Velo, riscatto, conversione: le polemiche sul ritorno di Silvia Romano

L'arrivo a Ciampino vestita da donna musulmana e il nuovo nome Aisha scatenano la Rete. Mentre per Salvini «è stato uno spot gratuito ai terroristi». E aggiunge: «Se fossi stato al governo avrei tenuto un profilo più basso».

La conversione, il riscatto, il velo. E quel nome – Aisha – assunto durante la prigionia. Non si placano le polemiche, social e politiche, su Silvia Romano rientrata in Italia il 10 maggio dopo 18 mesi di prigionia.

In Rete è un fiorire di analisi psicologiche sulla scelta della cooperante italiana di abbracciare l’Islam, come fa notare su Twitter Marco Cappato.

Attacchi violenti che possono essere riassunti dal post, poi rimosso, del vicepresidente dell’Assemblea regionale del Veneto Massimo Giorgetti (FdI) che domenica aveva commentato: «Ora avremo una musulmana in più e 4 milionin in meno. Un affare proprio»

SALVINI: «SPOT GRATUITO AI TERRORISTI»

Anche Matteo Salvini unedì è tornato all’attacco. «Il giorno della festa è il giorno della festa e salvare una vita è fondamentale, ma se mi chiede come mi sarei comportato al governo io, probabilmente, avrei tenuto un atteggiamento da parte delle istituzioni più sobrio, un profilo più basso», ha detto parlando a Rtl 102.5. «Perché mettetevi nei panni di quei terroristi islamici maledetti che hanno rapito questa splendida ragazza: l’hanno vista scendere col velo islamico, ha detto che è stata trattata bene, ha studiato l’arabo, letto il Corano, si è convertita, in più hanno preso dei soldi, io penso che un ritorno più riservato avrebbe evitato pubblicità gratuita a questi infami che nel nome della loro religione hanno ammazzato migliaia di persone». Certo, ha aggiunto il segretario della Lega, «qualche domanda deve avere una risposta. In Kenya le donne valgono molto meno dell’uomo perché l’uomo può sposare quante donne vuole e la donna no, visto che c’è la poligamia per legge, e i soldi che sarebbero stati pagati per il riscatto sarebbero stati incassati da questa associazione terroristica al-Shabaab che con attentati e autobombe ha ucciso migliaia di persone».

IL POST DEL CONSIGLIERE REGIONALE LEGHISTA IN ABRUZZO

Nella Lega i toni però sono stati ben diversi. Come dimostra il post su Facebook del consigliere regionale in Abruzzo e sindaco di Ovindoli Simone Angelosante che aveva commentato: «Avete mai sentito di qualche ebreo che liberato da un campo di concentramento si sia convertito al nazismo e sia tornato a casa in divisa delle SS?».

«L’ho sentita questa mattina su Radio Maria, non sono l’unico a pensarla così», si è poi giustificato. «Non mi sembra di aver detto niente di negativo, ho solo riportato un dato storico e oltre tutto non ho fatto nessun nome della ragazza. Ma comunque è una idea che gira sulle radio nazionali».

CIVATI: «SILVIA ROMANO È LIBERA. SCUSATE»

Alle polemiche risponde con un post su Fb Pippo Civati. «Si parla di un riscatto. Non ne sappiamo nulla ma dovremmo sapere che si paga sempre. Lo fanno tutti i Paesi occidentali. Non lo dicono mai ma lo fanno. E speriamo lo facciano per salvare vite umane anche per i religiosi Maccalli e Dall’Oglio (che peraltro sono cattolici, quindi nessuno avrebbe nulla da ridire, giusto?)», ha scritto.

«È successo agli americani – che hanno addirittura liberato prigionieri di Guantanamo per sbloccare una “trattativa” -, è successo per i giornalisti francesi, succede puntualmente. Questa notizia per darvi un’idea di ciò di cui parlo. Più del velo preoccupano le veline e avremmo avuto bisogno di maggiore sobrietà anche da parte degli esponenti del governo e del loro entourage. Pare abbiano anche litigato per chi lo diceva prima. Velo pietoso, appunto». «Abbandonati per un attimo gli studi di specializzazione in virologia, sono tutti diventati esperti di sindrome di Stoccolma», chiude Civato, «di islamismo (anzi di “quell’islamismo”) e di spionaggio internazionale».

