Per Zingaretti la crisi del M5s accelera il ritorno del bipolarismo

Il segretario del Pd analizza così le difficoltà dei pentastellati dopo il voto su Rousseau per le regionali in Emilia-Romagna e Calabria. E apre alla riforma della legge elettorale con la Lega.

All’indomani del voto su Rousseau con cui la base del M5s ha deciso che il partito deve correre alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria, è arrivata l’analisi politica del segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

Secondo il leader dei dem, i tempi sono maturi per un ritorno del bipolarismo. Zingaretti ha detto infatti che «il processo politico va verso una netta bipolarizzazione». Ed è chiaro che nel futuro «il confronto e la competizione saranno sempre di più tra un campo democratico civico e progressista, di cui il Pd è il principale pilastro, e la nuova destra sovranista. Il travaglio, che rispettiamo, e le difficoltà del M5s hanno origine nell’accelerazione di questo scenario e accentuano una crisi di sistema che va rapidamente affrontata con gli strumenti della democrazia».

L’analisi si lega alla posizione del Pd sulla riforma della legge elettorale. I dem vorrebbero «evitare una legge puramente proporzionale», puntando piuttosto a introdurre meccanismi che «aiutino la semplificazione e la formazione di coalizioni di governo chiare e stabili, con un impianto maggioritario». Per questo «non va fatta cadere la proposta di Giancarlo Giorgetti», numero due della Lega, «di un tavolo di confronto su questi temi, da attivare nei tempi più rapidi».

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Rousseau ha deciso che il M5s correrà in Emilia-Romagna e Calabria

Dalle 12 alle 20 gli iscritti erano chiamati a esprimersi sull'opportunità o meno per il Movimento di presentarsi ai due appuntamenti elettorali. Polemiche per il quesito.

Il Movimento 5 stelle presenterà le sue liste alle Regionali in Emilia-Romagna e Calabria. È questo l’esito della consultazione sulla piattaforma online Rousseau che si è svolta nella giornata del 21 novembre. Una giornata vissuta tra polemiche sulla votazione attraverso la quale gli iscritti erano chiamati a decidere se il M5s dovesse correre oppure no ai due appuntamenti. Per quel che riguarda la consultazione del prossimo 26 gennaio, in particolare, la spaccatura della base era parsa evidente, col quesito attorno al quale era già sorta più di una critica. Alla fine Sono state espresse 27.273 preferenze su un totale di 125.018 aventi diritto al voto. Il ‘no‘ – che per come era stato espresso il quesito referendario significava sì alle liste – ha ottenuto 19.248 voti attestandosi al 70,6%; il ‘sì’, invece, si è fermato a 8.025 preferenze, rappresentando il 29,4% degli aventi diritto al voto.

SCONFITTA LA LINEA DETTATA DA DI MAIO

Luigi Di Maio, ai microfoni de L’aria che tira, su La 7, aveva spiegato:  «Di solito preferisco non votare, ma chiedere al M5s quale sia la direzione da prendere. Gli uomini soli al comando diventano dei palloni e poi scoppiano. Io credo che le decisioni importanti vanno prese con gli iscritti. I più grandi errori li ho commesso scegliendo da solo». Più tardi, però, non aveva esitato ad ammettere: «Sicuramente il Movimento è in un momento difficoltà e lo ammetto prima di tutto io. C’è bisogno di mettere a posto alcune cose».

POLEMICHE PER IL QUESITO ORIENTATO

Decisamente più esplicita era stata la maggioranza dei militanti emiliani, che aveva chiesto espressamente di votare ‘no’ al quesito su Rousseau. Silvia Piccinini, consigliera regionale del M5s in Emilia-Romagna, aveva definito «una presa in giro inaccettabile e un’umiliazione» il voto con un quesito «orientato».

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