Le Sardine fanno un congresso per darsi una struttura

La decisione annunciata dal direttivo nazionale di Bologna. Le date rese note entro il 26 gennaio.

Le Sardine vanno verso un congresso nazionale, probabilmente una due giorni, le cui date saranno rese note entro il 26 gennaio. La decisione è stata presa dal direttivo nazionale di Bologna delle Sardine e annunciata stamattina in tv dalla portavoce torinese Francesca Valentina Penotti.

“A livello regionale siamo un po’ divisi, nel senso che ogni Regione pensa giustamente un po’ per se. In Piemonte avremo una sorta di Congresso riunione il 25 gennaio. Importante anche l’Emilia Romagna il 19 gennaio ‘Sardina ospita sardina’ quindi che comprenderà il week end fra il 18 ed il 19 gennaio. Invece il Nazionale posso dirvi che entro il 26 gennaio uscirà una data, una data che verrà stabilita dopo il 26 gennaio, in cui ci sarà un Congresso Nazionale di noi rappresentanti sardine e probabilmente sarà una due giorni”. Così Francesca Valentini Penotti, del Movimento delle sardine di Torino, ad Agorà Rai Tre sull’agenda dei prossimi mesi del movimento delle sardine.

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Le Sardine fanno un congresso per darsi una struttura

La decisione annunciata dal direttivo nazionale di Bologna. Le date rese note entro il 26 gennaio.

Le Sardine vanno verso un congresso nazionale, probabilmente una due giorni, le cui date saranno rese note entro il 26 gennaio. La decisione è stata presa dal direttivo nazionale di Bologna delle Sardine e annunciata stamattina in tv dalla portavoce torinese Francesca Valentina Penotti.

“A livello regionale siamo un po’ divisi, nel senso che ogni Regione pensa giustamente un po’ per se. In Piemonte avremo una sorta di Congresso riunione il 25 gennaio. Importante anche l’Emilia Romagna il 19 gennaio ‘Sardina ospita sardina’ quindi che comprenderà il week end fra il 18 ed il 19 gennaio. Invece il Nazionale posso dirvi che entro il 26 gennaio uscirà una data, una data che verrà stabilita dopo il 26 gennaio, in cui ci sarà un Congresso Nazionale di noi rappresentanti sardine e probabilmente sarà una due giorni”. Così Francesca Valentini Penotti, del Movimento delle sardine di Torino, ad Agorà Rai Tre sull’agenda dei prossimi mesi del movimento delle sardine.

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La vera rivoluzione delle Sardine è ispirare fiducia

Sui social la prima regola è diffidare di tutto e sempre, dalle notizie che possono essere false a chi ti sembra amico. Il movimento anti-Salvini ha rotto questa Rete. Spingendo le persone a scendere in piazza e a tornare a credere nei fondamenti della convivenza umana.

La lettera dei quattro organizzatori delle Sardine, pubblicata da la Repubblica, è fresca e simpatica proprio come le facce e la parlata degli autori. «Eravamo quattro trentenni come ce ne sono tanti», quattro trentenni al bar, insomma, come nella canzone di Gino Paoli, e grazie ad alcune iniziative spontanee nate su Facebook prende corpo l’idea di una manifestazione importante, che si contrapponga al comizio di Matteo Salvini a Bologna. Successo oceanico, e da lì tutto il resto.

CAPTATA UN’ESIGENZA: LA VOGLIA DI PARTECIPAZIONE

I quattro delle Sardine, in sostanza, raccontano che hanno semplicemente ascoltato quello che già stava accadendo, hanno captato un’esigenza, un’inquietudine che era voglia di partecipazione e l’hanno soltanto comunicata, condivisa, organizzata.

QUASI MEZZO MILIONE DI PERSONE USCITE DI CASA

La parte più interessante del loro resoconto di come sono andate le cose non è tanto quella politica – anche se tutto, ovviamente, è politica. La parte interessante è il loro stesso stupore, misto a entusiasmo, per il quasi mezzo milione di persone (sommando tutte le varie manifestazioni) che «sono uscite di casa, al freddo e sotto la pioggia».

PRESENZA FISICA OLTRE LA RETE

L’hanno fatto, dicono, «per dire che la loro idea di società non rispecchia affatto quella presentata dalla destra». Può darsi. Forse alcuni sì e alcuni no. Ma è probabile che la maggior parte sia andata lì soprattutto per uscire dalla Rete, per ritrovare e dare valore alla presenza fisica, benché la Rete sia stata essenziale ai fini organizzativi. Tutte quelle persone, sottolinea la lettera, «si sono fidate, e hanno continuato a fidarsi».

Flash mob delle Sardine nel piazzale della stazione ferroviaria di Venezia. (Ansa)

CONTRO IL WEB CHE TI SPINGE SOLO A DIFFIDARE DI TUTTO

Ecco. La fiducia. Cioè una delle cose più preziose che la pervasività dei social network ha messo in crisi. “Non fidarsi di nessuno” è la prima regola che si impara stando sui social o comunque sul web. Diffidare di tutti e sempre, anche di coloro che ti sembrano simili e amici. Facebook ha disintegrato il concetto stesso di amicizia, trasformandola in collezionismo di facce.

ONLINE SIAMO SEMPRE OSSERVATI E MONITORATI

Ormai tutti abbiamo imparato che ogni nostra attività online è osservata e monitorata per conoscere i nostri desideri, i nostri pensieri, la nostra disponibilità all’acquisto di qualunque cosa. Che puntualmente ci viene proposta, imposta, sbattuta davanti agli occhi con il cartellino del prezzo.

Un momento della manifestazione in Piazza Vittoria a Brescia. (Ansa)

LA FIDUCIA È ALLA BASE DELLA CONVIVENZA UMANA

La fiducia, si sa, è la base stessa della società, dell’economia, della cultura. Se nessuno si fida più di nessuno, si sgretolano i fondamenti della convivenza umana, della civiltà. Se ogni notizia può essere falsa, se ogni account, ogni persona può essere falsa, non è più possibile nessuna interazione virtuosa.

SUI SOCIAL INVECE RESTIAMO SPETTRI DESOLATI

Per questo il movimento delle Sardine, ancorché esprimere una posizione politica, sembra trasmettere in primo luogo una rivolta contro le maglie di una Rete che rendendoci tutti virtuali ci ha reso spettri diffidenti e desolati. Più volte, nella lettera, i quattro esultano al fatto di «essere finalmente liberi». Proprio come pesci che erano finiti nella rete del pescatore e sono riusciti a tornare nel mare aperto delle piazze. Contro i piazzisti della paura e dell’odio.

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La lettera in cui le Sardine spiegano di non voler diventare un partito

I quattro fondatori pubblicano un lungo messaggio su Repubblica. E spiegano: «Siamo un movimento pacifico, incorniciarlo sarebbe come mettere confini al mare».

«La pentola era pronta per scoppiare, le Sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare. L’ Italia è nel mezzo di una rivolta popolare pacifica che non ha precedenti negli ultimi decenni. Chi cercherà di osteggiarla sentirà solo più acuto il fischio, chi tenterà di cavalcarla rimarrà deluso». Scrivono così i quattro fondatori delle Sardine – Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni – in una lettera a Repubblica in apertura di prima pagina. E aggiungono: «La forma stessa di un partito sarebbe un oltraggio a ciò che è stato e che potrebbe essere. E non perché i partiti siano sbagliati, ma perché veniamo da una pentola e non è lì che vogliamo tornare».

«CI SENTIAMO IMPREPARATI, MA LIBERI»

«Chiedere che cornice dare a una rivolta è come mettere confini al mare. Noi ci chiediamo ogni giorno come fare e ci sentiamo ridicoli, inadatti e impreparati… ma finalmente liberi», scrivono i quattro ragazzi. «L’unica certezza che abbiamo è che siamo stati sdraiati per troppo tempo. E che ora abbiamo bisogno di nuotare». I quattro trentenni raccontano il percorso che li ha portati dalla manifestazione del 14 novembre a Bologna a quella del 14 dicembre in piazza San Giovanni a Roma, fino alla riunione del giorno seguente. Oggi «siamo quattro trentenni come ce ne sono tanti in Italia. Il processo che abbiamo contribuito a creare sarà lungo, ma intanto è iniziato. E per quanto possiamo essere qualcuno all’interno delle piazze, dei nostri collettivi e dei nostri circoli, non siamo nessuno all’interno di questo processo», osservano.

«LE SARDINE SONO SOLO UN PRETESTO»

«Le Sardine non esistono, non sono mai esistite. Sono state solo un pretesto. Potevano essere storioni, salmoni o stambecchi. La verità è che la pentola era pronta per scoppiare. Poteva farlo e lasciare tutti scottati. Per fortuna le sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare», sottolineano. «Non è stato grazie a noi, né tanto meno a chi ha organizzato le piazze dopo di noi. È stato grazie a un bisogno condiviso di tornare a sentirsi liberi. Liberi di esprimere pacificamente un pensiero e di farlo con il corpo, contro ogni tentativo di manipolazione imposto dai tunnel solipsistici dei social media. La condivisione dello stesso male ci ha resi alleati coesi, ha unito il fronte».

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Zingaretti e le sardine salvino la Puglia da Emiliano

L'Ilva, la xylella, ora la Banca popolare di Bari: la regione è sull'orlo del baratro, per colpa di una classe dirigente immobile e vanesia. Il segretario dem intervenga. E la piazza gli dia una mano.

Sono pugliese ma non è solo questa la ragione per cui mi voglio occupare dell’ultima disgrazia di questa regione, la Banca popolare di Bari, salvata il 15 dicembre da un decreto del governo Conte. Voglio far solo due osservazioni. La prima è che se la Puglia perde la sua eccentricità e diventa come quasi tutte le altre regioni meridionali, la battaglia per il Sud diventa impossibile. La seconda riguarda da vicino una parte politica, quella per la quale voto. Nell’arco di pochi anni, tutti segnati da una prevalenza del centrosinistra nelle maggiori città e nella regione, la Puglia ha avuto tre guai evitabili. Penso all’Ilva di Taranto, penso alla xylella, penso al dramma in corso della banca popolare.

UNA SITUAZIONE LASCIATA DEGENERARE

Il caso dell’Ilva riguarda migliaia di famiglie di operai non solo di Taranto e altre migliaia di famiglie della città che temono per la propria salute e per quella dei propri figli. La xylella riguarda il “giacimento di petrolio” della regione, cioè quella larga, meravigliosa distesa di ulivi che producono, per quantità e qualità, fra le migliori tipologie di olive e soprattutto di olio extra-vergine. Infine la Banca popolare di Bari in cui si sono riconosciuti molti risparmiatori e che interessa, come raggio d’azione, gran parte dell’economia pugliese. È esagerato dire che siamo di fronte a un burrone che si è aperto? No, non esageriamo. Soprattutto non esageriamo se diciamo che questo burrone non si è spalancato sotto i nostri piedi nel giro di poco tempo. La situazione è stata colpevolmente lasciata degenerare. Anche per l’ultimo caso, quello della banca popolare, siamo di fronte a una vicenda che è esplosa oggi ma che si sapeva sarebbe esplosa. Lo sapeva soprattutto la classe dirigente.

È mai possibile che Emiliano abbia attraversato la vita pubblica per decenni e mai si sia reso conto dei drammatici problemi che aveva di fronte?

Ovviamente qui mi interessa mettere l’accento sulla classe dirigente che governa anche se non si può dire che quella di opposizione abbia dato buona prova di sé. Taranto, uliveti e Popolare di Bari sono i tre banchi di prova non superati da chi ha governato la Puglia ad ogni livello, presidenti di regione, sindaci, ministri/e, consiglieri regionali e comunali compresi. Un fallimento totale e mi dispiace mettere nel calderone il bravo sindaco di Bari. La Puglia ha la classe dirigente più immobile, è dominata da poche figure egemoni che si sentono al di sopra delle critiche e, temo, delle leggi. Quando hanno preso decisioni, penso all’Ilva e alla xylella, hanno sbagliato gravemente. Non dovremo fare l’analisi del voto fra qualche mese, se il centrodestra, azzeccando il/la candidato/a, vincerà le prossime regionali. Come è possibile votare per i personaggi proposti dal Pd? È mai possibile che Michele Emiliano abbia attraversato la vita pubblica per decenni e mai si sia reso conto dei drammatici problemi che aveva di fronte ovvero abbia preso, come per la xylella e l’Ilva decisioni sbagliate, gravemente e colpevolmente sbagliate?

