sala tutti quelli che per varie ragioni non hanno mai visto la serie». A fare da scenario una Napoli bellissima e tragica, mentre i flashback propongono una versione di Ciro dickensoniana.

Con l’Immortale Marco D’Amore debutta alla regia cinematografica dopo aver diretto due episodi della quarta stagione di Gomorra.

L’Immortale è un film di ottimo livello e atipico nel panorama italiano, ma ha il limite di essere pienamente comprensibile solo dal pubblico televisivo che scoprirà anche personaggi nuovi tra cui Bruno (Salvatore D’Onofrio e Giovanni Vastrella), Vera (Marianna Robustelli) e Stella (Martina Attanasio), una ragazza che aveva affascinato Ciro e che è ora compagna del suo amico di infanzia.

Regia: Marco D’Amore; genere: drammatico (Italia, 2019); attori: Marco D’Amore, Giuseppe Aiello, Salvatore D’Onofrio, Gianni Vastarella, Marianna Robustelli, Martina Attanasio, Nello Mascia

L’IMMORTALE IN PILLOLE

TI PIACERÀ SE: Non hai mai perso un episodio di Gomorra e non hai ancora digerito la morte di Ciro Di Marzio alla fine della terza stagione.

DEVI EVITARLO SE: Non ami la saga e non sai nulla dell’Immortale. O non ami particolarmente i thriller.

CON CHI VEDERLO: con i fan della serie e chi è curioso di conoscere Ciro prima dell’Immortale.

PERCHÉ VEDERLO: per apprezzare Marco D’Amore anche dietro la macchina da presa.

LA SCENA MEMORABILE: quella che non si può dire. Mica vorrete degli spoiler?

LA FRASE CULT: «Io sono morto già».

L’Immortale è un progetto cross-mediale tra serie tivù e cinema.

1. UN PROGETTO TRA SALOTTO E SALA

L’Immortale è un esperimento cross-mediale tra tivù e grande schermo. Una sorta di cerniera tra la quarta e la quinta stagione di Gomorra.

2. L’UMANITÀ DELL’IMMORTALE

Il personaggio di Ciro è particolarmente amato da Marco D’Amore che lo considera un «antieroe romantico». «Lo ritengo uno di quegli uomini per metà polvere e per l’altra metà dei», ha detto il regista. «Crea conflitto nello spettatore: la faccia feroce dell’uomo che lotta per imporsi, e accanto la fragilità di un essere umano alla ricerca di qualcosa di vero a cui aggrapparsi».

3. LA DIFFICOLTÀ DI FARSI IN TRE

Il triplice impegno non è stato sempre facile da gestire, in particolare sul set: D’Amore ha ammesso di essersi inizialmente «maledetto» per aver deciso di dover lavorare dietro e davanti la macchina da presa. Poi con il procedere delle riprese tutto ha trovato un suo equilibrio. L’Immortale segna il debutto alla regia cinematografica per D’Amore che aveva già diretto il quinto e il sesto episodio della quarta stagione di Gomorra.

Marco D’Amore è Ciro Di Marzio ne L’Immortale.

4. LA RICERCA PER RICOSTRUIRE LA NAPOLI ANNI 80

Per ricostruire la Napoli degli Anni 80 e Secondigliano gli sceneggiatori hanno compiuto un accurato lavoro di ricerca su documenti d’archivio e immagini di repertorio.

5. IL PRIMO FILM ITALIANO IN LARGE FORMAT

L’Immortale è il primo film italiano realizzato in large format, ovvero un formato intermedio tra i 35 e i 65 mm. Guido Michelotti, direttore della fotografia ha spiegato: «Fino a qualche anno fa le fiction televisive si giravano in 16 mm e il cinema in 35mm, questo rendeva l’immagine dei film più spettacolare. Oggigiorno le serie televisive si girano con le stesse camere che si usano per i film, per questo motivo il cinema si sta muovendo verso formati sempre più ampi, per differenziare l’immagine da quella che lo spettatore è abituato a vedere in tivù».


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Scorsese spiega come guardare The Irishman correttamente

Il premio Oscar implora di non guardare il suo nuovo gangster movie sullo smartphone e di non spezzettarlo come una serie: «L'effetto emotivo va perduto».

Martin Scorsese implora: non guardate The Irishman sul cellulare. «Se volete vedere uno dei miei film, o in generale la maggior parte dei film, per favore non guardateli su un telefonino. Guardateli su un iPad, meglio se un grande iPad», ha detto il regista, che nel 2012 ha girato uno spot per l’iPhone, al critico della rivista Rolling Stone, Peter Travers, dopo i primi giorni dell’approdo della sua ultima fatica cinematografica su Netflix.

«NON SPEZZETTATE IL FILM»

The Irishman ha segnato uno spartiacque nel dibattito su come fare e vedere cinema dopo che Netflix e gli altri colossi dello streaming hanno rivoluzionato la televisione.

Tre ore e mezza di lunghezza, l’affresco sul sicario irlandese coinvolto nella scomparsa del boss del sindacato dei camionisti Jimmy Hoffa è una sfida all’attenzione dello spettatore, tanto che alcuni fan hanno creato una guida a come spezzare il film in quattro puntate come se fosse una miniserie. Formato, questo, esplicitamente bocciato da Scorsese: «Perché il punto di questo film è l’accumulo dei dettagli. C’è un effetto cumulativo alla fine del film, per via del quale devi vederlo dall’inizio alla fine in una sola sessione».

