L’agghiacciante report dei Legionari di Cristo sulla pedofilia

Accertati 175 casi in 78 anni. Sessanta da parte del fondatore Maciel. Responsabili 33 sacerdoti.

Praticamente due casi di pedofilia ogni anno. E anche qualcosa in più. La Congregazione dei Legionari di Cristo ha pubblicato un Rapporto riguardante gli abusi sessuali su minori commessi da membri dell’associazione nel corso della sua storia e i numeri sono agghiaccianti: 175 casi in 78 anni, 33 sacerdoti responsabili. Il rapporto, che sarà presentato il 20 gennaio a Roma in occasione del Capitolo generale della Congregazione, precisa che il fondatore di essa, il padre messicano Marcial Maciel, è responsabile di almeno 60 casi di abusi di minori. Lo studio, si è inoltre appreso, è stato realizzato durante sei mesi da una commissione interna e riguarda la storia dei Legionari dalla fondazione in Messico, il 3 gennaio 1941, ad oggi.

CONDANNA DEGLI ABUSI

Nella presentazione del documento, pubblicato nel portale ceroabusos.org, si sottolinea che con esso «i Legionari di Cristo desiderano fare un ulteriore passo per conoscere e riconoscere il fenomeno dell’abuso sessuale su minori e favorire la riconciliazione con le vittime». Il Rapporto inoltre «condanna e deplora» gli abusi commessi, così come «quelle pratiche istituzionali o personali che possano aver favorito o propiziato qualsiasi forma di abuso o rivittimizzazione». Dopo aver sottolineato che fra i 175 minori abusati sono inclusi le 60 vittime dello stesso fondatore della Congregazione, padre Maciel, lo studio precisa che i 33 sacerdoti responsabili degli abusi rappresentano il 2,44% dei 1.353 legionari ordinati nel corso della storia dell’associazione.

27 PRETI PEDOFILI ANCORA VIVI

Dei responsabili, «sei sono morti, otto hanno abbandonato il sacerdozio, uno ha lasciato la Congregazione e 18 vi sono rimasti. Di questi ultimi, il 100% è escluso da rapporti pastorali con minori, quattro hanno restrizioni nell’esercizio del ministero e osservano un piano di sicurezza, mentre 14 non esercitano il ministero sacerdotale pubblico».

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Dagli Usa al Vaticano, nomine pesanti che rafforzano il papa

L'elezione di Gomez a presidente della Chiesa Usa e quella di Guerrero Alves alle Finanze del Vaticano: due posizioni chiave che danno più slancio al mandato di Francesco.

Quando il gioco si fa duro i gesuiti e l’Opus Dei cominciano a giocare. Parafrasando John Belushi, è questo lo schema che sembra emergere dalla scorsa settimana durante la quale si sono avute due nomine di primissimo piano negli assetti della Chiesa universale, una in America l’altra in Vaticano. Ma andiamo con ordine.

L’assemblea generale dei vescovi statunitensi, riunitasi a Baltimora il 12 e il 13 novembre scorsi, ha eletto come nuovo presidente e successore del cardinale Daniel Di Nardo (arcivescovo di Galveston-Houston), monsignor Josè Gomez, 67 anni, arcivescovo di Los Angeles, il primo leader ‘latino’ – è originario di Monterrey, in Messico – della Chiesa a stelle e strisce, un fatto definito storico da diversi osservatori e dai media.

Gomez è stato ordinato prete dell’Opus Dei nel lontano 1978, è un difensore battagliero dei diritti di migranti e rifugiati negli Stati Uniti, dei diritti dei dreamers, i migranti arrivati illegalmente negli Usa da bambini che possono col tempo e a determinate condizioni diventare regolari; l’amministrazione Trump ha ingaggiato una durissima battaglia legale per cancellare questa possibilità. Gomez, inoltre, ha attaccato il suprematismo bianco e le forme esasperate di nazionalismo che percorrono gli Usa; assai più tradizionalista appare invece su temi come l‘aborto o le unioni omosessuali.

La sua elezione rappresenta dunque a prima vista una scelta di mediazione fra le diverse anime della conferenza episcopale Usa (il Los Angeles Times l’ha scritto: «È allo stesso tempo un conservatore e un progressista»), divisa fra sostenitori acerrimi della battaglia pro-life allineati al Partito repubblicano, e quanti, nell’episcopato, mettono al primo posto i grandi temi sociali che mandano in corto circuito l’America: dai conflitti razziali alla questione migratoria.

