Conte a Taranto rassicura sul futuro dell’Ilva

Il premier in città fa visita all'ospedale e agli operai. E promette: «Sul piano industriale ci mettiamo la faccia, ho fiducia nel rilancio di quest'area».

La vigilia di Natale a Taranto, per assicurare l’impegno dello Stato sulla delicata questione che vede al centro lo stabilimento ArcelorMittal. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha trascorso la giornata del 24 dicembre prima in ospedale e poi con gli operai, ribadendo la ferma volontà del governo di far fronte alla vertenza.

«SUL PIANO INDUSTRIALE LO STATO CI METTE LA FACCIA»

«Stiamo lavorando al piano industriale, abbiamo ormai confermato che ci sarà il coinvolgimento dello Stato, lo Stato ci metterà la faccia», ha detto Conte. «Vogliamo migliorare questo piano, renderlo sempre meno carbonizzato, lo Stato è una garanzia per tutti». «Sono qui per portare la testimonianza dell’attenzione e della premura per questa comunità ferita», ha spiegato il premier nel corso di un punto stampa. «Quando sono venuto qui ho promesso che il sistema Italia avrebbe lavorato per alleviare le sofferenze».

«MOLTO FIDUCIOSO SUL RILANCIO DI QUESTA CITTÀ»

«Alcune misure le abbiamo approvate, altre le approveremo», ha poi proseguito Conte soffermandosi sul decreto “cantiere Taranto” che il governo è chiamato a varare nei prossimi giorni. «Nel complesso sta venendo una bella risposta che offriamo per il rilancio di questa città. Sono molto fiducioso, l’Italia è membro del G7, è impossibile che l’Italia non riesca a risollevare una città».

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Dopo Natale arriva l’eclissi di Sole di Santo Stefano

Visibile dall'Arabia all'Australia sarà anulare. Un'altra seguirà il 21 giugno e poi di nuovo a dicembre 2020.

Se i doni sotto l’albero di Natale saranno deludenti, ci sarà modo di rifarsi il giorno di Santo Stefano, quando il Sole e la Luna ci regaleranno un anello di fuoco disegnato nel cielo: l’ultima eclissi solare del 2019. Lo spettacolo non sarà direttamente visibile dall’Italia, ma potranno goderselo tutti coloro che per le vacanze hanno prenotato un viaggio verso Est: il cono d’ombra spazzerà infatti una vasta fetta del globo che va dall’Arabia Saudita al Kenya fino all’India, la Thailandia, le Filippine e la parte nord-occidentale dell’Australia.

DALL’ARABIA SAUDITA FINO ALL’AUSTRALIA

Per una manciata di minuti il giorno diventerà buio come la notte, anche se nel cielo continuerà a brillare un sottilissimo cerchio di luce: l’eclissi sarà anulare perché, anche nel momento culminante, il disco lunare non riuscirà a coprire completamente quello del Sole. In questi giorni, infatti, la Luna si trova vicina all’apogeo, il punto più distante dalla Terra, e per questo ci appare più piccola del 3% rispetto al Sole. Per quanto scenografico, questo gioco di ombre non sarà innocuo per la vista, per cui non dovrà essere ammirato a occhio nudo senza le dovute precauzioni.

IL 10 GENNAIO ECLISSI DI LUNA IN PENOMBRA

Come tutte le eclissi solari, anche questa avverrà a circa due settimane di distanza da un’eclissi di luna, che cadrà il prossimo 10 gennaio: purtroppo sarà un’eclissi di penombra, quindi difficile da distinguere dalla solita Luna piena.

LE ECLISSI DEL 2020: 21 GIUGNO E 14 DICEMBRE

Il Sole, invece, tornerà a dare grande spettacolo con un’altra eclissi anulare il 21 giugno, visibile anche dall’Italia, e poi il 14 dicembre 2020, con un’eclissi totale visibile dal Sud America e dall’Antartide.

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Micaela Biancofiore lascia Forza Italia

La deputata se ne va nel gruppo misto dopo 26 anni di militanza: : «Siamo diventati come i grillini, uno vale uno senza distinguo, senza storia, senza rispetto per le persone».

Passa al gruppo misto la deputata Micaela Biancofiore, 26 anni di militanza in Forza Italia. «Con la morte nel cuore, ma anche liberata. La Forza Italia nella quale sono nata e cresciuta, non esiste più». ha annunciato nella nottata della vigilia di Natale Biancofiore. La politica del Trentino Alto Adige sembra, infatti, non condividere più le scelte della dirigenza: «Siamo diventati come i grillini, uno vale uno senza distinguo, senza storia, senza rispetto per le persone», si limita a commentare.