«NON C’È NIENTE DI MALE NELLE SERIE, MA QUESTA NON LO È»

«Non c’è nulla di male con le serie, ma il mio film non è una serie», ha detto il regista a Entertainment Weekly riferendosi in particolare agli ultimi 20 minuti del film in cui il protagonista Frank Sheeran (Robert De Niro al suo nono film con Scorsese) si vede cadere addosso tutte le decisioni prese nel corso della vita abbracciando la vita dei gangster e allontanandosi dalla famiglia. L’effetto emotivo finale – ha spiegato il regista – sarebbe andato perduto se non guardato assieme al resto della pellicola.

L’EFFETTO DI THE IRISHMAN SUL BOX OFFICE

The Irishman, dopo tre settimane in un numero limitato di sale dove continua ad essere ancora proiettato, è arrivato su Netflix il 27 novembre, alla vigilia del ponte di Thanksgiving e la presenza di un film d’autore accanto alle mille proposte di cinema e tv della piattaforma in streaming ha avuto un effetto al box office nordamericano dove tra mercoledì e domenica, grazie soprattutto al record di Frozen 2 (123 milioni) sono stati venduti biglietti per 264 milioni di dollari, il 16 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2018. Questo calo, secondo gli esperti, non è stato provocato solo dal maltempo che ha imperversato per tutto il ponte della festa soprattutto sugli Stati degli Ovest: ha avuto una parte anche l’arrivo su Netflix del film di Scorsese, uno dei più attesi della stagione e sicuramente tra i candidati agli Oscar.

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Scorsese spiega come guardare The Irishman correttamente

Il premio Oscar implora di non guardare il suo nuovo gangster movie sullo smartphone e di non spezzettarlo come una serie: «L'effetto emotivo va perduto».

Martin Scorsese implora: non guardate The Irishman sul cellulare. «Se volete vedere uno dei miei film, o in generale la maggior parte dei film, per favore non guardateli su un telefonino. Guardateli su un iPad, meglio se un grande iPad», ha detto il regista, che nel 2012 ha girato uno spot per l’iPhone, al critico della rivista Rolling Stone, Peter Travers, dopo i primi giorni dell’approdo della sua ultima fatica cinematografica su Netflix.

«NON SPEZZETTATE IL FILM»

The Irishman ha segnato uno spartiacque nel dibattito su come fare e vedere cinema dopo che Netflix e gli altri colossi dello streaming hanno rivoluzionato la televisione.

Tre ore e mezza di lunghezza, l’affresco sul sicario irlandese coinvolto nella scomparsa del boss del sindacato dei camionisti Jimmy Hoffa è una sfida all’attenzione dello spettatore, tanto che alcuni fan hanno creato una guida a come spezzare il film in quattro puntate come se fosse una miniserie. Formato, questo, esplicitamente bocciato da Scorsese: «Perché il punto di questo film è l’accumulo dei dettagli. C’è un effetto cumulativo alla fine del film, per via del quale devi vederlo dall’inizio alla fine in una sola sessione».

«NON C’È NIENTE DI MALE NELLE SERIE, MA QUESTA NON LO È»

«Non c’è nulla di male con le serie, ma il mio film non è una serie», ha detto il regista a Entertainment Weekly riferendosi in particolare agli ultimi 20 minuti del film in cui il protagonista Frank Sheeran (Robert De Niro al suo nono film con Scorsese) si vede cadere addosso tutte le decisioni prese nel corso della vita abbracciando la vita dei gangster e allontanandosi dalla famiglia. L’effetto emotivo finale – ha spiegato il regista – sarebbe andato perduto se non guardato assieme al resto della pellicola.

L’EFFETTO DI THE IRISHMAN SUL BOX OFFICE

The Irishman, dopo tre settimane in un numero limitato di sale dove continua ad essere ancora proiettato, è arrivato su Netflix il 27 novembre, alla vigilia del ponte di Thanksgiving e la presenza di un film d’autore accanto alle mille proposte di cinema e tv della piattaforma in streaming ha avuto un effetto al box office nordamericano dove tra mercoledì e domenica, grazie soprattutto al record di Frozen 2 (123 milioni) sono stati venduti biglietti per 264 milioni di dollari, il 16 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2018. Questo calo, secondo gli esperti, non è stato provocato solo dal maltempo che ha imperversato per tutto il ponte della festa soprattutto sugli Stati degli Ovest: ha avuto una parte anche l’arrivo su Netflix del film di Scorsese, uno dei più attesi della stagione e sicuramente tra i candidati agli Oscar.

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Woody Allen torna a New York (nonostante il #Metoo)

Dopo le accuse di molestie della figlia che hanno complicato l'uscita del film, il regista americano arriva nelle sale con un'opera che rievoca i suoi vecchi lavori: dai personaggi ai dialoghi brillanti.

Le polemiche ritornate a galla con la nascita del movimento #MeToo hanno impedito a lungo di portare nelle sale Un giorno di pioggia a New York. Il film racconta la storia di Gatsby (Timothée Chalamet), che vive nella Grande Mela, e Ashleigh (Elle Fanning), che si occupa del giornale dell’università dell’Arizona dove ha conosciuto il fidanzato, i cui progetti di trascorrere un weekend romantico vengono stravolti.

