Cosa cambia dopo la sentenza della Cassazione sulla coltivazione della cannabis

Non sarà più reato l'attività finalizzata all'uso personale e alla produzione in quantità minima. La pronuncia che ribalta i precedenti pareri della Consulta.

Non sarà più reato coltivare in casa la cannabis, il tutto beninteso se in quantità minima e solo per uso personale: è quanto hanno deciso le Sezioni unite penali della Cassazione con una pronuncia che è destinata a non passare inosservata. Secondo gli ‘ermellini’, che hanno preso la decisione il 19 dicembre scorso, «non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica». Se, raccomandano, «lo scarso numero di piante e il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale».

I PRECEDENTI PARERI DELLA CONSULTA

Su questo tema in passato la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte, stabilendo in linea di principio che la coltivazione della cannabis costituisce sempre un reato, al di là della quantità, dall’uso personale che se ne può fare e dalla presenza dei cosiddetti principi attivi. Su quest’ultimo aspetto la Consulta ha sottolineato infatti il pericolo, sotto il profilo della salute, a cui possono andare incontro gli utilizzatori, nonché la creazione «potenziale di più occasioni di spaccio di droga». E finora proprio a questo principio si era uniformata la Cassazione.

NORMA PENALE NON CONFIGURABILE PER L’USO ESCLUSIVO

Ma con la nuova decisione i giudici della Cassazione hanno stabilito che «il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza», ma devono però «ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».

IL RICORSO CONTRO UNA CONDANNA

La pronuncia ha preso le mosse dal caso di una persona che aveva fatto ricorso in Cassazione per l’annullamento di una condanna che riguardava la coltivazione di due piante di marijuana, una alta un metro e con 18 rami e l’altra alta 1,15 metri e con 20 rami.

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Non solo cannabis light: la manovra esce col lifting

Il Senato approva la Finanziaria con 166 sì e 128 no. Che però è trasformata. Quindici norme stralciate, a partire dalla legalizzazione della canapa. E po i 3 miliardi in meno di tasse sul lavoro, ma anche plastic e sugar tax e nuove clausole Iva.

Il primo sì è finalmente arrivato. Il Senato ha dato il via libera alla fiducia sulla legge di bilancio con 166 voti favorevoli e 128 no. Gianluigi Paragone, del M5s, come annunciato ha votato no. Al momento della proclamazione del voto, la maggioranza in Aula ha applaudito.

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STRALCIATE IN EXTREMIS 15 NORME

A due mesi esatti dal Consiglio dei ministri che la varò, la manovra riceve il primo via libera parlamentare. Il Senato la approva con voto di fiducia dopo settimane assai turbolente, lo stralcio in extremis di 15 norme e una settantina di correzioni finali. Fa discutere la decisione di Elisabetta Casellati di dichiarare inammissibile la norma per legalizzare la cannabis leggera: il centrodestra la applaude, maggioranza e governo protestano e il M5s chiede le dimissioni da presidente del Senato. Il testo deve ora essere approvato dalla Camera blindato, senza più modifiche, per essere approvato a ridosso del Natale. Salvo imprevisti, la manovra non cambia più: passa senza la legalizzazione della canapa, con lo stop all’aumento dell’Iva, con un taglio da 3 miliardi delle tasse per i lavoratori, con plastic e sugar tax ma anche con una nuova tegola da 47 miliardi di aumenti di Iva e accise nel 2021 e nel 2022 che dovranno essere disinnescati.

SÌ CONVINTO DI PD E LEU, SALVINI CONTRO LO “STATO SPACCIATORE”

Il voto del Senato sulla manovra arriva con il “sì convinto” di Pd e Leu, con un sì con riserva di Iv e con un sì condito da qualche mal di pancia per i Cinque stelle: una manciata di senatori 5s fino all’ultimo si mostra in dubbio se partecipare al voto e Gianluigi Paragone vota no. In Aula il clima si surriscalda davvero solo a inizio di seduta, quando Casellati dichiara inammissibili 15 norme, tra cui quella introdotta da un emendamento M5s che avrebbe l’effetto di legalizzare la cannabis light. Il centrodestra applaude il presidente. La maggioranza protesta: «una scelta tecnica» perché le norme ordinamentali non possono andare in manovra, se questa misura per voi è importante fatevi un disegno di legge“, ribatte il presidente. “Ci tengo a ringraziarla ‘tecnicamente’ per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore”, sorride Matteo Salvini.

