In Austria è accordo tra i Popolari di Kurz e i Verdi

Al partito del cancelliere andrebbero i ministeri di maggior peso. Agli ecologisti Infrastrutture-Ambiente-Energia. Intesa in dirittura d'arrivo.

A tre mesi esatti dalle elezioni politiche che avevano rafforzato i Popolari di Sebastian Kurz dopo lo scandalo Ibizia-Gate, l’Austria ha finalmente una nuova alleanza di governo. Nella notte tra il 28 e il 29 dicembre è infatti stato raggiunto l’accordo di massima tra l’Övp del cancelliere e i Verdi di Werner Kogler. Un accordo che era stato ampiamente anticipato e che ora si è concretizzato.

MANCA LA RATIFICA DEI VERDI

Ora manca solo la ratifica da parte dei Verdi. Il partito ecologista ha infatti convocato per il 4 gennaio l’assemblea, il cui voto – secondo lo statuto di partito – è vincolante per un’entrata nell’esecutivo. Il giuramento – secondo la stampa austriaca – potrebbe avvenire il 7 gennaio. «Gli ostacoli più grandi sono stati superati», ha confermato Kurz che, dopo lo scandalo che aveva colpito il vice cancelliere e leader del Fpö Heinz Christian Strache, aveva di fatto perso il vecchio alleato di ultradestra, scivolato di oltre 8 punti percentuali alle elezioni di settembre e deciso a ripartire dall’opposizione.

ALCUNI DETTAGLI DA CHIARIRE

Per il leader dei Verdi Kogler, restano da chiarire solo alcuni dettagli. Secondo il quotidiano Salzbuger Nachrichten, i ministeri di peso (Esteri, Interni, Finanze, Economia, Istruzione e Agricoltura) sono destinati ad andare alla Övp, mentre i Verdi riceveranno, oltre al ‘superministero’ Infrastrutture-Ambiente-Energia, anche Giustizia, Salute e Affari sociali. Sotto la guida ambientalista tornerebbe anche il ministero alla Cultura, che durante gli scorsi esecutivi non è stato un ministero autonomo.

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Nel M5s anche Castaldo contro Di Maio sul listino bloccato

Il vicepresidente del parlamento Ue Castaldo, capo delegazione del M5s in Europa, contro il leader i suoi "facilitatori". E cioè la segreteria del M5s, di cui sei membri scelti direttamente dal ministro degli Esteri.

Dopo le fuoriuscite di Lucidi e Grassi, i due senatori che sono passati alla Lega, il M5s prova a cambiare pagina con il voto su Rousseau di quella che in altri partiti si sarebbe chiamata segreteria. Ma quel voto è un prendere o lasciare comprese le sei persone scelte direttamente dal capo politico Luigi Di Maio. Un metodo che non è piaciuto affatto a un nome che nel movimento sta acquisendo sempre più peso cioè quel Fabio Massimo Castaldo eletto vice presidente del parlamento europeo e che guida il gruppo grillino che a Bruxelles ha segnato il divorzio dalla Lega votando a favore della commissione di Ursula Von der Leyen.

Fabio Massimo Castaldo durante il convegno ”Open Democracy ? Democrazia in rete e nuove forme di partecipazione cittadina”, organizzato dal Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati presso la Sala Mappamondo, 18 aprile 2016 a Roma. ANSA/FABIO CAMPANA

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«Una scelta d’ampia incoerenza: #iodicono alle liste bloccate!». Così in un post il vicepresidente M5s del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo commenta il voto in blocco su Rousseau del listino dei cosiddetti facilitatori nazionali scelti dal capo politico del Movimento Luigi Di Maio. «La trovo una scelta ampiamente incoerente: abbiamo portato avanti per anni la battaglia a favore delle preferenze nella legge elettorale, abbiamo combattuto sempre contro i listini bloccati e imposti dall’alto, e ora poniamo i nostri attivisti davanti a un voto del genere?», ha chiesto. «Credo che non sia affatto corretto presentare un listino bloccato e dare la possibilità di votare solamente Si o No all’intera lista: si sarebbe dovuto dare a tutti noi la possibilità di votare individualmente ogni componente di quella squadra. Mi sembra non solo incoerente, ma anche limitante», ha scritto su Fb, Castaldo protestando sulla scelta di far semplicemente ratificare dalla rete i sei facilitatori M5S scelti dal capo politico.

Il capo politico del M5s Luigi Di Maio.

Il ragionamento del vicepresidente del parlamento europeo prosegue: «Si sceglie, infatti, una squadra di 18 persone che affiancherà il capo politico del Movimento nei processi decisionali e nelle scelte programmatiche. In questo percorso «sei facilitatori sono indicati direttamente dal capo politico, con funzioni estremamente rilevanti, e oggi si vota anche per confermare o declinare tale scelta». Nel listino, sottolinea l’eurodeputato, ci sono nomi «diversi di assoluto valore per competenze, capacità e impegno dimostrato in questi anni. Ma in tutta franchezza non posso tacere sul fatto che ci sia un problema non tanto di merito, sul quale non voglio esprimermi per non influenzare in alcun modo il vostro giudizio». «Si sarebbe dovuto dare a tutti noi la possibilità di votare individualmente ogni componente di quella squadra. Svolgeranno funzioni molto diverse gli uni dagli altri, pertanto il voto avrebbe dovuto essere sulla competenza dei singoli» sostiene. Il problema, invece, è «di metodo. E per questo vorrei porre una riflessione a tutti noi attivisti».

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Le conclusioni sul Mes del Consiglio europeo sono ancora da scrivere

Sparito nella bozza il riferimento all'accordo di principio. E il presidente Michel dichiara:: Penso che si debba considerare la situazione interna dei Paesi».