I CATTOLICI USA RESTANO IN MAGGIORANZA LATINOAMERICANI

In realtà l’elezione di Gomez ha un significato più ampio: il nuovo presidente dell’episcopato d’Oltreoceano è infatti alla guida della diocesi più grande del Paese e con una composizione etnica particolarmente ricca e contrastante; più volte, per altro, l’arcivescovo ha detto che la sua stessa biografia è segnata dalla migrazione, un fatto che lo avvicina non poco all’attuale papa segnato da una vicenda per molti versi simile: di certo sta crescendo esponenzialmente a livello globale il peso della Chiesa in grado di parlare lo spagnolo delle Americhe, e cresce pure il peso dell’Opus Dei che, tutto sommato, in questo delicatissimo caso, si è trovata in sintonia con il pontefice gesuita.

Circa il 47% dei latinos che vivono in America si definisce cattolico, era il 57% un decennio fa

Non va inoltre dimenticato come la Chiesa Usa sia stata in buona parte ripopolata dalle migrazioni del Centro e Sud America, un fenomeno vasto e potente poco recepito fino a ora dai vertici ecclesiali. Secondo un sondaggio recentissimo del Pew Research Center, circa il 47% dei latinos che vivono in America si definisce cattolico, era il 57% un decennio fa. Ancora, il 77% dei cattolici di origini latinoamericane e il 55% dei cattolici bianchi sono favorevoli a concedere la cittadinanza agli immigrati irregolari stabilitisi negli States. Va infine ricordato che, nell’aprile scorso, il papa aveva nominato quale nuovo arcivescovo di Washington, monsignor Wilton Gregory; si trattava del primo leader afroamericano per la nevralgica diocesi della capitale del Paese.

L’ARRIVO DI GUERRERO ALVES E I NODI DELLE FINANZE DEL VATICANO

In Vaticano, invece, Francesco dopo lunga attesa, ha nominato il nuovo capo della segreteria per l’Economia; è un gesuita, si chiama Juan Antonio Guerrero Alves, è spagnolo, ha 60 anni. Vanta sì una laurea in Economia presa in gioventù, ma il suo sembra soprattutto il profilo di chi ha abilità organizzative e gestionali di istituzioni complesse, dunque quella compiuta dal pontefice argentino appare più decisamente come una scelta politica che tecnica. Fra l’altro, particolare non indifferente, la notizia relativa alla nomina è stata diffusa praticamente nelle stesse ore in cui si apprendeva che l’ex ‘ministro dell’Economia’ vaticano, il cardinale George Pell, poteva contare su un’ultima chance per evitare di scontare la pena di sei anni in prigione cui era stato condannato dopo un processo per violenza sessuale su due minori celebratosi a Melbourne, in Australia.

Antonio Guerrero Alves.

Pell si è sempre dichiarato innocente ma è stato comunque giudicato colpevole in primo e secondo grado, ora il suo appello è stato accolto dall’Alta Corte australiana la quale si è detta disponibile a discutere il caso. Difficile dire come andrà a finire ma per Pell c’è comunque una speranza. Nel frattempo, tuttavia, il papa ha chiuso definitivamente quel capitolo procedendo alla nomina di un fedelissimo, un gesuita, per gestire le mai del tutto domate finanze vaticane. Si allarga così ulteriormente la squadra della Compagnia di Gesù in posizioni di comando nella Curia romana (che comprende anche monsignor Luis Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede). Fra i primi dossier cui padre Guerrero dovrà mettere mano, la redazione e pubblicazione dei bilanci vaticani, tanto più urgente dopo l’emergere degli ultimi episodi di investimenti immobiliari spericolati realizzati con ingenti fondi della Segreteria di Stato.

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Il j’accuse del gesuita Sorge: «Ruini con Salvini come la Chiesa ai tempi di Mussolini»

L'ex direttore di Civiltà Cattolica contro l'ex numero uno della Cei: «Sbaglia a benedirlo». E poi lancia l'idea di un Sinodo: «Non possiamo più tacere di fronte a odio e razzismo».