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A che punto è la discussione della giunta sul caso Gregoretti

I 23 senatori stanno studiando il dossier che coinvolge l'ex ministro dell'Interno. Il timing per il 20 gennaio dovrebbe essere rispettato. Ma potrebbe esserci un rinvio per non influenzare il voto del 26 in Emilia e Calabria.

La Giunta delle immunità del Senato è entrata nel vivo del caso Gregoretti per decidere sull’autorizzazione a procedere, chiesta dal tribunale dei ministri di Catania nei confronti di Matteo Salvini quand’era alla guida del Viminale. Sul tavolo dei 23 senatori nel complesso barocco di Sant’Ivo alla Sapienza, c’è la memoria scritta presentata dal leader della Lega. Nove pagine per difendersi dall’accusa di sequestro di persona contestata dal tribunale ma su cui la procura catanese ha chiesto l’archiviazione.

SUL TAVOLO UN POSSIBILE RINVIO DEL VOTO

Nel dubbio, il diretto interessato ha insistito: «Se vogliono mandarmi in galera, non trovano un uomo preoccupato ma orgoglioso di aver difeso i confini. Io al governo rifarei lo stesso», ha ammonito a Radio 24. Ma in attesa del verdetto della Giunta, previsto il 20 gennaio, nei corridoi parlamentari corre voce di un rinvio del voto a dopo le regionali del 26 gennaio. Del resto i 30 giorni a disposizione della Giunta, e che scadono attorno al 20 gennaio, non sono un termine perentorio, mentre sono rilevanti i 60 giorni entro i quali deve esprimersi l’aula del Senato per il voto definitivo.

I DUBBI SUL POSSIBILE IMPATTO SUL VOTO IN EMILIA

Il rischio – secondo alcuni – è che la ‘condanna’ della Giunta possa creare un effetto ‘martire’ attorno al ‘capitano’, con un boom di consensi a una settimana dal voto cruciale in Emilia-Romagna e in parte in Calabria. Troppo rischioso, insomma. In ogni caso, perché il voto slitti deve esserci una richiesta motivata da parte dei senatori della Giunta. Poi deciderà l’ufficio di presidenza. Niente di concreto, al momento, per il presidente della Giunta, il senatore Maurizio Gasparri che ha continuato a lavorare sul caso e in particolare sulla proposta che dovrà fare in quanto relatore. Quindi ha tagliato corto e assicurato che i tempi per una discussione approfondita ci sono.

I TEMI DI LAVORO DELLA GIUNTA

Il calendario fissato a dicembre conta cinque riunioni, compresa quella finale e due sono di lunedì, quando in genere non si riunisce l’Aula. Considerando che ogni senatore ha 10 minuti per intervenire, non è il tempo a mancare. In ogni caso, nel pomeriggio la Giunta potrebbe ‘limitarsi’ a prendere atto della memoria di Salvini con qualche commento e far partire la discussione direttamente sulla proposta del relatore, che potrebbe esser pronta entro fine settimana. Sulla carta comunque i numeri sembrano chiari e più orientati a mandare a processo il leghista.

LA GIUNTA PROPENDE PER IL VIA LIBERA

Sarebbero infatti 13 i “sì” (M5s, Pd, Iv e probabilmente i tre senatori del Misto) e 10 i contrari, tutti del centrodestra. Parecchi però tacciono in attesa di leggere tutte le carte. I 5Stelle si riuniranno per fare il punto sulla questione. A far pendere la bilancia da una parte all’altra è la somiglianza o meno con il caso Diciotti che portò Salvini davanti alla Giunta un anno fa. Anche allora la sua versione fu che il mancato sbarco dei migranti era stata un’azione collegiale del governo. Stavolta però nella sua difesa manca l’endorsement scritto del premier e dell’allora vicepremier Di Maio. Ci sono invece le mail dei dirigenti di vari ministeri che dimostrano – secondo Salvini – che tutto il governo sapeva, Conte compreso.

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I movimenti nella Giunta che deciderà sul caso Gregoretti

Nel collegio chiamato a votare sull'autorizzazione a procedere per Salvini gli equilibri sono molto fragili. E non sono escluse sorprese. In primis, dai tre esponenti renziani. Il punto.