«Sono al corrente del dibattito in Italia e prendo in considerazione la natura” della discussione. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel versa parole concilianti sull’arroventata giornata del premier Giuseppe Conte, che nonostante le difficoltà, ottiene il via libera del Parlamento sulla risoluzione di maggioranza del Mes. Un via libera quello delle Camere che – alla vigilia della due giorni del vertice dei leader Ue – evita la promessa di nuove divisioni nella famiglia europea. Divisioni che anche a Bruxelles si cerca con cura di evitare, sgomberando la strada da possibili intoppi. Ne è una dimostrazione anche l’ultima versione della bozza di conclusioni dell’Eurosummit di venerdì (edulcorata rispetto a quella circolata negli ultimi giorni), che attraverso l’uso del minor numero di dettagli, punta ad avere il maggior consenso dai Paesi, Italia compresa.

SPARISCE IL RIFERIMENTO ALL’ACCORDO

Nel documento europeo – soggetto a nuove variazioni – nella parte sul Mes sparisce infatti il paragrafo in cui si indicava: «Prendiamo nota dell’accordo di principio, soggetto alla conclusione delle procedure nazionali». Mentre resta solo: «diamo compito all’Eurogruppo di finalizzare il pacchetto di riforme del Mes e continuare a lavorare su tutti gli elementi di ulteriore rafforzamento dell’unione bancaria, su base consensuale, con l’obiettivo di completarla nel corso di questo ciclo istituzionale». Il testo delle conclusioni comunque resta aperto, e alla fine rispecchierà l’andamento della discussione di venerdì, alla quale prenderanno parte anche la leader della Bce Christine Lagarde ed il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno. Ma a giudicare dalle parole di Michel – «in linea generale penso che si debba considerare la situazione interna dei Paesi, perché so bene che quanto accade nei parlamenti nazionali ha un impatto sulle posizioni europee» – tutto, almeno per questa volta, potrebbe filare liscio».

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Cosa è il Green deal dell’Unione europea

Per l'Europa è «il momento 'uomo sulla Luna'», ha detto la presidente von der Leyen.

Cento miliardi alle regioni europee per abbandonare definitivamente le miniere di carbone e la loro filiera e poi nuove norme per la riduzione delle emissioni e dei pesticidi e in favore di biodiversità e di una economia circolare. Questo è in sostanza il Green Deal presentato l’11 dicembre dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen di fronte al parlamento europeo come primo atto del suo esecutivo e della legislatura comunitaria. Il Green Deal è per l’Europa «il momento ‘uomo sulla Luna’», ha detto von der Leyen. «Il nostro obiettivo è riconciliare l’economia con il nostro pianeta», e quindi ‘tagliare emissioni ma creare occupazione e rafforzare l’innovazione’, ha detto parlando della ‘nuova strategia di crescita‘ che vuole rendere l’Ue ‘capofila’ nell’economia pulita. Mettendo in atto la “nuova strategia di crescita” del Green deal, «dobbiamo essere sicuri che nessuno resti indietro, perché o questa strategia funziona per tutti, o per nessuno». Perciò con il «Meccanismo per una transizione equa abbiamo l’ambizione di mobilitare 100 miliardi per le regioni e i settori più vulnerabili».

UNA RIVOLUZIONE VERDE IN 50 AZIONI

La ‘rivoluzione verde’ presentata oggi dalla Commissione Ue si articola su una cinquantina di iniziative che dovranno essere varate nei prossimi due anni. Ecco un quadro delle principali azioni che Ursula von der Leyen prevede di mettere in campo e di cui fa parte anche l’inserimento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile nel semestre europeo sui conti pubblici.

EMISSIONI ZERO NEL 2050

La Commissione proporrà di aumentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 dall’attuale 40% al 50-55% (rispetto al 1990), con conseguente revisione di buona parte della legislazione sul clima approvata negli ultimi cinque anni. L’Ue si doterà inoltre di un meccanismo, che si applicherà alle importazioni in alcuni settori, per assicurare condizioni di parità di concorrenza all’industria europea rispetto ai Paesi terzi. La conformità all’Accordo di Parigi diventerà parte di tutti gli accordi commerciali.

PIANI NAZIONALI DI ENERGIA

I piani nazionali energia e clima del 2023 (prima revisione) dovranno riflettere le nuove ambizioni climatiche dell’Ue. Annunciate iniziative su l’integrazione e la digitalizzazione delle reti, risparmio energetico degli edifici, fonti rinnovabili, revisione del quadro regolamentare delle infrastrutture energetiche (TEN-E). Sarà anche rivista la direttiva per la tassazione dell’energia.

ENERGIA CIRCOLARE

Bruxelles varerà un nuovo piano di azione per l’economia circolare che darà priorità al riutilizzo dei materiali, con iniziative soprattutto su tessile, costruzioni, elettronica e plastica. * Mobilità e trasporti. Un milione di stazioni di ricarica per la mobilità elettrica sarà realizzato entro il 2025. Inoltre, sarà dato sostegno ai trasporti multimodali e saranno fissati standard più stringenti per le emissioni dei veicoli alimentati da motore a combustione.

RIDUZIONE DEI PESTICIDI CHIMICI

Saranno stabiliti insieme alle parti interessate obiettivi di riduzione dell’uso e il rischio di pesticidi chimici, fertilizzanti e antibiotici.

NUOVE STRATEGIE PER LA BIODIVERSITÀ

Indicazione di nuove strategie per la biodiversità e la gestione delle foreste, e misure per suoli, aria e acque a ‘inquinamento zero’.

IL 30% DEL FONDO INVESTEU DEDICATO ALLA TRANSIZIONE

Per finanziare una ‘transizione equa’ servono 260 miliardi l’anno di investimenti pubblici e privati. La Commissione propone che l’Ue contribuisca con il 30% del fondo InvestEU – un meccanismo che sarà presentato nel dettaglio in gennaio – con il rafforzamento del fondo di modernizzazione dell’Ets e con la collaborazione con la Banca europea degli investimenti.