Ruini si comporta con Salvini come già fece la Chiesa con Mussolini. Il j’accuse arriva da Padre Bartolomeo Sorge, autorevole rappresentante dei Gesuiti, lo stesso ordine di Papa Francesco, già direttore della rivista Civiltà Cattolica. «Il cardinale Ruini sbaglia a benedire Salvini. Lo stesso fece il Vaticano con Mussolini», ha affermato il teologo e politologo in un’intervista a Marco Damilano per l’Espresso.

«RUINI, L’ULTIMO EPIGONO DELLA STAGIONE DI PAPA WOJTYLA»

«Nella storia della Chiesa italiana, Ruini è l’ultimo epigono autorevole della stagione di papa Wojtyla. Giovanni Paolo II, dedito totalmente alla sua straordinaria missione evangelizzatrice a livello mondiale, di fatto rimise nelle mani di Ruini le redini della nostra Chiesa, nominandolo per 5 anni segretario generale della Cei, per 16 anni presidente dei vescovi e per 17 anni vicario generale della diocesi di Roma», dice Sorge. «Per quanto riguarda il suo atteggiamento benevolo verso Salvini, dobbiamo dire che è del tutto simile a quello che altri prelati, a suo tempo, ebbero nei confronti di Mussolini. Purtroppo la storia insegna che non basta proclamare alcuni valori umani fondamentali, giustamente cari alla Chiesa, se poi si negano le libertà democratiche e i diritti civili e sociali dei cittadini», ha aggiunto.

«SERVE UN SINODO, LA CHIESA NON PUÒ PIÙ TACERE SUL’ ODIO»

«Credo che nella Chiesa italiana si imponga ormai la convocazione di un Sinodo», dice ancora padre Sorge. «I cinque Convegni nazionali ecclesiali, che si sono tenuti a dieci anni di distanza uno dall’altro, non sono riusciti – per così dire – a tradurre il Concilio in italiano. C’è bisogno di un forte scossone, se si vuole attuare la svolta ecclesiale che troppo tarda a venire», spiega. Secondo il gesuita, ex direttore di Civiltà Cattolica e di Aggiornamenti Sociali, «solo l’intervento autorevole di un Sinodo può avere la capacità di illuminare le coscienze sulla inaccettabilità degli attacchi violenti al papa, sulla natura anti-evangelica dell’antropologia politica, oggi dominante, fondata sull’egoismo, sull’odio e sul razzismo, che chiude i porti ai naufraghi e nega solidarietà alla senatrice Segre, testimone vivente della tragedia nazista della Shoah, sull’assurda strumentalizzazione politica dei simboli religiosi, usati per coprire l’immoralità di leggi che giungono addirittura a punire chi fa il bene e salva vite umane». «La Chiesa non può più tacere. Deve parlare chiaramente. È suo preciso dovere non giudicare o condannare le persone, ma illuminare le coscienze», conclude.

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Il j’accuse del gesuita Sorge: «Ruini con Salvini come la Chiesa ai tempi di Mussolini»

L'ex direttore di Civiltà Cattolica contro l'ex numero uno della Cei: «Sbaglia a benedirlo». E poi lancia l'idea di un Sinodo: «Non possiamo più tacere di fronte a odio e razzismo».

Ruini si comporta con Salvini come già fece la Chiesa con Mussolini. Il j’accuse arriva da Padre Bartolomeo Sorge, autorevole rappresentante dei Gesuiti, lo stesso ordine di Papa Francesco, già direttore della rivista Civiltà Cattolica. «Il cardinale Ruini sbaglia a benedire Salvini. Lo stesso fece il Vaticano con Mussolini», ha affermato il teologo e politologo in un’intervista a Marco Damilano per l’Espresso.

«RUINI, L’ULTIMO EPIGONO DELLA STAGIONE DI PAPA WOJTYLA»

«Nella storia della Chiesa italiana, Ruini è l’ultimo epigono autorevole della stagione di papa Wojtyla. Giovanni Paolo II, dedito totalmente alla sua straordinaria missione evangelizzatrice a livello mondiale, di fatto rimise nelle mani di Ruini le redini della nostra Chiesa, nominandolo per 5 anni segretario generale della Cei, per 16 anni presidente dei vescovi e per 17 anni vicario generale della diocesi di Roma», dice Sorge. «Per quanto riguarda il suo atteggiamento benevolo verso Salvini, dobbiamo dire che è del tutto simile a quello che altri prelati, a suo tempo, ebbero nei confronti di Mussolini. Purtroppo la storia insegna che non basta proclamare alcuni valori umani fondamentali, giustamente cari alla Chiesa, se poi si negano le libertà democratiche e i diritti civili e sociali dei cittadini», ha aggiunto.

