La crisi libica si complica, l’Italia batta un colpo

Mentre il conflitto continua e le ingerenze di Russia e Usa si fanno più concrete, sarebbe indispensabile che il nostro Paese si ponesse in prima fila in un’azione politico-diplomatica. Di Maio ne sarà capace?

La Libia torna vistosamente alla ribalta internazionale: per l’abbattimento di due droni, uno statunitense e uno italiano, per il faro che vi hanno acceso gli incontri Usa con Khalifa Haftar e Fayez al Serraj, per le accuse di destabilizzazione rivolte alla Russia, per le attese riposte nella Conferenza alla quale stanno lavorando i tedeschi.

Non invece per gli sbarchi sulle nostre coste dei migranti provenienti dalla Libia che hanno dominato il dibattito politico nostrano, lasciando che rimanesse preda delle nebbie di una vaga laconicità osservata dalla Difesa in merito alla scomparsa del nostro drone: «Nella giornata odierna è stato perso il contatto con un velivolo a pilotaggio remoto dell’Aeronautica MilitareMQ9 Reaper (Predator B) – successivamente precipitato sul territorio libico. Il velivolo, che svolgeva una missione a supporto dell’operazione Mare Sicuro, seguiva un piano di volo preventivamente comunicato alle autorità libiche (Tripoli). Sono in corso approfondimenti per accertare le cause dell’evento».

Da allora il silenzio; anche in risposta alla dura reprimenda del portavoce dell’Esercito nazionale libico Ahmed al-Mesmari che nello stesso giorno bollava il volo (area di Tarhuna, roccaforte del generale Haftar a una 70ina di chilometri da Tripoli) come «una violazione dello spazio aereo e della sovranità della Libia». Si è probabilmente voluto evitare di incorrere in ritorsioni suscettibili di mettere a repentaglio il nostro contingente a Misurata anche se altrettanto verosimilmente è stato letto come un segnale di debolezza di cui tenere conto,

CAMBIA IL RAPPORTO DEGLI USA CON HAFTAR

Conforta comunque sapere che il nostro governo si occupa della Libia, e lo fa non solo in relazione al fenomeno migratorio, che pure è un problema per noi importante, ma anche alla sfibrante conflittualità che la attraversa e alle minacce che ne stanno derivando sul terreno della sicurezza di fronte a un riaffiorante terrorismo – dell’Isis ma anche di Ansar al Sharia – che sta investendo un po’ tutta l’area saheliana. Si tratta di una conflittualità che sta inducendo anche gli Usa ha riposizionare il proprio faro su questo Paese anche in termini pubblici. E ciò sia con una robusta sollecitazione al generale Haftar venuta dal Dipartimento di Stato a cessare le operazioni su Tripoli sia con un monito alla Russia di «non sfruttare il conflitto» contro la volontà del popolo libico.

Una serie di indicazioni che stanno facendo emergere un accresciuto supporto militare russo, con attrezzature e mercenari, a fianco di Haftar

Un linguaggio, quello rivolto ad Haftar, ben diverso dal “riconoscimento” della Casa Bianca rivolto da Donald Trump al generale nell’aprile del 2019 per il suo ruolo nella lotta al terrorismo con la cosiddetta operazione Dignità che aveva indotto più di un osservatore a leggere in quel giudizio una sorta di sganciamento da Serraj, il capo del governo riconosciuto internazionalmente, a favore dell’uomo forte della Cirenaica.

Da sinistra, Giuseppe Conte e Haftar.

Un linguaggio che ha segnalato e sta segnalando una rinnovata preoccupazione Oltreoceano per una serie di indicazioni che stanno facendo emergere un accresciuto supporto militare russo, con attrezzature e mercenari, a fianco di Haftar. E forse non è un caso se più o meno in contemporanea un giudice del Tribunale di Stato della Virginia ha emesso un mandato d’arresto contro Khalifa Haftar – che ha anche la cittadinanza americana – per crimini di guerra.