Woody Allen ritorna a New York e lo fa riportando in scena situazioni e figure già proposte nella sua filmografia: il regista plasma su se stesso lo studente Gatsby che ama il cinema del passato e si ritrova alle prese con la sorella minore di una sua ex, Shannon (Selena Gomez), mentre Ashleigh, che viene trascinata nel complicato mondo del filmmaker Roland Pollard (Liev Schreiber) che deve intervistare, avrebbe potuto essere in passato affidata a Diane Keaton.

La splendida fotografia di Vittorio Storaro crea un’atmosfera malinconica e suggestiva in cui si muovono figure che appaiono versioni contemporanee di personaggi già conosciuti. Chi ama il cinema di Allen non potrà quindi che gioire: le buone performance delle giovani star, l’esperienza dei co-protagonisti e i consueti dialoghi brillanti, che mescolano leggerezza e riflessioni sulla vita, sostengono un film confezionato con maestria che paga forse un po’ troppo le sue radici nel passato per rivolgersi agli spettatori che dovrebbero riconoscersi nei protagonisti.

Un giorno di pioggia a New York riesce però a inserirsi tra le migliori opere del suo autore grazie alla freschezza dei suoi interpreti, a un ritmo incalzante e all’esperienza di Woody Allen che si muove sicuro tra triangoli sentimentali, dubbi esistenziali, contrasti sociali e cambiamenti.

UN GIORNO DI PIOGGIA A NEW YORK: 5 COSE DA SAPERE

I guai dopo le accuse di molestie della figlia

Woody Allen ha raggiunto un accordo con Amazon Studios dopo che il regista aveva deciso di procedere per vie legali a causa della conclusione anticipata del contratto che prevedeva il finanziamento e la distribuzione di quattro film, tra cui anche Un giorno di pioggia a New York. Lo studio aveva deciso di interrompere la collaborazione dopo che erano riemerse le accuse di Dylan Farrow, la figlia del regista che da anni sostiene di essere stata molestata. Amazon riteneva che la situazione impedisse di ottenere i benefici, economici e di immagine, alla base dell’accordo, portando quindi Allen a coinvolgere gli avvocati per riuscire a ottenere circa 68 milioni di dollari per compensare le perdite subite.

Un gioco di contrasti tra luci e ombre

Vincenzo Storaro ha scelto di usare luci diverse e momenti di camera differenti per enfatizzare le due personalità di Gatsby e Ashleigh: il ragazzo ama la New York nuvolosa e piovosa, mentre Ashleigh è maggiormente estroversa e piena di passione, venendo quindi associata a colori più caldi. Le scene con al centro la giovane sono poi state girate usando una steadicam, elemento scelto per sottolineare il bisogno di libertà e di movimento del personaggio affidato a Elle Fanning, mentre per quelle dedicate a Gatsby la macchina da presa è stabile.

Allen e il rapporto indissolubile col cinema

Il regista, in una recente intervista, ha rivelato di non aver mai pensato di ritirarsi dal mondo del cinema nonostante le ripercussioni della pubblicazione delle notizie legate alle accuse che gli rivolge la figlia Dylan. Allen ha sottolineato: «Fin da quando ho iniziato a lavorare ho sempre cercato di concentrarmi sul mio lavoro, a prescindere da quello che accade nella mia famiglia o dagli aspetti politici. Non penso ai movimenti sociali. Il mio cinema è sui rapporti umani e sulle persone. E cerco di metterci dell’umorismo. Se dovessi morire probabilmente accadrebbe su un set cinematografico, e potrebbe succedere davvero».

Il prossimo progetto: Rivkin’s Festival

I problemi affrontati da Allen negli Stati Uniti potrebbero portare il filmmaker a proseguire la sua carriera solo in Europa, dove riesce ancora a ottenere i finanziamenti necessari. Il suo nuovo progetto si intitola, fino a questo momento, Rivkin’s Festival e ha come protagonisti Elena Anaya, Sergi Lopez, Gina Gershon, Wallace Shawn, Christoph Waltz e Louis Garrel. La storia è ispirata al San Sebastian Film Festival dove una coppia americana viene travolta dalla magia dell’evento e la donna inizia una relazione con un regista francese, mentre il marito si innamora di un’affascinante abitante della città.

Le reazioni del cast alle accuse di molestie

Le accuse rivolte a Woody Allen hanno diviso i membri del cast tra chi ha annunciato di rimpiangere la propria decisione di lavorare con il regista e chi, invece, lo ha difeso o sostenuto di non avere abbastanza informazioni per avere un’opinione obiettiva. Griffin Newman ha donato il proprio salario all’associazione Rainn (Rape and Incest National Network), stessa scelta compiuta da Timothée Chalamet che ha però diviso la cifra aiutando anche Time’s Up e Lgbt Center di New York.

Selena Gomez, seppur non dura nella propria opinione come i colleghi, ha donato oltre 1 milione di dollari a Time’s Up, organizzazione sostenuta anche da Rebecca Hall che ha ribadito comunque di ritenere la situazione complessa e di condannare i processi pubblici. A sostegno di Allen si erano poi schierati Jude Law, che considerava una vergogna che il film non venisse distribuito, e Cherry Jones che, dopo aver cercato ed esaminato ogni informazione relativa alle accuse, ha deciso di ritenere Allen innocente.