«SERVE UN SINODO, LA CHIESA NON PUÒ PIÙ TACERE SUL’ ODIO»

«Credo che nella Chiesa italiana si imponga ormai la convocazione di un Sinodo», dice ancora padre Sorge. «I cinque Convegni nazionali ecclesiali, che si sono tenuti a dieci anni di distanza uno dall’altro, non sono riusciti – per così dire – a tradurre il Concilio in italiano. C’è bisogno di un forte scossone, se si vuole attuare la svolta ecclesiale che troppo tarda a venire», spiega. Secondo il gesuita, ex direttore di Civiltà Cattolica e di Aggiornamenti Sociali, «solo l’intervento autorevole di un Sinodo può avere la capacità di illuminare le coscienze sulla inaccettabilità degli attacchi violenti al papa, sulla natura anti-evangelica dell’antropologia politica, oggi dominante, fondata sull’egoismo, sull’odio e sul razzismo, che chiude i porti ai naufraghi e nega solidarietà alla senatrice Segre, testimone vivente della tragedia nazista della Shoah, sull’assurda strumentalizzazione politica dei simboli religiosi, usati per coprire l’immoralità di leggi che giungono addirittura a punire chi fa il bene e salva vite umane». «La Chiesa non può più tacere. Deve parlare chiaramente. È suo preciso dovere non giudicare o condannare le persone, ma illuminare le coscienze», conclude.

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La Chiesa cattolica può sopravvivere allo scandalo degli abusi sessuali?

Mentre Francesco continua la sua battaglia per i poveri, continuano i casi di violenze sui minori da parte di sacerdoti. Il Vaticano prova a rispondere sul lato della formazione, ma mancano i presupposti per riforme vere.

Mentre Francesco prosegue instancabile la sua predicazione in favore dei poveri, dei più vulnerabili, contro le ingiustizie che colpiscono tante realtà del Sud e del Nord del mondo, schierandosi in favore dell’educazione al dialogo, alla costruzione di ponti fra civiltà e popoli, la Chiesa da un punto all’altro del globo continua a essere scossa dallo scandalo degli abusi sessuali.

Apparentemente c’è una scarsa relazione fra questi due eventi, in realtà il tratto unificante – e alla lunga schizofrenico – è che entrambi sono fra gli elementi più fortemente rappresentativi della Chiesa cattolica in questo tempo.

A BUFFALO LO SCANDALO DEI 24 PRETI SOSPESI MA STIPENDIATI

Negli Stati Uniti i casi e le denunce si susseguono come una pioggia ininterrotta nonostante l’impegno della conferenza episcopale che ha cercato in ogni modo, nell’arco di due decenni, di porre rimedio allo scandalo. Fra pochi giorni, per altro, i vescovi degli States si riuniranno in assemblea per decidere come perseguire le eventuali coperture e gli insabbiamenti operati dai vescovi nei confronti di sacerdoti colpevoli o indagati come richiesto dal Vaticano.

Manca, in molti casi, la parola conclusiva del Vaticano che può procedere alla dimissione dallo stato clericale di un sacerdote

Ma a colpire l’opinione pubblica sono anche altri particolari, come nel caso della diocesi di Buffalo, Stato di New York, dove circa 24 sacerdoti, sospesi da ogni funzione a causa del loro coinvolgimento in casi di violenze su minori, continuano a ricevere il sostentamento economico dalla diocesi locale, sono cioè regolarmente stipendiati. Di fatto finché non vengono ‘spretati’ e allontanati dalla Chiesa è compito della diocesi provvedere al loro mantenimento, almeno questo dicono i legali esperti di diritto canonico.

Papa Francesco.

Manca, in molti casi, la parola conclusiva del Vaticano che può procedere alla dimissione dallo stato clericale di un sacerdote; ma le carte dei vari procedimenti, denunciano i media d’Oltreoceano, non sono mai state mandate a Roma nonostante gli annunci fatti. Secondo la diocesi a ritardare il procedimento sono state anche le ulteriori indagini del procuratore generale dello Stato di New York sullo scandalo; c’è invece chi pensa a ritardi dovuti a burocrazie interne. La storia di Buffalo, in ogni caso, dimostra come l’opinione pubblica americana non molli la presa e anzi consideri sempre di più le responsabilità della Chiesa.