«Sento il dovere di precisare che le determinazioni assunte dal ministro dell’Interno sono riconducibili a una linea politica sull’immigrazione che ho condiviso in qualità di presidente nel Consiglio e in coerenza con il programma di governo». Lo scriveva il premier Giuseppe Conte in un documento depositato alla Giunta per l’Immunità del Senato che era stata chiamata a decidere se concedere o meno l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per il caso Diciotti. Era il 7 febbraio 2019. Per la velocità con cui si muove la politica italiana, che crea e disfa nuove alleanze in poco tempo, un’era geologica fa. Nemmeno 12 mesi dopo, il 20 gennaio prossimo, lo stesso organismo parlamentare sarà investito della questione Gregoretti, ma questa volta il presidente del Consiglio ha già fatto sapere che non intende difendere Salvini. In una maggioranza sempre più dilaniata questo però non si traduce automaticamente in una autorizzazione a procedere. Qualcuno dei giallorossi potrebbe votare contro. Ma andiamo con ordine.

LE ACCUSE MOSSE A SALVINI

La vicenda prende il nome dal pattugliatore della Guardia Costiera Gregoretti che lo scorso anno fu bloccato con a bordo oltre 100 migranti soccorsi in mare, durante il periodo dei «porti chiusi», a Siracusa, dalla notte del 27 al 31 luglio. La Procura a settembre aveva ufficializzato la richiesta di archiviazione, ma aveva comunque trasmesso per atto dovuto il fascicolo al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Catania, che a sua volta ha inviato la richiesta a procedere all’apposita giunta parlamentare. Salvini – scrivono i magistrati – è accusato di aver «determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà dei migranti, costretti a rimanere in condizioni psico fisiche critiche a bordo».

PER LA PROCURA NON C’È CONDOTTA ILLECITA

Ma, si diceva, la Procura catanese non ritiene illegittimo il blocco di 72 ore: «l’attesa di tre giorni per uno sbarco», avevano motivato i Pm nella loro richiesta d’archiviazione, «non può considerarsi una illegittima privazione della “libertà” dei migranti, visto che le limitazioni sono proseguite poi nell’hot spot di Pozzallo e nei centri di accoglienza e manca un obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato».

DI MAIO HA VOLTATO LE SPALLE A SALVINI

Più che un caso giuridico, un caso politico, insomma, che non manca di logorare la maggioranza. Luigi Di Maio, che pure, quando era ancora vicepresidente della Camera, fu il primo tra i cinque stelle a inseguire le politiche leghiste soprannominando le Ong «taxi del mare» (era il 21 aprile 2017), ora è costretto a voltare le spalle all’ex alleato di governo: «A gennaio saremo chiamati a riconoscere l’interesse pubblico prevalente a bloccare una nave: ma stiamo parlando di una nave bloccata a luglio quando gli altri Paesi europei che venivano chiamati si offrivano per la redistribuzione dei migranti», ha recentemente dichiarato il leader M5s a Porta a Porta. Ma proprio Di Maio, nemmeno un anno fa, nella memoria a sostegno di Salvini per il caso Diciotti dichiarava: «assurge a punto cardine del programma di governo l’abbattimento della pressione migratoria alimentata da fondi pubblici spesso gestiti con poca trasparenza e permeabili alle infiltrazioni della criminalità organizzata» e, soprattutto: «il vice presidente del Consiglio Di Maio ha condiviso le modalità delle operazioni di salvataggio. […] Le decisioni assunte sono state frutto di una condivisione politica».

QUANDO CONTE SCRIVEVA: «SONO PIENAMENTE RESPONSABILE»

Lo stesso Conte, che al momento prende tempo («Mi pronuncerò a tempo debito, consulterò le carte e poi parlerò. Per ora si è espressa la Segreteria generale di Palazzo Chigi che ha dato atto che è stato un tema che non è mai stato dibattuto nel Consiglio dei ministri che si è svolto nei giorni della Gregoretti»), per la Diciotti scriveva: «Le azioni poste in essere dal ministro dell’Interno si pongono in attuazione di un indirizzo politico-internazionale, che il governo da me presieduto ha sempre coerentemente condiviso fin dal suo insediamento. Di questo indirizzo, così come della politica generale del governo, non posso non ritenermi responsabile, ai sensi dell’articolo 95 della Costituzione».