IL M5S CHIEDE LE DIMISSIONI DI CASELLATI

Dal governo il ministro Federico D’Incà protesta con garbo: «Rispetto la decisione ma sono amareggiato, non era una liberalizzazione ma una regolamentazione del mercato della canapa». Il capogruppo Pd Andrea Marcucci dice di «non capire» la scelta. Il M5s, con Giuseppe Brescia, chiede le dimissioni di Casellati. E per tutto il giorno i senatori continuano ad accapigliarsi sul tema. «Drogato!» urla Ignazio La Russa a un senatore M5s. Mentre Loredana De Petris sfida tutti i senatori del centrodestra a fare un test antidroga dopo le vacanze. Il viceministro 5s Stefano Buffagni sfida Salvini: «Facciamo il test, non solo sulla cannabis». Intanto però la norma salta. Il vaglio finale della Ragioneria dello Stato sul maxi emendamento su cui il governo mette la fiducia porta anche altre novità. Sono circa 70 le norme che vengono cambiate in extremis per errori di forma o mancanza di coperture. Salta il rinvio da luglio 2020 a gennaio 2022 della fine del mercato tutelato per l’energia e salta anche la sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi, così come l’estensione ai pediatri dei fondi per avere macchinari per gli esami in studio.

ZINGARETTI RIVENDICA: MANOVRA SALVA ITALIA

Nicola Zingaretti a nome del Pd mette l’accento su quanto di buono si è fatto: «È una manovra ‘Salva Italia‘ e il risultato sul piano economico è positivo: l’obiettivo, con fatica, è stato raggiunto ed è utile per chiudere una stagione e aprirne una che ridia speranza». Molto più critici i toni di Matteo Renzi, che prende la parola nell’Aula del Senato e – citando implicitamente una vecchia frase del premier Giuseppe Conte – dice che «non è stato un anno bellissimo». Poi annuncia già la prossima battaglia in Parlamento per abolire la sugar tax e la plastic tax (che è stata già ridotta e rinviata, portando alle casse dello stato non più 1 miliardo ma 140 milioni). Poi attacca:«Il 2020 è l’anno delle scelte: il governo deve cambiare passo». Per ora, denuncia dall’opposizione Emma Bonino: «Non c’è stata discontinuità: è una pseudofarsa indecorosa, come l’anno scorso fece il Conte 1, per rispetto del Parlamento non voto»

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Salta la norma sulla cannabis light: l’Italia resta senza una legge chiara

L'emendamento in manovra stralciato dalla presidente del Senato Casellati. Persa l'occasione per riempire un vuoto giuridico che lascia i produttori senza certezze. Esulta il centrodestra.

La cannabis legale esce dalla manovra per ragioni apparentemente tecniche, ma con conseguenze pesantemente politiche. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha comunicato all’Aula il giudizio di inammissiblità delle norme alla manovra che riguardano la cannabis light, scatenando le proteste in particolare del Movimento 5 stelle e la soddisfazione del centrodestra.

Due esponenti del Movimento hanno chiesto alla presidente Casellati di dimostrare che la scelta non sia stata frutto della «pressione della sua parte politica». La presidente ha replicato spiegando che è stata una «decisione meramente tecnica», aggiungendo: «Se ritenete questa misura importante per la maggioranza fatevi un disegno di legge».

LA NORMA PER FISSARE LIMITI CHIARI ALLA VENDITA

L’emendamento a firma M5s avrebbe riscritto la legge sugli stupefacenti stabilendo definitivamente le percentuali di Thc per cui è legale la vendita di canapa. «La norma definiva che una pianta con un Thc non superiore allo 0,5% non può essere considerata stupefacente», ha detto il senatore pentastellato Alberto Airola, «la canapa industriale non ha potere drogante e viene usata in tanti ambiti, tra cui il tessile. Questo è un dibattito artefatto perché chiunque sa che le varietà di cannabis con potere stupefacente contengono un Thc molto più alto, parliamo di valori che si aggirano intorno al 10%».

ESULTANO SALVINI E IL CENTRODESTRA

«Ci tengo a ringraziare tecnicamente la presidente del Senato a nome di tutte le comunità di recupero dalle dipendenze che lavorano in Italia e a nome delle famiglie italiane per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore», ha detto Matteo Salvini intervenendo in Senato.