IL FILM DI WOODY ALLEN IN PILLOLE

La scena memorabile: Gatsby scopre i sentimenti di Shannon.

La frase cult: «La vita reale è per chi non sa fare di meglio».

Ti piacerà se: ami il cinema di Woody Allen e i suoi personaggi complicati e un po’ nevrotici.

Devi evitarlo se: vorresti vedere dei protagonisti inediti nella filmografia del regista.

Con chi vederlo: con la persona amata, per riflettere sugli ostacoli affrontati ogni giorno.

Perché vederlo: per apprezzare le interpretazioni di un cast di talento valorizzato da dialoghi e battute brillanti e un po’ romantiche.

Regia: Woody Allen; genere: commedia (Usa, 2018); attori: Timothée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Rebecca Hall, Cherry Jones, Liev Schreiber, Diego Luna.

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Woody Allen torna a New York (nonostante il #Metoo)

Dopo le accuse di molestie della figlia che hanno complicato l'uscita del film, il regista americano arriva nelle sale con un'opera che rievoca i suoi vecchi lavori: dai personaggi ai dialoghi brillanti.

Le polemiche ritornate a galla con la nascita del movimento #MeToo hanno impedito a lungo di portare nelle sale Un giorno di pioggia a New York. Il film racconta la storia di Gatsby (Timothée Chalamet), che vive nella Grande Mela, e Ashleigh (Elle Fanning), che si occupa del giornale dell’università dell’Arizona dove ha conosciuto il fidanzato, i cui progetti di trascorrere un weekend romantico vengono stravolti.

Woody Allen ritorna a New York e lo fa riportando in scena situazioni e figure già proposte nella sua filmografia: il regista plasma su se stesso lo studente Gatsby che ama il cinema del passato e si ritrova alle prese con la sorella minore di una sua ex, Shannon (Selena Gomez), mentre Ashleigh, che viene trascinata nel complicato mondo del filmmaker Roland Pollard (Liev Schreiber) che deve intervistare, avrebbe potuto essere in passato affidata a Diane Keaton.

La splendida fotografia di Vittorio Storaro crea un’atmosfera malinconica e suggestiva in cui si muovono figure che appaiono versioni contemporanee di personaggi già conosciuti. Chi ama il cinema di Allen non potrà quindi che gioire: le buone performance delle giovani star, l’esperienza dei co-protagonisti e i consueti dialoghi brillanti, che mescolano leggerezza e riflessioni sulla vita, sostengono un film confezionato con maestria che paga forse un po’ troppo le sue radici nel passato per rivolgersi agli spettatori che dovrebbero riconoscersi nei protagonisti.

Un giorno di pioggia a New York riesce però a inserirsi tra le migliori opere del suo autore grazie alla freschezza dei suoi interpreti, a un ritmo incalzante e all’esperienza di Woody Allen che si muove sicuro tra triangoli sentimentali, dubbi esistenziali, contrasti sociali e cambiamenti.

UN GIORNO DI PIOGGIA A NEW YORK: 5 COSE DA SAPERE

I guai dopo le accuse di molestie della figlia

Woody Allen ha raggiunto un accordo con Amazon Studios dopo che il regista aveva deciso di procedere per vie legali a causa della conclusione anticipata del contratto che prevedeva il finanziamento e la distribuzione di quattro film, tra cui anche Un giorno di pioggia a New York. Lo studio aveva deciso di interrompere la collaborazione dopo che erano riemerse le accuse di Dylan Farrow, la figlia del regista che da anni sostiene di essere stata molestata. Amazon riteneva che la situazione impedisse di ottenere i benefici, economici e di immagine, alla base dell’accordo, portando quindi Allen a coinvolgere gli avvocati per riuscire a ottenere circa 68 milioni di dollari per compensare le perdite subite.

Un gioco di contrasti tra luci e ombre

Vincenzo Storaro ha scelto di usare luci diverse e momenti di camera differenti per enfatizzare le due personalità di Gatsby e Ashleigh: il ragazzo ama la New York nuvolosa e piovosa, mentre Ashleigh è maggiormente estroversa e piena di passione, venendo quindi associata a colori più caldi. Le scene con al centro la giovane sono poi state girate usando una steadicam, elemento scelto per sottolineare il bisogno di libertà e di movimento del personaggio affidato a Elle Fanning, mentre per quelle dedicate a Gatsby la macchina da presa è stabile.

Allen e il rapporto indissolubile col cinema

Il regista, in una recente intervista, ha rivelato di non aver mai pensato di ritirarsi dal mondo del cinema nonostante le ripercussioni della pubblicazione delle notizie legate alle accuse che gli rivolge la figlia Dylan. Allen ha sottolineato: «Fin da quando ho iniziato a lavorare ho sempre cercato di concentrarmi sul mio lavoro, a prescindere da quello che accade nella mia famiglia o dagli aspetti politici. Non penso ai movimenti sociali. Il mio cinema è sui rapporti umani e sulle persone. E cerco di metterci dell’umorismo. Se dovessi morire probabilmente accadrebbe su un set cinematografico, e potrebbe succedere davvero».

