Nuova scossa di terremoto di magnitudo 3.0 al Mugello

Epicentro a cinque chilometri da Barberino. La gente si è riversata in strada. Alcuni passeranno la notte in auto.

Non si è ancora fermata l’onda sismica che ha colpito la Toscana. Una nuova scossa di magnitudo 3.0 è stata registrata a cinque chilometri da Barberino del Mugello dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il terremoto è avvenuto alle 17.55 a una profondità di otto chilometri. Gli altri comuni vicini all’epicentro sono Scarperia e San Piero e borgo San Lorenzo. La scossa è stata avvertita distintamente dagli abitanti del Mugello e in tanti, già provati dalla settimana appena trascorsa, sono usciti allarmati dalle case riversandosi in strada. In molti si appresterebbero a passare la notte in macchina o nei centri allestiti nella palestra di Barberino e all’autodromo del Mugello per timore di nuove scosse. Al momento non ci sono notizie di danni.

104 PERSONE NEI CENTRI DI OSPITALITÀ

Intanto cala il numero delle persone accolte nei centri di ospitalità allestiti per le persone colpite dal sisma. La notte tra il 13 e il 14 dicembre sono state 104: 29 nei locali dell’Autodromo predisposti dalla Protezione civile della Metrocittà di Firenze, e 75 nella palestra della scuola media del comune di Barberino, in via Agresti. Lo ha reso noto la sala di Protezione civile della Città Metropolitana di Firenze spiegando che «nella notte tra il 9 e il 10 dicembre complessivamente gli ospiti, dislocati in sei centri, sono stati 473; la notte tra il 10 e l’11 314, tra l’11 e il 12 dicembre 282, 120 l’altra notte».

DANNI AL COMPARTO AGRICOLO

Coldiretti ha segnalato danni anche nel comparto agricolo mugellano per il recente terremoto. «Abbiamo riscontrato lesioni in alcune stalle e rimesse agricole, sebbene per fortuna non in quelle maggiori», ha spiegato il presidente della sezione di Firenze-Prato, Roberto Nocentini il quale ha auspicato pure «che il ripristino delle strutture lesionate possa coincidere con un autentico programma di rilancio del sistema economico agricolo e agroalimentare mugellano che, oramai da troppo tempo, vede soggetti economici importanti slegati o non pienamente in grado di fornire le risposte adeguate ad una domanda crescente».

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Le sfide delle Sardine dopo la manifestazione di Roma

Decine di migliaia di persone in piazza San Giovanni. Un successo che però apre nuovi interrogativi sul futuro del movimento. Il reportage di L43.

L’entusiasmo, la voglia di partecipazione, e tra, un selfie e l’altro per attestare la presenza in piazza, l’impegno per dare un messaggio alla politica italiana. E cambiarla nel segno dell’accoglienza e dell’empatia, quasi una parola d’ordine per le Sardine ritrovatesi a Piazza San Giovanni, a Roma, tempio della sinistra in Italia. Un cambiamento che, stando a quanto raccolto tra i più giovani, deve accettare l’idea di creare un partito o comunque prendere una posizione fin dalle prossime elezioni.

«VALORI DI SINISTRA»

«Certo, dipende dai valori che si vogliono portare avanti in un eventuale partito delle Sardine. Ora è un movimento molto eterogeneo. Ma in generale spero che le persone qui presenti, alle prossime elezioni, si riconoscano in un partito di sinistra, che si impegna contro odio, razzismo e il ritorno del fascismo», sintetizza Martina, una giovanissima scesa in piazza fin dall’inizio della manifestazione. E, tra quanto raccolto da Lettera43.it sono proprio i più giovani a chiedere un processo politico che possa mettere al centro le istanze poste dalle Sardine. Sia con la nascita di un soggetto autonomo, sia come una forza movimentista capace di condizionare i partiti tradizionali. L’importante è che «continui a portare aria fresca alla politica» è uno dei mantra.

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DECISIONI IMMINENTI

Eppure in mezzo alla marea di sentimenti positivi, “buonisti” potrebbero dire i detrattori, ci sono anche molte incognite. Tante contraddizioni, nodi da sciogliere. Su tutti le decisioni da assumere fin dalle prossime settimane. Proprio sulla relazione con le forze politiche già in campo. «Sono qui con molto entusiasmo e voglia di dare una mano alle Sardine», spiega Maria Chiara, emiliana di origine e residente a Roma da pochi mesi. «Ma se potessi votare alle Regionali in Emilia, non avrei dubbi a sostenere Bonaccini», ammette senza tentennamenti. Insomma, niente bandiera di partito in piazza, ma un’attenzione a quello che c’è intorno. Anche se si parla del Pd contrapposto al Carroccio. 

CONTRO L’ODIO SALVINIANO

L’empatia, evocata dai fondatori delle Sardine, si costruisce infatti su un altro perno: il rifiuto «dell’odio diffuso da Salvini». Il “non legarsi” è il tratto distintivo delle manifestazioni delle Sardine e di tanti striscioni visti a Piazza San Giovanni. Certo, il tutto portato con un bon ton inedito rispetto ai toni della comunicazione contemporanea, tranne qualche scivolone verso lo slogan del passato. Come la presenza di frange di sinistra anticapitalista. Il punto debole, però, resta sempre quello della proposta. Le persone interpellate non hanno saputo fornire una spiegazione esaustiva, celandosi dietro frasi di comodo: «Siamo un’energia per smuovere la politica», ha sostenuto Fabrizio, attivista dei diritti per la casa. Sull’ipotesi di fare un partito, la sua risposta è secca: «Sarebbe un errore, dobbiamo restare un’energia esterna». Visione opposta a quella di altri gruppi di giovanissimi interpellati: sono loro a spingere affinché questo movimento diventi «un partito nuovo». Con quali obiettivi? «Cambiare tutta la classe dirigente, facendo cose di sinistra. A cominciare dallo Ius Soli e da tante altre cose come la capacità di cogliere i cambiamenti nel mondo del lavoro», dice Alessandro, anche lui under 18.