GIAMMANCO: «SPERO CHE BERLUSCONI NE TENGA CONTO»

Sull’addio di Biancofiore forzista di lungo corso, dalla fondazione del partito, è arrivato il commento della vicepresidente del gruppo forzista al Senato Gabriella Giammanco: «Mi auguro che il Presidente Berlusconi, al quale Micaela Biancofiore ha sempre mostrato lealtà incondizionata, tenga nella giusta considerazione un gesto e un segnale così forte da parte di chi, in passato, non avrebbe mai lontanamente immaginato un simile epilogo». «Dal ’94», ha aggiunto Giammanco, «la collega Biancofiore ha militato con grande passione e abnegazione in Forza Italia ed è, quindi, con estrema amarezza che apprendo la notizia del suo passaggio al Gruppo misto. «Michaela è sempre stata in prima fila in qualsiasi competizione elettorale, anche candidandosi in prima persona ha dimostrato di avere un suo importante seguito elettorale e con costante impegno ha tutelato le istanze del Trentino Alto Adige, mostrando una conoscenza e un’attenzione rare nei confronti del suo territorio. Il nostro partito non può e non deve perdere figure così rappresentative della nostra storia politica, accadimenti simili dovrebbero indurre tutti ad una profonda riflessione», conclude Giammanco.

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Micaela Biancofiore lascia Forza Italia

La deputata se ne va nel gruppo misto dopo 26 anni di militanza: : «Siamo diventati come i grillini, uno vale uno senza distinguo, senza storia, senza rispetto per le persone».

Passa al gruppo misto la deputata Micaela Biancofiore, 26 anni di militanza in Forza Italia. «Con la morte nel cuore, ma anche liberata. La Forza Italia nella quale sono nata e cresciuta, non esiste più». ha annunciato nella nottata della vigilia di Natale Biancofiore. La politica del Trentino Alto Adige sembra, infatti, non condividere più le scelte della dirigenza: «Siamo diventati come i grillini, uno vale uno senza distinguo, senza storia, senza rispetto per le persone», si limita a commentare.

GIAMMANCO: «SPERO CHE BERLUSCONI NE TENGA CONTO»

Sull’addio di Biancofiore forzista di lungo corso, dalla fondazione del partito, è arrivato il commento della vicepresidente del gruppo forzista al Senato Gabriella Giammanco: «Mi auguro che il Presidente Berlusconi, al quale Micaela Biancofiore ha sempre mostrato lealtà incondizionata, tenga nella giusta considerazione un gesto e un segnale così forte da parte di chi, in passato, non avrebbe mai lontanamente immaginato un simile epilogo». «Dal ’94», ha aggiunto Giammanco, «la collega Biancofiore ha militato con grande passione e abnegazione in Forza Italia ed è, quindi, con estrema amarezza che apprendo la notizia del suo passaggio al Gruppo misto. «Michaela è sempre stata in prima fila in qualsiasi competizione elettorale, anche candidandosi in prima persona ha dimostrato di avere un suo importante seguito elettorale e con costante impegno ha tutelato le istanze del Trentino Alto Adige, mostrando una conoscenza e un’attenzione rare nei confronti del suo territorio. Il nostro partito non può e non deve perdere figure così rappresentative della nostra storia politica, accadimenti simili dovrebbero indurre tutti ad una profonda riflessione», conclude Giammanco.

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Oliverio rinuncia alla ricandidatura in Calabria

Il governatore uscente fa un passo indietro con una lettera indirizzata al segretario del Pd Nicola Zingaretti. «Sarà la storia a fare giustizia».

Il governatore della Calabria Mario Oliverio si ritira dalla corsa alla riconferma alla guida della Regione. «Pur ritenendo di avere tutte le ragioni del mondo, non faccio dividere il bambino a metà. Di altri sono e saranno le responsabilità», ha scritto Oliverio in una lettera indirizzata al segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti. «La Storia si incaricherà di fare giustizia di tutto, presto o tardi. Io faccio un passo indietro per non consentire che venga distrutto e dilaniato un patrimonio che è la mia storia politica».