LE INCOGNITE NELLA GIUNTA

Ma, come già si anticipava, il dietrofront del Movimento 5 stelle non significa automaticamente che la Giunta per l’Immunità del Senato darà il proprio via libera ai magistrati che indagano su Salvini. Soprattutto dopo che Francesco Urraro ha abbandonato i pentastellati per confluire nel Gruppo Lega – Partito Sardo d’Azione. Su 23 membri, la maggioranza giallorossa ora può contare su 11 componenti, tallonata dall’opposizione di centrodestra che ne ha 10. Gli ultimi due fanno capo al Misto e alle autonomie. Una composizione che potrebbe riservare più di una sorpresa, per i giallorossi. A iniziare dal fatto che la Giunta è presieduta dal forzista Maurizio Gasparri che certo non ha interesse a mettere in difficoltà Salvini, ritornato di recente nella famiglia del centrodestra. Nell’organismo, tra i banchi della maggioranza, siede inoltre Michele Giarrusso, da sempre tra i pentastellati più vicini alla causa leghista. Quando lo scorso anno la Giunta salvò Salvini, Giarrusso si affacciò sul cortile interno dell’aula e schernì i senatori dem facendo loro il gesto delle manette e dichiarando: «Almeno io non ho i miei genitori ai domiciliari», esplicito riferimento alla vicenda famigliare che nello stesso periodo stava riguardando Matteo Renzi.

UNA VARIABILE CHIAMATA RENZI

Già, e Renzi cosa fa? Il senatore toscano potrebbe servire fredda la propria vendetta e assestare un colpo alla maggioranza giallorossa. «Salvini nella sua memoria ci ha spiegato che il caso Gregoretti è identico a quello della Diciotti», ha detto il coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato, «Salvini certamente conosce le carte meglio di noi, e se lui dice che i casi sono identici, noi ci comporteremo in modo identico, votando come per la Diciotti a favore dell’autorizzazione al processo contro Salvini».

IL M5S DUBITAVA DI ITALIA VIVA

Erano in molti, nel Movimento, a ritenere che all’ultimo Renzi avrebbe detto ai suoi uomini in Giunta (ben tre: Cucca Salvatore, che dell’organismo è anche vicepresidente, Nadia Ginetti e Francesco Bonifazi) di votare contro, con la scusa del garantismo. Del resto, viene sibilato dai cinque stelle, i due Matteo sono legati da vicende giudiziarie affini (i presunti finanziamenti illeciti del Russiagate da un lato e della Fondazione Open dall’altro). E poco importa che le sfumature esistano e siano importanti, non solo sui casi su cui indaga la magistratura, ma anche sulle condotte politiche dei due (Renzi continua tuttora a ripetere che quella dei porti chiusi è una barbarie), perché tanto basta a gettarli nel calderone degli esperti politicanti da cui i pentastellati ritengono sia bene guardarsi. Lo scorso anno l’ex premier dichiarò: «Voterò a favore della richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania che accusa Salvini di sequestro di persona aggravato per i fatti della nave Diciotti». Solo il tempo dirà se il leader di Italia Viva rimarrà sulla propria posizione o inseguirà Di Maio e Conte nelle loro giravolte politiche e se l’esecutivo supererà la prova del prossimo 20 gennaio.

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Un crowdfunding per i lavoratori di Prato puniti col decreto Sicurezza

Manifestavano contro condizioni di lavoro insostenibili e sono stati multati per "blocco stradale". La campagna di InOltre ora vuole aiutarli a fronteggiare le spese.

A 21 dipendenti di Prato che avevano protestato contro un datore di lavoro che li teneva senza stipendio da sette mesi è stata inflitta una multa di 4 mila euro a testa. In applicazione del decreto Sicurezza di Matteo Salvini. Per aiutarli ad affrontare le spese, una raccolta di fondi è stata lanciata da InOltre Alternativa Progressista: gruppo di giovani del Pd che si definiscono “oltre tutte le correnti” e che con questa iniziativa vogliono attrarre l’attenzione sulla necessità di abolire il decreto. «Prima o poi sarebbe successo, l’abbiamo sempre saputo», dice il presidente di InOltre Giordano Bozzanca. «Anche stavolta il decreto Sicurezza non ci ha stupiti e ci ha dimostrato uno dei suoi tanti e cupi volti».

LAVORO IN NERO E TURNI DA 12 ORE

La vicenda risale allo scorso 16 ottobre e si riferisce alla Tintoria Superlativa, che ha sede in via Inghirami a Prato. Ventuno lavoratori pakistani della società avevano manifestato davanti alla sede, lamentando non solo il terribile ritardo nei pagamenti ma anche altre condizioni che il sindacato SI Cobas ha così riassunto: «Lavoro nero, turni di 12 ore per sette giorni la settimana, paghe di 1.000 euro, niente ferie, malattie o permessi». «Condizioni confermate dal controllo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro che per la terza volta in quattro anni procedeva alla sospensione dell’attività e all’apertura di un fascicolo presso la Procura della Repubblica per sfruttamento». Nel 2016 erano stati infatti trovati 21 lavoratori in nero. Nel 2018, 15 senza contratto regolare, di cui 10 irregolari costretti a vivere in condizioni igieniche di lavoro precarie. Il 10 luglio 2019 erano stati scoperti altri 15 lavoratori in nero.