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L’IMPOPOLARITÀ DEI PARTITI

Un problema da affrontare è quindi la direzione che devono prendere le Sardine nel futuro. C’è chi come Giacomo preferisce attendere: «Non dimentichiamo che tutto questo è nato spontaneamente in poche settimane. Prima di dare risposte affrettate, è meglio aspettare l’incontro che ci sarà nelle prossime ore». Un auspicio di un partito, quindi? Non proprio. Alcune delle persone intercettate da Lettera43.it su questo tema si irrigidiscono: niente bandiere, niente partiti è il leitmotiv, che nei fatti è un modo per evitare una risposta concreta. Un comportamento comune soprattutto tra chi non è più giovanissimo e ha maggiore sfiducia nei partiti, denotando una differente percezione generazionale del fenomeno. Ma è anche un modo per comprendere l’impopolarità di qualsiasi cosa venga ricondotta a un partito politico, almeno tra chi li ha visti da vicino. «Siamo un gruppo di amiche che combattono il razzismo e il fascismo. Ma un partito delle Sardine, no: sarebbe sbagliato. Questo movimento deve cambiare la vita politica del Paese», scandisce Luigina, una donna romana presente in piazza.

LA PIAZZA E IL POPULISMO


Un’altra critica mossa alle Sardine è quella della proposta populista, respinta con forza. «Ci dicono che siamo populisti? Non mi sembra che i partiti di oggi lo siano di meno… la verità è che questo movimento è un qualcosa di nuovo», osserva Giorgio, romano, tra i più accalorati quando viene adombrato questo sospetto. «Non è che si scende e si diventa populisti. Questo movimento è una boccata d’aria a fresca per reagire a questa violenza fascista. C’è una reazione e della piazza parte la richiesta di una nuova politica. Le nuove generazioni hanno preso iniziativa da sole», rileva Andrea. Non mancano le ammissioni di problemi: «L’organizzazione potrebbe essere migliore, senza dubbio. Ora aspettiamo la riunione dei vari organizzatori. Ma dalle Sardine è arrivata la risposta allo strapotere mediatico della destra, questo va sottolineato», dice Paolo, arrivato da Firenze appositamente per partecipare alla manifestazione.

UN NUOVO SPIRITO SESSANTOTTINO

Sergio, pensionato romano, propone un altro parallelo, anche stimolante: quello con il ’68. «Sono sempre stato comunista», premette. «Ho seguito tutti i movimenti di protesta e negli ultimi anni ho faticato ad avere punti di riferimento politici. Ho votato Pd quando è stato fondato, ma alle ultime elezioni non c’e l’ho fatta. Questi ragazzi si fanno sentire a modo loro, anche perché parliamo di un’altra epoca. Mica bisogna per forza fare sempre tutto con i metodici sessantottini?», aggiunge. Ma la riduzione allo spirito del ’68 assomiglia più a un’operazione nostalgica. Mentre il progetto della Sardine vorrebbe guardare avanti, forte di una partecipazione popolare dirompente. Ma nemmeno dal raduno di Piazza San Giovanni emerge una proposta lineare: cosa scaturirà da questo magma e dalla voglia di «aria fresca», non è chiaro. Almeno per ora.

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Manifesti di CasaPound contro le vittime del fascismo a Trieste

Il messaggio è stato affisso al Parco della Pace, dove il 15 dicembre si celebra la commemorazione dei cinque partigiani uccisi nel 1941. Il movimento: «Erano terroristi».

Un altro sfregio alla Resistenza. Alcuni manifesti di CasaPound sono comparsi la mattina del 14 dicembre a Opicina, sul Carso triestino, nel Parco della Pace – l’ex poligono di tiro gestito dall’Anpi locale – dove domenica 15 è prevista la commemorazione dei cinque antifascisti fucilati nel 1941 sulla base di una sentenza emessa da un Tribunale speciale. Nei manifesti firmati dal movimento di estrema destra i cinque fucilati vengono definiti «terroristi, né vittime, né martiri». La scoperta è stata fatta dagli agenti della Digos di Trieste da un controllo effettuato alla vigilia della cerimonia.

«ERANO TERRORISTI»

«Quando, circa tre settimane fa, il Comune di Trieste ha deciso di affidare la gestione di questo spazio all’Associazione nazionale Partigiani d’Italia di Trieste abbiamo espresso tutte le nostre perplessità ricordando che chi ogni anno viene commemorato a Opicina non è né una vittima né un martire ma solo un terrorista», ha spiegato in una nota Francesco Clun, responsabile provinciale di CasaPound Italia. «Per questo abbiamo deciso di ricordare a tutti a chi è dedicato quel monumento e chi, ogni anno, l’Anpi, assieme ad esponenti politici locali, commemora. L’unica cosa di cui non aveva bisogno questa città è un’altra meta di pellegrinaggio per i nostalgici titini».

L’ANPI INVOCA LO SCIOGLIMENTO DI CASAPOUND

Il fatto ha provocato la ferma reazione dell’Anpi di Trieste: «I manifesti affissi illegittimamente questa notte sul Carso triestino a Opicina da parte di CasaPound Italia Trieste rappresentano un atto gravissimo, che riteniamo possa configurarsi come apologia del fascismo», ha scritto l’associazione in una nota tornando, con l’Anpi nazionale, a chiedere lo scioglimento del movimento di estrema destra «in quanto organizzazione fascista».

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L’Inter annulla la conferenza stampa di Conte in polemica col Corriere dello Sport

Il quotidiano pubblica una lettera offensiva di un lettore. E Cucci risponde senza prendere le distanze. L'allenatore non parla coi giornalisti.

Colpirne centro per educarne uno. A due settimane di distanza dalla polemica sul titolo Black Friday su Romelu Lukaku e Chris Smalling, per cui l’Inter non aveva preso provvedimenti a differenza di Roma e Milan, la conferenza stampa dell’allenatore Antonio Conte viene annullata a causa di una lettera pubblicata dal Corriere dello Sport e alla risposta di Italo Cucci, entrambe ritenute «offensive» nei confronti dell’allenatore. «Ieri», scrive la nota, «dal Corriere dello Sport è stata pubblicata una lettera offensiva nei confronti del nostro allenatore, giustificando l’aggressione nel commento».

CONTE DEFINITO «ESAURITO»

Il 13 dicembre il quotidiano sportivo romano ha dedicato mezza pagina all’eliminazione dell’Inter dalla Champions League e pubblicato, nella pagina dedicata ai lettori, una mail di un tifoso del Bologna che contesta Conte offendendolo: «Godo nel vedere la Grande Inter surclassata dal Barcellona B che ha fatto vedere come si gioca a pallone a quell’esaurito del suo allenatore». Il tifoso ha contestato la «beatificazione» dell’allenatore nerazzurro che «nella sua carriera nonostante le vittorie, non ha mai fatto vedere un bel gioco» e «si è lamentato della campagna acquisti».