Il prossimo progetto: Rivkin’s Festival

I problemi affrontati da Allen negli Stati Uniti potrebbero portare il filmmaker a proseguire la sua carriera solo in Europa, dove riesce ancora a ottenere i finanziamenti necessari. Il suo nuovo progetto si intitola, fino a questo momento, Rivkin’s Festival e ha come protagonisti Elena Anaya, Sergi Lopez, Gina Gershon, Wallace Shawn, Christoph Waltz e Louis Garrel. La storia è ispirata al San Sebastian Film Festival dove una coppia americana viene travolta dalla magia dell’evento e la donna inizia una relazione con un regista francese, mentre il marito si innamora di un’affascinante abitante della città.

Le reazioni del cast alle accuse di molestie

Le accuse rivolte a Woody Allen hanno diviso i membri del cast tra chi ha annunciato di rimpiangere la propria decisione di lavorare con il regista e chi, invece, lo ha difeso o sostenuto di non avere abbastanza informazioni per avere un’opinione obiettiva. Griffin Newman ha donato il proprio salario all’associazione Rainn (Rape and Incest National Network), stessa scelta compiuta da Timothée Chalamet che ha però diviso la cifra aiutando anche Time’s Up e Lgbt Center di New York.

Selena Gomez, seppur non dura nella propria opinione come i colleghi, ha donato oltre 1 milione di dollari a Time’s Up, organizzazione sostenuta anche da Rebecca Hall che ha ribadito comunque di ritenere la situazione complessa e di condannare i processi pubblici. A sostegno di Allen si erano poi schierati Jude Law, che considerava una vergogna che il film non venisse distribuito, e Cherry Jones che, dopo aver cercato ed esaminato ogni informazione relativa alle accuse, ha deciso di ritenere Allen innocente.

IL FILM DI WOODY ALLEN IN PILLOLE

La scena memorabile: Gatsby scopre i sentimenti di Shannon.

La frase cult: «La vita reale è per chi non sa fare di meglio».

Ti piacerà se: ami il cinema di Woody Allen e i suoi personaggi complicati e un po’ nevrotici.

Devi evitarlo se: vorresti vedere dei protagonisti inediti nella filmografia del regista.

Con chi vederlo: con la persona amata, per riflettere sugli ostacoli affrontati ogni giorno.

Perché vederlo: per apprezzare le interpretazioni di un cast di talento valorizzato da dialoghi e battute brillanti e un po’ romantiche.

Regia: Woody Allen; genere: commedia (Usa, 2018); attori: Timothée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Rebecca Hall, Cherry Jones, Liev Schreiber, Diego Luna.

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Cetto c’è ed è più sovranista dei sovranisti

Esce nelle sale il nuovo film di Antonio Albanese, terzo capitolo del suo celebre personaggio La Qualunque. Ma questa volta la realtà sembra superare la fantasia.

Antonio Albanese riprende il ruolo di Cetto La Qualunque per tornare a ironizzare sui problemi della società contemporanea nella commedia Cetto C’è, senzadubbiamente. Dopo aver lasciato la politica e l’Italia, il protagonista si è trasferito in Germania dove gestisce una catena di pizzerie, ha conosciuto sua moglie ed è diventato padre. Quando la sorella di sua madre lo fa tornare a Marina di Sopra, in Calabria, Cetto scopre però di essere in realtà l’erede del principe Luigi Buffo di Calabria e diventa un sovrano “assolutista”.

Il personaggio creato insieme a Piero Guerrera, arrivato alla sua terza apparizione cinematografica, paga un po’ troppo la sua natura prevalentemente adatta al piccolo schermo nonostante la sceneggiatura e la regia di Giulio Manfredonia cerchino di creare una narrazione scorrevole e ricca di momenti divertenti, sfruttando i contrasti esistenti tra le diverse generazioni con Cetto e Melo (un convincente Davide Giordano), e tra il passato politico e la sua nuova quotidianità da monarca.

L’approccio sarcastico alla situazione della nostra nazione funziona solo a tratti e nemmeno i tanti equivoci, le situazioni sopra le righe, le battute legate all’idea degli italiani mafiosi e dei tedeschi nazisti, e il rapporto con la moglie riescono a dare spessore a una commedia davvero esile per quanto riguarda i contenuti e l’originalità. Il film comunque riesce a strappare qualche risata, ma il talento di Albanese meriterebbe un progetto più curato e meno scontato per far emergere i tempi comici e l’espressività che lo caratterizzano come attore.

CINQUE COSE DA SAPERE SU CETTO C’È, SENZADUBBIAMENTE

Un lavoro complicato: «La realtà ha superato la fantasia

Antonio Albanese ha dichiarato che il lavoro di comico sta diventando sempre più complicato perché «la realtà supera ogni forma di comicità». L’attore ha sostenuto che persino le sue battute, così sopra le righe, stanno iniziando ad avere troppi punti di contatto con la vita quotidiana degli italiani. Albanese ha quindi sottolineato che Cetto, per gli standard attuali, è un moderato ed è necessario reagire alla situazione con l’energia della comicità.