STRADA SPIANATA PER CALLIPO

Oliverio ha così accolto l’invito di Zingaretti, che aveva chiesto al governatore uscente di farsi da parte, spianando il campo alla candidatura di Pippo Callipo. Nella lettera al segretario dem, Oliviero cita la parabola biblica di Re Salomone, sulle due donne che reclamavano la maternità di un bimbo, e richiama «la storia di Fausto Gullo e dei braccianti poveri e diseredati, la storia dei morti di Melissa, la storia delle lotte contro la ‘ndrangheta, la storia di Giannino Losardo e di Peppe Valarioti e dei tanti uomini e donne assassinati per l’affermazione dei diritti, per la legalità e la giustizia; la storia di Riace e di ciò che rappresenta, la storia di tanti giovani che credono nel riscatto di questa terra; la storia della mia famiglia. La storia di ieri e di oggi che prosegue».

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Bimbo di cinque mesi in coma: la madre lo aveva scosso per farlo dormire

Condizioni disperate per il piccolo, ricoverato in terapia intensiva a Padova. La donna indagata per lesioni gravissime aggravate.

Sono disperate le condizioni del bimbo di cinque mesi che da sabato si trova in ospedale in coma a Padova. Il piccolo è nel reparto di terapia intensiva di Pediatria dopo che la madre lo ha violentemente scosso perché non dormiva. I medici hanno richiesto l’intervento della commissione per la morte cerebrale. I fatti sono accaduti nella casa che la giovane famiglia condivide a Mestrino.

LA MADRE INDAGATA PER LESIONI AGGRAVATE GRAVISSIME

La donna, 29 anni, è indagata per lesioni gravissime aggravate. È stata lei stessa a confessare ai carabinieri e al magistrato Roberto Piccione di aver «cullato troppo forte» il piccolo, che non ne voleva saperne di dormire. La mamma, di origini vicentine, ha chiamato il 118 dopo aver visto che il piccolo non respirava più. Se i fatti venissero confermati dalla visita di due esperti delegati dalla procura, che effettueranno un accertamento venerdì, il caso rientrerebbe nel “Baby shake syndrome”, la sindrome del bambino scosso che nei piccoli provoca gravissimi danni cerebrali e neurologici.

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Gli Usa pensano al ritiro dall’Africa occidentale

La decisione è attesa in gennaio. Poi è prevista la valutazione dei programmi per l'America Latina.

Grandi manovre di fine anno al Pentagono. Gli Stati Uniti d’America potrebbero ritirare le truppe dall‘Africa occidentale. Lo riporta il New York Times citando alcune fonti, secondo le quali le proposte allo studio sono la prima fase dell’esame sul dispiegamento delle forze americane nel mondo. Dopo l’Africa Occidentale, per la quale una decisione è attesa in gennaio, il Pentagono valuterà i piani per l’America Latina.

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Tecnico muore folgorato in una cabina elettrica in Liguria

Stefano Strada, 45 anni, sposato e padre di due figli, dipendente della ditta Temar di Chiavari, stava riparando un guasto. Inutili i soccorsi e l'intervento del 118.

Tragedia sul lavoro a Casarza Ligure, in via Tangoni, dove un tecnico della ditta Temar di Chiavari, Stefano Strada, è morto folgorato all’interno di una cabina elettrica con alta tensione dove stava riparando un guasto. Sul posto i carabinieri, il magistrato di turno e i medici del 118 che hanno constatato il decesso.

INUTILE L’INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCO

La vittima aveva 45 anni, era sposato e aveva due figli di nove e 11 anni. L’uomo, che risiedeva nel vicino Comune di Mezzanego stava facendo un intervento in una cabina elettrica all’interno della fabbrica Comer. Era assistito da un collega in un impianto da 15 mila volt, ma per cause non ancora accertate la media tensione ha continuato a erogare energia e lo ha folgorato. Il collega, disperato, ha dato l’allarme, ma a nulla è servito l’intervento dei vigili del fuoco di Chiavari e del 118.

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Una nuova ondata di mercenari invade la Libia

Almeno 3 mila miliziani sudanesi combattono nel Paese al fianco del generale Haftar. Centinaia di altri sono in arrivo.

Una nuova ondata di mercenari sudanesi è arrivata in Libia per combattere al fianco di Khalifa Haftar contro le forze governative di Tripoli. Lo riferisce il Guardian, citando i comandanti di due formazioni mercenarie sudanesi. «Molti giovani stanno arrivando e abbiamo vari problemi logistici», afferma uno dei comandanti delle milizie sudanesi, secondo il quale ci sono già «almeno 3 mila uomini» che combattono al libro paga di Haftar e centinaia di altri starebbero per arrivare.