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Ue, Gentiloni: «Il patto di stabilità va rivisto»

In un'intervista alla Suddeutsche Zeitung, il commissario italiano annuncia che il patto di stabilità va modificato: «Le regole europee sono state pensate in un momento di crisi: ora vanno riviste». E poi rassicura i tedeschi: «Non userò due pesi e due misure».

Nel nome degli investimenti, il commissario europeo Paolo Gentiloni è pronto a proporre e sostenere una revisione del patto di stabilità europeo. Ed è andato a dirlo nella capitale della Baviera, la regione più competitiva della prima economia europea e dello Stato che dà sempre si è opposto alla modifica delle regole fiscali europee. «Il patto di stabilità è stato pensato in un momento di crisi, e ora va rivisto», ha dichiarato Gentiloni, in un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung.

Il Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni durante una conferenza stampa al termine del Consiglio affari economici e finanziaria a Bruxelles ANSA/STEPHANIE LECOCQ

«NON USERÒ MAI DUE PESI E DUE MISURE»

«Dobbiamo mettere in chiaro che queste regole sono nate in un momento particolare, nel contesto di una crisi. Ora però da questa crisi siamo fuori», ha argomentato, «e abbiamo altre sfide davanti a noi: la lotta al cambiamento climatico e il pericolo di avere, per un lungo periodo, una crescita bassa e una bassa inflazione». «In questo contesto le regole europee devono essere gradualmente adeguate», ha spiegato Gentiloni, che ha rassicurato gli interlocutori tedeschi: «Non applicherò due pesi e due misure» rispetto all’Italia, in un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung, a proposito delle riserve sulla sua imparzialità sulla situazione italiana e sul bilancio. «La presidente von der Leyen ha più volte ripetuto quanto sia importante usare la flessibilità», ha poi aggiunto..

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Visco (Bankitalia) a Berlino: «Sui bond serve offrire alle banche un’alternativa»

Visco contro il tetto ai titoli di Stato in pancia alle banche dice al quotidiano tedesco Handelsblatt:. «Quello di cui c'è bisogno è un titolo sicuro, emesso da un'organizzazione unica, che acquisisca automaticamente le entrate fiscali dagli Stati dell'euro»,

Il governatore Ignazio Visco in un’intervista all’Handelsblatt, quotidiano economico conservatore tedesco, di fatto la voce di quella classe dirigente che si è quasi sempre opposta alla linea di Mario Draghi all’interno della Bce e a quella italiana, in Europa, ha toccato tutti i temi caldi: il governo dell’Eurotower e anche la proposta tedesca di ponderare i titoli di Stato, definita dall’ex ministro Pier Carlo Padoan, il vero problema, altro che Mes.

IL RISCHIO DI DEFLAZIONE GIUSTIFICA LE SCELTE BCE

Sulle politiche espansive della Bce e in particolare sulla loro recente estensione, con le decisioni prese a settembre dalla Bce, ha detto: «C’è un dissenso sul fatto se queste mosse fossero necessarie. Io penso che lo fossero. E così anche il consiglio della Bce. Il ciclo economico non è favorevole. Il rischio di una deflazione, e dunque di prezzi in calo, sussiste». Ma ha anche aggiunto che «i tassi negativi, nel lungo periodo, possono provocare danni collaterali».

IL GOVERNATORE CHIEDE UN TITOLO SICURO SULL’EUROZONA

Poi ha discusso anche dei titoli di Stato. «In Italia le banche hanno funzionato da fattore stabilizzante durante le tensioni sui mercati finanziari. Io temo che questo vada perso se si dotano i bond di un fattore di ponderazione del rischio, senza che le banche abbiano un’alternativa», ha spiegato il governatore della Banca d’Italia. Anche la proposta di mettere un tetto all‘acquisto dei titoli di uno stato, aggiunge,«limiterebbe la funzione di stabilizzatore del sistema finanziario». Si potrebbe valutare se ci fosse un’alternativa. In Italia le banche hanno funzionato da fattore stabilizzante durante le tensioni sui mercati finanziari. Io temo che questo vada perso se si dotano i bond di un fattore di ponderazione del rischio, senza che le banche abbiano un’alternativa». «Quello di cui c’è bisogno è un titolo sicuro, emesso da un’organizzazione unica, che acquisisca automaticamente le entrate fiscali dagli Stati dell’euro», aggiunge Visco. «Questo potrebbe essere la base della costruzione di una capacità fiscale comune nell’eurozona», conclude.

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Europarlamento contro Consiglio: «La proposta sul bilancio fa fallire l’Europa»

Gli eurodeputati contro la bozza della presidenza finlandese che programma solo 1,07% del reddito per le politiche Ue. Il ministro per gli Affari europei Amendola: l'Italia è «assolutamente contraria».

Emmanuel Macron ne aveva fatto la sua scommessa. Con il ministro dell’Economia dell’Eurozona bocciato dalla Germania, con un vero fondo salva Stati sotto controllo del governo, almeno l’obiettivo di un vero bilancio europeo doveva essere centrato. E invece, quello che è maturato sotto la presidenza socialista finlandese è un compromesso che, complice la Brexit, definire al ribasso è poco. Il parlamento europeo non a caso lo ha bocciato sonoramente.

«CON QUESTE RISORSE PROGRAMMA IMPOSSIBILE»

La posizione della squadra di eurodeputati che dovrà negoziare il dossier con il Consiglio e la Commissione Ue è chiara: «La proposta della presidenza di turno finlandese per il bilancio Ue 2021-2027, inviata il 2 dicembre alle rappresentanze dei Paesi membri, «condanna l’Unione europea al fallimento» perché sarà «impossibile mettere in pratica» il programma della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen.