L’IDENTIFICAZIONE DI 21 MANIFESTANTI E LA MULTA

La protesta era contro il mancato rispetto di un accordo «che avrebbe dovuto aprire un percorso di regolarizzazione in un contesto di gravissima illegalità imprenditoriale e sfruttamento della manodopera». Durante la manifestazione in strada un’auto travolse però alcuni operai in sciopero, e la sindacalista Sarah Caudiero rimase lievemente ferita a un piede. Ventuno presenti furono così identificati, e adesso sono stati multati per un “blocco stradale” che secondo il sindacato non c’era assolutamente. Per SI Cobas, «l’applicazione del Decreto Salvini contro le legittime proteste dei lavoratori è un campanello di allarme sullo stato di salute delle libertà democratiche sul nostro territorio. Ancora più grave che questo accada andando a sanzionare lavoratori in sciopero che non recepiscono retribuzioni da sette mesi e sono impegnati nella denuncia di situazioni gravissime di sfruttamento ed illegalità imprenditoriale che purtroppo contraddistinguono ancora il distretto pratese».

IL REATO DI BLOCCO STRADALE REINTRODOTTO COL DECRETO

Insomma, «si tratta della prima applicazione a livello nazionale dei nuovi strumenti di limitazione delle libertà democratiche introdotti dal decreto». In effetti il testo ha reintrodotto il reato di “blocco stradale”, che era stato depenalizzato nel 1999. Sono previste pene fino a sei anni di reclusione e l’estensione delle misure previste dal cosiddetto “Daspo urbano” per chiunque «ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione» non solo di infrastrutture di trasporto ma anche di «aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli, di zone di interesse turistico o di presidi sanitari». La Questura di Prato ha appunto interpretato come “blocco stradale” la manifestazione davanti ai cancelli dell’azienda. Secondo SI Cobas persone «fedeli all’azienda» avrebbero aggredito per tre volte i manifestanti con cric, spranghe di ferro e da ultimo con l’investimento della sindacalista. Infine i cancelli sono stati sgomberati dalla Polizia in assetto anti sommossa.

Alcuni fanno i crowdfunding per autopromuoversi, noi per cause sociali coerenti con i valori

Giordano Bozzanca, presidente di InOltre

La cosa ha provocato polemiche all’interno del Pd, con Matteo Orfini che via Facebook ha chiesto di abolire i Decreti Sicurezza e la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessia Morani che ha parlato di «vergogna». Ricordando di non aver mai cambiato idea sulla questione i giovani di InOltre annunciano un doppio impegno: «Da un lato continuando a chiedere l’abolizione dei Ds, mettendone in luce tutti i punti deboli e le norme ingiuste, come quella che ha colpito i lavoratori; dall’altra proponendo a tutta la comunità — pratese, toscana ed italiana — un crowfunding col quale raccogliere dei fondi da far pervenire direttamente ai 21 lavoratori, manifestando loro la nostra solidarietà ed il nostro aiuto nella loro lotta». «Alcuni fanno i crowdfunding per autopromuoversi», dice Bozzanca. «Noi per cause sociali coerenti con i valori».

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I partiti pro e contro Salvini sul caso Gregoretti

L'ex ministro è in maggioranza. Anche Italia Viva voterà contro lui. Il centrodestra non basta a evitare l'autorizzazione a procedere.

L’inizio del confronto in Senato sul caso Gregoretti che riguarda Matteo Salvini si avvicina. Mercoledì 8 gennaio inizia nella Giunta per le immunità l’esame della richiesta di autorizzazione a procedere, su cui il voto è fissato per il 20 gennaio. E gli schieramenti che ormai sembrano essersi delineati non portano certo buone notizie per l’ex ministro dell’Interno.