LA FINE DELLA GUERRA SEMPRE PIÙ LONTANA

Insieme all’influenza sempre maggiore delle potenze regionali nel Paese, le nuove ondate di mercenari rischiano di prolungare ancor di più una guerra molto lontana dal concludersi.

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Auto a maggio sul nuovo Ponte Morandi

L'annuncio del sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione Bucci durante un sopralluogo col governatore Toti.

Le prime auto potrebbero circolare sul nuovo Ponte Morandi già a maggio. L’annuncio è arrivato sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione del viadotto sul Polcevera Marco Bucci durante un sopralluogo al cantiere con il governatore della Liguria Giovanni Toti.«Tutti i lavori edilizi, non quelli di acciaio ma le pile, saranno terminati entro la fine di gennaio», ha spiegato Bucci. «Questo consentirà di vedere a metà marzo il ponte completo con tutte le infrastrutture in acciaio montate. A metà maggio, pensiamo, potrà passare la prima macchina».

TOTI: «IL CANTIERE AVANZA E LO VEDETE CRESCERE»

«Il cantiere del ponte va avanti tutti i giorni e lo vedete crescere», ha aggiunto Toti, «anche se, ovviamente, il maltempo ha pesato sulla Liguria e sulle lavorazioni in cantiere. Io resto ottimista sul fatto che, settimana più o settimana meno, dobbiamo chiudere questo cantiere prima dell’estate». E ancora: «Chiunque remi contro non fa un dispetto a Toti o a Bucci, ma lo fa a tutta la Liguria, ai cittadini, alle sue imprese e all’Italia e, quindi, dobbiamo essere uniti e compatti a chiudere nei tempi questo lavoro, così come abbiamo promesso, perché siamo sotto gli occhi del mondo e ne va della credibilità del sistema Paese».

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Cappato ringrazia per il sostegno: «Ora andiamo avanti»

«Grazie», ha scritto oggi l'esponente radicale, «anche a chi mi è stato vicino per mia mamma».

Le prime parole su Facebook di Marco Cappato, l’esponente dei radicali assolto il 23 dicembre dalla Corte d’Assise di Milano dall’accusa di aiuto al suicidio per la vicenda di dj Fabo: «Grazie a chi mi ha sostenuto in questo percorso che ha portato al riconoscimento del diritto di Fabiano di non soffrire più». «Ora», ha aggiunto il leader dell’associazione Luca Coscioni’ – andiamo avanti per la libertà delle persone che sono nelle condizioni di Davide Trentini» (malato affetto da sclerosi multipla morto in Svizzera nel 2017, ndr).

LEGGI ANCHE: Cappato assolto per aver accompagnato a morire Dj Fabo

IL LUTTO PER LA MADRE

Durante il processo che si è concluso il 23 dicembre, Cappato, che era presente in aula, ha ricevuto la notizia della morte della madre, malata da tempo. «Grazie», ha scritto oggi l‘esponente radicale, «anche a chi mi è stato vicino per mia mamma. Le esequie si terranno in forma privata. Chi vorrà fare ‘opere di bene’ sa già come fare».

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Il M5s ruba al Pd l’imbarazzante idea della sitcom politica

I senatori Taverna e Castaldi protagonisti di una grottesca messinscena in cui elogiano la manovra fingendosi a Camera Café. Un format mutuato dal Partito democratico.

Il M5s ha preso in prestito dal suo nuovo alleato di governo, il Pd, un formato di dubbio gusto estetico: la sitcom politico-elettorale. Trattasi di una vera e propria messinscena in cui i politici di turno si improvvisano attori in un siparietto che vorrebbe dare l’illusione dell’autenticità (generando nello spettatore il risultato opposto, oltre che un certo imbarazzo). La clip regalata dal Movimento 5 Stelle agli italiani per Natale vede la vice presidente del Senato Paola Taverna e il sottosegretario per i Rapporti con il parlamento Gianluca Castaldi discutere animatamente delle novità per le famiglie passate con la manovra.