SE NON SI FANNO LE PULIZIE, LA REGIONE È PERSA

Non sente Emiliano che è arrivato il momento di salutare a centrocampo e di andare negli spogliatori e con lui la sua competitrice Elena Gentile, ex assessora alla sanità regionale ed eurodeputata e l’altro consigliere regionale, Fabiano Amati, anche lui da anni al vertice del potere? A casa, andate a casa. Leggiamo analisi sofisticate sulle ragioni delle sconfitte della sinistra. E se mettessimo in conto che perde perché in certe situazioni è del tutto incapace di affrontare e risolvere problemi complessi, perché spesso li complica di più, perché, come nel caso della Popolare, è complice o silente di fronte a banchieri avventurosi? Il fatto è che questi leader della sinistra non hanno tempo da perdere con i problemi dovendo occuparsi della propria immagine, in realtà molto sfigurata. Non so se ci sono sardine in Puglia. Non so che cosa pensi di fare Nicola Zingaretti. So che se non si fanno le grandi pulizie in Puglia, la regione è persa. Bisogna trovare altre figure pubbliche, più giovani, più generose, più capaci meno vanesie. Ci sono, ce ne sono quante ne volete, ma, per favore, Zingaretti commissari il Pd e le sardine aiutino questa gigantesca operazione di rinnovamento.

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Le Sardine puntano a superare il 25% dei consensi

Fissati gli obiettivi dopo la prima assemblea andata in scena a Roma in presenza di 150 animatori. Nessun partito per ora, ma sostegno alle liste di sinistra in Emilia-Romagna e Calabria.

Primo obiettivo non fermarsi e tornare nelle piazze ovunque, sul territorio. L’altro traguardo è superare il 25% dei consensi fra gli italiani. Dopo aver invaso le grandi città, le Sardine, riunite per la prima volta a Roma in assemblea, promettono battaglia nei territori: dalle periferie ai piccoli centri. «Particolare attenzione» sarà dedicata alla Calabria e all’Emilia-Romagna, dove tramonta l’ipotesi di una lista separata, in vista delle prossime elezioni. «Negli ultimi 30 giorni» – si legge in un lungo post su Fb – «le Sardine hanno scatenato una straordinaria energia, occorrerà molta pazienza per dare anche un’identità politica a questo fenomeno». Insomma, ancora movimento, il partito può attendere.

L’IMPEGNO DI CONTE SUL DECRETO SICUREZZA

All’indomani della conquista di piazza San Giovanni, luogo simbolo della sinistra politica e sindacale italiana, le Sardine ottengono comunque un primo risultato, seppure parziale: l’impegno del premier Conte a rivedere il decreto sicurezza. «Le richieste delle Sardine sui decreti sicurezza» – sottolinea il premier – «le abbiamo già ascoltate. Tra i punti del programma di governo c’era l’impegno a raccogliere le raccomandazioni del presidente Mattarella per ritornare a quella che era la versione originale del secondo decreto per come era uscita dal Consiglio dei ministri».

OLTRE 150 ANIMATORI NELLA RIUNIONE A PORTE CHIUSE

Così oltre 150 animatori delle manifestazioni locali di queste settimane si sono dati appuntamento in un palazzo occupato per fare il punto su come andare avanti. Una riunione a porte chiuse, durata oltre quattro ore, convocata per avere un primo contatto fisico tra persone in carne e ossa che sinora si sono parlate solo sui social. È stata anche l’occasione per dar vita a tavoli tematici, fare un primo bilancio di cosa si può migliorare nella convocazione delle piazze. Al momento niente che possa far pensare a un passaggio dal movimento spontaneo a qualcosa di più organizzato, lista o partito. Prima che parlasse il leader Mattia Santori, è una Sardina pugliese, Grazia De Sario, a escludere ogni esordio elettorale: «Non faremo un partito, non ci saranno candidature e non ci saranno liste civiche in Emilia-Romagna. Appoggeremo le liste di sinistra», taglia corto circondata dalle troupe tv. Poco più tardi, ai microfoni di Mezz’ora di più, anche se in modo meno esplicito, anche Santori allontana l’ipotesi di una loro discesa in campo: «Puntiamo a trovare un dialogo con la politica, non siamo ancora pronti a trovare né i punti del dialogo né un interlocutore del dialogo».

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Come è andata la prima riunione nazionale delle Sardine

«Vogliamo tornare prima possibile nelle piazze». A un mese esatto dalla manifestazione di Bologna, partecipano 150 promotori delle iniziative di piazza locali che si sono tenute da metà novembre a oggi.

Cosa sarà del futuro delle Sardine? Hanno cercando di capirlo loro stesse – a un mese esatto dalla prima manifestazione di Bologna e all’indomani della prova romana – durante la prima riunione nazionale delle Sardine, alla quale stanno partecipando circa 150 promotori delle iniziative di piazza locali che si sono tenute in da metà novembre a oggi. L’incontro, a porte chiuse, si è tenuto nello Spin Time Labs, una sorta di centro sociale, a due passi da Piazza San Giovanni, dove alloggiano circa 150 famiglie, con tanto di auditorium dove si organizzano eventi culturali. All’ingresso, un grande striscione: «Viva le sardine, abbasso gli sgombri». Alcuni ragazzi alla porta hanno riferito che si tratta sostanzialmente di un primo contatto fisico tra chi in questo mese ha comunicato solo su Facebook. Una riunione, quindi, prettamente organizzativa, durante la quale si discuterà insieme per fare un primo bilancio sulle manifestazioni, su cosa ha funzionato di più e cosa di meno. Sempre le stesse fonti sostengono che non sia all’ordine del giorno né la decisione né il dibattito sull’eventuale presentazione di liste alle prossime elezioni regionali. «Tornare prima possibile nelle piazze: questo è l’obiettivo di questa riunione in cui ci siamo conosciuti», ha detto al termine dell’incontro Mattia Santori.

Dialogo.Per riassumere in una parola cosa è successo nel primo "congresso" delle Sardine basta una parola. Che passa…

Posted by 6000 sardine on Sunday, December 15, 2019

«Dialogo. Per riassumere in una parola cosa è successo nel primo “congresso” delle Sardine basta una parola. Che passa dall’ascolto, dall’empatia, dalla non violenza, dall’accettazione delle diversità. E da un obiettivo comune: tornare sui territori subito», ha scritto il Movimento delle Sardine su Facebook. «Continuare a presentare un’alternativa alla bestia del sovranismo e alle facili promesse del pensiero semplice. Continueremo a difendere la complessità. E lo faremo in maniera semplice, gratuita, creativa. L’obiettivo delle persone che vedete in questa foto non è decidere o comandare. Ma coinvolgere. Se lo vorrete ci rivedremo presto».

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L’endorsement di Di Maio alle Sardine

«Bella piazza, sarebbe bello lavorare insieme», ha detto il leader del M5s dopo la manifestazione di Piazza San Giovanni a Roma. E sulla Popolare di Bari dice: «Va nazionalizzata».

Alla fine le Sardine si sono prese anche piazza San Giovanni a Roma, luogo storico della sinistra, stipate a decine di migliaia. Più di 100 mila per gli organizzatori. Un terzo circa, per la questura. E proprio le Sardine sono uno dei due argomenti principali di una lunga intervista di Luigi di Maio al Corriere. «Bella piazza, si può lavorare insieme», ha detto il ministro degli Esteri. «Ogni nostra convergenza è sempre sul programma. Ma facciamo così: per ipotesi, sarebbe bello lavorare insieme su ambiente, giustizia, diritti sociali, lavoro, casa e aiuto alle persone in difficoltà».

SULLA POPOLARE DI BARI: «COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLE BANCHE»

Invece della Popolare di Bari, ultima patata bollente finita sul tavolo del Governo, Di Maio pensa che vada «nazionalizzata». «Se una banca fallisce», ha spiegato il capo politico del M5 sempre al Corriere, «non è colpa dei risparmiatori. La solidità del sistema è fondamentale, ma se ci sono manager che hanno prestato soldi allo scoperto, devono pagare. Il tempo del silenzio è finito», sostiene. E sulla necessità di salvare prima i risparmi di 70 mila famiglie, ha osservato: «Possiamo fare tutte e due le cose: avviare in Consiglio dei ministri il procedimento che metta agli atti i nomi di chi ha ricevuto soldi allo scoperto, facendo chiarezza sui legami politici locali, e contestualmente mettere al riparo i risparmi. E bisogna far partire la commissione d’inchiesta sulle banche». Se lo Stato – ha aggiunto – «deve mettere soldi per salvare i conti correnti, dobbiamo fare in modo che quella banca sia nazionalizzata. Il nostro progetto è la banca pubblica degli investimenti». E in merito al decreto: «Daremo due risposte, una ai mercati, l’altra ai cittadini».

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La manifestazione delle Sardine a Roma

Tutto pronto per il primo appuntamento nazionale del movimento nato appena un mese fa. Attese decine di migliaia di persone. Dopo la provocazione, CasaPound rinuncia a piazza San Giovanni.

Il partito che (ancora) non c’è e che (per ora) non vuole essere tale è chiamato a misurarsi con San Giovanni a Roma, la piazza della sinistra, ma di recente gremita dal centrodestra a guida leghista. Già una prima prova di maturità per le Sardine, a un solo mese dall’improvviso apparire del movimento a Bologna, in funzione anti-Salvini alle Regionali e per una politica senza odio fatta da competenti.

PRIMO BANCO DI PROVA NAZIONALE PER IL MOVIMENTO

Il primo meeting nazionale del non-partito liquido, «una festa contro l’odio e per i valori antifascisti e costituzionali» secondo gli organizzatori, alla quale sono attese decine di migliaia di persone. Con sit-in minori in mezzo mondo. E con il premier Giuseppe Conte – al quale le Sardine «fanno simpatia», delle quali vede «la positività» – pronto a incontrarle, se lo chiederanno. «Ma non per metterci il cappello sopra», precisa.

DOPO LA PROVOCAZIONE, CASAPOUND RINUNCIA ALLA PIAZZA

Oltre al numero, dopo l’ultima, affollatissima manifestazione di Torino, sono state sciolte le incognite sulla presenza o meno di CasaPound, che avrebbe potuto cercare visibilità, sfruttando un’apparente apertura poi ritrattata del ‘portavoce’ romano Stephen Ogongo. «Mica ci avrete creduto?», ha scritto Simone Di Stefano. «Quello delle Sardine è un vuoto pneumatico che non può essere riempito con nessuna buona idea. Pappagalli del Bella Ciao, state bene così!».

TUTTI IN STRADA CON UNA SARDINA

Gli organizzatori hanno chiesto di venire solo col il simbolo della sardina (una gigante è in preparazione). Un lungo happening dalle ore 15 dai contorni da definire, come la linea del movimento al di là di antirazzismo, antifascismo e antipopulismo e sovranismo. Normale per un fenomeno repentino. Sarà la prima prova nel cuore politico del Paese anche per Mattia Santori, uno dei quattro creatori trentenni delle Sardine, ma finora vero leader con le sue numerose apparizioni tivù. Una novità, politica in senso ampio, che piace a tutti tranne a Matteo Salvini e Giorgia Meloni (perché anche in Forza Italia ci sono dei simpatizzanti), ma che teme di essere strumentalizzata per scopi elettorali.

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Le Sardine e il caso della presunta apertura a CasaPound

Fanno discutere le parole del rappresentante romano del movimento: «Per ora nessun paletto, in piazza può venire chiunque». Ma un comunicato precisa: «Non abbiamo bandiere, ma siamo e resteremo antifascisti».

Se il pubblico endorsement di Francesca Pascale aveva già creato qualche grattacapo alle Sardine, ora a far discutere ci si è messa anche l’intervista rilasciata dal rappresentante romano del movimento al Fatto Quotidiano, nel corso della quale ha trovato spazio una sostanziale apertura a qualsiasi forma di rappresentanza, anche a formazioni di estrema destra come CasaPound. A parlare è stato Stephen Ogongo, leader dell’ala romana del movimento nato a Bologna il mese scorso.

«SIAMO E RESTEREMO ANTIFASCISTI»

Alla domanda sui «paletti» che le Sardine dovrebbero mettere all’ingresso del loro movimento, Ogongo ha risposto: «Quelli li metteremo se, e quando, ci daremo un’identità politica. Per ora è ammesso chiunque, pure uno di CasaPound va benissimo. Basta che in piazza scenda come Sardina». Il movimento, con un post apparso sulla sua pagina Facebook, ha immediatamente provato a correggere il tiro, intendendo il senso delle parole di Ogongo come una forzatura giornalistica. «Le piazze delle Sardine si sono fin da subito dichiarate antifasciste e intendono rimanerlo. Nessuna apertura a CasaPound, né a Forza Nuova. Né ora né mai».