CUCCI RINCARA LA DOSE SU ICARDI

La risposta di Italo Cucci non ha certo gettata acqua sul fuoco: «Alla sua cattiveria aggiungo la mia che sono disposto a far diventare un tormentone: quando confesseranno, dirigenti (anche amici) e tifosi dell’Inter che senza Icardi hanno buttato via la Champions e forse anche il resto? Slogan: No Icardi, no party». L’Inter quindi, con un comunicato, ha annunciato l’annullamento della conferenza stampa della vigilia di Fiorentina-Udinese a pochi minuti dall’orario d’inizio con i giornalisti convenuti ad Appiano Gentile.

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Mezza Brindisi evacuata per far brillare una bomba

L'ordigno inglese della Seconda Guerra Mondiale è a forte rischio esplosione. Circa 54 mila persone lasceranno le loro case. Anche i carcerati saranno trasferiti.

Il 15 dicembre, a partire dalle 5 del mattino, Brindisi diventerà una città fantasma o giù di lì. Metà della sua popolazione, carcerati inclusi, sarà evacuata per permettere la rimozione di una bomba inglese della Seconda Guerra Moondiale ripiena di circa 40 chili di tritolo, scoperta il 2 novembre durante i lavori di ampliamento di un maxi cinema. Gli aerei saranno bloccati, così come i treni, e l’area isolata. Si tratta di una operazione particolarmente delicata. Gli artificieri dell’XI reggimento genio guastatori di Foggia hanno infatti verificato che la spoletta dell’ordigno è stata danneggiata dalla ruspa del cantiere ed è molto vicina al congegno di attivazione della bomba. Un fatto che rende alto il rischio di esplosione. Una situazione senza precedenti che richiede massima cura.

OLTRE 54 MILA PERSONE INTERESSATE

Sono più di 54 mila le persone che dovranno lasciare le proprie case per alcune ore. Il coordinamento della Prefettura e il coinvolgimento di Comune, Asl, Soprintendenza, forze dell’ordine e Protezione civile, ha preparato da giorni un piano di evacuazione entro un raggio di 1.617 metri dal luogo del ritrovamento che è costantemente presidiato ormai da più di un mese. Per ragioni di sicurezza, è stato stabilito che anche sul piano verticale, per più di 1.200 metri di altezza, non vi dovranno essere intralci. La circolazione aerea sarà quindi bloccata a partire dalle 9.30, l’aeroporto chiuso fino alle 12. Un tratto di ferrovia sarà pure off-limits a partire dalle 8 del mattino, fino al termine delle operazioni. La superstrada Brindisi – Lecce interrotta per alcuni chilometri, con un percorso alternativo.

GAS CHIUSO ENTRO 500 METRI

Alle abitazioni che si trovano nel raggio di 500 metri dalla bomba sarà anche staccato il gas mentre non vi saranno interruzioni di luce e acqua. Vi sarà comunque l’obbligo di lasciare la zona interdetta, in caso contrario il rischio è di una denuncia penale. Gli artificieri inizieranno a operare non appena l’evacuazione sarà conclusa. Utilizzeranno strumentazione meccanica per lavorare a distanza, poi trasferiranno la bomba in una cava perché sia fatta brillare. Per i cittadini e per gli animali domestici sono state allestite 14 aree di accoglienza, per lo più scuole. I detenuti del carcere di via Appia verranno trasferiti nell’istituto penitenziario di Lecce per un giorno. Alcuni comuni del Brindisino, come Mesagne e Ostuni, hanno offerto ospitalità agli evacuati con eventi e visite guidate gratuite. A giudicare comunque dall’impennata delle prenotazioni di bed and breakfast e hotel, è probabile che gran parte degli interessati abbia deciso di lasciare la città già da oggi e di trascorrere il weekend fuori.

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La manifestazione delle Sardine a Roma

Tutto pronto per il primo appuntamento nazionale del movimento nato appena un mese fa. Attese decine di migliaia di persone. Dopo la provocazione, CasaPound rinuncia a piazza San Giovanni.

Il partito che (ancora) non c’è e che (per ora) non vuole essere tale è chiamato a misurarsi con San Giovanni a Roma, la piazza della sinistra, ma di recente gremita dal centrodestra a guida leghista. Già una prima prova di maturità per le Sardine, a un solo mese dall’improvviso apparire del movimento a Bologna, in funzione anti-Salvini alle Regionali e per una politica senza odio fatta da competenti.

PRIMO BANCO DI PROVA NAZIONALE PER IL MOVIMENTO

Il primo meeting nazionale del non-partito liquido, «una festa contro l’odio e per i valori antifascisti e costituzionali» secondo gli organizzatori, alla quale sono attese decine di migliaia di persone. Con sit-in minori in mezzo mondo. E con il premier Giuseppe Conte – al quale le Sardine «fanno simpatia», delle quali vede «la positività» – pronto a incontrarle, se lo chiederanno. «Ma non per metterci il cappello sopra», precisa.

DOPO LA PROVOCAZIONE, CASAPOUND RINUNCIA ALLA PIAZZA

Oltre al numero, dopo l’ultima, affollatissima manifestazione di Torino, sono state sciolte le incognite sulla presenza o meno di CasaPound, che avrebbe potuto cercare visibilità, sfruttando un’apparente apertura poi ritrattata del ‘portavoce’ romano Stephen Ogongo. «Mica ci avrete creduto?», ha scritto Simone Di Stefano. «Quello delle Sardine è un vuoto pneumatico che non può essere riempito con nessuna buona idea. Pappagalli del Bella Ciao, state bene così!».

TUTTI IN STRADA CON UNA SARDINA

Gli organizzatori hanno chiesto di venire solo col il simbolo della sardina (una gigante è in preparazione). Un lungo happening dalle ore 15 dai contorni da definire, come la linea del movimento al di là di antirazzismo, antifascismo e antipopulismo e sovranismo. Normale per un fenomeno repentino. Sarà la prima prova nel cuore politico del Paese anche per Mattia Santori, uno dei quattro creatori trentenni delle Sardine, ma finora vero leader con le sue numerose apparizioni tivù. Una novità, politica in senso ampio, che piace a tutti tranne a Matteo Salvini e Giorgia Meloni (perché anche in Forza Italia ci sono dei simpatizzanti), ma che teme di essere strumentalizzata per scopi elettorali.

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Poche persone disabili assunte, l’ultimo spreco italiano

Nonostante gli obblighi di legge, ci sono 145 mila posti vacanti per le categorie protette. Eppure gli iscritti alle liste di collocamento mirato sono 775 mila. Ci rimettono la società e le aziende. Ma non ci stancheremo di proporre le nostre competenze nel mercato del lavoro.