IN ITALIA IL CASO DI DON MICHELE MOTTOLA A TRENTOLA DUCENTA

Anche in Italia, Paese in cui i media, con qualche eccezione, sono piuttosto restii a lanciare campagne stampa su un argomento che resta scabroso, proprio in questi giorni ha fatto invece scalpore un fatto di cronaca nel quale è coinvolto un prete: è il caso di don Michele Mottola, parroco a Trentola Ducenta (diocesi di Aversa) in attività fino al maggio scorso. Contro di lui è in corso un procedimento canonico, ma intanto è stato arrestato dalla polizia dopo essere stato denunciato grazie all’aiuto decisivo di una bambina di 12 anni, una sua vittima molestata già da diverso tempo. Interessante nel caso di don Mottola è il fatto che gli abusi sono proseguiti fino a tempi recentissimi, vale a dire dopo i tanti pronunciamenti degli ultimi pontefici, i provvedimenti presi dal Vaticano, i casi perseguiti, i primi passi compiuti dalla Cei per arginare il fenomeno. È il segno che il problema tende a perpetrarsi nonostante tutto.

LA CHIESA REAGISCE PUNTANDO SULLA FORMAZIONE DEI SACERDOTI

Altre iniziative, anche in positivo si susseguono. Per esempio il prossimo 14 novembre il cardinale Ricardo Blazquez, arcivescovo di Valladolid e presidente dei vescovi spagnoli, inaugurerà un corso sulla protezione dei minori nella Chiesa all’università di Navarra (Opus Dei). Del resto il Vaticano sta investendo molto sull’aspetto formativo attraverso un’educazione costante dei seminaristi e del clero in generale. In questa direzione guida le operazioni l’università Gregoriana a Roma, storico ateneo dei gesuiti che coordina le attività della Chiesa per la protezione dell’infanzia in tutto il mondo. Gestire la sfera affettiva e la sessualità in modo responsabile e maturo, affrontare i casi che emergono mettendo al primo posto le vittime e non la tutela dell’immagine dell’istituzione, capire i segnali di una crisi, imparare a comunicarla con trasparenza, sono alcuni degli obiettivi di questo sforzo. Basterà? Difficile dirlo.

IL CELIBATO RESTA UN TABÙ INTOCCABILE

Nonostante le buone intenzioni infatti in troppe chiese locali il clericalismo, l’abuso di potere, restano il vero nemico da battere mentre laici e donne restano ai margini del governo delle parrocchie e delle diocesi. Non solo. Sul piano istituzionale il celibato resta un tabù intoccabile: non vi è nessun nesso automatico fra la disciplina della castità e le violenze sessuali ripetono come un mantra, snocciolando dati, gli uomini di Bergoglio impegnati nella battaglia contro la pedofilia nella Chiesa, a cominciare da padre Hans Zollner, gesuita, presidente della Pontificia commissione per la protezione dei minori. L’esperienza direbbe altro, ma il dibattito è aperto.

Secondo il teologo Hubert Wolf, storico della Chiesa e teologo, a partire dagli Anni 60 il 20% dei preti ha rinunciato al sacerdozio a causa del celibato

Resta comunque il dubbio che il rapporto fra chiesa e sessualità, celibato compreso, sia un fattore costante di tensione irrisolto nella vita della Chiesa da tempo fuori controllo. Secondo il teologo Hubert Wolf, storico della Chiesa e teologo, autore di un volume appena pubblicato dal titolo Contro il celibato (Donzelli) a partire dagli Anni 60 circa il 20% dei preti ha rinunciato al sacerdozio a causa del celibato, i «seminari tendono regolarmente a scomparire», mentre ci sono diocesi che non hanno registrato una sola ordinazione per «diversi anni consecutivi».

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La Chiesa cattolica può sopravvivere allo scandalo degli abusi sessuali?

Mentre Francesco continua la sua battaglia per i poveri, continuano i casi di violenze sui minori da parte di sacerdoti. Il Vaticano prova a rispondere sul lato della formazione, ma mancano i presupposti per riforme vere.