«IL LINGUAGGIO POLITICO DI CERTA DESTRA HA PASSATO IL SEGNO»

«In merito all’articolo del Fatto Quotidiano», si legge in una nota, «sentiamo la necessità di fare alcune precisazioni. Non possiamo chiedere a ognuno dei partecipanti alla nostra piazza la fede politica, è una piazza libera e accogliente, non mettiamo paletti, non cacciamo nessuno. Essere senza bandiere non significa essere privi di idee e di coscienza politica. Sappiamo che piazza San Giovanni fa gola a molti. Ma ribadiamo con forza che l’invito è rivolto a chi crede che il linguaggio politico di una certa destra abbia passato il segno. A chi è stanco di stare a guardare dalla comodità del proprio divano».

CASAPOUND: «PRONTI AD ANDARE SE CI INVITANO»

CasaPound non si è fatta sfuggire l’occasione per provare a cavalcare il caso a proprio favore. «Le Sardine ci invitano in piazza? Ci andiamo ma non canteremo di certo Bella Ciao», ha risposto suTwitter il leader Simone Di Stefano. «Parliamo di idee, mutuo sociale, una nuova Iri, come aumentare i salari come mettere le banche sotto il controllo dello Stato, come far circolare e aumentare la ricchezza della nostra nazione».

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Sardine protagoniste: dalla Scala a Bologna e Napoli

Patti Smith dalla Scala strizza l'occhio al movimento: «Hanno il potere». Francesca Pascale tifa per loro e imbarazza Forza Italia. Bonaccini le ringrazia. E a Napoli nasce la loro versione nera. Il banco saprà gestire il successo?

La Prima della Scala e delle Sardine. Già perché il movimento di piazza nato a Bologna in chiave anti-sovranista ha vissuto sabato 7 dicembre il suo giorno di gloria. Incassando endorsement di peso – da Patti Smith a Francesca Pascale – e il riconoscimento da parte del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.

IL TIFO DI FRANCESCA PASCALE

Sicuramente l’apertura di Francesca Pascale ha spiazzato tutti. Forza Italia compresa. La compagna di Silvio Berlusconi ha detto in una intervista all’Huffington Post di tifare per le Sardine. «Ritrovo elementi e quella libertà che furono propri della rivoluzione liberale di Berlusconi. Mi auguro non facciano come i grillini».

Francesca Pascale e Silvio Berlusconi.

Ma Pascale si è spinta oltre visto che «sta valutando il piacere di ri-scendere in piazza il 14 dicembre» a Roma. Le Sardine dal canto loro, per bocca di Mattia Santori, le hanno dato il benvenuto. Le parole di Pascale sono state accolte con meno entusiasmo da Forza Italia, anche perché, è stato fatto notare, sostenere chi in Emilia-Romagna si batte in piazza contro la candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni, in una fase di aperta campagna elettorale, assume un pesante rilievo politico.

L’EFFETTO SARDINE AIUTA BONACCINI

E proprio da Bologna le Sardine sono state ringraziate dal presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che ha inaugurato la sua campagna elettorale proprio da Piazza Maggiore. Diecimila i partecipanti.

Stefano Bonaccini in piazza a Bologna (Foto Massimo Paolone/LaPresse).

«So che c’è Mattia qui, lo saluto e lo ringrazio», ha detto dal palco Bonaccini. «Ci avete mostrato quanta gente non aspettava altro che riempire piazze con un discorso opposto a quello di questa destra». Dunque, è la promessa, «il nostro compito è quello di provare a dare una risposta a quella domanda e ci proveremo».

IL DEBUTTO DELLE SARDINE NERE

Da Bologna si passa a Napoli, dove oltre 200 Sardine nere del Movimento Migranti e Rifugiati hanno fatto il loro esordio manifestando in corteo per chiedere l’accelerazione dei tempi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e il rapido rilascio dei permessi di soggiorno. Puntando il dito sì contro Salvini, ma anche contro l’attuale titolare del Viminale Luciana Lamorgese.

sardine-nere-napoli
Il corteo delle Sardine nere di Napoli.

«Cambiano i governi e ministri dell’Interno, ma non cambiano le politiche contro i migranti, i rifugiati e le fasce più deboli della popolazione», hanno spiegato il Movimento Migranti e Rifugiati Napoli e l’Ex-Opg Je so’ Pazzo.

IL MURALES SALVINI SARDINA E L’ENDORSEMENT DI PATTI SMITH

E il giro del banco si chiude di nuovo a Milano dove un pesce con la testa di Salvini è apparso sui muri dei Navigli: Salvini Sardina opera dello street artist TvBoy.

Patty Smith (La presse).

Mentre dal foyer della Scala apprezzamento per le Sardine è arrivato da Patti Smith. People have the power, e non poteva essere altrimenti. «Le persone», ha detto, «hanno il potere specialmente in Italia. Le Sardine hanno il potere».

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Francesca Pascale sorride alle Sardine

In una intervista all'Huffington Post la fidanzata di Berlusconi dice di simpatizzare per il movimento di piazza. L'unico rischio? «Finire come il M5s».

Mentre Silvio Berlusconi con gli alleati di centrodestra Matteo Salvini e Giorgia Meloni cerca la quadra sui candidati alle prossime Regionali in Emilia-Romagna e Calabria, Francesca Pascale guarda da tutt’altra parte. E sorride alle Sardine. Perché, ha detto la fidanzata del Cav in una intervista all’Huffington Post, nel movimento ritrova «quella libertà» che fu propria «della rivoluzione liberale» di Berlusconi. Per questo motivo non ha escluso di partecipare alla manifestazione ittica del 14 dicembre a Roma.

«LE SARDINE PESCANO ANCHE TRA CHI NON HA MAI VOTATO A SINISTRA»

Le Sardine, continua Pascale, sono un «fenomeno spontaneo, dilagante, animato da giovani, quindi va guardato con rispetto, interesse e soprattutto non va sottovalutato. Un errore che a suo tempo è stato commesso con i 5 stelle ed il risultato è quello che è oggi sotto gli occhi di tutti». La loro rivolta pacifica contro un «linguaggio pericoloso» e «in grado di innescare odio» fa sì, spiega la first lady di Arcore, che le Sardine «peschino anche tra coloro che non hanno mai votato e che mai voteranno a sinistra, incarnano l’esigenza di un cambiamento».

LEGGI ANCHE: Il debutto a Napoli delle Sardine nere

Il rischio è che questo movimento di piazza e spontaneo subisca la stessa metamorfosi toccata al Movimento 5 stelle, «prima anti-sistema, oggi in giacca e cravatta attaccati alla poltrona». Il consiglio? «Restate indipendenti, restate liberi, siate l’anima rivoluzionaria che alberga in tutti i partiti e che pertanto non ha bisogno di etichette».

SANTORI: «DIAMO IL BENVENUTO A CHIUNQUE SI DISCOSTI DAL SOVRANISMO»

E la risposta delle Sardine non si è fatta attendere. «La Pascale tra noi?», ha detto all’Adnkronos uno dei leader del movimento Mattia Santori. «Diamo il benvenuto a chiunque si discosti dal sovranismo. Non abbiamo bandiere proprio perché accettiamo chiunque voglia prendere posizione contro la retorica sovranista divisiva professata da una parte della destra». Poi ha sottolineato: «Rimane il fatto che in Emilia-Romagna e non solo Forza Italia è alleata proprio con i principali artefici di questa retorica. Ma se viene con una sardina bella colorata, chiuderemo un occhio».

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Anche Romano Prodi dà il suo sostegno alle Sardine

L'ex presidente del Consiglio spende parole di elogio per il neonato movimento: «Chiedono toni civili, la gente è stufa delle tensioni».

Dopo l’ennesimo successo di piazza per le Sardine arriva anche un “endorsement” di peso, quello dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. «La gente è perplessa sulle tensioni che si hanno: d’altra parte non avevo mai visto in vita mia una grande manifestazione che inneggia alla civiltà dei toni», ha detto Prodi parlando dei pienoni fatti registrare dalle Sardine. «Questo quindi vuol dire che la durezza del dibattito, indipendentemente dai contenuto del dibattito, comincia a stancare», ha aggiunto l’ex premier a margine di un convegno a Firenze su Carlo Azeglio Ciampi.

SANTORI: «UNA FAKE NEWS I MIEI LEGAMI CON PRODI»

Intanto, l’ideatore del movimento, Mattia Santori, ha respinto le illazioni sulla sua presunta vicinanza proprio a Prodi. «I miei legami con Prodi? Una fake news montata ad arte», ha detto Santori a PoliticaPresse, il forum di LaPresse. «Un giornale è andato a spulciare il mio profilo Facebook in cui dicevo che, per lavoro, lo avevo intervistato. Sotto quell’articolo è arrivata una serie di insulti semplicemente perché si parlava di Prodi».

QUELLE SARDINE CHE APRIRONO LA STRADA ALL’EX PREMIER

Ironia della sorte, ad aprire la strada di Palazzo Chigi all’ex presidente del Consiglio furono proprio delle sardine. Il cosiddetto “patto delle sardine” fu infatti l’accordo col quale il 22 dicembre 1994 Umberto Bossi, Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione si accordarono per far cadere il primo governo Berlusconi. Come ricordato dallo stesso Bossi, i tre “cospiratori” si erano trovati nella casa del leader leghista alla periferia di Roma: «A un certo punto chiesi: avete fame?» La risposta fu un sì piuttosto timido: avevano capito che in quella casa non c’era da aspettarsi una gran cena. Oltretutto non si vedeva l’ombra di una colf, o di un cuoco. Andai in cucina, aprii il frigorifero e ci trovai una confezione di pancarrè, alcune scatole di sardine e tre o quattro lattine di birra e Coca Cola. Piazzai tutto sul tavolo, aprii lo scatolame e cominciai a mettere insieme qualcosa di simile a dei tramezzini». I tre politici firmarono così il “patto delle sardine”, sancendo la fine dell’esperienza a palazzo Chigi del Cav e l’arrivo del tecnico Lamberto Dini, a sua volta precursore del governo Prodi.

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La pioggia non ferma le Sardine a Milano: invasa Piazza Duomo

La manifestazione si è spostata da Piazza dei Mercanti per la folla troppo numerosa. Tra gli ospiti Saviano: «Voi impedite l'erosione della democrazia».

La pioggia non ferma le Sardine a Milano: Piazza del Duomo è gremita di persone che hanno deciso di prendere parte alla manifestazione lanciata dal movimento delle Sardine per la prima volta anche nel capoluogo lombardo. Sul palco si sono alternati momenti di musica e altri in cui attori hanno recitato alcuni articoli della Costituzione. Nel frattempo la folla cantava ‘Bella Ciao‘ o scandiva ‘Milano non si Lega‘, o ancora ‘Ora e sempre Resistenza‘.

SAVIANO PARLA ALLA FOLLA

«Queste piazza non deve essere una piazza solo contro, ma sta andando verso la difesa dei diritti che sono prima di ogni cosa. Le Sardine impediscono l’erosione della democrazia»: così Roberto Saviano ha salutato le Sardine. «Questa piazza è bellissima perché non c’è nessun leader, nessuna volontà di dire vaffa o di fare rottamazioni», ha aggiunto, «ma questa è l’Italia che ha voglia di incontrarsi e ragionare».

LA MANIFESTAZIONE SPOSTATA IN DUOMO

La manifestazione è stata spostata dalla più piccola piazza dei Mercanti alla centrale piazza del Duomo. Questo, come hanno spiegato gli organizzatori perché la partecipazione è stata più ampia del previsto..

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All’Italia servirebbe un’alleanza tra Draghi e Sardine

Giovani e giovanissimi da una parte e over 50 competenti, proprio come l'ex presidente della Bce, dall'altra. Solo dal loro dialogo il Paese potrebbe ripartire. Dopo il fallimento della generazione mediana, lasciata sola a gestire il sogno edonista (e irrealizzabile).

Mario Draghi. Ieri salvatore dell’euro e dell’Europa. Domani magari presidente della Repubblica o premier e, perché no, mentore del movimento delle Sardine.

Fantascenario che certo è una battuta, ma anche un auspicio e la rappresentazione ideale di una società italiana completamente rifondata. Che vuole lasciarsi alle spalle 20 anni e più di cattiva politica, di protagonismi maleducati e incompetenze esibite.  

Draghi e Sardine. Per dire della necessità urgente di un reset del Sistema. Che tuttavia della mobilitazione di piazza anti-leghista accoglie soprattutto la richiesta di “buona politica”, depurata da un leaderismo sguaiato e demagogico. E coglie, credo, il dato più interessante e utile in prospettiva nell’inedita convergenza di generazioni che sono anagraficamente distanti, quasi remote fra loro.