TROPPO POCO PER INVESTIMENTI, CLIMA, SICUREZZA E GIOVANI

Helsinki ha messo sul tavolo un bilancio per il prossimo settennato di programmazione pari all’1,07% del reddito nazionale lordo europeo. La Commissione ha proposto l’1,11%, mentre l’Eurocamera vorrebbe l’1,3%. Oggi, il bilancio 2014-2020 vale l’1,16% del Rnl Ue a 27 (Regno unito escluso). «La proposta della presidenza finlandese è molto al di sotto delle aspettative del Parlamento per quanto riguarda il rispetto degli impegni dell’Ue sugli investimenti, i giovani, il clima e la sicurezza», ha dichiarato in una nota il presidente della commissione bilanci del Pe, Johan Van Overtveldt. Il Pe critica anche il fatto che il documento faccia una «menzione molto limitata della riforma del sistema delle risorse proprie» del nuovo bilancio.

ITALIA «ASSOLUTAMENTE CONTRARIA»

Il ministro per gli affari europei Vincenzo Amendola in un incontro con le imprese appartenenti al Gii, Gruppo di iniziativa italiana, ha detto che l’Italia è «assolutamente contraria» alla proposta di bilancio per il periodo 2021-2027 presentata dalla presidenza di turno finlandese dell’Ue. Amendola ha criticato in particolare i tagli prospettati per la politica di coesione osservando che quest’ultima, insieme alla politica agricola (che invece registrerebbe un aumento delle risorse), vengono comunque trattate come “vecchi arnesi”, senza comprendere che possono essere il motore del New Green Deal. «Rifiutiamo questa logica e chiediamo di lavorare molto di più sulle nuove risorse», ha osservato il ministro che era accompagnato dal rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue, ambasciatore Maurizio Massari. «Non credo che la proposta della Finlandia raggiungerà alcun risultato».

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Lagarde conferma la linea Draghi: «La politica Bce resta espansiva»

La linea Draghi per ora non si tocca, anche perché le decisioni prese nelle ultime fasi della presidenza italiana all’Eurotower..

La linea Draghi per ora non si tocca, anche perché le decisioni prese nelle ultime fasi della presidenza italiana all’Eurotower hanno blindato le politiche dei prossimi mesi. «La Bce rimane risoluta nel perseguire il proprio mandato» e la posizione di politica monetaria accomodante, un pilastro della domanda interna durante la ripresa, «rimane al suo posto», ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, durante un’audizione all’Europarlamento. a crescita dell’Eurozona rimane debole, con il Pil in crescita solo dello 0,2% su base trimestrale nel terzo trimestre 2019. Questa debolezza è stata dovuta principalmente a fattori globali», ha detto Lagarde, durante un’audizione all’Europarlamento. «Le prospettive dell’economia mondiale rimangono fiacche e incerte. Questo riduce la domanda di beni prodotti nell’Eurozona e influisce anche sul clima delle imprese e gli investimenti».

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Gli aggiornamenti del dibattito sul Mes del 30 novembre

Di Maio torna a invocare miglioramenti del trattato già criticato dal Pd. Lunedì 2 dicembre Conte riferisce in Senato.

L’appuntamento alla Camera è fissato per lunedì 2 dicembre alle ore 13, poi a Palazzo Madama alle 15.30, quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si presenterà al prlamento per un’informativa sulle modifiche al Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità. Ma la polemica è già iniziata da tempo, con le accuse di Salvini al premier e le minacce di querela di quest’ultimo. Sabato 30 novembre, a due giorni dall’incontro in parlamento, è stato Luigi Di Maio a parlare a lungo di un tema che lascia non poche perplessità all’interno della maggioranza stessa: «L’Italia non può pensare di firmare al buio», ha detto il leader pentastellato, «è bene che ci sia una riflessione».

«SERVONO MIGLIORAMENTI»

Il Ministro degli Esteri ha risposto alle domande dei giornalisti al Villaggio contadino di Natale allestito a Matera dalla Coldiretti. Il Mes «come tanti altri trattati, ha bisogno di tanti miglioramenti», ha detto, aggiungendo che il fondo salva Stati «è solo una parte: c’è l’Unione bancaria, c’è l’assicurazione sui depositi. Quando avremo letto tutto, potremo verificare se il pacchetto convenga all’Italia oppure no. Secondo me, è sano per l’Italia non accelerare in maniera incauta ma difendere i propri interessi, aspettando la fine dei negoziati anche su tutti gli altri aspetti di questo pacchetto».

DI MAIO PREOCCUPATO DALL’UNIONE BANCARIA

A preoccupare Di Maio, più del Mes, è l’Unione bancaria. «L’assicurazione sui depositi va messa a posto: quindi ci sono dei negoziati in corso ed è bene che questi negoziati proseguano con il protagonismo dell’Italia che sicuramente negli ultimi mesi ha avuto difficoltà perché c’è stato un cambio di governo». Di Maio ha aggiunto che «anche il ministro Gualtieri lo ha detto: in questo momento il negoziato ha tutte le possibilità di poter migliorare questo trattato».

FRANCESCHINI: «ORA I FATTI»

Il dialogo all’interno dell’esecutivo prosegue. «Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese, l’andamento dello spread e dei mercati», ha detto a Milano il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, all’assemblea dell’area del Pd di Base Riformista. «Non si può giocare con il fuoco. Prendo per buone le parole di Di Maio di questa mattina e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti, perché ci sono anche i comportamenti in politica».

Il segretario della Lega Matteo Salvini parla con i giornalisti in occasione della presentazione del libro Cosa rischiano i nostri figli di Paolo Del Debbio, Milano, 30 Novembre 2019. ANSA/FLAVIO LO SCALZO

Il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio ha dichiarato: «Siccome non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità nazionale, è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità. Io mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese. Questo sarebbe grave, per i cittadini e per la serietà con cui viene visto il nostro governo».

CONVOCATA UNA RIUNIONE DI MAGGIORANZA IL 1° DICEMBRE

Proprio per tutelare il suo governo, il premier ha convocato un vertice per il 1°dicembre all’ora di cena. Tra le otto e le nove, trapela, anche se i partiti di maggioranza convocati a Palazzo Chigi per sciogliere i nodi sul MES non danno dettagli sull’orario della riunione.