Nel botta e risposta, cui fa da sottofondo un’allegra canzone natalizia, il sottosegretario assume il ruolo dell’ingenuo che si chiede candidamente come mai una legge di Bilancio così perfetta non sia stata votata dall’opposizione. E in particolare dalla «madre del popolo», un chiaro riferimento a Giorgia Meloni. «Quella i soldi ce l’ha, ma che vuoi che ne sappia delle famiglie che non arrivano a fine mese. Altrimenti questa manovra, vedevi come la votava», la risposta della pasionaria pentastellata (che sottintende, tra l’altro, l’idea per cui chi «c’ha i soldi» se ne dovrebbe fregare della famiglie). Il tutto si chiude con risate di dubbia spontaneità e un bicchierino di caffè con la scritta “Parlamento Cafè” e il simbolo del M5s.

L’IDEA MUTUATA DAL PD

L’idea della sitcom come mezzo politico per attaccare un avversario non è però marchio originale Movimento 5 Stelle. I primi ad adottarla nel formato della messinscena erano stati i rappresentanti del Partito democratico nel settembre 2018, quando ancora erano all’opposizione del governo Conte I.

I tre deputati Alessia Rotta, Alessia Morani e Franco Vazio, seduti su un divanetto, si mostrano indignati per una festa del Carroccio a base di porchetta nella sede del Ministero dell’Interno. Anche qui il meccanismo è quello di uno degli attori che finge di chiedere agli altri spiegazioni per un fatto increscioso. Anche qui il risultato era grottesco, ma evidentemente è piaciuto al M5s tanto da replicarlo.

LA CRITICA DI LUCA BIZZARRI

Il tentativo pentastellato di rifarsi a Camera Café è stato subito criticato proprio da uno dei protagonisti della fortunata sitcom, Luca Bizzarri. L’attore ha stroncato su Twitter il video mettendone in luce i difetti. D’altronde ben visibili anche ai non addetti ai lavori.

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Il Gratterismo è la malattia senile del giustizialismo

Il magistrato calabrese Gratteri si lamenta di come i giornali hanno trattato la retata contro la 'ndrangheta. Ma chi non si inchina e attende l'esito del processo non va demonizzato. Siamo l'unico Paese che affronta il rapporto giudici-politici in modo non sobrio.

Nicola Gratteri è un magistrato calabrese in prima fila contro la ‘ndrangheta. Clamorose sono le sue inchieste e nell’ultima ha portato in galera alcune centinaia di persone offrendo alla pubblica opinione nomi di politici eccellenti che sarebbero collusi. Un minuto dopo ha dedicato il suo tempo a lamentarsi per come i grandi giornali hanno trattato la mega-retata. Nel frattempo è tornata circolare la notizia, in verità una indiscrezione mai accertata, che a suo tempo il presidente Giorgio Napolitano non lo avrebbe voluto come ministro della Giustizia, dove, dice ora Gratteri, avrebbe smontato e rimontato tutto.

FALCONE ERA UN UOMO DI DIRITTO, UNO SCIENZIATO

Io sono rimasto a Giovanni Falcone. Ho letto i suoi libri e le sue interviste e mi restano ancora in mente la qualità di uomo di diritto, un vero scienziato, e la sobrietà del suo modo di intendere il ruolo. Paolo Borsellino diventò più loquace nelle settimane successive all’assassinio del suo amico e compagno (si può dire “compagno” a uno che era di destra?) che ritenne vittima anche di una sottovalutazione dello Stato. Dopo loro due, la magistratura ha avuto moti magistrati bravi, molti “tragediatori” con le mani fra i capelli, molti dalle manette facilissime, alcuni che volevano rovesciare l’Italia come un guanto.

TANTI MAGISTRATI FINITI IN POLITICA

Tanti di loro sono finiti in politica, diventati ministri, presidenti di Regione e sindaci o hanno avuto incarichi apicali in parlamento. Non c’è categoria che non sia sta più premiata dei magistrati, anche se sono numerosi ormai i casi di inchieste fallite che non hanno retto la prova dei processi e persino, prima, del controllo del giudice istruttore.

DI MATTEO E GRATTERI VOGLIONO CHE L’ITALIA SI INCHINI

Eppure il siciliano Nino Di Matteo e il calabrese Gratteri vogliono che l’Italia gli si inchini, qualunque cosa loro dicano e qualunque bizzarra teoria espongano nelle loro indagini. Si crea, dopo le loro parole, una immediata corrente di sostenitori che li elegge a eroi moderni contro i politici, fra i quali vi sono tanti colleghi di Gratteri e di Di Matteo.