L’ETÀ DI MEZZO VITTIMA DEL DISINCANTO

Le Sardine infatti nella loro attuale composizione sono perlopiù giovani e giovanissimi con presenza significativa di 50/60enni e oltre. Piuttosto che di 40enni, intesi come generazione di mezzo, fascia d’età che si allunga di cinque-10 anni sia in basso che in alto, comprendendo 30enni maturi e 50enni “suonati”. Ovvero quell’Italia di mezzo, che essendo cresciuta e formatasi in una società sempre più spoliticizzata, è culturalmente, anche per effetto di lunga esposizione alla tivù commerciale, ovvero a una “programmazione populista”, attratta dalle sirene leghiste e sovraniste. Ma riferendomi ai 35-50enni devo aggiungere che questi non hanno vissuto la stagione delle grandi lotte politiche di piazza, ma quella del disincanto. Quindi sono fisiologicamente refrattari alla partecipazione politica e alla militanza partitica. Ma sono anche poco digitali: usano perlopiù solo i social, perché non richiedono competenze specifiche e abilitanti. Ciò spiega anche perché questa classe d’età sia la più sensibile alla propaganda, alla comunicazione emozionale.

IN PIAZZA C’È LA CONVERGENZA DI GENERAZIONE Z E I BABY BOOMER

Le piazze che si stanno riempiendo di Sardine vedono la convergenza di generazione Z e della parte più giovane dei millenial, con la fascia di baby boomer più colta e benestante. In questo senso si può convenire con chi parla di piazze sardiniste caratterizzate e fisicamente occupate dal ceto medio urbano. E nel segnalare come questa convergenza sia in linea col fenomeno, definito da The EconomistSocialismo dei millenial”, che è nato e si sta sviluppando in Inghilterra e Usa. E che vede un numero crescente di giovani e giovanissimi sostenere e votare Bernie Sanders e Jeremy Corbyn (che conta appunto molto sui nuovi elettori per le prossime elezioni del 12 dicembre). E che ha la sua icona nella più giovane congresswomen  della storia parlamentare statunitense: Alexandria Ocasio-Cortez.

MANCA OGNI RIFERIMENTO AI LEADER DEGLI ULTIMI 20 ANNI

I due estremi generazionali che vengono colmati e pareggiati da una richiesta di “buona politica” trovano una spiegazione convincente in un comune rimpianto: per i primi esprime desiderio di provare quel che è stato loro raccontato e che ormai è storia, mentre per i secondi è voglia di ritrovare gli ideali e le pratiche della giovinezza. Non casualmente manca del tutto qualsiasi riferimento alla sinistra di governo, ai leader democratici di quest’ultimo ventennio. Non rivoluzionari veri né riformisti convinti, ma aggiustatori mediocri di un sistema che ha penalizzato soprattutto i giovani. Sono infatti Enrico Berlinguer e la “meglio gioventù” i più citati ed evocati dalle Sardine. Ovviamente con tutte le retoriche e le amnesie che ogni riscoperta si porta appresso. 

UNA GENERAZIONE SCHIACCIATA

Disintermediazione è la parola chiave di questi anni e prevedibilmente, con più forza distruttiva, dei prossimi. Ma curiosamente o paradossalmente questo processo si manifesta anche sulle età della vita e sulle dinamiche generazionali e intergenerazionali. Non sono solo i corpi sociali e i quadri produttivi intermedi, le mezze stagioni e le mezze porzioni a essere disintermediati. Ma anche le classi d’età di mezzo, quelle situabili fra i 35 e i 50 anni che scontano oggi, come non era mai accaduto prima, il fatto di non essere più anelli di congiunzione fra giovinezza e maturità, ma invece delle interruzioni, se non delle fratture, generazionali. Oggi, infatti, le classi d’età di mezzo sono compresse, schiacciate, non potendo competere con i nativi digitali, sul piano delle abilità e competenze tecnologiche, ma nemmeno con i 60/70enni sul piano dell’esperienza.

LEGGI ANCHE: Quella sindrome del buffone che inquina la nostra politica

Anche perché sono entrati nel mercato del lavoro tardi, così come tardi si sono sposati e non hanno fatto figli. Non sono svelti e intuivi come i 20enni, ma nemmeno riflessivi e con la cultura del lavoro dei più anziani. Sono quelli che pur essendo ancora giovani anagraficamente, hanno meno futuro degli altri. Sono furbi, però con bassa propensione etica, perché hanno coltivato grandi attese e sogni di gloria, essendosi formati nei decenni 80 e metà 90, quelli dell’edonismo reaganiano, della glorificazione del successo e dei soldi. Ma proprio per questo anche il molto che materialmente hanno sembra a loro poco. Quasi niente. Per questo sono eversivi, ma non rivoluzionari. Prova è che i Gilet gialli francesi sono 50enni, così come il grosso dell’elettorato leghista e sovranista in Italia.

L’ITALIA RINCORRE ANCORA IL TRENO DELL’INNOVAZIONE

In tale contesto e considerato che la classe politica e di governo attuale, più che mai sgangherata, è nelle mani di leader (Matteo Salvini, Matteo Renzi, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni e mettiamoci anche Giuseppe Conte e Carlo Calenda) che anagraficamente stanno, appunto, nell’età di mezzo, si comprende perché abbiamo perso, come Paese, lo spirito imprenditoriale, la creatività e la voglia di lavorare che hanno fatto grande l’Italia nei due decenni postbellici. Nel contempo non siamo riusciti ad agganciarci al treno dell’innovazione, non solo tecnologica, che ormai è in piena corsa in numerosi altri Paesi e che di questo passo rischiamo di perdere definitivamente. 

sardine chi sono piazze italiane
Le Sardine a Bologna.

I GIOVANI HANNO BISOGNO DI GUIDE RICONOSCIUTE

Non ci resta che confidare nella discesa in piazza di giovani e giovanissimi, in grado, vista la velocità con la quale si sono materializzati dal nulla, di dare vita a qualcosa di radicalmente nuovo. Una politica più gentile e capace di tradurre, in forme più avanzate di partecipazione e rappresentanza, le enormi possibilità offerte dall’economia digitale. Visto che sin qui, come scrive il sociologo svedese Adam Ardvisson (Changemakers: The Industrious Future of the Digital Economy ), «l’uso migliore che abbiamo saputo trovare per l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data è la pubblicità mirata su Facebook per uno shampoo o un app per ordinare la pizza senza dover alzare il telefono». Mentre invece serve urgentemente regolare la sharing economy e avere idee concrete su cosa farsene del blockchain.

LEGGI ANCHE: Siamo poveracci con i portafogli (quasi) pieni

E qui, certo, sono zeter e millenial che devono immaginare il mondo e la società che verranno. Naturalmente migliori di quelli attuali. Ma potranno realizzarli solo accantonando idee di rottamazione e di scontro generazionale, del quale, peraltro, Quota 100 è un bell’incentivo, il cui solo aspetto positivo è rendere evidente quanto la politica e i politici che l’hanno voluto sono obsoleti. Nonostante siano anagraficamente giovani. E di contro quanto giovani e giovanissimi abbiano bisogno non di vecchi narcisi (giornalisti soprattutto) che fanno ironie su gretini e Sardine, bensì di vecchi sapienti e competenti. Capaci di indicare futuri possibili e auspicabili. In forza di leadership riconosciute e ispirate. Come Mario Draghi, appunto.

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Studenti e Sardine invadono le piazze nel quarto sciopero per il clima

Appuntamento in oltre 100 città italiane a una settimana dalla Cop25 di Madrid: «Vogliamo vivere in un mondo libero dalla minaccia del cambiamento climatico».

Studenti in piazza per il quarto sciopero globale per il clima, in programma venerdì 29 novembre in oltre 100 città italiane. Per la prima volta a far compagnia ai ragazzi ci sarà anche il neonato movimento delle Sardine. “Tutti insieme famo paura” e “salva la Terra, cambia il sistema” sono solo alcuni tra i primi slogan e striscioni apparsi in piazza della Repubblica a Roma. Da lì il corteo proseguirà su via Vittorio Emanuele Orlando, largo di Santa Susanna, via Barberini, piazza Barberini, via Sistina, piazza della Trinità dei Monti, viale della Trinità dei Monti, viale Gabriele d’Annunzio per finire in piazza del Popolo

IN PIAZZA A UNA SETTIMANA DALLA COP25

La data del 29 novembre è stata scelta perché cade a una settimana dalla Cop25, la conferenza Onu sui cambiamenti climatici in programma dal 2 al 13 dicembre a Madrid. Obiettivo dichiarato degli attivisti del movimento Fridays for Future Italia «è far sì che i leader politici dei vari Paesi prendano misure immediate ed efficaci per contrastare la crisi climatica». A tal proposito, Giacomo Cossu, coordinatore nazionale di Rete della Conoscenza, ha spiegato: «Torniamo in piazza con Fridays for Future perché vogliamo un altro mondo in cui vivere, libero dalla minaccia del cambiamento climatico. Il Black Friday è il momento perfetto per denunciare un sistema economico fondato sullo sfruttamento sconsiderato dell’ambiente e dei lavoratori per produrre merci inutili a prezzi bassi. Vogliamo un cambiamento radicale del sistema economico, perciò dalle piazze di domani lanceremo un messaggio ai potenti del mondo che si riuniranno dal 2 al 13 dicembre alla Cop25 di Madrid: basta propaganda, non c’è più tempo. I cambiamenti climatici hanno già effetti devastanti, come abbiamo visto con l’acqua alta straordinaria che ha sommerso Venezia. Vanno azzerate le emissioni entro il 2025, mentre il governo italiano nella legge di Stabilità prevede la conferma di circa 19 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi fino al 2040, inclusi gli inutili incentivi alle auto aziendali inquinanti. Il governo non ha presentato un Green New Deal, piuttosto vediamo un Green New Fake. Saremo in piazza anche il 6 dicembre alla grande manifestazione dei giovani a Madrid, contro l’irresponsabilità dei potenti del mondo».

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A Genova 8 mila sardine in piazza contro il sovranismo

Nuovo pienone con giovani, anziani, bambini e e famiglie in piazza per dire no all'odio e al populismo. Cantando De André e Bella Ciao.

Giovani, anziani, bambini,famiglie, studenti e professionisti, con in mano sardine di tutte le dimensioni e di tutti i colori. Sono 8 mila le Sardine di Genova, scese in piazza nella serata del 28 novembre. «No al sovranismo, al populismo, no all’odio, no al razzismo, no alla discriminazione», dice Roberto Revelli, un educatore che per primo ha lanciato l’evento su Facebook due settimane fa.

STRISCIONI E CANZONI DI DE ANDRÉ

Tanti gli striscioni ,come quello tenuto in mano dagli
organizzatori, «voi non avete fermato il vento, gli avete fatto
perdere tempo” che cita Fabrizio De André. E anche: «Più sardine
meno beline«, «I pesci non chiudono gli occhi» e «Genova non
abbocca». «La Costituzione non è un reato ed è per questo che
siamo qua stasera» – dicono gli organizzatori – «perché ci
riconosciamo nei valori della Carta, che è il nostro unico
slogan». Le sardine cantano Creuza de ma di De André, Bella Ciao
e gli Inti-illimani, ma anche l’inno di Mameli. «Genova è solo
antifascista», intona la piazza.

TRA LORO IL PRETE SIMBOLO DELL’ACCOGLIENZA

In tanti si passano il microfono: «Vogliamo che il diritto all’istruzione, alla sanità, al lavoro, siano per tutti, per tutti, nessuno escluso e siamo qua perché noi non escludiamo nessuno, perché siamo liberi, democratici, e
antifascisti», spiegano. Tra loro anche don Paolo Farinella,
prete simbolo dell’accoglienza a Genova che aveva ricoperto la
porta della sua chiesa a San Torpete con le coperte termiche che
vengono date ai migranti salvati sui barconi: «Non voglio
annegare in un barile di sardine» – dice alla piazza – «ma voglio
che le sardine anneghino tutto quello che ci sta impedendo di
essere un Paese civile».

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A Genova 8 mila sardine in piazza contro il sovranismo

Nuovo pienone con giovani, anziani, bambini e e famiglie in piazza per dire no all'odio e al populismo. Cantando De André e Bella Ciao.

Giovani, anziani, bambini,famiglie, studenti e professionisti, con in mano sardine di tutte le dimensioni e di tutti i colori. Sono 8 mila le Sardine di Genova, scese in piazza nella serata del 28 novembre. «No al sovranismo, al populismo, no all’odio, no al razzismo, no alla discriminazione», dice Roberto Revelli, un educatore che per primo ha lanciato l’evento su Facebook due settimane fa.