SALVINI: «IL MES RUBA AI POVERI PER DARE AI RICCHI»

Intanto il segretario della Lega Matteo Salvini prosegue l’offensiva contro il governo sul dossier Salva Stati: «Il Mes ruba ai poveri per dare ai ricchi. Ruba i soldi ai risparmiatori italiani per finanziarie le banche tedesche. Sono i paesi che stanno meglio che dovrebbero aiutare quelli che stanno peggio», ha detto Salvini dalla provincia di Livorno. E poi rivolto al premier Conte ha dichiarato: «Se hai firmato qualcosa che non avevi il permesso di firmare dimettiti e chiedi scusa perché con i risparmi degli italiani non si scherza. Per questo ho convocato Conte lunedì».

CONTE: «INFORMATIVA DOVEROSA DA PARTE MIA»

«Lunedì non ci sarà nessuna battaglia, è una informativa doverosa al Parlamento da parte del presidente del Consiglio che ogni volta che è stato chiamato, ogni volta che ha avuto e avrà la possibilità di informare, dialogare con i membri del parlamento lo fa», ha commentato il diretto interessato, cioè il Presidente del Consiglio, Conte. «Come sapete – ha aggiunto Conte – la sovranità appartiene al popolo però i parlamentari rappresentano il popolo quindi dopodomani mi confronterò, informerò. Mi è stato chiesto e sarà sempre così». «Il presidente del Consiglio quando c’è da chiarire, da dialogare, quando c’è da informare il parlamento», ha concluso, «ci sarà sempre».

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Gli aggiornamenti del dibattito sul Mes del 30 novembre

Di Maio torna a invocare miglioramenti del trattato già criticato dal Pd. Lunedì 2 dicembre Conte riferisce in Senato.

L’appuntamento alla Camera è fissato per lunedì 2 dicembre alle ore 13, poi a Palazzo Madama alle 15.30, quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si presenterà al prlamento per un’informativa sulle modifiche al Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità. Ma la polemica è già iniziata da tempo, con le accuse di Salvini al premier e le minacce di querela di quest’ultimo. Sabato 30 novembre, a due giorni dall’incontro in parlamento, è stato Luigi Di Maio a parlare a lungo di un tema che lascia non poche perplessità all’interno della maggioranza stessa: «L’Italia non può pensare di firmare al buio», ha detto il leader pentastellato, «è bene che ci sia una riflessione».

«SERVONO MIGLIORAMENTI»

Il Ministro degli Esteri ha risposto alle domande dei giornalisti al Villaggio contadino di Natale allestito a Matera dalla Coldiretti. Il Mes «come tanti altri trattati, ha bisogno di tanti miglioramenti», ha detto, aggiungendo che il fondo salva Stati «è solo una parte: c’è l’Unione bancaria, c’è l’assicurazione sui depositi. Quando avremo letto tutto, potremo verificare se il pacchetto convenga all’Italia oppure no. Secondo me, è sano per l’Italia non accelerare in maniera incauta ma difendere i propri interessi, aspettando la fine dei negoziati anche su tutti gli altri aspetti di questo pacchetto».

DI MAIO PREOCCUPATO DALL’UNIONE BANCARIA

A preoccupare Di Maio, più del Mes, è l’Unione bancaria. «L’assicurazione sui depositi va messa a posto: quindi ci sono dei negoziati in corso ed è bene che questi negoziati proseguano con il protagonismo dell’Italia che sicuramente negli ultimi mesi ha avuto difficoltà perché c’è stato un cambio di governo». Di Maio ha aggiunto che «anche il ministro Gualtieri lo ha detto: in questo momento il negoziato ha tutte le possibilità di poter migliorare questo trattato».

FRANCESCHINI: «ORA I FATTI»

Il dialogo all’interno dell’esecutivo prosegue. «Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese, l’andamento dello spread e dei mercati», ha detto a Milano il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, all’assemblea dell’area del Pd di Base Riformista. «Non si può giocare con il fuoco. Prendo per buone le parole di Di Maio di questa mattina e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti, perché ci sono anche i comportamenti in politica».

Il segretario della Lega Matteo Salvini parla con i giornalisti in occasione della presentazione del libro Cosa rischiano i nostri figli di Paolo Del Debbio, Milano, 30 Novembre 2019. ANSA/FLAVIO LO SCALZO

Il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio ha dichiarato: «Siccome non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità nazionale, è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità. Io mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese. Questo sarebbe grave, per i cittadini e per la serietà con cui viene visto il nostro governo».

CONVOCATA UNA RIUNIONE DI MAGGIORANZA IL 1° DICEMBRE

Proprio per tutelare il suo governo, il premier ha convocato un vertice per il 1°dicembre all’ora di cena. Tra le otto e le nove, trapela, anche se i partiti di maggioranza convocati a Palazzo Chigi per sciogliere i nodi sul MES non danno dettagli sull’orario della riunione.

SALVINI: «IL MES RUBA AI POVERI PER DARE AI RICCHI»

Intanto il segretario della Lega Matteo Salvini prosegue l’offensiva contro il governo sul dossier Salva Stati: «Il Mes ruba ai poveri per dare ai ricchi. Ruba i soldi ai risparmiatori italiani per finanziarie le banche tedesche. Sono i paesi che stanno meglio che dovrebbero aiutare quelli che stanno peggio», ha detto Salvini dalla provincia di Livorno. E poi rivolto al premier Conte ha dichiarato: «Se hai firmato qualcosa che non avevi il permesso di firmare dimettiti e chiedi scusa perché con i risparmi degli italiani non si scherza. Per questo ho convocato Conte lunedì».