MA SI PUÒ NON PARTECIPARE AL CORO CONFORMISTA

La speranza è che lo Stato protegga loro due e tanti altri più di quanto abbia fatto con Falcone, Borsellino e i magistrati eroi silenziosi. Tuttavia chi non sente di partecipare al coro conformista pro Gratteri, attendendo l’esito delle indagini e dello stesso processo, non va demonizzato. Né la deputata calabrese del Partito democratico che critica Gratteri e difende il consorte invischiato nell’inchiesta deve perdere il diritto di parola per lesa “gratterità”. Il dilagare dei magistrati ha portato allo sfascio del sistema politico e all’avanzare di questa orribile destra che oggi è diventata garantista per paura.

SIAMO L’UNICO PAESE SENZA SPIRITO ISTITUZIONALE

Siamo l’unico Paese che non ha sobrietà e spirito istituzionale nell’affrontare il rapporto fra magistratura e politica. In Israele, per fare un solo esempio, sono caduti pezzi grossi e l’opinione pubblica non ha sospettato di protagonismo i magistrati che ne hanno falciato la carriera. In Brasile, invece, un magistrato legato a doppio filo alla presidenza ha mandato in galera ingiustamente Lula, ora scarcerato.

SI DIA UNA CALMATA: PIÙ CARTE E MENO INTERVISTE

Gratteri si dia una calmata. Se ha ragione, l’opinione pubblica se ne convincerà. Prosegua nel suo lavoro, produca carte invece che parole per interviste. Di queste ultime è affollato il sistema mediatico e ormai non le legge più alcuno. Buon Natale a tutti, arrivederci al 27 dicembre.

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A gennaio la resa dei conti sulle concessioni ad Autostrade

La ministra De Micheli (Pd): «All'inizio del 2020 decideremo su Aspi». Di Maio spinge: «Non c'è altra soluzione alla revoca». Renzi frena.

«Nessun esproprio proletario. Nessuna nazionalizzazione o vendetta. Vogliamo solo che le regole siano uguali per tutti. È così sbagliato in una democrazia liberale?», è quanto dice, in un’intervista in apertura del Corriere della Sera, la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli a proposito delle nuove norme sulle concessioni autostradali inserite nel Milleproroghe. “C’è un intervento su due concessioni – ricorda -, la RagusaCatania e la Tirrenica. Passeranno ad Anas e saranno completate, come giusto in un Paese normale. Poi vengono modificate le modalità di indennizzo in caso di revoca per tutti i concessionari che non si trovano ancora in questa condizione. È una previsione di legge generale. Come si fa in uno stato liberale, parifichiamo le condizione di tutti i concessionari davanti alla legge”. E ad Aspi che sostiene che è già così, De Micheli risponde: “Non mi pare. Ci sono tre o quattro concessioni con condizioni più vantaggiose. Tra queste anche Aspi”.

Con le regole in vigore, ad Aspi spetterebbero 23,25 miliardi, osserva il Corriere introducendo la domanda su quanti soldi sarebbero con quelle nuove: “No, molto meno – replica De Micheli – . Ma con la nuova regola ai concessionari eventualmente revocati spetterà la cifra iscritta a bilancio degli investimenti non ammortizzati, oltre a quanto previsto dal codice degli appalti. Per procedere alla revoca ci deve essere un inadempimento grave. Una cosa che va dimostrata e condivisa”. Il decreto è un passo verso la revoca ad Aspi? “La revoca è una procedura separata – chiarisce la ministra -, sulla quale stiamo ancora acquisendo dati. Una volta che avremo terminato l’analisi, tutto il governo approfondirà il se, il come e il quando”, e “a gennaio saremo in grado di prendere una decisione, ma fino a quando non avremo esaminato tutti gli aspetti non mi sbilancio”.

“Come può finire? Abbiamo 43 vittime, delle famiglie che ancora piangono, indagini e perizie che ci dicono che Autostrade non ha provveduto adeguatamente alla manutenzione del Ponte Morandi nonostante fosse a conoscenza dei rischi. È gravissimo, non c’ è altra soluzione alla revoca della concessione, mi sembra evidente”. E’ quanto afferma in una intervista alla Stampa, il leader del M5s e titolare della Farnesina, Luigi Di Maio. Alla domanda se il Pd in questa battaglia sia con i 5Stelle, risponde: “Su questo il governo è compatto e se qualcuno la pensa diversamente aspetto di ascoltare le loro motivazioni, sono curioso. Qui il punto è che non bisogna aver paura di combattere un colosso, lo Stato va protetto e la regola chi sbaglia paga deve valere per tutti”.