STRISCIONI E CANZONI DI DE ANDRÉ

Tanti gli striscioni ,come quello tenuto in mano dagli
organizzatori, «voi non avete fermato il vento, gli avete fatto
perdere tempo” che cita Fabrizio De André. E anche: «Più sardine
meno beline«, «I pesci non chiudono gli occhi» e «Genova non
abbocca». «La Costituzione non è un reato ed è per questo che
siamo qua stasera» – dicono gli organizzatori – «perché ci
riconosciamo nei valori della Carta, che è il nostro unico
slogan». Le sardine cantano Creuza de ma di De André, Bella Ciao
e gli Inti-illimani, ma anche l’inno di Mameli. «Genova è solo
antifascista», intona la piazza.

TRA LORO IL PRETE SIMBOLO DELL’ACCOGLIENZA

In tanti si passano il microfono: «Vogliamo che il diritto all’istruzione, alla sanità, al lavoro, siano per tutti, per tutti, nessuno escluso e siamo qua perché noi non escludiamo nessuno, perché siamo liberi, democratici, e
antifascisti», spiegano. Tra loro anche don Paolo Farinella,
prete simbolo dell’accoglienza a Genova che aveva ricoperto la
porta della sua chiesa a San Torpete con le coperte termiche che
vengono date ai migranti salvati sui barconi: «Non voglio
annegare in un barile di sardine» – dice alla piazza – «ma voglio
che le sardine anneghino tutto quello che ci sta impedendo di
essere un Paese civile».

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A Genova 8 mila sardine in piazza contro il sovranismo

Nuovo pienone con giovani, anziani, bambini e e famiglie in piazza per dire no all'odio e al populismo. Cantando De André e Bella Ciao.

Giovani, anziani, bambini,famiglie, studenti e professionisti, con in mano sardine di tutte le dimensioni e di tutti i colori. Sono 8 mila le Sardine di Genova, scese in piazza nella serata del 28 novembre. «No al sovranismo, al populismo, no all’odio, no al razzismo, no alla discriminazione», dice Roberto Revelli, un educatore che per primo ha lanciato l’evento su Facebook due settimane fa.

STRISCIONI E CANZONI DI DE ANDRÉ

Tanti gli striscioni ,come quello tenuto in mano dagli
organizzatori, «voi non avete fermato il vento, gli avete fatto
perdere tempo” che cita Fabrizio De André. E anche: «Più sardine
meno beline«, «I pesci non chiudono gli occhi» e «Genova non
abbocca». «La Costituzione non è un reato ed è per questo che
siamo qua stasera» – dicono gli organizzatori – «perché ci
riconosciamo nei valori della Carta, che è il nostro unico
slogan». Le sardine cantano Creuza de ma di De André, Bella Ciao
e gli Inti-illimani, ma anche l’inno di Mameli. «Genova è solo
antifascista», intona la piazza.

TRA LORO IL PRETE SIMBOLO DELL’ACCOGLIENZA

In tanti si passano il microfono: «Vogliamo che il diritto all’istruzione, alla sanità, al lavoro, siano per tutti, per tutti, nessuno escluso e siamo qua perché noi non escludiamo nessuno, perché siamo liberi, democratici, e
antifascisti», spiegano. Tra loro anche don Paolo Farinella,
prete simbolo dell’accoglienza a Genova che aveva ricoperto la
porta della sua chiesa a San Torpete con le coperte termiche che
vengono date ai migranti salvati sui barconi: «Non voglio
annegare in un barile di sardine» – dice alla piazza – «ma voglio
che le sardine anneghino tutto quello che ci sta impedendo di
essere un Paese civile».

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A Genova 8 mila sardine in piazza contro il sovranismo

Nuovo pienone con giovani, anziani, bambini e e famiglie in piazza per dire no all'odio e al populismo. Cantando De André e Bella Ciao.

Giovani, anziani, bambini,famiglie, studenti e professionisti, con in mano sardine di tutte le dimensioni e di tutti i colori. Sono 8 mila le Sardine di Genova, scese in piazza nella serata del 28 novembre. «No al sovranismo, al populismo, no all’odio, no al razzismo, no alla discriminazione», dice Roberto Revelli, un educatore che per primo ha lanciato l’evento su Facebook due settimane fa.

STRISCIONI E CANZONI DI DE ANDRÉ

Tanti gli striscioni ,come quello tenuto in mano dagli
organizzatori, «voi non avete fermato il vento, gli avete fatto
perdere tempo” che cita Fabrizio De André. E anche: «Più sardine
meno beline«, «I pesci non chiudono gli occhi» e «Genova non
abbocca». «La Costituzione non è un reato ed è per questo che
siamo qua stasera» – dicono gli organizzatori – «perché ci
riconosciamo nei valori della Carta, che è il nostro unico
slogan». Le sardine cantano Creuza de ma di De André, Bella Ciao
e gli Inti-illimani, ma anche l’inno di Mameli. «Genova è solo
antifascista», intona la piazza.

TRA LORO IL PRETE SIMBOLO DELL’ACCOGLIENZA

In tanti si passano il microfono: «Vogliamo che il diritto all’istruzione, alla sanità, al lavoro, siano per tutti, per tutti, nessuno escluso e siamo qua perché noi non escludiamo nessuno, perché siamo liberi, democratici, e
antifascisti», spiegano. Tra loro anche don Paolo Farinella,
prete simbolo dell’accoglienza a Genova che aveva ricoperto la
porta della sua chiesa a San Torpete con le coperte termiche che
vengono date ai migranti salvati sui barconi: «Non voglio
annegare in un barile di sardine» – dice alla piazza – «ma voglio
che le sardine anneghino tutto quello che ci sta impedendo di
essere un Paese civile».

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L’insulto del direttore leghista di Aler: «Le sardine infilatevele nel c…»

Della Torre dell'Azienda lombarda edilizia residenziale: «Quello degli imbecilli è un gene». Di Marco, consigliere regionale M5s: «Becero e vergognoso, riveste ruoli di vertice nell'amministrazione dei beni pubblici».

Ormai sono un marchio registrato, hanno più o meno un leader e un manifesto, invadono le piazze e collezionano nuovi fan. Ma anche tanti nemici. Sono le sardine, il movimento nato dal basso per contrastare l’avanzata populista e sovranista di Matteo Salvini. A qualcuno però la cosa non va giù. Prima c’è stato il professore emiliano che ha minacciato i suoi studenti nel caso fossero andati a manifestare, ora è spuntato Corrado Della Torre, direttore generale di Aler, l’Azienda lombarda edilizia residenziale di Brescia-Mantova-Cremona in quota Lega. Che ha scatenato un altro caso politico.

IL M5S: «PARLA COME UN ODIATORE QUALSIASI»

In un post su Facebook ha scritto: «Le sardine infilatevele nel c…, evidentemente quello degli imbecilli è un gene». Nicola Di Marco, consigliere regionale del Movimento 5 stelle Lombardia, ha commentato così: «Sono dichiarazioni becere e vergognose, Della Torre ogni volta che parla rappresenta un ente regionale di primo piano, non può parlare come un odiatore qualsiasi». Poi ha aggiunto: «Il movimento delle sardine, al di là di quello che esprime, va rispettato soprattutto da chi riveste ruoli di vertice nell’amministrazione di beni pubblici».

MA A FERRARA C’È UN LEGHISTA CHE VUOLE INCONTRARLE

Non tutti i leghisti però dialogano a suon di insulti. Il sindaco di Ferrara Alan Fabbri, in vista della manifestazione prevista per sabato 30 novembre, ha detto: «Per le sardine la porta del Comune è sempre aperta, sono disponibile a incontrare gli organizzatori e ad ascoltare idee e proposte». Fabbri, ospite di Omnibus, ha aggiunto: «L’occasione è ottima per uscire dagli schemi della contrapposizione, la nostra amministrazione si è insediata da poco, stiamo costruendo le basi per il futuro della città e siamo aperti al dialogo con chiunque abbia qualcosa da dire e voglia contribuire al bene comune, superando le logiche della strumentalizzazione politica».

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Dalle Sardine ai Nutellini: il nuovo bestiario italiano

La politica da sempre usa metafore animali. Dai falchi alle colombe, dai cianghialoni ai Trota siamo arrivati ai pesci che riempiono le piazze. Ora aspettiamo i seguaci del biscotto del momento contro i più reazionari Baiocchini.

A 160 anni esatti dalla pubblicazione de L’origine della specie di Charles Darwin (pubblicato nel novembre 1859), sembra doveroso fare il punto sul bestiario a cui è ridotta la politica italiana, attualmente suddivisa tra Sardine e gattini, o Sardine e pinguini (intesi, gattini e pinguini, essenzialmente come mangiatori di sardine).

Se qualcosa Darwin ci ha insegnato, è che gli animali sono nostri fratelli, ancorché enigmatici e senza verbo, ma ben prima di lui, dalle origini dei tempi, gli esseri umani li hanno raffigurati, temuti o adorati, popolando di bestiari i loro disegni, miti e racconti.

GLI ANIMALI DELLA POLITICA

La politica non poteva certo restare immune da metafore animali, a cominciare dalla categoria falchi e colombe che connota da sempre la contrapposizione tra cinici e buonisti. Negli Anni 70, negli Stati Uniti, furono le Pantere Nere (Black Panther) a guidare il movimento di liberazione dei neri, mentre a da noi, stessa epoca, andava di moda l’espressione cani sciolti, per dire quelli che non avevano guinzaglio, cioè padrone, cioè partito, randagi della politica, insomma, inquieti e senza una cuccia in cui riscaldarsi. Gli animali schifosi hanno avuto largo impiego nella propaganda. Gli ebrei perseguitati dai nazisti erano definiti “zecche”, ma oggi a Hong Kong, 80 anni dopo, i manifestanti sono chiamati scarafaggi, e il parallelo fa parecchia impressione. Senza dimenticare l’avversione salviniana per le zecche in questo caso rosse. Con Matteo Renzi è stata invece la volta dei gufi, coloro che a suo avviso “remavano contro”. «Alla faccia dei gufi, io dico che il Pd sarà il primo partito e il primo gruppo parlamentare: la gente quando vede gli estremisti sceglie il buonsenso», assicurava l’ex premier a febbraio 2018. E la storia non gli ha dato ragione.

UN MONDO POPOLATO DI SCIACALLI, SQUALI E IENE

Altri emblemi di negatività sono gli sciacalli che approfittano delle disgrazie altrui, così come i pescecani o squali, che popolano soprattutto il mondo della finanza. Anche le iene hanno avuto il loro momento di gloria, dal film di Tarantino alla trasmissione omonima che da anni imperversa con le sue inchieste «che non fanno sconti a nessuno». Il tapiro è diventato un premio al contrario, che punisce anziché onorare, mentre resistono come premi veri il Leone e l’Orso d’oro dei festival del cinema di Venezia e Berlino. Ciccini e rassicuranti i lupetti e le coccinelle del mondo dei boy scout, così come pure le formiche, che «nel loro piccolo si incazzano», ma non fanno male a nessuno, e anzi hanno procurato successo e denaro a chi se le è inventate.

DAL CINGHIALONE CRAXI AL TROTA BOSSI JR

Tornando alla politica, abbiamo avuto il cinghialone Craxi e più di recente il Trota, il figlio di Bossi con la laurea comprata in Albania. Adesso, sono arrivate le Sardine, emerse dalle profondità marine, dove stavano rintanate, per riversarsi sulle piazze, come grandi padelle in cui sprigionare… che cosa? Ancora non si è capito, ma è comunque energia positiva che sguazza e smuove un contesto politico opaco, incartato su se stesso, spesso desolante. Prima delle Sardine, avevamo visto le Madamine torinesi, un fenomeno locale molto bon ton, che pure aveva portato in piazza migliaia di cittadini.

LEGGI ANCHE: Sardine, Girotondi e Popolo viola a confronto

E sempre dal Piemonte potrebbero scatenarsi i Nutellini, seguaci della nuova religione biscottiera che sta invadendo l’Italia (grazie a un’operazione di marketing di proporzioni epocali). Si attende la risposta di Barilla, con i suoi Baiocchini, fazione tradizionalista e conservatrice, affezionata a biscotti molto simili a quelli sgranocchiati fin dall’infanzia. Tornando agli animali, e potendo scegliere, l’unica specie della quale, personalmente, avrei voluto far parte, sarebbe stata quella delle conigliette di Playboy. Ma la specie, purtroppo, si è estinta. 