Mentre Francesco prosegue instancabile la sua predicazione in favore dei poveri, dei più vulnerabili, contro le ingiustizie che colpiscono tante realtà del Sud e del Nord del mondo, schierandosi in favore dell’educazione al dialogo, alla costruzione di ponti fra civiltà e popoli, la Chiesa da un punto all’altro del globo continua a essere scossa dallo scandalo degli abusi sessuali.

Apparentemente c’è una scarsa relazione fra questi due eventi, in realtà il tratto unificante – e alla lunga schizofrenico – è che entrambi sono fra gli elementi più fortemente rappresentativi della Chiesa cattolica in questo tempo.

A BUFFALO LO SCANDALO DEI 24 PRETI SOSPESI MA STIPENDIATI

Negli Stati Uniti i casi e le denunce si susseguono come una pioggia ininterrotta nonostante l’impegno della conferenza episcopale che ha cercato in ogni modo, nell’arco di due decenni, di porre rimedio allo scandalo. Fra pochi giorni, per altro, i vescovi degli States si riuniranno in assemblea per decidere come perseguire le eventuali coperture e gli insabbiamenti operati dai vescovi nei confronti di sacerdoti colpevoli o indagati come richiesto dal Vaticano.

Manca, in molti casi, la parola conclusiva del Vaticano che può procedere alla dimissione dallo stato clericale di un sacerdote

Ma a colpire l’opinione pubblica sono anche altri particolari, come nel caso della diocesi di Buffalo, Stato di New York, dove circa 24 sacerdoti, sospesi da ogni funzione a causa del loro coinvolgimento in casi di violenze su minori, continuano a ricevere il sostentamento economico dalla diocesi locale, sono cioè regolarmente stipendiati. Di fatto finché non vengono ‘spretati’ e allontanati dalla Chiesa è compito della diocesi provvedere al loro mantenimento, almeno questo dicono i legali esperti di diritto canonico.

Papa Francesco.

Manca, in molti casi, la parola conclusiva del Vaticano che può procedere alla dimissione dallo stato clericale di un sacerdote; ma le carte dei vari procedimenti, denunciano i media d’Oltreoceano, non sono mai state mandate a Roma nonostante gli annunci fatti. Secondo la diocesi a ritardare il procedimento sono state anche le ulteriori indagini del procuratore generale dello Stato di New York sullo scandalo; c’è invece chi pensa a ritardi dovuti a burocrazie interne. La storia di Buffalo, in ogni caso, dimostra come l’opinione pubblica americana non molli la presa e anzi consideri sempre di più le responsabilità della Chiesa.

IN ITALIA IL CASO DI DON MICHELE MOTTOLA A TRENTOLA DUCENTA

Anche in Italia, Paese in cui i media, con qualche eccezione, sono piuttosto restii a lanciare campagne stampa su un argomento che resta scabroso, proprio in questi giorni ha fatto invece scalpore un fatto di cronaca nel quale è coinvolto un prete: è il caso di don Michele Mottola, parroco a Trentola Ducenta (diocesi di Aversa) in attività fino al maggio scorso. Contro di lui è in corso un procedimento canonico, ma intanto è stato arrestato dalla polizia dopo essere stato denunciato grazie all’aiuto decisivo di una bambina di 12 anni, una sua vittima molestata già da diverso tempo. Interessante nel caso di don Mottola è il fatto che gli abusi sono proseguiti fino a tempi recentissimi, vale a dire dopo i tanti pronunciamenti degli ultimi pontefici, i provvedimenti presi dal Vaticano, i casi perseguiti, i primi passi compiuti dalla Cei per arginare il fenomeno. È il segno che il problema tende a perpetrarsi nonostante tutto.

LA CHIESA REAGISCE PUNTANDO SULLA FORMAZIONE DEI SACERDOTI

Altre iniziative, anche in positivo si susseguono. Per esempio il prossimo 14 novembre il cardinale Ricardo Blazquez, arcivescovo di Valladolid e presidente dei vescovi spagnoli, inaugurerà un corso sulla protezione dei minori nella Chiesa all’università di Navarra (Opus Dei). Del resto il Vaticano sta investendo molto sull’aspetto formativo attraverso un’educazione costante dei seminaristi e del clero in generale. In questa direzione guida le operazioni l’università Gregoriana a Roma, storico ateneo dei gesuiti che coordina le attività della Chiesa per la protezione dell’infanzia in tutto il mondo. Gestire la sfera affettiva e la sessualità in modo responsabile e maturo, affrontare i casi che emergono mettendo al primo posto le vittime e non la tutela dell’immagine dell’istituzione, capire i segnali di una crisi, imparare a comunicarla con trasparenza, sono alcuni degli obiettivi di questo sforzo. Basterà? Difficile dirlo.