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Il Conte bis ha messo nel mirino i contributi al Foglio

L'allarme della testata: «Il governo ci ha escluso dai finanziamenti all'editoria». Secondo il quotidiano, un cavillo burocratico viene usato per coprire un attacco politico.

Dopo gli attacchi alla storica Radio Radicale avvenuti durante il primo governo Conte, sembra che ora nel mirino del governo sia entrato il quotidiano il Foglio, da sempre critico del M5s e non solo. In un editoriale firmato dalla redazione in prima pagina, il giornale fondato da Giuliano Ferrara e diretto da Claudio Cerasa parla di un “Tentativo che non riuscirà per colpire il Foglio e cercare di chiuderlo”. «Un giornalista già consulente di Vito Crimi, indimenticabile maestro e padrone per un anno e mezzo dei contributi per l’editoria in area governativo-grillina, ha anticipato ieri via blog una decisione del Dipartimento, di cui è direttore il dottor Ferruccio Sepe e responsabile politico il sottosegretario Andrea Martella», si legge, «la decisione è di escludere il Foglio dai contributi all’editoria per il 2018, segnalata nel sito della presidenza del Consiglio». La motivazione dello Stato sarebbe un accertamento fiscale sul biennio 2009-2010. In quegli anni il Foglio non avrebbe raggiunto la diffusione sufficiente a ottenere i finanziamenti e inoltre il giornale sarebbe stato organo di un movimento inesistente. Accuse che la redazione nega e dichiara false. «La pretesa dell’autorità politica e burocratica delegata a confermare o cancellare l’erogazione dei contributi all’editoria è di indurre il Foglio a una grave crisi editoriale, eventualmente alla chiusura», scrive il quotidiano, «intimandogli la restituzione di sei milioni circa di euro per il biennio già menzionato e nel frattempo sospendendo l’erogazione di contributi a titolo di garanzia, procedendo senza nemmeno ancora avere acquisito la controrelazione del giornale rispetto al verbale dei finanzieri».

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L’altra faccia di Consip oltre alle indagini sui renziani

Non c'è solo il caso finito sui giornali che ha riguardato il Giglio magico. La centrale degli acquisti della Pubblica amministrazione dal 1997 ha rappresentato una piccola rivoluzione. Tra web, sistema di contratti, gare e agenda digitale. I conti e la mission di una società per azioni di cui si conosce poco.

Consip significa Concessionaria servizi informativi pubblici, ma c’è il rischio che il grande pubblico finisca per associarla unicamente all’indagine sulla famiglia Renzi. E magari per concepirla come qualcosa da eliminare, in quanto occasione di corruzione. Invece si tratta di una sigla che ha rappresentato una rivoluzione nella Pubblica amministrazione italiana.

UNICO AZIONISTA IL TESORO

Società per azioni il cui unico azionista è il ministero dell’Economia e delle finanze, Consip è stata infatti la prima centrale di committenza in Italia e tra le prime in Europa a ricevere quella certificazione di qualità Iso 9001:2008 per i processi d’acquisto di beni e servizi che è ricercato riconoscimento internazionale. Al servizio esclusivo della Pubblica amministrazione, attualmente definisce la propria missione aziendale come «quella di rendere più efficiente e trasparente l’utilizzo delle risorse pubbliche, fornendo alle amministrazioni strumenti e competenze per gestire i propri acquisti e stimolando le imprese al confronto competitivo con il sistema pubblico».

L’INIZIO CON LA RIVOLUZIONE INFORMATICA

Ma quando nacque, nel 1997, doveva soprattutto adeguare lo Stato italiano alla rivoluzione informatica in corso. Attenzione alla data: è nel 1996 che il fenomeno internet esplose in tutto il mondo. Presto si capì che l’e-government, come venne ribattezzato, poteva rivoluzionare i rapporti tra Stato e cittadini. Il decreto legislativo del 19 novembre 1997 numero 414 affidò dunque alla Consip le attività informatiche dell’Amministrazione statale in materia finanziaria e contabile, mentre con i decreti del ministero del Tesoro del 22 dicembre 1997 e del 17 giugno 1998 fu assegnato alla società l’incarico di gestire e sviluppare i servizi informatici dello stesso ministero.