Hollie-Ann Brooks, giornalista inglese con disabilità, si è scagliata contro le dichiarazioni di Sally-Ann Hart, candidata conservatrice alle elezioni nel Regno Unito, che, se reffettivamente rilasciate, sarebbero false e molto discriminatorie.

PREGIUDIZI CHE OSTACOLANO IL DIRITTO AL LAVORO

La rappresentante politica avrebbe infatti detto che il salario minimo non dovrebbe essere applicato ai lavoratori con disabilità cognitive perché «non capiscono il valore dei soldi». Che abbia pronunciato queste parole è verosimile, cioè è un esempio dei pregiudizi che ancora ostacolano il diritto al lavoro di tante persone disabili.

STEREOTIPI E DISCRIMINAZIONI IN ITALIA

Ma i nostri compagni inglesi non sono gli unici a dover combattere la discriminazione sul mercato del lavoro. Anche in Italia ci difendiamo bene in quanto a stereotipi che, ahinoi, hanno ripercussioni concrete sulle nostre carriere professionali e chi ancora non ci crede può leggere questa interessante ricerca promossa dalla Fondazione studi consulenti del lavoro (qui un riassunto).

DATI SCONCERTANTI SUGLI OCCUPATI

Al di là dell’esiguo numero dei lavoratori disabili assunti dalle aziende, delle disparità di genere, regionali e intergenerazionali – tutte informazioni già note – ciò che mi ha colpito maggiormente riguarda i posti di lavoro riservati alle persone con disabilità ma ancora vacanti. Sono 145 mila a fronte di solo 360 mila lavoratori disabili occupati dichiarati dalle aziende. Il dato è sconcertante se si pensa che il numero di iscritti alle liste di collocamento mirato, secondo i ricercatori, ammonta a 775 mila ed è in continuo aumento.

EPPURE CI SONO LEGGI CHE TUTELANO LA CATEGORIA

Quasi la metà delle ditte tenute ad adempiere agli obblighi di legge in materia di assunzioni di lavoratori appartenenti alle categorie protette non li rispettano o lo fanno solo parzialmente. Eppure in Italia esistono buone leggi che tutelano il diritto al lavoro delle persone disabili, in primis la 68/99. Come mai non riusciamo a farla rispettare?

IL (BASSO) RISCHIO DI SANZIONI NON BASTA

I datori di lavoro preferiscono incorrere nel rischio delle sanzioni previste per chi viola la normativa piuttosto che mettersi in regola. Probabilmente questo succede anche perché sanno che il pericolo di subire dei controlli è molto basso a causa della scarsità del personale deputato a fare gli accertamenti e degli strumenti necessari per effettuare le verifiche. A loro quindi conviene correre il basso rischio di essere sanzionati piuttosto che assumere un lavoratore ipoteticamente meno produttivo dei suoi colleghi “abili” ed essere magari pure costretti a investire denaro per rendere accessibile il luogo di lavoro.

SINTOMO DI ARRETRATEZZA CULTURALE

Ennesima dimostrazione di come un sistema basato sulle sanzioni sia fallimentare. Far leva solo sugli obblighi di legge e sul denaro – inteso sia in termini di contravvenzioni per chi commette infrazioni sia come incentivi destinati a chi assume – significa agire solo sul piano legale ed economico. Questo è un errore perché l’elevatissimo tasso di disoccupazione delle persone con disabilità è soprattutto conseguenza dell’imperdonabile arretratezza culturale e socio-politica di cui sono intrise le teorie di senso comune rispetto al valore (o piuttosto disvalore) di questi lavoratori.

PERSA L’OPPORTUNITÀ DI AVERE UNA RISORSA IN PIÙ

Le leggi sono necessarie ma devono essere accompagnate, se non addirittura precedute, dal contrasto del pregiudizio secondo cui le persone disabili non sono idonee per il mercato del lavoro. Questa teoria ormai vecchia e soprattutto falsa dovrebbe essere definitivamente sepolta e invece persiste nella mentalità comune, provocando danni sia alle persone con disabilità, a cui viene negato il diritto/dovere di lavorare, sia ai datori di lavoro che perdono l’opportunità di una risorsa in più nella squadra.

RICCHEZZA POTENZIALE NON SFRUTTATA

L’omologazione dei tempi e delle modalità di produzione non c’entra proprio niente con l’enorme varietà della specie umana e le differenze individuali che ciascuno può apportare all’interno di un team sono un’enorme ricchezza potenziale che consentirebbe a tutti, se venisse adeguatamente sfruttata, di essere più efficaci ed efficienti.

LO SMART WORKING PUÒ AIUTARE

Inoltre le migliorie nell’organizzazione aziendale utili ad alcuni specifici lavoratori potrebbero rivelarsi soluzioni ottimali anche per altri. Non mi riferisco solo agli adattamenti dell’ambiente fisico di lavoro, ma anche a modalità di esercitare la propria professione che stanno prendendo piede, ancora troppo lentamente, in questi ultimi anni. Il telelavoro o lo smart working sono degli esempi di come si possa lavorare dalla propria abitazione o in un luogo diverso dalla sede aziendale.

ALTERNATIVE CONTRO LE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Potrebbero costituire delle valide alternative non solo per chi è impossibilitato a presentarsi nella sede della propria impresa a causa delle barriere architettoniche presenti o, per ipotesi, per via di particolari condizioni di salute. Anche altre categorie di lavoratori ne trarrebbero vantaggio: per esempio chi ha figli piccoli o coloro che abitano distanti dalla sede. Anche i datori di lavoro ne guadagnerebbero perché aumentare la qualità della vita dei propri dipendenti significa metterli nella condizione di produrre di più e soprattutto meglio.

MA NON CI STANCHEREMO DI PROPORRE LE NOSTRE COMPETENZE

Nonostante queste considerazioni mi paiano ovvietà l’Italia è ultima in Europa sia rispetto al lavoro da casa sia relativamente allo smart working, ossia la possibilità di esercitare la propria professione ovunque. Il panorama italiano è quindi in generale molto desolante, ma noi possiamo nel nostro piccolo cercare di contrastare il senso comune non stancandoci di proporre le nostre competenze all’interno del mercato del lavoro e facendo conoscere tutte quelle realtà – e non sono poche – che credono nel nostro valore come lavoratori.

