Il governo Usa ha mentito sulla guerra in Afghanistan per anni

Secondo un lungo dossier ottenuto dal Washington Post, la Casa Bianca e l'esercito hanno manipolato le informazioni sullo stato del conflitto. I testimoni: «Non sapevamo cosa stavamo facendo».

I vertici dell’amministrazione Usa, da George W. Bush in poi, hanno più volte ingannato nel corso degli anni l’opinione pubblica americana sulla situazione in Afghanistan, per nascondere i fallimenti di una guerra che oramai dura da 20 anni e a cui il presidente Donald Trump sta tentando di porre fine con un accordo con i talebani.

DA DOVE PARTE IL RAPPORTO

La notizia esplosiva è uscita sulle pagine del Washington Post che ha condotto un’inchiesta sulla base di oltre duemila pagine di documenti ottenuti grazie al Freedom Of Information Act. In realtà il quotidiano aveva raccolto le informazioni già negli anni precedenti ma solo con l’intervento di un tribunale è stato in grado di pubblicare. Le carte che fanno parte di un rapporto del 2014 intitolato Lessons Learned e in cui si esaminano le origini degli insuccessi del coinvolgimento Usa nel Paese, iniziato all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001. Uno studio, costato 11 milioni di dollari, condotto attraverso oltre 600 interviste, comprese quelle a diversi responsabili ed ex responsabili della Nato e del governo afghano che «aveva l’obiettivo di individuare le fallimentari misure applicate in Afghanistan affinché gli Stati Uniti non commettessero gli stessi errori la prossima volta che avrebbero invaso un paese o cercato di ricostruirne uno».

TESTIMONIANZE MANIPOLATE PER MOSTRARE CHE SI STAVA VICENDO LA GUERRA

«Dalle testimonianze», ha scritto il Wp, «emerge come era comune nei quartier generali militari a Kabul, ma anche alla Casa Bianca, alterare e manipolare le statistiche per far apparire che gli Usa stavano vincendo la guerra, mentre non era così». «Queste carte», ha messo in luce l’inchiesta, «assomigliano molto ai famosi Pentagon Papers sulla storia segreta della guerra del Vietnam». Bob Crowley, colonnello del colonnello dell’esercito in pensione che lavorò come consulente nel Paese tra il 2013 e 2014 ha raccontato che si trovavano modi migliori per presentare il miglior quadro possibile.

LA MANCATA CONOSCENZA DELL’AFGHANISTAN

Tra i documenti esaminati anche alcuni memo inediti che risalgono al periodo tra il 2001 e 2006 dell’ex segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. Il generale Douglas Lute, che sotto le amministrazioni Bush e Obama servì come war czar dell’Afghanistan alla Casa Bianca, è arrivato a dichiarare «non sapevamo quello che stavamo facendo». «Cosa stiamo cercando di fare qui? Non avevamo la più pallida idea di ciò che stavamo intraprendendo», aveva detto in un colloquio del 20 febbraio 2015. Un altro funzionato ha messo in luce come Washington fosse convinta di poter instaurare un forte governo centrale a Kabul, ma che la pretesa non teneva conto del fatto che il Paese, in tutta la sua storia, non aveva mai auto una forte autorità centrale: «La cornice per creare un simile governo è di almeno 100 anni, ed è un tempo che noi non abbiamo».

I NUOVI COLLOQUI COI TALEBANI

Ufficialmente la guerra è iniziata nell’ottobre del 2001, poco più di un mese dopo gli attacchi contro il Word Trade Center organizzati da al Qaeda, l’organizzazione creata e diretta all’ora da Osama Bin Laden e che aveva trovato riparto presso i talebani. Da allora il conflitto si è protratto a fasi alterne entrando quest’anno nel 18esimo anno di vita. Da allora i costi umani sono stati altissimi, così come quelli economici stimati intorno a 930 miliardi di dollari. Intanto il 4 dicembre il dipartimento di Stato Usa ha fatto sapere che l’inviato Usa per l’Afghanistan Zalmay Khalilzad, attualmente a Kabul, tornerà in Qatar per «riprendere i colloqui con i talebani per discutere le tappe che possono portare a negoziati interafghani e ad una soluzione pacifica della guerra, in particolare ad una riduzione della violenza che porti ad un cessate il fuoco».

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