SISTEMA DA RIVEDERE DOPO TANGENTOPOLI

Se però a livello mondiale quelli erano stati gli anni della ascesa del web, in Italia un tema che era percepito come ancora più importate era di assicurare l’onestà nel sistema dei contratti della Pa, dopo che Tangentopoli aveva portato al passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Poteva essere la tecnologia il modo per assicurare correttezza e professionalità? Il nuovo millennio iniziò con quel decreto ministeriale attraverso il quale il 24 febbraio 2000 il ministero dell’Economia e delle finanze attribuì alla Consip anche l’attuazione del Programma per la razionalizzazione degli acquisti della Pubblica amministrazione, previsto dalla Legge finanziaria per il 2000. Un ruolo ulteriormente rafforzato tra 2013 e 2014.

OLTRE 400 PERSONE E 90 MILA CENTRI DI SPESA ABILITATI

Oggi Consip si presenta come «un’azienda di oltre 400 persone con un know-how ventennale sul procurement». Sono oltre 90 mila i centri di spesa abilitati, attraverso cui gestisce le gare per la Pubblica amministrazione. L’intervento è in tre principali ambiti. Il primo è il Programma di razionalizzazione degli acquisti della Pa. Offre alle amministrazioni strumenti di e-procurement, cioè il modo per gestire i propri acquisti via internet: convenzioni, accordi quadro, mercato elettronico, sistema dinamico di acquisizione, gare su delega e in Application service provider.

AGENDA DIGITALE E REVISIONE DELLA SPESA

Il secondo è il procurement di specifici “progetti-gara”, per singole amministrazioni e per tutte le amministrazioni, sulle iniziative per realizzare l’Agenda digitale italiana. Il terzo è lo sviluppo di Progetti specifici: assegnati con provvedimenti di legge o atti amministrativi, a seguito dell’esperienza maturata nella gestione di iniziative complesse, in tema di revisione della spesa, razionalizzazione dei processi e innovazione nella Pubblica amministrazione.

ANCHE SULL’INNOVAZIONE QUALCHE PROBLEMA GIUDIZIARIO

La Consip sostiene che lo sviluppo della sua attività «è caratterizzato da un modello organizzativo del tutto innovativo nella realtà italiana, che coniuga le esigenze delle amministrazioni con l’attenzione alle dinamiche del mercato, in un’ottica di massima trasparenza ed efficacia delle iniziative». In realtà la vicenda della famiglia Renzi dimostra che neanche l’innovazione riesce a sottrarsi del tutto a un certo tipo di problemi che continuano a scombussolare la politica italiana.

REALTÀ IMPONENTE AL DI LÀ DEI GUAI

Tuttavia, la Consip resta una realtà imponente. Alla fine del 2019 il valore di tutti gli acquisti della Pubblica amministrazione effettuati nel 2019 attraverso la Consip è arrivato a 14,5 miliardi: il 16% in più rispetto all’anno precedente, e con un risparmio di spesa per la Pa che è stato stimato in oltre 3 miliardi. Sono stati 700 mila gli ordini di spesa, con aggiudicatari oltre 130 mila fornitori: per il 99% Piccole e medie imprese. Negli ultimi tre anni il valore degli acquisti è aumentato del 77%, mentre nell’ultimo biennio è salito del 38% il numero delle gare aggiudicate.

UTILE NETTO 2019 A 7 MILIONI

Altri dati appena resi noti: 87 gare sopra la soglia comunitaria da 200 mila euro, per un totale di 350 lotti e un valore bandito di 14 miliardi, 80 aggiudicate per un totale di 190 lotti e un valore offerto sul mercato di oltre 7 miliardi. Oltre 1.150 le gare bandite dalle singole amministrazioni in autonomia sulla piattaforma di e-procurement Mef/Consip, per un valore di 5,2 miliardi. Un utile netto di esercizio che la società prevede in chiusura 2019 a 7 milioni di euro, con un aumento del 30% rispetto al 2018.

L’AZIENDA PROVA A RIPOSIZIONARSI

L’amministratore delegato della Consip Cristiano Cannarsa ha commentato dicendo che «tutti gli indicatori della gestione da luglio 2017 indicano una crescita a doppia cifra, confermando la fiducia di amministrazioni e imprese nel progetto di riposizionamento dell’azienda e premiando il nostro sforzo per soluzioni efficaci e innovative». Particolare orgoglio è mostrato per inclusione delle piccole e medie imprese «che oggi hanno raggiunto una partecipazione media di 5,7 pmi per ogni lotto messo a gara con un aumento del 73% rispetto a due anni fa».

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