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Le tensioni nel governo sul salvataggio della Banca Popolare di Bari

Il giorno dopo la minaccia di rottura da parte di Italia viva, Conte prova a ricomporre il caso: «Non tuteleremo nessun banchiere». E spiega: «Faremo una sorta di Banca del Sud a partecipazione pubblica».

La tensione resta alta nella maggioranza, alle prese col salvataggio della Banca Popolare di Bari che ha innescato un’ulteriore frattura nei già fragili equilibri di governo. Il giorno dopo i toni forti utilizzati da Italia viva per stigmatizzare «il salvataggio dei banchieri» da parte di Movimento 5 stelle e Partito democratico c’è spazio per le mediazioni. E per il tentativo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte di ridimensionare una questione che rischia seriamente di mettere a repentaglio la tenuta dell’esecutivo.

«NON TUTELEREMO NESSUN BANCHIERE»

«Non tuteleremo nessun banchiere», ha detto Conte nella conferenza stampa sui primi 100 giorni di governo nella Sanità, specificando che sulla Popolare di Bari «interverremo attraverso uno strumento nella pancia di Invitalia, Mediocredito Centrale. Cerchiamo di fare di necessità virtù. Assicureremo a Mediocredito centrale le necessarie risorse per poi, con un fondo interbancario, intervenire per rilanciare la Pop Bari. Avremo una sorta di Banca del Sud degli investimenti a partecipazione pubblica». Il premier ha poi provato a smorzare le polemiche, sottolineando di aver chiarito la posizione di Italia viva sulla vicenda. «Nessuna tensione», ha detto, «abbiamo chiarito, con Marattin ci siamo anche sentiti al telefono».

«MASSIMA TUTELA PER I RISPARMIATORI»

Conte ha poi promesso la massima tutela per i risparmiatori. «Non resteremo mai indifferenti rispetto a una situazione critica di una banca, perché dietro ci sono 70 mila azionisti e tanti correntisti. C’è la massima tutela dei risparmiatori», c’è l’occasione di «approfittare per potenziare il sistema creditizio del Sud e per il rilanciare la Popolare di Bari».

SALVINI INVOCA UN COMITATO DI SICUREZZA NAZIONALE

Toni decisamente più emergenziali quelli utilizzati da Matteo Salvini. «Se vogliamo salvare l’Italia, fermiamoci e mettiamoci attorno a un tavolo con un comitato di salvezza nazionale», è stato l’appello lanciato dal leader della Lega. «Se salta la Popolare Bari, salta la Puglia e salta l’Italia. Stiamo vivendo un momento drammatico, non penso sia più il momento delle polemiche».

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Goggia e Brignone, doppietta azzurra nel SuperG di St. Moritz

Impresa delle due italiane, separate al traguardo da un solo centesimo. Sofia vince malgrado la perdita di un bastoncino. Terzo posto per l'americana Shiffrin.

Strepitosa doppietta azzurra nel SuperG di Coppa del mondo di Sankt Moritz: prima Sofia Goggia in 1.12.96 e seconda a un centesimo, pari a 27 centimetri, Federica Brignone in 1.12.97. Terzo posto per l’americana Mikaela Shiffrin in 1.13.09.

SETTIMO TRIONFO PER GOGGIA IN COPPA DEL MONDO

Per la bergamasca Goggia – 27 anni e oro olimpico in discesa – è la settima vittoria di Coppa del mondo in carriera e il 26esimo podio. Sofia è stata in grado di imporsi malgrado la perdita del bastoncino sinistro a un centinaio di metri dal traguardo.

SECONDA DOPPIETTA AZZURRA STAGIONALE

Per la valdostana Brignone è, invece, il 30esimo podio in carriera. Questa è la seconda doppietta azzurra stagionale dopo quella nel gigante di Killington vinto da Marta Bassino davanti a Brignone, il 30 novembre scorso.

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Goggia e Brignone, doppietta azzurra nel SuperG di St. Moritz

Impresa delle due italiane, separate al traguardo da un solo centesimo. Sofia vince malgrado la perdita di un bastoncino. Terzo posto per l'americana Shiffrin.

Strepitosa doppietta azzurra nel SuperG di Coppa del mondo di Sankt Moritz: prima Sofia Goggia in 1.12.96 e seconda a un centesimo, pari a 27 centimetri, Federica Brignone in 1.12.97. Terzo posto per l’americana Mikaela Shiffrin in 1.13.09.

SETTIMO TRIONFO PER GOGGIA IN COPPA DEL MONDO

Per la bergamasca Goggia – 27 anni e oro olimpico in discesa – è la settima vittoria di Coppa del mondo in carriera e il 26esimo podio. Sofia è stata in grado di imporsi malgrado la perdita del bastoncino sinistro a un centinaio di metri dal traguardo.

SECONDA DOPPIETTA AZZURRA STAGIONALE

Per la valdostana Brignone è, invece, il 30esimo podio in carriera. Questa è la seconda doppietta azzurra stagionale dopo quella nel gigante di Killington vinto da Marta Bassino davanti a Brignone, il 30 novembre scorso.

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Il Black Friday ci porta all’acquisto impulsivo per colpa della scarsità

Offerte limitate nel tempo. Pochi prodotti disponibili. Altri utenti sul sito in quel momento. Che vogliono proprio ciò che cerchiamo noi. Come la neuroscienza spiega tutte le leve del marketing capaci di farci spendere soldi solo per il timore di perdere un'occasione.

Ci siamo appena lasciati alle spalle il Black Friday. Quella degli sconti in tempi limitati è ormai una dinamica potentissima di consumo. Un’esca capace di coinvolgere anche i consumatori più refrattari.

FATTURATI CHE SI IMPENNANO IN POCHI MINUTI

Per comprenderne la portata basta pensare al fatturato che ha fatto Amazon durante il Black Friday (37 ordini al secondo) o quanto è successo in Alibaba che in un solo minuto alle 00.01 del Singles’ Day ha venduto prodotti per un miliardo di dollari. La cifra è salita a 4,5 miliardi di dollari nei primi cinque minuti e ha superato i 12 miliardi al termine della prima ora.

QUESTIONE ANCHE DI BELLEZZA E SIMPATIA

Ma perché questi meccanismi hanno una capacità di coinvolgimento così potente? Già nel 1984 Robert Cialdini, in Le Armi della Persuasione, aveva descritto le principali leve di marketing capaci di influenzare profondamente gli acquisti. Nel suo testo vengono riportate le principali tecniche di vendita e di marketing: dal potere del conformismo sociale al ruolo dell’autorevolezza della fonte, dalla sua bellezza e simpatia al valore della somiglianza.