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Dalle Sardine ai Nutellini: il nuovo bestiario italiano

La politica da sempre usa metafore animali. Dai falchi alle colombe, dai cianghialoni ai Trota siamo arrivati ai pesci che riempiono le piazze. Ora aspettiamo i seguaci del biscotto del momento contro i più reazionari Baiocchini.

A 160 anni esatti dalla pubblicazione de L’origine della specie di Charles Darwin (pubblicato nel novembre 1859), sembra doveroso fare il punto sul bestiario a cui è ridotta la politica italiana, attualmente suddivisa tra Sardine e gattini, o Sardine e pinguini (intesi, gattini e pinguini, essenzialmente come mangiatori di sardine).

Se qualcosa Darwin ci ha insegnato, è che gli animali sono nostri fratelli, ancorché enigmatici e senza verbo, ma ben prima di lui, dalle origini dei tempi, gli esseri umani li hanno raffigurati, temuti o adorati, popolando di bestiari i loro disegni, miti e racconti.

GLI ANIMALI DELLA POLITICA

La politica non poteva certo restare immune da metafore animali, a cominciare dalla categoria falchi e colombe che connota da sempre la contrapposizione tra cinici e buonisti. Negli Anni 70, negli Stati Uniti, furono le Pantere Nere (Black Panther) a guidare il movimento di liberazione dei neri, mentre a da noi, stessa epoca, andava di moda l’espressione cani sciolti, per dire quelli che non avevano guinzaglio, cioè padrone, cioè partito, randagi della politica, insomma, inquieti e senza una cuccia in cui riscaldarsi. Gli animali schifosi hanno avuto largo impiego nella propaganda. Gli ebrei perseguitati dai nazisti erano definiti “zecche”, ma oggi a Hong Kong, 80 anni dopo, i manifestanti sono chiamati scarafaggi, e il parallelo fa parecchia impressione. Senza dimenticare l’avversione salviniana per le zecche in questo caso rosse. Con Matteo Renzi è stata invece la volta dei gufi, coloro che a suo avviso “remavano contro”. «Alla faccia dei gufi, io dico che il Pd sarà il primo partito e il primo gruppo parlamentare: la gente quando vede gli estremisti sceglie il buonsenso», assicurava l’ex premier a febbraio 2018. E la storia non gli ha dato ragione.

UN MONDO POPOLATO DI SCIACALLI, SQUALI E IENE

Altri emblemi di negatività sono gli sciacalli che approfittano delle disgrazie altrui, così come i pescecani o squali, che popolano soprattutto il mondo della finanza. Anche le iene hanno avuto il loro momento di gloria, dal film di Tarantino alla trasmissione omonima che da anni imperversa con le sue inchieste «che non fanno sconti a nessuno». Il tapiro è diventato un premio al contrario, che punisce anziché onorare, mentre resistono come premi veri il Leone e l’Orso d’oro dei festival del cinema di Venezia e Berlino. Ciccini e rassicuranti i lupetti e le coccinelle del mondo dei boy scout, così come pure le formiche, che «nel loro piccolo si incazzano», ma non fanno male a nessuno, e anzi hanno procurato successo e denaro a chi se le è inventate.

DAL CINGHIALONE CRAXI AL TROTA BOSSI JR

Tornando alla politica, abbiamo avuto il cinghialone Craxi e più di recente il Trota, il figlio di Bossi con la laurea comprata in Albania. Adesso, sono arrivate le Sardine, emerse dalle profondità marine, dove stavano rintanate, per riversarsi sulle piazze, come grandi padelle in cui sprigionare… che cosa? Ancora non si è capito, ma è comunque energia positiva che sguazza e smuove un contesto politico opaco, incartato su se stesso, spesso desolante. Prima delle Sardine, avevamo visto le Madamine torinesi, un fenomeno locale molto bon ton, che pure aveva portato in piazza migliaia di cittadini.

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E sempre dal Piemonte potrebbero scatenarsi i Nutellini, seguaci della nuova religione biscottiera che sta invadendo l’Italia (grazie a un’operazione di marketing di proporzioni epocali). Si attende la risposta di Barilla, con i suoi Baiocchini, fazione tradizionalista e conservatrice, affezionata a biscotti molto simili a quelli sgranocchiati fin dall’infanzia. Tornando agli animali, e potendo scegliere, l’unica specie della quale, personalmente, avrei voluto far parte, sarebbe stata quella delle conigliette di Playboy. Ma la specie, purtroppo, si è estinta. 

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Per salvare l’Italia serve unità nazionale ma non ne siete capaci

Il Paese sta crollando. Eppure nessuno ha la voglia, la forza morale e il coraggio di sporcarsi le mani e raccogliere l'appello che arriva dalle Sardine mettendo da parte i miserabili affari di partito.

Mi auguro che le Sardine riempiano tutte le piazze d’Italia e continuino a nuotare nelle acque limacciose di questo Paese.

Me lo auguro perché per la prima volta siamo di fronte a un movimento apartitico ma anche apolitico, nel senso che adopera parole d’ordine e fa riferimento a principi morali e sociali che solo la cattiva coscienza della destra individua come ostili a sé. 

L’ITALIA STA ANDANDO A PEZZI

Riflettiamo per un momento. L’Italia sta andando dolorosamente a pezzi. Una grande città come Genova è isolata e il presidente della Liguria lo scopre oggi fra una dichiarazione pro-Salvini, una lite finta con Mara Carfagna e quattro sciocchezze dette in tivù. Piogge previste stanno colpendo Nord e Sud e crollano Nord e Sud. Il Paese è stato unificato dal malgoverno e dal malaffare. Ci sono sindaci che resistono, politici nei territori che meritano il nostro plauso, ma generalmente siamo circondati da chiacchieroni afflitti da “convegnite”, il grande male italiano.

LE SARDINE CI INVITANO AD AVERE CURA DI NOI

Di fronte a questo spettacolo, a questa tragedia, le Sardine dicono che dobbiamo avere cura di noi, che vanno bandite le parole che preparano la guerra civile. Frasi troppo ardite e minacciose per le orecchie di Vittorio Feltri, Franco Bechis, Mario Giordano e comprimari. Ci sono anche alcuni politici, ieri sera l’ha fatto Antonio Bassolino nella trasmissione di Barbara Palombelli (ma che ci sei andato a fare Antonio? Questa tivù la vedono in pochi), che chiamano a uno sforzo nazionale comune.

UNA CLASSE DIRIGENTE ALLA DERIVA

Nessuno però sembra avere voglia né la forza morale per raccogliere questo appello. Sembra quasi che tutti si augurino che vada peggio perché il peggio affossa l’avversario e fa crescere i voi dell’oppositore di turno. Non era questa l’Italia nostra. Eravamo un Paese con una classe politica di livello che sapeva combattersi ma anche unirsi. E se non ci riusciva, o non voleva, c’era Sandro Pertini a dare frustate ed Enrico Berlinguer a organizzare l’esercito dei buoni. Oggi non è più possibile e nessuno ci prova. Figuriamoci se Matteo Salvini mette da parte i suoi veleni sugli immigrati per proporre al governo cosa concrete da fare assieme. Figuriamoci se chi è al governo ha voglia di sporcarsi le mani facendo una proposta a Salvini. Per l’Italia repubblicana scoprire di essere governata da una banda di cialtroni egoisti è una tragica scoperta.

COSÌ SI IGNORANO LE VERE PRIORITÀ

Ancora più tragica perché sforzando la memoria e compulsando interviste e programmi, quasi tutte le forze politiche hanno indicato in un piano eccezionale di lavori pubblici per mettere in salvezza il Paese, una delle chiavi per combattere la disgregazione e il degrado e per dare buona occupazione. Lo dicono quasi tutti. È del tutto evidente che questa dovrebbe essere la vera priorità, garantita da un sistema non burocratico di controllo per impedire che si infiltrino imprese mafiose. Invece no, chi è al governo annaspa, chi è all’opposizione fa tweet contro le Sardine.

Il problema-Italia è gigantesco e richiede una classe dirigente dalle spalle forti e dotata di una cultura di governo. Non siete voi

Questo spettacolo sta avvenendo sotto gli occhi di tutti. Le Sardine nascono da questo ignobile spettacolo e nascono come movimento di persone beneducate. Quando la situazione diverrà veramente insopportabile, verranno i movimenti degli “squaletti”, giovani beneducati anch’essi che si mangeranno i politici attuali, quasi tutti, e rinnoveranno l’Italia. L’illusione scema della destra è che se vincerà le prossime elezioni, avrà risolto i suoi problemi. È un dato di fatto che il problema-Italia è gigantesco e richiede una classe dirigente dalle spalle forti e dotata di una cultura di governo. Non siete voi. Non lo sono neppure quegli altri che vi si opporranno. A meno che… a meno che non abbiate alle spalle uno o due anni in cui, trascurati i miserabili affari di partito, troviate un modus vivendi per salvare l’Italia. Ma non sarete capaci di farlo. 

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Pizzarotti apre le porte alle Sardine

Il 25 novembre il movimento si riunisce a Parma, l'ex Stalingrado M5s. Incassando il sostegno del sindaco leader di Italia in Comune. Che agli organizzatori liceali dà un consiglio: «Dopo la mobilitazione per cambiare le cose è necessario entrare nelle istituzioni e mettersi in gioco».

Bologna e l’Emilia-Romagna si confermano laboratori politici. Lo dimostra il neo-nato movimento delle Sardine che proprio da Piazza Maggiore ha lanciato la sua sfida a Matteo Salvini in occasione delle Regionali del 26 gennaio.

Lunedì 25 novembre l’appuntamento è a Parma, l’ex Stalingrado grillina, dal 2012 governata da Federico Pizzarotti, ex M5s e ora leader di Italia in Comune.

GLI ORGANIZZATORI PIÙ GIOVANI D’ITALIA

Se i sondaggi danno in vantaggio il governatore uscente dem Stefano Bonaccini sulla sfidante leghista Lucia Borgonzoni (40% contro il 29,2% secondo i sondaggi Ixè del 20 novembre), bisogna pur tener conto che il Carroccio alle ultime Europee è stato il partito più votato in provincia (38,3%) e in città (31,6%). Detto questo, l’evento delle Sardine dovrebbe bissare il successo di Bologna e Modena: quasi 4 mila le adesioni su Facebook e oltre 10 mila le dimostrazioni di interesse.

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Anche se gli organizzatori, la 18enne Joy Temiloluwa Olayanju e i 17enni Martino Bernuzzi e Francesco Martino, preferiscono essere cauti. «La risposta per ora sembra molto positiva ma basandosi solo su un clic è impossibile dire come andrà davvero», dicono a Lettera43.it. Il giorno scelto per la “chiamata del banco” è il 25 novembre e non è un caso visto che coincide con la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. «Volendo mandare un messaggio chiaro contro ogni tipo di odio crediamo che questa data possa dare un valore aggiunto alla nostra iniziativa», spiegano i tre organizzatori, i più giovani d’Italia.

Joy a Piazzapulita

Posted by Sardine Parma on Thursday, November 21, 2019

PIAZZA SENZA BANDIERE. E SENZA SALVINI IN CITTÀ

Il fatto che lunedì non sia previsto alcun intervento di Matteo Salvini a Parma non affievolisce la voglia di «contrapporsi al populismo e reagire a una campagna fondata sull’odio, sulla violenza perpetuata con ogni forma e sulla discriminazione», affermano con decisione le Sardine parmigiane. L’evento, ribadiscono i tre, non deve essere divisivo. Come a Bologna, non ci saranno bandiere di partito. «Siamo ancora molto giovani e non abbiamo rapporti diretti con i partiti», spiegano, «ma alle prossime elezioni regionali voteremo tutti (Martino e Francesco compiranno 18 anni a gennaio, ndr) e la politica ci interessa».

PIZZAROTTI SUPPORTER DELLE SARDINE

Un interesse reciproco visto che le Sardine non potevano non attirare l’attenzione della politica, a partire dal Pd (con il segretario dem Nicola Zingaretti e lo stesso Bonaccini) per arrivare al Movimento 5 stelle. Tra i loro supporter c’è anche il sindaco di Parma Pizzarotti, che lunedì a causa di un impegno all’estero sarà in piazza solo idealmente. «Ho incontrato i ragazzi e mi piace molto quello che stanno facendo», ha detto a Lettera43.it. «Il movimento che hanno fondato sta dando diversi insegnamenti alla politica, primo tra tutti che le mobilitazioni di massa per funzionare debbano essere eventi spontanei ai quali le persone sentano di voler aderire liberamente per manifestare a favore o contro un’idea», continua il primo cittadino.