IL RUOLO DELLA RUSSIA PER SOSTENERE IL GENERALE

Su questo sfondo ha colto di sorpresa l’annuncio di Mesmari, portavoce del generale, dell’imposizione di una no fly zone «sopra e intorno all’area delle operazioni militari dentro e intorno a Tripoli». Intanto perché solo Serraj (Tripoli) avrebbe una legittimazione a decretare una misura del genere; poi perché non risulta che quest’ultimo disponga dei mezzi necessari per garantirne il rispetto e infine perché dalla no fly zone sarebbe escluso l’aeroporto di Mitiga, l’unico funzionante nella zona anche se provvisoriamente chiuso per le vicende belliche vi si stanno sviluppando.

L’accusa mossa alla Russia da David Shenker è di aver dispiegato in Libia regolari forze militari in numero significativo per sostenere l’attacco a Tripoli di Haftar

Si tratta di un annuncio che prelude a un’avanzata sulla capitale o semplicemente un segnale di vitalità del contingente armato? Vi ha fatto seguito un incontro svoltosi tra lo stesso Haftar e una delegazione americana di alto livello (vice consigliere per la sicurezza in Medio Oriente e rappresentanti dello stesso Dipartimento di Stato, dell’Energia e delle forze armate) per «discutere i passi necessari per giungere ad una sospensione delle ostilità e una soluzione politica al conflitto libico», sottolineando il pieno supporto degli Stati Uniti a favore della sovranità e integrità territoriale della Libia e la loro preoccupazione per l’azione della Russia.

Vladimir Putin.

Azione che a stretto giro di posta è stata seguita dall’accusa mossa sempre alla Russia da David Shenker, l’Assistant Secretary del Dipartimento di Stato per il vicino oriente, di aver dispiegato in Libia regolari forze militari in numero significativo per sostenere l’attacco a Tripoli del generale Haftar, sottolineandone l’effetto altamente destabilizzante anche perché destinato a provocare un gran numero di vittime civili.

LA CONFERENZA SULLA LIBIA E GLI INTERESSI DELL’ITALIA

Intanto prosegue il lavoro di preparazione della Conferenza sulla Libia da parte tedesca. Con determinazione, ma anche con una punta di scetticismo per l’ostentata negatività che si manifesta da parte dei più stretti collaboratori di Haftar che continuano a dichiarare che non c’è possibilità di alcuna soluzione politica, essendo quella militare ormai l’unica praticabile.

Sarebbe davvero indispensabile che l’Italia, bilateralmente e in seno all’Ue finalmente rinnovata nei sui vertici, si ponesse in prima fila in un’azione politico-diplomatica

Sarà proprio così? Difficile dire, stante le obiettive difficoltà in cui versano entrambi gli schieramenti e il peso della delusione/frustrazione degli sponsor di Haftar per una guerra che doveva portare in un lampo alla conquista di Tripoli e che dopo sette mesi versa al contrario in uno stallo dal quale nessuna vittoria militare di uno dei due contendenti sull’altro sembra a portata di mano. A meno che, beninteso, non intervenga la classica “mossa del cavallo”, cioè un deciso intervento esterno che nelle condizioni date avrebbe un esito dirompente.

Luigi Di Maio.

Stando così le cose, sarebbe davvero indispensabile che l’Italia, bilateralmente e in seno all’Unione europea finalmente rinnovata nei sui vertici, si ponesse in prima fila in un’azione politico-diplomatica bilaterale e multilaterale volta a far prevalere le ragioni del negoziato per la stabilizzazione della Libia che stanno alla base della Conferenza in preparazione ad opera della Germania. Non dimentichiamoci mai che in Libia abbiamo anche forti interessi energetici. Ma è lecito chiedersi se il nostro ministro degli Esteri saprà/vorrà muoversi con la necessaria tempestività in tale direzione.

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