Le richieste dei fan ad Albanese per un terzo capitolo

Il ritorno di Cetto sul grande schermo è stato deciso dopo le numerose richieste dei fan che volevano assistere a un terzo capitolo della sua storia nelle sale. Albanese e lo sceneggiatore Piero Guerrera avevano dichiarato che avrebbero pensato a un altro film solo se ne valeva la pena e dopo 7 anni hanno avuto un’idea che hanno ritenuto valida, iniziando a svilupparla.

Gli intrecci tra vita reale e finzione

Antonio Albanese ha svelato che la storia ha un piccolo punto in comune con la sua vita: il padre dell’attore è infatti stato costretto a lasciare la Sicilia e trasferirsi al Nord per trovare un lavoro, nonostante amasse la propria regione.

Una “vera” iniziativa: la piattaforma Pileau

Online è stata lanciata ufficialmente la piattaforma Pileau che sostiene la candidatura di Cetto La Qualunque al trono del Regno delle due Calabrie e dove è possibile esprimere liberamente le proprie idee. L’ironica iniziativa prende il nome dal “filosofo” Jean Jean Pileau, descritto come un «evasore fiscale, mecenate e sessuomane francese vissuto a cavallo tra 700, 800 e 900. Nato nel 1798 in Francia da genitori di origini italiane».

Un brano virale: il duetto Albanese-Guè Pequeno

Nella colonna sonora del film Cetto c’è, senzadubbiamente è presente un duetto di Antonio Albanese con Guè Pequeno, intitolato Io sono il re, accompagnato online da un video che ha già superato quota 900.000 visualizzazioni su YouTube e diventato un fenomeno virale.

IL FILM DI ALBANESE IN PILLOLE

La scena memorabile: Cetto scopre le sue vere origini;

La frase cult: «La democrazia non può garantire più niente, un re sì»;

Ti piacerà se: Ami le commedie leggere che si ispirano alla realtà;

Devi evitarlo se: se non ami battute legate agli stereotipi e un’immagine della donna un po’ troppo banalizzata;

Con chi vederlo: insieme a chi apprezza il talento comico di Antonio Albanese;

Perché vederlo: per riflettere senza troppo impegno sulla possibile direzione della politica italiana.

Regia: Giulio Manfredonia; genere: commedia (Italia, 2019); attori: Antonio Albanese, Nicola Rignanese, Caterina Shulha, Gianfelice Imparato, Davide Giordano.

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Trailer e recensione di Les Mans ’66

Il film con Damon e Bale fa rivivere il grande confronto tra Ford e Ferrari attraverso l'amicizia dei due protagonisti Carroll Shelby e Ken Miles.

La storia vera di un’amicizia che ha trasformato il mondo delle corse automobilistiche è al centro di Le Mans ’66 – La grande sfida, il film diretto da James Mangold dopo il successo di Logan. Gli eventi prendono il via nel 1959 quando Carroll Shelby (Matt Damon), dopo la vittoria alla 24 Ore di Le Mans, scopre di non poter più correre a causa di una patologia cardiaca. Lascia così le piste, per vendere automobili.

Fino a quando con l’amico collaudatore Ken Miles (Christian Bale) e un team di ingegneri e meccanici, Shelby raccoglie la sfida lanciata dalla Ford: battere la Ferrari. Le Mans ’66 – La grande sfida funziona soprattutto grazie alle ottime performance dei protagonisti. La narrazione sebbene cada nella retorica riesce a restituire, attraverso il rapporto tra i due, la portata di una sfida epica.

Al suo debutto nelle sale nel weekend del 16-17 novembre il film ha conquistato il primo posto al box office in Nord America con 31,5 milioni di dollari. Anche in Italia ha sbancato: uscito in 497 sale, ha incassato 1.246.126 euro. La storia è nota.

Regia: James Mangold; genere: drammatico (Usa, 2019); attori: Matt Damon, Christian Bale, Jon Bernthal, Caitriona Balfe, Tracy Letts, Josh Lucas, Remo Girone.

LE MANS ’66 IN PILLOLE

TI PIACERÀ SE: apprezzi i film che uniscono azione e storie vere.

PERCHÉ VEDERLO: per ripercorrere una pagina di storia e una sfida agguerrita.

CON CHI VEDERLO: insieme ai fan di Christian Bale e del suo camaleontico talento.

Una scena di Les Mans ’66.

DEVI EVITARLO: se ti aspetti una una versione “storica” di Fast & Furious.

LA SCENA MEMORABILE: Carrol cerca di convincere Ken a partecipare alla sua “folle” impresa.

LA FRASE CULT: «Ford odia quelli come noi, perché siamo diversi».

Damon e Bale sul set.

LE CARRIERE INTRECCIATE DI DAMON E BALE

Christian Bale ha lo stesso agente di Matt Damon e per anni i due attori hanno “rischiato” di lavorare insieme. «Non avrei una carriera se non fosse per i ruoli che ha rifiutato», ha detto Bale parlando di Damon. «Dicevano: “Matt non vuole fare questo film”. “Okay, e Bale?”». Damon ha rinunciato anche alla parte di Dickie Eklund in The Fighter, film che ha fatto conquistare a Bale un premio Oscar come miglior attore non protagonista.