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Ma il sindaco mette in guardia i ragazzi. «Una mobilitazione di piazza senza un successivo sfogo nella politica concreta rischi di limitarsi solo a slogan sterili privi di futuro, come avvenuto in passato con altri movimenti simili», dice. «Il consiglio che do ai ragazzi, quindi, è quello di mantenere la propria identità ma allo stesso tempo pensare, magari in futuro, a un dialogo con la politica. Riuscire a portare in piazza le persone è un ottimo punto di partenza ma non significa conquistare un vero e duraturo consenso. Dopo la mobilitazione è necessario capire che per cambiare davvero le cose è essenziale avere la voglia di entrare nelle istituzioni è mettersi in gioco a livello pratico».

I RISCHIO DI STRUMENTALIZZAZIONE

Il rischio di strumentalizzazione, però, è dietro l’angolo. «La possibilità di essere usati c’è sempre», ammettono dal canto loro i tre organizzatori, «soprattutto in questi casi e vista la nostra età. Però vogliamo sperare e credere che questo non accada». Dubbi più che leciti soprattutto in un terreno fluido come la Rete. Un esempio? Tre esponenti pugliesi di Italia in Comune (Michele Abbaticchio, vice coordinatore nazionale; Grazia Desario, segretaria di Barletta e Davide Carlucci, presidente provinciale) hanno aperto (insieme con altri) la pagina Facebook L’Arcipelago delle Sardine, generando entusiasmo ma anche parecchia confusione, tanto che è stato necessario spiegare che il gruppo non è una «alternativa della pagina ufficiale delle 6000 Sardine, bensì un gruppo di promozione e condivisione di idee antifasciste e contro il becero populismo» che dialoga con la pagina ufficiale.

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Dell’iniziativa Pizzarotti, presidente del partito, non sapeva nulla. «L’ho appreso anch’io dalla Rete ma si tratta solo di un tentativo di coinvolgere anche il Sud Italia, in questo caso la Puglia, in un’iniziativa nata al Nord», chiarisce. «Non c’è la minima volontà di mettere il cappello su un successo i cui meriti non sono di alcun partito, tanto meno il nostro. Nessuna manovra dall’alto anzi, va riconosciuta la bravura di un gruppo di studenti capaci che stanno organizzando un grande evento che spero abbia il successo che merita».


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Quando le Sardine erano loro

A Bologna e in Emilia-Romagna torna a farsi sentire la cosiddetta società civile. Ma qual è il futuro di questo movimento e quali rischi corre? L43 ne ha parlato con ex girotondini e popolo viola, ex no-global e con le Madamin di Torino.

Oggi Sardine, ieri Madamin, signore anti-degrado a Roma, Popolo viola, Girotondini e chi più ne ha più ne metta. Il fiume carsico della società civile (per dirla con un girotondino illustre, Paolo Flores D’Arcais) irrompe ancora una volta nel dibattito pubblico italiano, spiazzando i politici e sparigliando le carte.

Chissà se questa volta porterà a qualche risultato concreto, visto che in passato queste fiammate si sono via via spente. O trasformate radicalmente, come nel caso del M5s, nato da un Vaffa gridato da migliaia di arrabbiati sempre in piazza Maggiore e finito rinchiuso nella scatoletta di tonno (tanto per restare nell’ittico) che aveva promesso di aprire.

Ma è davvero sempre lo stesso fenomeno, che riemerge in forme diverse quando la politica si distacca dal sentimento comune? La faccenda è già controversa, visto che anche per i protagonisti delle battaglie di ieri i nuovi attivisti sono un mondo sconosciuto.

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SARDINE, DALLE PIAZZE AL MANIFESTO

C’è chi li iscrive di diritto nel filone della sacrosanta protesta dei cittadini stufi di un andazzo deteriore. Ma altri avanzano distinguo e aspettano ancora di vedere in che mare nuoteranno questi nuovi pesci della politica dopo le manifestazioni di Bologna e Modena. Intanto i quattro capi-banco hanno pubblicato una sorta di manifesto in cui mettono in guardia i populisti: «Ci troverete ovunque, la festa è finita. Benvenuti in mare aperto».

Gianfranco Mascia, ex girotondino e Popolo viola.

MASCIA: «CERCANO DI NON FARSI STRUMENTALIZZARE»

Che il fenomeno sia partito spontaneamente dal basso non sembra in discussione. «Il fatto stesso di non volere ingerenze da parte delle forze politiche me li fa sentire vicini alle iniziative degli anni scorsi», dice a Lettera43.it Gianfranco Mascia, veterano dei Girotondi, del Popolo viola e, prima ancora, dei comitati antiberlusconianiBoicottare il biscione“. E poco importa se ora, come responsabile della comunicazione dei Verdi (di cui è stato fra i fondatori), si trova, in un certo senso, dall’altra parte della barricata. «Non credo siano contro i partiti. Cercano solo di non farsi strumentalizzare e secondo me hanno ragione. Se posso permettermi un suggerimento: forse un legame con il movimento Fridays for Future creato da Greta Thunberg potrebbe dargli una mano a strutturarsi e a difendersi da ingerenze». 

LEGGI ANCHE:Mattia Santori sulle sfide e il futuro delle “sue”” Sardine

AGNOLETTO: «PER ORA SONO SOLO UN’AGGREGAZIONE»

Ma il punto è proprio che la mobilitazione delle Sardine, per quanto baciata da un incredibile successo, non può ancora definirsi movimento. Almeno non secondo i canoni classici della politica. «Al momento si tratta solo di un’aggregazione», obietta Vittorio Agnoletto, già coordinatore del movimento no-global in Italia, fra gli organizzatori di Genova 2001 e poi eurodeputato eletto come indipendente nelle liste di Rifondazione Comunista. «Sia chiaro che lo considero un fenomeno positivo», prosegue, «ma per me è del tutto improprio paragonarlo al movimento che all’inizio degli anni Duemila ha coinvolto centinaia di migliaia di persone e ha organizzato manifestazioni in tutto il mondo». 

Vittorio Agnoletto.

GLI OBIETTIVI VENGONO PRIMA DI TUTTO

Dunque che cosa dovrebbero fare le nostre Sardine per potersi guadagnarsi i galloni sul campo? «Anzitutto darsi degli obiettivi. Questo li difenderebbe da qualsiasi ingerenza. Sono contro Matteo Salvini? Benissimo», continua Agnoletto. «Il passo successivo dovrebbe essere quello di battersi per la cancellazione dei suoi decreti. Poi potrebbero essere le forze politiche in parlamento a dare concretezza a questo proposito con un provvedimento di legge». E si torna così ancora una volta al rapporto con i partiti politici, su cui ruota ogni giudizio sulle prospettive dei manifestanti aggregati dai quattro attivisti bolognesi.

Flash Mob Sì Tav a Piazza Carignano, Torino, il 9 marzo 2019.

LE MADAMIN: «NOI IN PIAZZA “PER” NON “CONTRO”»

Anche le Madamin torinesi, che un anno fa portarono in piazza decine di migliaia di persone a favore della Tav e contro le scelte della sindaca Chiara Appendino tengono a marcare le distanze. «La manifestazione organizzata da noi era per qualcosa, mentre loro nascono dichiaratamente contro», osserva Adele Olivero, presidente del Comitato “Sì, Torino va avanti“, riferendosi ovviamente all’avversione al sovranismo salviniano che è stato finora il collante delle persone scese in piazza. Per poi concludere: «Non ci si può considerare parte di un fenomeno comune, sebbene riconosco che anche nel loro caso si tratta di un pezzo di società che sceglie di esprimersi direttamente, non trovando voce nei partiti esistenti». È evidente, insomma, che le Sardine di cui si è appena formato il banco sono ancora troppo giovani perché chiunque possa sapere in che direzione andranno. Nel frattempo si prende nota del fatto che si tratta di un fenomeno spontaneo, battagliero, eppure alieno, finora, dal linguaggio aggressivo che una certa politica ha adottato. È questa forse la novità più interessante, con cui tutti potrebbero doversi confrontare in futuro. 

 

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Un professore emiliano minaccia i suoi studenti sardine

Il caso a Fiorenzuola d'Arda. «Se becco qualcuno di voi, renderò la vostra vita un inferno».

Lui vota Lega, e non può tollerare che i suoi studenti manifestino in piazza contro Matteo Salvini. Così Giancarlo Talamini Bisi, professore dell’istituto superiore di Fiorenzuola d’Arda, ha deciso di minacciarli dal suo profilo Facebook. «Io sarò presente. Cari studenti, se becco qualcuno di voi, da martedì cambiate aria, nelle mie materie renderò la vostra vita un inferno, vedrete il 6 col binocolo e passerete la prossima estate sui libri. Di idioti in classe non ne voglio. Sardina avvisata». Un post che non poteva passare inosservato e ha sollevato un vero e proprio caso.

FIORAMONTI: «VERIFICA E SOSPENSIONE»

«A tutela dei diritti degli studenti e della stessa scuola ho attivato gli uffici del Miur per verificare i fatti e procedere con provvedimento immediato alla sospensione», ha scritto su Facebook il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. «Educare al rispetto dei principi della Costituzione è uno dei fondamenti dell’istituzione scolastica, tra questi vi sono certamente il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero ed a partecipare alla vita pubblica secondo i modi garantiti dalla Costituzione stessa. La scuola è inclusiva e, per definizione, deve educare al pensiero critico e indipendente. Anche il corpo docente, nell’esercitare la sua importantissima funzione, deve attenersi a questi principi, trasferendoli agli studenti, per non venir meno ai suoi doveri. Non sono perciò assolutamente ammissibili condotte lesive di tali valori, o che addirittura mettano a rischio la fiducia della comunità scolastica».

L’INTERVENTO DEL GOVERNO

«Chiederò all’ufficio scolastico regionale di fare i dovuti accertamenti, perché siamo di fronte a una situazione inaccettabile», ha affermato Peppe De Cristofaro, sottosegretario all’Istruzione. «È evidente che un docente non può permettersi un linguaggio e un comportamento del genere», ha aggiunto l’esponente di Leu. «Sono certo che verranno presi al più presto tutti i necessari provvedimenti per tutelare l’istituzione scolastica pubblica, l’istituto in cui lavora, e gli studenti di quella scuola». Scuola che si è prontamente dissociata dal comportamento dell’insegnante.«Preso atto della notizia che si sta diffondendo sui social riguardo le affermazioni di un proprio docente», l’istituto «comunica di aver già informato del fatto gli organi superiori dell’amministrazione scolastica al fine di adottare le misure opportune. Si sottolinea l’estraneità della scuola dalle affermazioni del docente in questione».

LA DENUNCIA DELLA VICEMINISTRA

«In molti stamattina mi hanno segnalato il gravissimo comportamento di Giancarlo Talamini Bisi», aveva denunciato la viceministra all’Istruzione Anna Ascani (Partito democratico). «Un insegnante che offende e promette di penalizzare gli studenti solo perché vorrebbero partecipare alle manifestazioni delle sardine, usando turpiloquio e minacce non troppo velate. Non è un comportamento tollerabile. Mi attiverò affinché si prendano provvedimenti. Nessuno può essere discriminato per le proprie idee, tanto meno nella scuola».

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Un professore emiliano minaccia i suoi studenti sardine

Il caso a Fiorenzuola d'Arda. «Se becco qualcuno di voi, renderò la vostra vita un inferno».

Lui vota Lega, e non può tollerare che i suoi studenti manifestino in piazza contro Matteo Salvini. Così Giancarlo Talamini Bisi, professore dell’istituto superiore di Fiorenzuola d’Arda, ha deciso di minacciarli dal suo profilo Facebook. «Io sarò presente. Cari studenti, se becco qualcuno di voi, da martedì cambiate aria, nelle mie materie renderò la vostra vita un inferno, vedrete il 6 col binocolo e passerete la prossima estate sui libri. Di idioti in classe non ne voglio. Sardina avvisata». Un post che non poteva passare inosservato e ha sollevato un vero e proprio caso.

FIORAMONTI: «VERIFICA E SOSPENSIONE»

«A tutela dei diritti degli studenti e della stessa scuola ho attivato gli uffici del Miur per verificare i fatti e procedere con provvedimento immediato alla sospensione», ha scritto su Facebook il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. «Educare al rispetto dei principi della Costituzione è uno dei fondamenti dell’istituzione scolastica, tra questi vi sono certamente il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero ed a partecipare alla vita pubblica secondo i modi garantiti dalla Costituzione stessa. La scuola è inclusiva e, per definizione, deve educare al pensiero critico e indipendente. Anche il corpo docente, nell’esercitare la sua importantissima funzione, deve attenersi a questi principi, trasferendoli agli studenti, per non venir meno ai suoi doveri. Non sono perciò assolutamente ammissibili condotte lesive di tali valori, o che addirittura mettano a rischio la fiducia della comunità scolastica».