CONTE: «INFORMATIVA DOVEROSA DA PARTE MIA»

«Lunedì non ci sarà nessuna battaglia, è una informativa doverosa al Parlamento da parte del presidente del Consiglio che ogni volta che è stato chiamato, ogni volta che ha avuto e avrà la possibilità di informare, dialogare con i membri del parlamento lo fa», ha commentato il diretto interessato, cioè il Presidente del Consiglio, Conte. «Come sapete – ha aggiunto Conte – la sovranità appartiene al popolo però i parlamentari rappresentano il popolo quindi dopodomani mi confronterò, informerò. Mi è stato chiesto e sarà sempre così». «Il presidente del Consiglio quando c’è da chiarire, da dialogare, quando c’è da informare il parlamento», ha concluso, «ci sarà sempre».

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Il parlamento Ue ha dichiarato l’emergenza climatica

Via libera ad una risoluzione non legislativa. Uno degli obiettivi è ridurre le emissioni del 55% entro il 2030.

Il Parlamento europeo ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo, dando il via libera ad una risoluzione non legislativa.

L’Eurocamera rilancia così la sfida alla futura Commissione europea a guida Ursula von der Leyen, che da parte sua ha annunciato che entro i primi 100 giorni metterà sul tavolo una nuova agenda verde.

Il testo è passato con 429 voti a favore, 225 contrari e 19 astensioni. Ma la maggioranza che ha sostenuto l’elezione di Von Der Leyen, composta da Popolari europei, Socialisti e Liberali, si è divisa. Quasi la metà dei Popolari, infatti, ha votato contro, schierandosi con i sovranisti.

L’OBIETTIVO DI TAGLIARE LE EMISSIONI DEL 55% ENTRO IL 2030

La Plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo chiede maggiori tagli alle emissioni di Co2 con l’aumento dal 40% al 55% degli obiettivi già al 2030. Il testo della risoluzione sulla conferenza delle parti sul clima (Cop25) in programma a Madrid da lunedì prossimo è passato con 430 voti a favore, 190 contrari e 34 astensioni.

SERVE UNA STRATEGIA PER LA NEUTRALITÀ CLIMATICA

Il Parlamento esorta la Commissione Ue a presentare alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici una strategia per raggiungere la neutralità climatica al più tardi entro il 2050. I deputati chiedono inoltre alla nuova presidente della Commissione europea von der Leyen di includere nel Green Deal europeo un obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030.

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Il parlamento Ue ha dichiarato l’emergenza climatica

Via libera ad una risoluzione non legislativa. Uno degli obiettivi è ridurre le emissioni del 55% entro il 2030.

Il Parlamento europeo ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo, dando il via libera ad una risoluzione non legislativa.

L’Eurocamera rilancia così la sfida alla futura Commissione europea a guida Ursula von der Leyen, che da parte sua ha annunciato che entro i primi 100 giorni metterà sul tavolo una nuova agenda verde.

Il testo è passato con 429 voti a favore, 225 contrari e 19 astensioni. Ma la maggioranza che ha sostenuto l’elezione di Von Der Leyen, composta da Popolari europei, Socialisti e Liberali, si è divisa. Quasi la metà dei Popolari, infatti, ha votato contro, schierandosi con i sovranisti.

L’OBIETTIVO DI TAGLIARE LE EMISSIONI DEL 55% ENTRO IL 2030

La Plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo chiede maggiori tagli alle emissioni di Co2 con l’aumento dal 40% al 55% degli obiettivi già al 2030. Il testo della risoluzione sulla conferenza delle parti sul clima (Cop25) in programma a Madrid da lunedì prossimo è passato con 430 voti a favore, 190 contrari e 34 astensioni.

SERVE UNA STRATEGIA PER LA NEUTRALITÀ CLIMATICA

Il Parlamento esorta la Commissione Ue a presentare alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici una strategia per raggiungere la neutralità climatica al più tardi entro il 2050. I deputati chiedono inoltre alla nuova presidente della Commissione europea von der Leyen di includere nel Green Deal europeo un obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030.

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Il parlamento Ue ha dichiarato l’emergenza climatica

Via libera ad una risoluzione non legislativa. Uno degli obiettivi è ridurre le emissioni del 55% entro il 2030.

Il Parlamento europeo ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo, dando il via libera ad una risoluzione non legislativa.

L’Eurocamera rilancia così la sfida alla futura Commissione europea a guida Ursula von der Leyen, che da parte sua ha annunciato che entro i primi 100 giorni metterà sul tavolo una nuova agenda verde.

Il testo è passato con 429 voti a favore, 225 contrari e 19 astensioni. Ma la maggioranza che ha sostenuto l’elezione di Von Der Leyen, composta da Popolari europei, Socialisti e Liberali, si è divisa. Quasi la metà dei Popolari, infatti, ha votato contro, schierandosi con i sovranisti.

L’OBIETTIVO DI TAGLIARE LE EMISSIONI DEL 55% ENTRO IL 2030

La Plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo chiede maggiori tagli alle emissioni di Co2 con l’aumento dal 40% al 55% degli obiettivi già al 2030. Il testo della risoluzione sulla conferenza delle parti sul clima (Cop25) in programma a Madrid da lunedì prossimo è passato con 430 voti a favore, 190 contrari e 34 astensioni.

SERVE UNA STRATEGIA PER LA NEUTRALITÀ CLIMATICA

Il Parlamento esorta la Commissione Ue a presentare alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici una strategia per raggiungere la neutralità climatica al più tardi entro il 2050. I deputati chiedono inoltre alla nuova presidente della Commissione europea von der Leyen di includere nel Green Deal europeo un obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030.

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Il M5s si spacca sul voto alla Commissione von der Leyen

Solo 10 eurodeputati su 14 hanno appoggiato il nuovo esecutivo Ue. La capodelegazione pentastellata: «Scelte personali».