Attualmente la cannabis light è commercializzabile in Italia con scarsissima chiarezza normativa. A maggio 2019 una sentenza della Cassazione aveva bloccato la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l’olio, le foglie, le infiorescenze e la resina.

IL VUOTO NORMATIVO LASCIATO DALLA CASSAZIONE

La commercializzazione di “cannabis sativa L” non rientra nell’ambito di applicazione della legge n.242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà per uso a fini medici. «Pertanto integrano reato», affermava la Cassazione nella sua sentenza, «le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L.’, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante». Proprio quest’ultima precisazione ha lasciato un grosso buco normativo, lasciando al singolo giudice la facoltà di valutare se un prodotto ha “efficacia drogante” o meno. La Cassazione stessa aveva manifestato al mondo della politica l’urgenza di riscrivere una legge chiara. In Italia il settore occupa circa 10 mila persone, che dovranno aspettare ancora per avere la certezza di lavorare secondo la legge.

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La manovra salva la cannabis light

Un emendamento prevede che sotto lo 0,5 il thc non sia più considerata sostanza stupefacente, liberalizzata la vendita dei fiori e la biomassa di canapa.

La cannabis light è alla fine stata salvata. Almeno stando a quanto scritto dal senatore Del Movimento Cinque stelle Matteo Mantero su Facebook: «Ragazzi ce l’abbiamo fatta: questa notte in commissione bilancio abbiamo approvato uno dei nostri emendamenti» alla manovra «sulla canapa industriale. È quello meno ambizioso, che riguarda principalmente la biomassa, ma che comunque modifica le legge sulla canapa consentendo di commercializzare i fiori e soprattutto modifica il testo unico per gli stupefacenti stabilendo una volta per tutte che sotto lo 0,5% di thc la canapa non si può considerare sostanza stupefacente».

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A fine maggio la Cassazione aveva imposto il divieto di vendita di tutti i  prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», mettendo in crisi il commercio da poco legalizzato della cannabis light.

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Per lo Stato è meglio morire di dolore che curarsi con la cannabis

Walter De Benedetto fa uso di farmaci derivati dalla marijuana ma in Italia il prodotto scarseggia, costringendolo a coltivare in casa. E ora rischia il carcere.

«Rischio il carcere per curarmi». Questa è la dichiarazione, molto forte, di Walter De Benedetto. Aretino, 48 anni, Walter è affetto da artrite reumatoide, una patologia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce le articolazioni.

Dall’esordio della malattia Walter convive ogni giorno con dolori cronici devastanti che purtroppo nessun farmaco tradizionale è stato finora in grado di alleviare. L’unico rimedio veramente efficace per lenire parzialmente le sue sofferenze è l’uso di cannabis terapeutica.

L’utilizzo di questa sostanza per finalità terapeutiche in Italia è consentito da circa 12 anni: dal 2007 infatti il nostro Paese consente la prescrivibilità dei prodotti a base di cannabis per curare certi tipi di patologie e a determinate condizioni.

SENZA FARMACI UN MALATO VIENE COSTRETTO A COLTIVARE DA SOLO LA CANNABIS

Dodici anni non sono pochi e a mio parere sarebbero anche potuti bastare ai nostri rappresentanti politici per acquisire familiarità con questa tipologia di cura anche in uno Stato tradizionalista e bigotto come il nostro. Walter, al pari di molti altri malati, non dovrebbe avere quindi problemi nel curarsi e invece purtroppo non è così. Infatti il quantitativo di farmaci che gli fornisce la Asl di Arezzo non basta a garantirgli una qualità di vita che potremmo definire umana e dignitosa malgrado la regione Toscana sia stata la prima in Italia a prevedere i rimborsi del costo dei vari preparati prodotti nel nostro Paese o importati da altre nazioni.

In Italia l’unico luogo autorizzato a produrre cannabis a scopo terapeutico è lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze

Non poter assumere quantità di sostanza adatte a soddisfare le sue esigenze mediche lo ha costretto a coltivare illegalmente una piccola piantagione grazie all’aiuto di un amico che entro fine novembre dovrà subire un processo. Naturalmente le nove piantine che gli servivano per sopportare meglio il dolore gli sono state sequestrate. In Italia l’unico luogo autorizzato a produrre cannabis a scopo terapeutico è lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Il resto del prodotto viene importato dall’estero. Tuttavia la produzione nostrana e le importazioni attuali non riescono a soddisfare il fabbisogno nazionale e il problema non riguarda solo Walter: la distribuzione di cannabis terapeutica avviene in modo lacunoso, con conseguente scarsa reperibilità di farmaci nelle farmacie.