IL CELIBATO RESTA UN TABÙ INTOCCABILE

Nonostante le buone intenzioni infatti in troppe chiese locali il clericalismo, l’abuso di potere, restano il vero nemico da battere mentre laici e donne restano ai margini del governo delle parrocchie e delle diocesi. Non solo. Sul piano istituzionale il celibato resta un tabù intoccabile: non vi è nessun nesso automatico fra la disciplina della castità e le violenze sessuali ripetono come un mantra, snocciolando dati, gli uomini di Bergoglio impegnati nella battaglia contro la pedofilia nella Chiesa, a cominciare da padre Hans Zollner, gesuita, presidente della Pontificia commissione per la protezione dei minori. L’esperienza direbbe altro, ma il dibattito è aperto.

Secondo il teologo Hubert Wolf, storico della Chiesa e teologo, a partire dagli Anni 60 il 20% dei preti ha rinunciato al sacerdozio a causa del celibato

Resta comunque il dubbio che il rapporto fra chiesa e sessualità, celibato compreso, sia un fattore costante di tensione irrisolto nella vita della Chiesa da tempo fuori controllo. Secondo il teologo Hubert Wolf, storico della Chiesa e teologo, autore di un volume appena pubblicato dal titolo Contro il celibato (Donzelli) a partire dagli Anni 60 circa il 20% dei preti ha rinunciato al sacerdozio a causa del celibato, i «seminari tendono regolarmente a scomparire», mentre ci sono diocesi che non hanno registrato una sola ordinazione per «diversi anni consecutivi».

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Arrestato un sacerdote nel Casertano con l’accusa di pedofilia

In manette don Michele Mottola. Dopo le prime segnalazioni, sono state decisive le registrazioni col cellulare fatte dalla vittima, una 12enne che frequentava la chiesa del paese.

Un sacerdote nel Casertano è stato arrestato con l’accusa abusi su una minore di 12 anni che frequentava la chiesa. L’arresto è stato eseguito dalla Polizia di Stato su ordine del Gip del Tribunale di Napoli Nord. A finire in manette è stato don Michele Mottola della parrocchia di Trentola Ducenta. Era stata la Diocesi di Aversa a inviare la prima segnalazione alla procura guidata da Francesco Greco sui presunti abusi commessi dal prete, che nel maggio scorso era stato sospeso dal servizio.

LE REGISTRAZIONI: «È SOLO UN GIOCO, NON FACCIAMO NIENTE DI MALE»

La ragazzina ha registrato con il telefonino gli incontri tenuti col sacerdote nella canonica della parrocchia, raccogliendo elementi rilevanti che hanno portato all’arresto dell’uomo. «Lasciami stare, non mi devi più toccare», è una delle frasi emblematiche che la piccola ha registrato mentre parlava con il prete; «è solo un gioco, non facciamo niente di male» sono le altre significative parole pronunciate invece dal sacerdote e finite nelle registrazioni consegnate dai genitori della bimba nel maggio scorso ai poliziotti del Commissariato di Aversa e fatte ascoltare alla diocesi, che ha subito sospeso don Michele dal servizio, informando la Procura di Napoli Nord. Nei confronti dell’uomo è stato avviato un processo canonico tuttora in corso.

DELLA VICENDA SI SONO OCCUPATE ANCHE LE IENE

Nel frattempo gli investigatori della Polizia di Stato guidati da Vincenzo Gallozzi hanno raccolto anche delle testimonianze. Il cerchio sulla ricostruzione della vicenda si è chiuso con l’incidente probatorio che ha messo la ragazzina e il sacerdote uno di fronte all’altro. La 12enne ha confermato che gli abusi andavano avanti da tempo, mentre don Michele si è difeso dicendo che la minore stava farneticando. Intanto i genitori della bimba si sono rivolti al programma tivù Le Iene perché la vicenda venisse fuori in tutta la sua drammaticità.

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