CHE FORZA EVOCATIVA HA IL RISCHIO DELLA PERDITA

Tra queste Cialdini aveva anche citato la forza del principio della scarsità, secondo il quale le offerte ci appaiono molto più desiderabili quando la loro «disponibilità percepita» è limitata. Il rischio della perdita potenziale dell’opportunità ha una forza evocativa impressionante e diviene una potente guida nei processi di acquisto (Russo, 2017).

IL TEMPO LIMITATO FA AUMENTARE GLI ACQUISTI

Così la percezione di scarsità di prodotto ha un forte effetto persuasivo anche se riferita al tempo necessario per acquistare. In una ricerca svolta in un fast food si è fatto credere a due gruppi di consumatori di potere fare un buon affare fruendo di un buono sconto sui dolci. A un gruppo si è fatto credere che lo sconto sarebbe stato disponibile per molto tempo e all’altro per poco tempo. Le vendite sono state quattro volte superiori nel caso in cui i consumatori erano consapevoli di avere un tempo limitato (Brannon e Brock, 2001).

MOTIVATI DAL TIMORE DI FARSI SFUGGIRE LO SCONTO

Non a caso Daniel Kahneman, Premio Nobel per l’Economia nel 2002, ci ha spiegato che, poiché siamo motivati ad agire più dal timore di una perdita che dalla speranza di un guadagno di pari entità, il principio di scarsità ha una potente forza motivazionale nel guidare i comportamenti (Kahneman, 2013).

LEVE DI MARKETING MOLTO POTENTI

Ed è proprio il rischio di perdere l’occasione del prodotto a basso costo alla base dei risultati che sono stati registrati durante il Black Friday o il Singles’ Day. In effetti se analizziamo attentamente le dinamiche che sottostanno alla vendita in occasioni come queste ritroviamo delle leve di marketing potentissime, come per esempio:

  • Avere la percezione di essere di fronte a un forte sconto, soprattutto se confrontato con il costo regolare. La mente dei consumatori funziona sempre per confronto, cosicché posizionare accanto al costo scontato il costo originale permette di avere una forte sensazione di valore. Il prezzo originale serve da àncora per valorizzare il prezzo scontato (si chiama “euristica dell’ancoraggio”).
  • Avere la sensazione che ci si ritrova davanti a un grande affare: i prodotti vengono offerti con una percentuale sempre alta di sconto, cercando di trasmettere la sensazione di “occasione da non perdere”. Ciò viene proposto sia con l’indicazione di sconto, ma anche con la quantità di soldi risparmiati.
  • Percepire che vi è un tempo per l’acquisto molto ristretto e limitato. Ciò spinge i consumatori a subire una sensazione di urgenza che spinge a non procrastinare la spesa.
  • Avere la certezza che vi è un numero dei prodotti limitato attraverso l’indicazione del numero di prodotti ancora disponibili. In genere sono sempre troppo pochi!
  • Avere la consapevolezza che tanti altri consumatori stanno tentando di comprare lo stesso prodotto o che lo hanno appena comperato (effetto conformismo e scarsità). Questo meccanismo ha una duplice funzione, da una parte segnala che l’acquisto rientra tra ciò che anche gli altri desiderano, rendendo ancora più desiderabile l’affare, dall’altra aumenta la percezione del rischio della perdita dell’offerta vista la grande competizione che si percepisce tra i possibili acquirenti.
  • La tangibilità del valore dei prodotti: vedere, in immagini concrete e quanto più possibile oggettive, il prodotto e cosa gli acquirenti acquisteranno. La tangibilità del prodotto e la sua fruizione aumenta la probabilità di acquisto e la disponibilità di spesa, contribuendo ad attivare i meccanismi automatici di acquisto. Si pensi per esempio alla Tissot che ha introdotto la possibilità di interagire con la vetrina del negozio facendo provare l’orologio ai consumatori giocando con la loro immagine con l’orologio in vendita. Questa formula ha fatto aumentare le vendite dell’83% (Barden, 2013).

TECNICHE NOTE A BOOKING.COM E GROUPON

Si tratta di leve molto frequenti nell’e-commerce che associati alla facilità di accesso al prodotto o servizio e all’affidabilità della transazione commerciale rendono molto efficaci queste strategie. Basta pensare alle dinamiche di vendita di Booking.com o di Groupon che, da una parte, ti segnala ciò che hai perso per attivare il senso di probabile scarsità e, dall’altra, oltre a darti indicazione della scarsità di tempo e di prodotti, ti segnala che in quell’istante, mentre stai per comprare quel prodotto, altre 20 persone stanno guardando giusto quel prodotto.

MEGLIO IL PIACERE OGGI CHE LA FELICITÀ DOMANI

Di fronte a queste leve il nostro cervello risponde in maniera immediata. Diversi studi neuroscientifici hanno dimostrato che in linea di massima il nostro cervello è “predisposto” per scegliere il piacere immediato rispetto alla felicità a lungo termine come quello facilitato da queste leve di marketing. Brian Knutson, noto neuroscienziato della Stanford University, con i suoi colleghi (2007) ha dimostrato quali sono i sistemi neurali differentemente coinvolti nella valutazione dei guadagni e delle perdite e nella reazione immediata alle leve di marketing.

BISOGNA SOLO VINCERE IL DOLORE DEL PAGAMENTO

Secondo Knutso la decisione d’acquisto deriverebbe da una competizione tra l’immediato piacere dell’acquisto e l’eventuale immediato dolore provocato dall’esigenza di pagamento. Questa differenza sarebbe mediata da specifici circuiti neuronali che si attivano in previsione di stimoli positivi (guadagni) o di stimoli negativi (perdite), permettendo di predire la decisione d’acquisto.

Nello specifico Knutson ha dimostrato che:

  • l’attivazione del Nucleo Accumbens (Nacc) posto nel nostro Sistema limbico (quell’area deputata alle emozioni) in seguito alla presentazione di un prodotto sarebbe correlata alle preferenze del consumatore e sembrerebbe anticipare il desiderio d’acquisto. Infatti, il Nacc, attivandosi, anticiperebbe le previsione di gradevolezza determinata da uno stimolo percepito piacevole. Tanto più intensa sarà l’attivazione del Nucleo Accumbens (Nacc), tanto più ci si aspetterà di provare piacere dall’acquisto di quel prodotto.
  • l’attivazione dell’Insula, una ghiandola del Sistema limbico deputata alla sensazione di disgusto, sarebbe invece in grado di predire la decisione di non acquistare in virtù di condizioni economiche sfavorevoli poiché avrebbe una funzione importante nella previsione di un risultato negativo.
  • l’attivazione della Corteccia prefrontale mediale (Mpfc), infine, sembrerebbe essere correlata con la valutazione della differenza tra il prezzo del prodotto e il prezzo che il soggetto è disposto a pagare per questo (willingness to pay), bilanciando potenziali guadagni e perdite e correggendo gli errori di previsione di guadagno.