LA PROPOSTA DI LEGGE SULLA LEGALIZZAZIONE FERMA IN PARLAMENTO

Ma gli ostacoli per chi necessita di curarsi con prodotti a base di Thc o Cbd, i principi attivi utilizzati, non finiscono qui: periodicamente i farmaci disponibili in commercio cambiano costringendo i pazienti a modificare la cura (la cannabis è la sostanza attiva ma ciascuna varietà è diversa dalle altre e quindi ha un’azione differente) alla carenza di una corretta informazione dei medici e dei farmacisti che di certo non ne facilita la prescrizione da parte dei primi né l’approvvigionamento da parte dei secondi.

Marco Perduca, dirigente dell’associazione Luca Coscioni, spiega che anche fare ricerca scientifica in questo campo in Italia è ostico sia a causa della scarsità del prodotto, sia per via delle lungaggini burocratiche previste per il trasporto e lo stoccaggio. Esiste una proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione della cannabis fortemente voluta da associazione Luca Coscioni e Radicali italiani e firmata da oltre 68 mila cittadini che è stata depositata in parlamento nel 2016 e attende di essere vagliata. Ma la disponibilità di cure che garantiscano a chi soffre una vita degna di questo nome non può più essere procrastinata perché quello di Walter, esattamente al pari di molti altri, è “un dolore che non aspetta”.

LA RISCHIESTA DI UN EMENDAMENTO “WALTER DE BENEDETTO” IN MANOVRA

Appoggiato dall’associazione Luca Coscioni Walter ha chiamato in causa la politica, dapprima con un appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e agli altri parlamentari, poi incontrando personalmente il presidente della Camera Roberto Fico. Ha chiesto che nella finanziaria venga incluso un emendamento “Walter De Benedetto” che raddoppi le risorse previste per la produzione e l’importazione di prodotti a base di cannabis terapeutica e perché si giunga alla legalizzazione della pianta per tutti i fini. Walter l’ha fatto per sé ma anche per molti altri malati che come lui soffrono di patologie fortemente dolorose e invalidanti.

Che livello di priorità ha per i nostri parlamentari il diritto alla salute e a cure dignitose?

Questa per loro è un’emergenza. Ci sono persone la cui vita è legata all’approvazione di una legge più giusta e c’è una proposta di legge che sta facendo le ragnatele in parlamento Che livello di priorità ha per i nostri parlamentari il diritto alla salute e a cure dignitose? Dove si colloca nella loro agenda la discussione della proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis che migliorerebbe la qualità di vita di tante persone alle prese con il dolore cronico e quotidiano causato dalla loro patologia? Grazie alla mobilitazione di Walter ha iniziato a ricomporsi l’intergruppo per la legalizzazione della cannabis ma la strada per avere una norma a riguardo è ancora lunga e il problema dell’approvvigionamento rimane.

INVECE DI PENSARE ALLE CURE, SI FA PROPAGANDA SULLA CANNABIS LIGHT

Non ci è dato sapere quando i nostri politici metteranno la testa e il cuore sulla questione e magari una bella mano sulla loro coscienza. Forse perché finora non hanno mai dovuto convivere con il dolore fisico e non riflettono sul fatto che, sorte non voglia, a tutti nella vita potrebbe succedere. Sembra che la cannabis, terapeutica o meno, non rientri tra le loro priorità. Ad eccezione di Matteo Salvini che questa primavera invece di pensare alla salute di molte persone con disabilità (e non), ha ritenuto più opportuno dare la caccia ai negozi di cannabis light per meri scopi propagandistici.

Di fatto oggi per curarsi davvero uno rischia la galera e questo oltre ad essere ingiusto è profondamente inumano. Walter ha avuto coraggio a portare le sue sofferenze e le sue istanza davanti alla politica e alla società civile. Mi auguro che la sua determinazione abbia avuto l’effetto di un farmaco potente in grado di curare gli occhi e le orecchie, finora resi ciechi e sorde da moralismi ipocriti, di molti dei nostri governanti perché il dolore di tante persone non può davvero più aspettare.

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