Il Movimento 5 stelle si divide nel voto alla commissione Ursula von der Leyen. Secondo quanto si apprende 10 eurodeputati pentastellati hanno appoggiato il nuovo esecutivo comunitario, due hanno votato contro e due si sono astenuti. «Il Movimento 5 stelle ha un’anima diversificata come è noto e c’è chi probabilmente non si sente a proprio agio, legittimamente. È una scelta personale, ma il M5s oggi, pur con riserve e con le dovute cautele, appoggia questa commissione», ha detto la capodelegazione del M5s al parlamento europeo Tiziana Beghin, «pur se non con un assegno in bianco, ma monitorando provvedimento per provvedimento e pur con le perplessità che abbiamo espresso durante il dibattito, abbiamo deciso di confermare il supporto. La maggioranza dei 5 stelle è a favore di questa commissione che è anche espressione del governo nazionale».

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Merkel sfida Macron e promette più impegno nella Nato

Il leader dell'Eliseo dichiara l'Alleanza «in morte cerebrale» e ora la cancelliera promette di rafforzarla. Berlino non vuole lasciare a Parigi il monopolio sulla discussione sul futuro della Difesa Ue.

La cancelliera Angela Merkel non vuole lasciare al socio di maggioranza europeo Emmanuel Macron il monopolio sulla discussione sul futuro della Difesa europea. «L’Europa al momento non può difendersi da sola», ha detto Merkel, parlando al Bundestag, «perciò è importante che la Germania lavori di più per la Nato e la sua unità, assumendosi più responsabilità».

L’ATTACCO DI MACRON ALLA NATO

Il 7 novembre, il presidente francese aveva dichiarato in un’intervista all’Economist che «la Nato è in morte cerebrale». Fin dalla sua elezione, il leader dell’Eliseo si è speso per far partire un serio progetto di Difesa comune europea indipendente dalla Nato. Un progetto, ça va sans dire, alla cui guida si metterebbe proprio Parigi.

IL RETROSCENA DEL NYT SULLO SCONTRO FACCIA A FACCIA

Il 24 novembre, il New York Times riportava di uno scontro proprio sulla Nato tra i due leader europei alla cena del trentennale della caduta del muro a Berlino. Il portavoce della Merkel ha smentito che una lite sia mai avvenuta. Secondo il Nyt, la cancelliera, che vuole contrastare l’idea di un’egemonia difensiva francese in Ue, avrebbe detto a Macron: «Capisco il suo desiderio di una politica distruttiva, ma sono stanca di rimettere a posto i pezzi. Devo continuamente rimettere insieme le tazze di porcellana che lei rompe, in modo che si possa sedere insieme a bere un ». Sulla Nato la Merkel ha sempre detto che l’Europa deve assumere maggiore responsabilità nella propria Difesa, «ma sempre all’interno della Nato e senza sostituirne l’impegno».

LE PRESSIONI DI TRUMP SULLE SPESE

La cancelliera ha ribadito il concetto davanti al parlamento tedesco, sostenendo che le spese per la Difesa della Germania dovrebbero arrivare al 2% «entro i primi anni trenta». «Preservare la Nato è nel nostro interesse ora ancora più che durante la guerra fredda», ha detto. La cancelliera ha anche ricordato che entro il 2024 le spese arriveranno all’1,5%. Gli Usa di Donald Trump fanno forte pressione sulla Germania e su tutti i suoi alleati (gli “scrocconi”) sul tema delle spese per la Difesa fin dall’inizio del mandato del tycoon.

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La commissione Von der Leyen alla prova del voto del parlamento europeo

Con la preferenza palese, la maggioranza Ppe, socalisti e liberali dovrebbe reggere. Il M5s ha comunque deciso di votare a favore, mentre i Verdi hanno parlato di un'astensione ragionata e qualche voto potrebbe arrivare dalle fila dei conservatori, in particolare del Pis, All'opposizione l'estrema destra, con Fdi e Lega, e la sinistra europea.

Il giorno è infine arrivato: dopo tre aspiranti commissari bocciati – della Francia, dell’Ungheria e della Romania – dopo sostituzioni in corsa, polemiche e franchi tiratori – la nuova squadra della Commissione europea – senza il commissario britannico per via della Brexit – è pronta per cercare la conferma del parlamento europeo. «Abbiamo costruito un’equipe europea eccezionale, oggi chiedo il vostro sostegno per un nuovo inizio per l’Europa», ha detto la presidente eletta della Commissione europea Ursula von der Leyen in plenaria all’europarlamento. «Nei prossimi 5 anni – ha aggiunto – la nostra unione porterà avanti una trasformazione di società e economia, è la cosa giusta da fare e non sarà semplice».

La neopresidente della Commissione europea Urusula von der Leyen e il presidente uscente Jean Claude Juncker, Bruxelles, 4 luglio 2019. (Thierry Monasse/Getty Images)

M5s e PIS CON LA MAGGIORANZA PPE, SOCIALISTI E LIBERALI

Von der Leyen ha ottenuto il mandato con appena nove voti sopra la maggioranza: fondamentali dunque erano stati i voti del Movimento Cinquestelle che hanno definitivamente diviso le strade di grillini e leghisti, a Bruxelles ma anche a Roma. Per il voto sulla commissione, palese, la maggioranza Ppe, socalisti e liberali dovrebbe reggere. Il M5s ha comunque deciso di votare a favore, mentre i Verdi hanno parlato di un’astensione ragionata e qualche voto potrebbe arrivare dalle fila dei conservatori, in particolare del Pis, il partito di governo polacco. All’opposizione l’estrema destra, con Fdi e Lega, e la sinistra europea.

L’ELEZIONE IN DIRETTA

DALL’UNIONE BANCARIA AI MIGRANTI: I DOSSIER CALDI

Nel suo discorso di presentazione, la presidente tedesca ha citato alcuni dei punti del suo programma e i commissari che ha scelto per portarli a termine. «L’unione bancaria deve essere completata per rafforzare il nostro sistema finanziario e renderlo più resiliente, ho affidato questo compito a Valdis Dombrovskis la persona più giusta per questo compito», ha detto l’ex ministra della Difesa tedesca. «Ogni Stato membro dell’Ue si è impegnato per gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu. Paolo Gentiloni gestirà il raggiungimento degli obiettivi ne è convinto e io credo in lui».