ESPERIMENTI CHE ANTICIPANO LE DECISIONI

Knutson ha quindi dimostrato che vi sono specifiche aree cerebrali correlate alla previsione di guadagni e perdite in grado di potere anticipare la decisione d’acquisto: l’attivazione del Nacc durante la fase di presentazione del prodotto, nel suo esperimento, correlava con le preferenze e sembrava anticipare la decisione d’acquisto, mentre un’eccessiva attivazione dell’insula in seguito all’esposizione a prezzi correlava con la decisione di non procedere all’acquisto; viceversa l’attivazione della Mpfc durante l’esposizione a prezzi ridotti, o comunque non superiori al prezzo che i soggetti avrebbero pagato per il prodotto, correlava con la decisione di acquistare i prodotti

ANSIA DA ESBORSO? CI SONO LE CARTE DI CREDITO

Ulteriori ricerche hanno dimostrato quanto potente siano alcune leve di marketing per attivare maggiormente il Nucleo Accubens. Tra queste sicuramente quelle che hanno animato le promozioni del Balck Friday sopra descritte. Se a queste aggiungiamo l’effetto che ha la possibilità di pagare con carta di credito, rinviando al futuro ciò che può provocare “dolore” oggi, come l’esborso di denaro in contanti, il gioco è fatto.

PIÙ DEL 64% DEGLI ACQUISTI SONO DI IMPULSO

Ricordiamoci che come descritto da Ariley in “Prevedibilmente Irrazionali” (2008) l’uso della carta di credito al momento del pagamento attiva di meno l’insula (legata al disgusto) rispetto all’uso dei soldi contanti. La mancanza di percezione della perdita di soldi è alla base dell’utilizzo a volte compulsivo della carta di credito e dell’acquisto di impulso come quello che agiamo con un solo click sull’App o sul sito di Amazon. Non stupiamoci allora che più del 64% degli acquisti sono di impulso, grazie anche a una probabile alta attivazione del nostro Nucleo Accubens.

  • Barden P. (2013). Decoded: The Science Behind Why We Buy. UK: John Wiley & Sons.
  • Brannon L.A., Brock T.C., (2001). “Limiting Time for Responding Enhances Behavior Corresponding to the Merits of Compliance Appeals: Refutations of Heuristic-Cue Theory in Service and Consumer Settings”, Journal of Consumer Psychology Volume 10, Issue 3, 2001, Pages 135-146.
  • Daniel K. (2017). Pensieri Lenti e Veloci. Mondadori 2017 (trad, 2011 di Thinking, Fast and Slow. New York).
  • Knutson B, Taylor J, Kaufman M, Peterson R, Gloverm G (2005). “Distributed neural representation of expected value” Journal of Neuroscience, volume 25, p. 4806 – 4812.
  • Knutson B, Rick S, Wimmer G E, Prelec D, Loewenstein G (2005). “Neural predictors of purchases” Neuron, volume 53, p. 147 – 156:
  • Russo V. (2017). Psicologia della Comunicazione e Neuromarketing. Pearson. Milano.

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Il presidente della Valle d’Aosta Fosson si è dimesso

L'annuncio è arrivato all'indomani della diffusione della notizia sull'avviso di garanzia per scambio elettorale politico mafioso.

Il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, si è dimesso. Lo ha annunciato lui stesso durante una riunione straordinaria di maggioranza a Palazzo regionale. Le motivazioni sono legate all’avviso di garanzia ricevuto dalla Dda per scambio elettorale politico mafioso in merito a un’inchiesta sul condizionamento delle Regionali del 2018 in Valle d’Aosta da parte della ‘ndrangheta.

LASCIANO DUE ASSESSORI E UN CONSIGLIERE

Anche gli assessori Laurent Viérin (Turismo e beni culturali) e Stefano Borrello (Opere pubbliche) hanno annunciato che si dimetteranno. Il consigliere Luca Bianchi, invece, lascerà l’incarico di presidente di Commissione e di capogruppo dell’Union valdotaine. Tutti e tre sono indagati – assieme a Fosson – per scambio elettorale politico mafioso.

FOSSON: «TOTALMENTE ESTRANEO AI FATTI»

«Sottolineo con forza la mia totale estraneità rispetto ai fatti di cui ho avuto lettura negli ultimi giorni sui giornali», ha detto Fosson spiegando le ragioni che lo hanno portato alle dimissioni. «Per onorare quel senso di responsabilità politica che ho sempre perseguito e anche salvaguardare la mia personale dignità, profondamente ferita dalle infamanti ipotesi che vengono formulate, ho deciso di fare un passo indietro e di dare le mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione».

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L’accordo sulla Brexit tra l’Ue e Johnson aiuta ma non basta

Superato il voto e la scelta del divorzio, l'Ue trainata dalla Germania vuole ricostruire i rapporti economici con Londra. C'è un anno per un'intesa sul libero commercio. Von der Leyen: «Trarre il massimo dal minimo». Ma per gli economisti la separazione continuerà a pesare sul Pil.

Almeno è finita l’incertezza. Con la Brexit fissata al 31 gennaio 2020 l’Ue può cominciare a organizzarsi, «tutti uniti per costruire un’Europa più forte» spronano ora anche dalla Confindustria tedesca (Bdi), «in un mondo bilaterale, con Stati Uniti e Cina predominanti, dobbiamo combinare le nostre forze». Fino al 2016 in Germania nessun imprenditore si sarebbe mai augurato l’uscita del Regno Unito dall’Ue: l’isola dove ha trionfato il premier Boris Johnson, al voto anticipato del 12 dicembre 2019, era per la locomotiva d’Europa il trampolino di lancio verso gli Usa e verso la rete del Commonwealth. Una strettissima alleata commerciale. Dal referendum sulla Brexit la Germania ha allentato questo interscambio, dirottandolo in parte verso l’Olanda e proiettandolo verso ‘’Asia. Ma nonostante gli sforzi per riassestarsi è l’economia del’Ue che ha più sofferto per lo strappo. Tre miliardi e mezzo di euro persi solo nella prima metà del 2019 dagli esportatori tedeschi per gli effetti della Brexit.