SHELBY-MILES, UN LEGAME UNICO

Bale ha sottolineato che uno degli aspetti più belli della storia raccontata da Le Mans ’66 è il legame strettissimo tra i due protagonisti. Tanto che Shelby riuscì a riconoscere il talento di Miles nonostante il pilota continuasse ad auto-sabotarsi. Matt Damon ha svelato che per portare in scena questa amicizia si è ispirato al rapporto tra fratelli.

Les Mans ’66 racconta una grande amicizia.

UN TALENTO CAMALEONTICO

Christian Bale per girare Le Mans ’66 ha dovuto rimettersi in forma dopo aver preso peso per le riprese di Vice, in cui interpretava Dick Cheney. L’attore ha però dichiarato che in futuro non si sottoporrà più a trasformazioni fisiche estreme.

UN PROGETTO RIMANDATO A LUNGO

James Mangold ha raccontato di aver tenuto d’occhio il progetto fin dal 2011, leggendo le versioni degli script che erano state realizzate fino a quel momento. Dopo aver girato Logan il regista ha quindi chiesto alla 20th Century Fox di lavorarci con collaborazione dei fratelli Butterworth.

Christian Bale interpreta il pilota Ken Miles.

I TAGLI AL MONTAGGIO

Nella sua versione provvisoria, il film durava quattro ore. Il regista è stato costretto a tagliare molto materiale passando prima a 3 ore e 15 poi a 2 ore e 30. Sono così state sacrificate le sottotrame per lasciare spazio al rapporto tra i due protagonisti. Alcune delle sequenze tagliate potrebbero comunque essere inserite nei contenuti extra dei Dvd e Blu-Ray, ma Mangold per ora non ha intenzione di proporre una director’s cut del suo lungometraggio.


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Trailer e recensione de La Belle Époque

Il film di Nicolas Bedos con Daniel Auteuil è una commedia brillante e insieme malinconica. Una sorta di Truman Show che spinge a riflettere sulle relazioni d'amore e sulla nostalgia. Da vedere.

Ritornare a vivere il passato per apprezzare il presente: questa è l’idea alla base dell’affascinante commedia La belle époque, diretta da Nicolas Bedos e presentata all’ultima Festa del cinema di Roma. Daniel Auteuil è Victor, uomo refrattario alle nuove tecnologie che viene cacciato di casa dalla moglie Marianne (Fanny Ardant), la quale al contrario del marito subisce il fascino delle novità. A questo punto entra in scena Antoine (Guillaume Canet) titolare della Time Traveller un’agenzia che ricrea per i clienti un momento del passato. E Victor chiede di rivivere, come in un Truman Show, il 16 maggio 1974: il primo appuntamento con Marianne.

Daniel Auteuil interpreta Victor.

UNA RIFLESSIONE SULL’AMORE

Le brillanti interpretazioni del trio di protagonisti, affiancati dalla carismatica Doria Tillier (Margot, l’alter ego di Marianne) sostengono una commedia dalla vena malinconica e al tempo stesso trascinante. Bedos con La Belle Époque fa riflettere con il sorriso sull’evoluzione dei rapporti sentimentali e sulle difficoltà ad adeguarsi a un mondo in continua evoluzione.

Regia: Nicolas Bedos; genere: commedia (Francia, 2019); attori: Daniel Auteuil, Guillaume Canet, Doria Tillier, Fanny Ardant, Pierre Arditi.

LA BELLE ÉPOQUE IN PILLOLE

TI PIACERÀ SE: apprezzi i film che divertono con intelligenza, accompagnati da un’ottima colonna sonora e interpretazioni brillanti.

DEVI EVITARLO SE: sei un grande appassionato di tecnologia e non capisci chi non è drogato di social media.

PERCHÉ VEDERLO: per divertirsi ed emozionarsi avvolti in un’atmosfera vintage.

Una splendida Fanny Ardant.

CON CHI VEDERLO: insieme a chi si ama, per riflettere con leggerezza sui problemi delle relazioni.

LA SCENA MEMORABILE: Victor “incontra” per la prima volta Marianne, dando indicazioni per ricreare alla perfezione il suo giorno memorabile.

LA FRASE CULT: «Non so cosa mi riserverà il futuro, ma voglio viverlo fino in fondo».

Guillaume Canet nei panni di Antoine ricrea il momento speciale di Victor.

UNA AVVENTURA PSICANALITICA

In una intervista Bedos, classe 1979, ha raccontato di essere stato folgorato da un’immagine: un uomo anziano litiga con la moglie che lo accusa di non sapere stare al passo con i tempi. L’uomo allora entra in una stanza in cui tutto lo riporta agli Anni 70. «Una specie di bolla protettiva che lui stesso ha creato», ha spiegato il regista. «Quest’uomo è nato dal riflesso di alcune persone che mi sono molto vicine e, per alcuni aspetti, da me stesso. Scrivere questa storia è stata una vera avventura anche psicoanalitica».

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

Il regista ha ammesso che fin da giovane ha sviluppato una «paura quasi patologica nei confronti dell’erosione dei sentimenti e la distruzione dei ricordi». Un “terrore” che caratterizza quasi tutta la sua produzione.

Una splendida Fanny Ardant.