«DOBBIAMO SPEZZARE IL SISTEMA DEI TRAFFICANTI»

«L’Europa sarà sempre un riparo per coloro che hanno bisogno di protezione internazionale», ha detto la presidente eletta della Commissione Ue. «È nel nostro interesse che coloro che rimangono siano integrati nella nostri società, ma dobbiamo anche far si che coloro che non hanno il diritto di rimanere ritornino in patria – ha aggiunto -. Dobbiamo spezzare questo modello crudele dei trafficanti e dobbiamo riformare i nostri sistemi di asilo senza dimenticare i valori di solidarietà e responsabilità».

«VENEZIA SOTT’ACQUA, ORA LOTTARE CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO»

«La protezione del nostro clima è una questione esistenziale per l’Europa e per tutto il mondo e non potrebbe essere altrimenti. Vediamo Venezia sott’acqua, le foreste in Portogallo colpite da incendi, la siccità in Lituania; è successo anche in passato, ma non possiamo perdere neanche un secondo, dobbiamo lottare contro il cambiamento climatico», ha detto von der Leyen.

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Commissione Ue al via dal primo dicembre, ma senza il Regno Unito

L'esecutivo a guida von del Leyen è in dirittura d'arrivo. Il 25 novembre dovrebbe arrivare il via libera del Consiglio e il 27 dell'Eurocamera. Il punto.

L’Ue ha tenuto la barra a dritta e punta decisa verso il traguardo dell’insediamento della Commissione a guida Ursula von der Leyen, il primo dicembre. Anche senza il commissario britannico. A precisare quali saranno i passaggi dell’ultimo miglio di un percorso piuttosto accidentato, che ha già ritardato l’inizio dei lavori del nuovo Esecutivo europeo rispetto ai tempi previsti dai Trattati, è stato il leader del Parlamento europeo David Sassoli.

VOTO DEL PARLAMENTO IL 27 NOVEMBRE

Al termine della Conferenza dei presidenti, il numero uno dell’Eurocamera ha reso ufficiale la decisione di mettere al voto la squadra della presidente eletta per l’ok finale, mercoledì 27 novembre, alla plenaria di Strasburgo. E il nuovo Esecutivo non si incaglierà sullo scoglio della mancata nomina del commissario britannico, ha chiarito Sassoli. Londra ha «un termine» per designare il proprio rappresentante, «che è venerdì 22 novembre» allo scoccare della mezzanotte. Ma «gli uffici legali» delle istituzioni Ue «sono concordi: ci sarà una dichiarazione del Consiglio dell’Ue per la formazione della Commissione a 27».

POSSIBILE VIA LIBERA AL CONSIGLIO UE DEL 25

In attesa di capire come si muoverà Londra, destinataria la settimana scorsa di una lettera di messa in mora (primo passo della procedura di infrazione), gli ambasciatori degli Stati membri il 22 novembre si riuniranno, per adottare la lista dei 27 commissari. La decisione sarà poi ufficializzata alla riunione del Consiglio europeo del 25, senza necessità di discussione. D’altra parte, il governo di Londra, con Boris Johnson impegnato in una campagna all’ultimo sangue per il voto del 12 dicembre, un paio di settimane fa aveva già fatto sapere, di non poter attribuire incarichi internazionali nel periodo pre-elettorale, in osservanza delle linee guida politiche nazionali, ma di non voler essere di ostacolo. E salvo colpi di scena, non si attendono discostamenti rispetto a quella linea.

ULTIMI PREPARATIVI PER L’ADDIO DI TUSK

Ultimi preparativi per il cambio della guardia sono in corso anche al Consiglio europeo, con l’attuale presidente, il polacco Donald Tusk (appena incoronato leader del Ppe al congresso di Zagabria), che passerà il testimone all’ex premier belga Charles Michel, in una cerimonia simbolica, venerdì 29 novembre. Ma anche in questo caso, per il via ufficiale bisognerà attendere il primo dicembre, quando tutti i tasselli delle istituzioni europee saranno finalmente al loro posto, e la nuova legislatura, che promette di spingere fin da subito sul Green deal, potrà accendere i suoi motori.

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Tusk chiude le porte del Ppe in faccia alla Lega di Salvini

«Ho tanta immaginazione però ci sono dei limiti», ha risposto il neo presidente del centrodestra europea a chi gli chiedeva di un possibile ingresso del Carroccio. Mentre su Orban la scelta è rimandata a fine gennaio.

Porte in faccia alla Lega di Matteo Salvini, da parte del neo presidente del Partito popolare europeo, Donald Tusk, polacco, ma fervente europeista ed ex presidente del Consiglio Ue, insomma, il politico del centrodestra continentale probabilmente più lontano dal sovranismo del nuovo Carroccio.

«HO TANTA IMMAGINAZIONE, MA CI SONO DEI LIMITI »

«Ho tanta immaginazione però ci sono dei limiti», ha dichiarato il neo presidente del Ppe a chi gli chiedeva se in futuro il partito di Salvini potrebbe aderire al Ppe. «Posso dire che finora non abbiamo ricevuto alcuna richiesta della Lega di diventare membro del gruppo», ha aggiunto l’ex presidente del Ppe, Joseph Daul.

LA SCELTA SU ORBAN A FINE GENNAIO

Il neo presidente del Ppe ha «annunciato che a fine gennaio» deciderà il da farsi sul premier ungherese Viktor Orban, il cui partito Fidesz è stato sospeso dal Ppe. «È un compito delicato, sono in contatto con van Rompuy», ha aggiunto Tusk e «a fine gennaio deciderò». L’ex presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy è alla guida di un comitato di tre probiviri per controllare la condotta del partito Fidesz del premier nazionalista ungherese.

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