METÀ DEL COMMERCIO BRITANNICO ÈCON L’UE

Fino alle turbolenze di ottobre, con Johnson sul precipizio di una hard Brexit, fornitori dall’Ue e importatori britannici erano paralizzati. Oltremanica si accumulavano merci, mentre nel Vecchio continente si rimandavano gli ordini, nell’eventualità concreta di un’uscita disordinata di Londra dai trattati economici e commerciali comunitari tra la fine del 2019 e il 2020 e quindi di un caos alle dogane e di merci bloccate. Per decenni circa la metà dell’interscambio del Regno Unito è avvenuto con l’Ue, il suo principale partner commerciale, a costi ridotti. Un import-export che tra il 2010 e il 2017 per un quarto del totale è stato con la Germania (Germania, Francia, Belgio e Olanda pesavano per il 60%), secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica britannico per un valore di quasi 850 miliardi di euro. Con le maggiori barriere tra il Regno Unito e l’Ue, uno studio della London School of Economics ha stimato per forza di cose una contrazione di questo flusso commerciale. Anche senza hard Brexit.

Johnson elezioni Regno Unito Brexit Ue
Il premier britannico Boris Johnson torna a al numero 10 Downing Street con pieno mandato. GETTY.

LONDRA PERDERÀ IL DOPPIO DEL PIL DELL’UNIONE

Sempre la stessa ricerca del 2016 ha calcolato una diminuzione, per la Brexit, delle entrate di tutta l‘Unione europea. Un calo del Pil, anche se a BoJo sembra importare poco, per il Regno Unito due volte tanto (tra i 31 e i 66 miliardi di euro) la perdita di ricchezza di tutti gli altri Paesi dell’Ue messi insieme (tra i 14 e i 33 miliardi di euro). Anche di fronte a questa prospettiva, all’investitura di luglio a Strasburgo la nuova presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha parlato di «sfide da affrontare insieme, legati ai valori condivisi che ci uniscono». Anticipando di mettere in campo «tutta la flessibilità possibile del Patto di stabilità, per creare un contesto fiscale più favorevole alla crescita» anche per rispondere ai contraccolpi di frenate nell’export, e nella produzione, a causa della Brexit e del nascente asse commerciale tra gli Stati Uniti e il Regno Unito sganciato dall’Ue.

Un nuovo inizio, ci metteremo al lavoro più presto possibile

Ursula von der Leyen

DOPO LA BREXIT IL LIBERO COMMERCIO DA NEGOZIARE

Von der Leyen spinge per una «partnership ambiziosa e strategica con il Regno Unito»: ricostruire con nuovi trattati quanto più la Brexit voleva distruggere. BoJo, senza più ormeggi in parlamento (364 seggi, per una maggioranza di 326 seggi), scalpita per «fare le valigie e andarsene», «senza se e senza ma» annuncia. Ma lo stesso accordo raggiunto da Johnson con Bruxelles questo autunno prevede quasi un anno di transizione, fino al 31 dicembre 2020, per negoziare nel dettaglio i termini dei rapporti tra il Regno Unito e l’Ue dopo la Brexit. «Un nuovo inizio, ci metteremo al lavoro più presto possibile e trarremo il massimo dal minimo», ha rilanciato la super-commissaria europea alla «chiara vittoria» del premier britannico, sull’onda delle reazioni positive delle Borse e dei mercati. «Gli imprenditori riprendono a respirare, finalmente chiarezza» è il commento anche di der Spiegel. Per la Confindustria tedesca la «nebbia di Londra si dissolve»: almeno gli imprenditori sanno di che morte morire. 

Johnson elezioni Regno Unito Brexit Ue
Il primo ministro britannico Boris Johnson a un comizio sulla Brexit per le Legislative del 2019. GETTY.

IN GERMANIA COLPITI IL SETTORE DELL’AUTO E IL FARMACEUTICO

In tre anni il Regno Unito è stato declassato da quinto a settimo partner commerciale della Germania: un volume d’affari di oltre 8 miliardi di euro sfumato, secondo i calcoli di Deloitte. Il binomio tra i dazi di Trump all’Ue sull’acciaio e la paralisi per la Brexit ha colpito soprattutto il comparto tedesco dell’auto (-23% di esportazioni verso la Gran Bretagna dal 2016 per 6 miliardi di euro bruciati), per il quale il mercato britannico era secondo solo a quello statunitense. Non a caso, nei distretti tedeschi dell’acciaio e dell’automotive quest’anno migliaia di addetti sono finiti in cassa integrazione, tra la Ruhr e la Saarland, mentre le case automobilistiche si apprestano a massicci tagli del personale, e anche l’export del farmaceutico è molto penalizzato. Land ricchi e prosperosi come la Baviera e il Baden-Württemberg, ai massimi tassi di occupazione, risentono dell’effetto Brexit: gli esperti prevedono perdite ancora maggiori nel secondo semestre del 2019, con ripercussioni anche sull’indotto italiano della componentistica.

Non c’è una exit dalla Brexit, l’insicurezza cala ma resta alta

Kiel Institute for the World Economy

TRUMP CONTRO UE: IL NUOVO BRACCIO DI FERRO

A settembre la locomotiva d’Europa ha frenato più del previsto, -0,6% della produzione industriale. La crisi delle spedizioni navali, anche per la guerra commerciale tra Usa e Cina, ha esposto nel 2019 diverse banche regionali tedesche a misure di salvataggio. Con una Brexit pianificata al via, se non altro lo stallo è superato: la «catastrofe di un no deal» temuta dall’Associazione per il commercio estero tedesca (Bga) è scongiurata, l’Europa è attrezzata e presto potrà ricominciare a investire verso il Regno Unito. Ma Trump preme molto su Johnson per sganciarsi dall’orbita Ue, gli osservatori economici avvertono che anche il 2020 non sarà una passeggiata. Per il Kiel Institute for the World Economy (IfW)«non c’è una exit dalla Brexit, l’insicurezza è diminuita ma resta alta». Per l’IMK di Düsseldorf la «Brexit continuerà a pesare nei prossimi mesi sulla crescita britannica come su quella tedesca». Anche perché all’Istituto Ifo di Monaco sono molto scettici che «si concordi un nuovo contratto sul libero commercio entro il 2020».


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