L’INTERVENTO DEL GOVERNO

«Chiederò all’ufficio scolastico regionale di fare i dovuti accertamenti, perché siamo di fronte a una situazione inaccettabile», ha affermato Peppe De Cristofaro, sottosegretario all’Istruzione. «È evidente che un docente non può permettersi un linguaggio e un comportamento del genere», ha aggiunto l’esponente di Leu. «Sono certo che verranno presi al più presto tutti i necessari provvedimenti per tutelare l’istituzione scolastica pubblica, l’istituto in cui lavora, e gli studenti di quella scuola». Scuola che si è prontamente dissociata dal comportamento dell’insegnante.«Preso atto della notizia che si sta diffondendo sui social riguardo le affermazioni di un proprio docente», l’istituto «comunica di aver già informato del fatto gli organi superiori dell’amministrazione scolastica al fine di adottare le misure opportune. Si sottolinea l’estraneità della scuola dalle affermazioni del docente in questione».

LA DENUNCIA DELLA VICEMINISTRA

«In molti stamattina mi hanno segnalato il gravissimo comportamento di Giancarlo Talamini Bisi», aveva denunciato la viceministra all’Istruzione Anna Ascani (Partito democratico). «Un insegnante che offende e promette di penalizzare gli studenti solo perché vorrebbero partecipare alle manifestazioni delle sardine, usando turpiloquio e minacce non troppo velate. Non è un comportamento tollerabile. Mi attiverò affinché si prendano provvedimenti. Nessuno può essere discriminato per le proprie idee, tanto meno nella scuola».

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Quella sindrome del buffone che inquina la nostra politica

Ormai a forza di promesse impossibili, battute e semplificazioni il dibattito è diventato un circo. Dove vince chi la spara più grossa o la butta in caciara. Senza nessun rispetto per la verità. Ma comportarsi come le parodie crozziane non porta fortuna.

«Non comprerei un’auto usata da nessuno dei due». È il commento di un lettore del Guardian all’indomani del primo confronto elettorale televisivo fra Jeremy Corbin e Boris Johnson, giudicato da un altro «così deprimente» da indurre un terzo lettore a definirlo «non un dibattito ma un circo».

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA POLITICA

Gli interessati però non se ne danno pena. Anzi, come un po’ tutti gli altri leader, in Europa e negli Usa, non si rendono conto di essere ai minimi storici di credibilità e fiducia. Parlano e straparlano con una leggerezza che è particolarmente penosa quando affrontano temi seri e riducono la complessità di molti problemi a battute. Non capiscono di essere ridicoli, proprio quando fanno i duri e le sparano grosse, perché sono degli orfani di partito. Vittime della scomparsa delle tradizionali strutture partitiche, che garantivano contraddittorio e confronto interni, dunque la possibilità di ricredersi, rettificare, aggiustare i pensieri, modificare le proposte. Non capiscono perché sono preda di un narcisismo che soprattutto i social hanno fatto deflagrare. Incapaci di autocritica, dunque di autovalutazione, sono invariabilmente sordi a qualsiasi osservazione, anche da parte di amici (non solo di Facebook), e incapaci di chiedere scusa o dichiararsi pentiti anche quando hanno fatto o detto una cazzata. 

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Boris Johnson.

IL CASO DEL SINDACO DI BIELLA

Naturalmente ci sono eccezioni. Ultimo, ma da sincero applauso, il sindaco di Biella, il leghista Claudio Corradino, che dopo avere negato la cittadinanza onoraria a Liliana Segre e averla offerta a Ezio Greggio, si è pubblicamente pentito della “cretinata” commessa. Ma qui più del peraltro fulminante hastag #biellaciao colpisce che a indurre alle scuse sia stato lo stesso Greggio, cioè un comico vero e non un politico in vena di battute. Ma su questa rovesciamento di ruoli tornerò. Ora volevo segnalare come le “cazzate” – traduzione letterale del saggio del 1986 del filosofo Harry G.Frankfurt e ripubblicato nel 2005 On Bullshit – e soprattutto la loro proliferazione in un ambito serio come è stato e dovrebbe essere la politica, scaturiscono dalle proprietà che hanno, appunto, le cazzate. Ovvero parole, secondo la teoria di Frankfurt applicata alla comunicazione, intese a persuadere senza riguardo per la verità. Il bugiardo, nella quotidianità, si preoccupa della verità e cerca di nasconderla; al bullshitter viceversa non importa se ciò che dice è vero o falso, ma solo se gli ascoltatori sono persuasi.

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L’ex ministra per il Sud Barbara Lezzi.

LE TRISTI COMICHE E LE PROMESSE IMPOSSIBILI

In questa luce si comprende perché i leader con i testa quelli populisti e sovranisti siano i più prolifici nello sparare promesse impossibili e nel fare a gara a chi rende più facile, secondo il classico meccanismo pubblicitario, la soluzione di emergenze epocali o di vertenze economiche molto complicate. È il famoso «uomo che non deve chiedere mai (scusa)» che ispira Capitan Salvini quando dice e ridice che «la droga fa male», ignorando che non è quello il problema evocato dalle sue dichiarazioni sul caso Cucchi. Con l’ex ministra del Mezzogiorno, la grillina Barbara Lezzi che auspica, in tandem con il compagno di partito Manlio Di Stefano, la miticoltura come risposta occupazionale alla chiusura dell’Ilva, siamo invece nei film di Totò. Con le cozze al posto dell’acciaio, alle comiche di governo. Ciak si gira: Azione. Per evocare l’ultimo scherzo (a parte): il nuovo partito di Carlo Calenda. Che dimostra come anche nel centrosinistra si faccia molta fatica a fare i conti con la realtà. Ovvero a leggerla, a interpretarla e in qualche modo anticiparla. Ma soprattutto a capire bene se si sta scherzando o facendo sul serio. 

MEME E TORMENTONI AUMENTANO IL RIDICOLO

Due casi recenti lo mostrano con vivezza. Il primo è la mobilitazione delle Sardine che ha spiazzato tutti, ma in modo particolare il leader leghista preso in contropiede da un evento assolutamente imprevisto, per la velocità e dimensione assunta dalla protesta di piazza anti-Lega. Il secondo è il tormentone cucito addosso a Giorgia Meloni dopo il comizio di San Giovanni: «Sono una donna….sono cristiana…sono una madre….». Questo meme, chiaramente canzonatorio, è diventato virale. Ha fatto il botto, ha spaccato, come si dice in gergo. A quel punto l’interessata, ma anche una vasta schiera di giornalisti e comunicatori, pure non simpatizzanti, ha cominciato a pensare e dire che lo sfottò anziché mettere in ridicolo la leader di Fratelli d’italia l’ha resa più simpatica.

Giorgia Meloni in piazza San Giovanni.

La satira avrebbe funzionato al contrario. Ma davvero quella caricatura ha reso più popolare Giorgia Meloni? Meno truce e minacciosa e più glam e spiritosa? Non scherziamo. L’ho chiesto a molti giovani, universitari e liceali: tutti hanno detto che fa ridere. Ennesima conferma che quando non si vuole capire non si capisce. O meglio si capisce che a destra prevale assolutamente la convinzione che è importante che se ne parli. Bene o male, vero o falso, per tornare alla teoria delle cazzate, non fa differenza. Perché l’unica cosa che conta è che un messaggio, un volto, una situazione, una protesta, legittima o meno, si fissino nell’immaginario collettivo del momento. Siano memorizzati. Diventino, appunto, un meme, un messaggio semplificato ma per questo ben più efficace di tanti discorsi. 

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Il leader della Lega Matteo Salvini.

GATTINI PERDENTI CONTRO LE SARDINE

La comparsa del movimento autoconvocato delle Sardine segnala però alcune rilevanti novità. Anzitutto la rapidità con cui è montato e ha scalato l’attenzione dell’opinione pubblica. In secondo luogo l’efficace azione di contrasto («Abbiamo imparato a fare il tuo lavoro in sei giorni») alla Bestia leghista. Che alle Sardine ha risposto con i gattini, #gattiniconSalvini, che rappresentano però il grado zero dei social, ma anche della comunicazione. Oltre che della politica trasformata nel cartoon di Gatto Salvini. In terzo luogo, ma è la novità più significativa, la comparsa di un uso gentile dei social. Evocando “sardine slegate”, anziché paure e “uomini neri” (parliamo di Bibbiano), si dice basta all’idea e pratica populista del trolling, dell’uso disinvolto e aggressivo di fake, degli attacchi personali. Il tweet più condiviso è stato infatti un tweet umoristico: «Politico vero risponde con fatti, politico finto risponde con gatti» firmato @VujaBoskov.

LEADER TRASFORMATI IN PARODIE CROZZIANE

Ora non so se i nostri politici capiranno che è ora di smettere di dire “cazzate”. Ma soprattutto di non ridere quando vengono presi in giro, pensando che mostrarsi spiritosi renda simpatici e popolari. Luigi Di Maio ad esempio, venerdì scorso a Accordi&Disaccordi, sulla Nove, invitato a guardare Maurizio Crozza che lo imitava ha detto che per lui «è un onore» essere preso in giro. Sarebbe troppo ricordargli che, certo in altri tempi, un grande leader come Enrico Berlinguer quando fu raffigurato, in una vignetta di Forattini, in vestaglia e pantofole sulla poltrona di casa, mentre gli operai sfilavano in corteo, si infuriò e con lui tutto il popolo comunista. Ma sarà bene che consideri che due segretari del Pd, entrambi poi fuoriusciti, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, sono naufragati nel momento in cui hanno cominciato a comportarsi e parlare come le loro parodie crozziane. «Oh ragassi! non siamo qui a pettinare le bambole» è una frase in qualche modo storica. Nel ribadire il carattere alla lunga auto-distruttivo del politico che si traveste da comico e fa battute. Anche perché è provato, come dimostrano Beppe Grillo e Volodymyr Zelenski in Ucraina, che se la politica diventa una comica, allora è meglio affidarsi a un comico vero.


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Le Sardine invadono Palermo: migliaia di persone in piazza

In 4 mila al grido di «Populisti, la festa è finita». Tra i manifestanti anche il sindaco Orlando.

Una piazza piena, non solo di giovani, e un messaggio ripetuto: «Populisti, la festa è finita». Lo grida, davanti al teatro Massimo a oltre 4 mila persone, Chiara Puccio, una delle sardine sbarcate a Palermo. Questo è l’esordio del movimento in Sicilia che dice basta alla comunicazione politica aggressiva. «Avete rovesciato odio e bugie, mescolando verità e menzogne», incalza Chiara. «Ma ora la corda, troppo tesa, si è spezzata. Non c’è bisogno che venite a liberarci. Siamo noi a doverci liberare della vostra presenza ossessiva». La piazza applaude. Una ragazza alza un cartello che sul filo dell’ironia proclama: «Sarda si nasce e io siculamente lo nacqui». Il movimento non caccia indietro la politica ma con Leandro Spilla attacca quella che in tivù espone il suo volto peggiore della rissa e dello scontro. «Noi reclamiamo la politica del confronto vero e dei valori. E siamo qui per dire che consideriamo la diversità una ricchezza. Finora c’è stata una narrazione aggressiva. Invece abbiamo bisogno di una politica che sappia prima di tutto ascoltare le ragioni degli altri».

IN PIAZZA SULLE NOTE DI BELLA CIAO

Davanti alla scalinata del teatro si stringono giovani, signore, professionisti, studenti. Gli organizzatori parlano di quasi 10 mila manifestanti. Di certo la piazza davanti al Teatro Massimo è gremita di persone. Confusi tra la folla anche il sindaco Leoluca Orlando e il suo vice Fabio Giambrone; la mattina del 22 novembre l’amministrazione comunale aveva annunciato la propria adesione. Ma i promotori, anche a Palermo, hanno voluto tenere fuori simboli di partito. Si vede solo qualche piccola bandiera arcobaleno, molte sardine disegnate. Uno alza la voce: «Siamo tanti, siamo più forti di loro». Dopo l’attacco ai populisti, dal megafono gracchiante Chiara Puccio mette sotto accusa i social, strumento della «comunicazione vuota» e pieni di insulti. «Avete distrutto la vita delle persone, ci avete intimidito, ma ora ci siamo svegliati». Da qui l’invito che scalda le sardine: «Usciamo dai social, ritroviamoci nelle piazze». E alla fine tutti a cantare Bella ciao. Senza coordinamento musicale ma con tanto ardore.

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