TECNOLOGIA, USARE CON CAUTELA

Guillaume Canet non è propriamente un tecno-entusiasta. «Si è talmente sommersi nella comunicazione e nei social network», ha detto l’attore, «che si rischia di dimenticare l’essenziale». Il che non significa rigettare la tecnologia tout court: «bisogna usarla con consapevolezza senza perdersi».

UN OMAGGIO AL CINEMA

La Belle Époque è un omaggio al cinema e alla magia della finzione. Non a caso Victor si riappacifica con se stesso nel momento in cui da attore diventa regista del proprio passato.


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Martin Scorsese spiega perché per lui i film Marvel non sono cinema

Secondo il regista, la settima arte deve portare l'inaspettato al pubblico. Con i supereroi, niente è a rischio. L'opinione sul Nyt.

C’è un nesso tra l’uscita di The Irishman su Netflix e la polemica di Martin Scorsese contro i film Marvel. Mentre la sua ultima fatica sulla scomparsa di Jimmy Hoffa è nelle sale, il regista torna alla carica sul New York Times e definisce lo straordinario successo dei supereroi una minaccia per i valori del cinema d’autore. La polemica era scoppiata all’inizio di ottobre quando Scorsese, in un’intervista a Empire, aveva definito i film Marvel «l’equivalente di un parco-giochi». Era seguito un acceso dibattito che aveva visto schierati con il 77enne Scorsese i veterani colleghi Francis Ford Coppola e Ken Loach. Ieri contro Scorsese era sceso in campo il boss di Disney, Bob Iger: «Grande regista, ma non credo che ne abbia mai visto uno».

«NIENTE È A RISCHIO NEI FILM MARVEL»

A onor del vero, Scorsese dice di averci provato, ma di non essere mai arrivato in fondo. Sul New York Times il regista arriva ad ammettere che, se fosse nato più tardi, avrebbe forse trovato di suo gusto i film sfornati dagli studi (proprietà Disney) di Playa Vista in California. Martin si interroga quindi sui suoi gusti da giovane, riconoscendo che alcuni dei suoi film preferiti – in particolare Alfred Hitchcock – promettevano e portavano a casa lo stesso tipo di emozioni che oggi offrono i supereroi. Ma non sono in gioco i gusti personali, secondo l’anziano statista del cinema newyorchese. «Per me il cinema è sempre stato rivelazione – estetica, emotiva, spirituale», spiega il regista simbolo della New Hollywood, «è sempre stato il confrontarsi con l’inaspettato sullo schermo e allargare il senso di cosa è possibile con questa forma d’arte. Molti degli elementi che definiscono il cinema come tale secondo me sono presenti nei film Marvel. Quello che manca è la rivelazione, il mistero o il genuino pericolo emotivo. Niente è a rischio».

L’ACCUSA AL MODELLO DI BUSINESS

Scorsese mette sul banco degli imputati anche il modello di business imposto dalla franchise: «Variazioni illimitate su un numero definito di temi fatti per soddisfare una serie specifica di domande, i film Marvel sono sequel di nome, ma remake di fatto, basati su ricerche di mercato e test dell’audience, modificati, riverificati e rimodificati fino a che non sono pronti per il consumo».

LE SALE “OCCUPATE” DALLA MARVEL

Il regista spiega quindi che la scala e il costo di un film Marvel richiede di farlo uscire nel massimo numero di sale possibili, ma c’è solo un numero limitato di sale in Nordamerica e il risultato è un collo di bottiglia che marginalizza i film che Scorsese ama vedere e fare relegandoli alla distribuzione in streaming o home video. «Avrei voluto vedere The Irishman proiettato in più sale», ha ammesso il regista, tornando sulla decisione che lo ha portato a fare il suo ultimo film con Netflix con conseguente guerra tra gli esercenti e il colosso dello streaming sul numero di limitato di giorni in cui la saga sulla scomparsa di Jimmy Hoffa potrà essere distribuita nei cinema prima di uscire su Internet.

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Addio ad Antonutti, una delle voci più intense del nostro cinema

L'attore si è spento a 84 anni. Noto soprattutto per aver interpretato il Padre padrone dei fratelli Taviani, ha doppiato tra gli altri Christopher Lee e Omar Sharif.

È scomparso Omero Antonutti, doppiatore e interprete di tante pellicole a cominciare da Padre padrone dei fratelli Taviani. Nato in Friuli Venezia Giulia, a Basiliano nel 1935, si è spento il 5 novembre all’ospedale di Udine dopo una lunga malattia. Noto soprattutto come doppiatore, Antonutti ha prestato la sua voce tra gli altri a Christopher Lee ne Il Signore degli anelli, a John Hurt in V per Vendetta e a Omar Sharif in Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano. Ed è sempre sua la voce narrante de La vita è bella di Roberto Benigni e de Il mestiere delle Armi di Ermanno Olmi.

DAI TAVIANI A PLACIDO: LA CARRIERA AL CINEMA

Molto vicino ai fratelli Taviani, oltre a Padre Padrone, girò con loro anche La notte di San Lorenzo (1982), Kaos (1984) e più recentemente Tu ridi (1998). Sempre al cinema, Antonutti ha interpretato Farinelli – Voce regina di Gérard Corbiau, Un eroe borghese di Michele Placido, I banchieri di Dio – Il caso Calvi di Giuseppe Ferrara, La ragazza del lago e, nel 2008, Miracolo a Sant’Anna.

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