SALVINI IN MINORANZA

Dalla parte di Salvini si schiera solo il centrodestra, una minoranza tanto nella Giunta per le immunità quanto in Aula. Persino l’ipotesi di un voto favorevole da parte di Italia Viva è sfumata il 4 gennaio, con le dichiarazioni del coordinatore nazionale, Ettore Rosato. «Salvini nella sua memoria ci ha spiegato che il caso Gregoretti è identico a quello della Diciotti. Quindi noi ci comporteremo in modo identico, votando anche stavolta a favore dell’autorizzazione al processo contro Salvini». Linea identica per il Pd, tesi opposta ma stessa conclusione per il Movimento 5 stelle, secondo il quale «il caso Gregoretti è completamente diverso da quello della Diciotti, quando votammo a favore di Salvini, quindi ora voteremo contro di lui». Anche l’ex M5s, Gregorio De Falco, membro della Giunta, ha spiegato in punta di diritto la diversità dei due casi appoggiando per una volta le tesi del movimento in cui ha militato.

FORZA ITALIA CON L’EX MINISTRO

Dalla parte di Salvini c’è Forza Italia. «Le piroette di Renzi tra garantismo e giustizialismo non ci sorprendono più, ma qui c’è in ballo una questione più grande: consegnare infatti un ex ministro dell’Interno nelle mani della magistratura per aver seguito la linea della fermezza sulla immigrazione clandestina che faceva parte del programma di governo significherebbe la capitolazione finale della politica», ha affermato la capogruppo azzurra in Senato Anna Maria Bernini. Per la presidente dei deputati forzisti Mariastella Gelmini, invece, il M5s usa «due pesi e due misure sulla base della convenienza» e «non è quello di cui l’Italia ha bisogno». Per solidarizzare con il leader leghista, Francesco Giro ha proposto il doppio tesseramento Fi-Lega, ma sui social è stato insultato dal responsabile dei Giovani di Fi e amministratore milanese, Marco Bettetti. Tra la base di Forza Italia, infatti, non tutti salverebbero Salvini, a cui viene attribuita la colpa di aver fagocitato il partito di Berlusconi.

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I partiti pro e contro Salvini sul caso Gregoretti

L'ex ministro è in maggioranza. Anche Italia Viva voterà contro lui. Il centrodestra non basta a evitare l'autorizzazione a procedere.

L’inizio del confronto in Senato sul caso Gregoretti che riguarda Matteo Salvini si avvicina. Mercoledì 8 gennaio inizia nella Giunta per le immunità l’esame della richiesta di autorizzazione a procedere, su cui il voto è fissato per il 20 gennaio. E gli schieramenti che ormai sembrano essersi delineati non portano certo buone notizie per l’ex ministro dell’Interno.

SALVINI IN MINORANZA

Dalla parte di Salvini si schiera solo il centrodestra, una minoranza tanto nella Giunta per le immunità quanto in Aula. Persino l’ipotesi di un voto favorevole da parte di Italia Viva è sfumata il 4 gennaio, con le dichiarazioni del coordinatore nazionale, Ettore Rosato. «Salvini nella sua memoria ci ha spiegato che il caso Gregoretti è identico a quello della Diciotti. Quindi noi ci comporteremo in modo identico, votando anche stavolta a favore dell’autorizzazione al processo contro Salvini». Linea identica per il Pd, tesi opposta ma stessa conclusione per il Movimento 5 stelle, secondo il quale «il caso Gregoretti è completamente diverso da quello della Diciotti, quando votammo a favore di Salvini, quindi ora voteremo contro di lui». Anche l’ex M5s, Gregorio De Falco, membro della Giunta, ha spiegato in punta di diritto la diversità dei due casi appoggiando per una volta le tesi del movimento in cui ha militato.

FORZA ITALIA CON L’EX MINISTRO

Dalla parte di Salvini c’è Forza Italia. «Le piroette di Renzi tra garantismo e giustizialismo non ci sorprendono più, ma qui c’è in ballo una questione più grande: consegnare infatti un ex ministro dell’Interno nelle mani della magistratura per aver seguito la linea della fermezza sulla immigrazione clandestina che faceva parte del programma di governo significherebbe la capitolazione finale della politica», ha affermato la capogruppo azzurra in Senato Anna Maria Bernini. Per la presidente dei deputati forzisti Mariastella Gelmini, invece, il M5s usa «due pesi e due misure sulla base della convenienza» e «non è quello di cui l’Italia ha bisogno». Per solidarizzare con il leader leghista, Francesco Giro ha proposto il doppio tesseramento Fi-Lega, ma sui social è stato insultato dal responsabile dei Giovani di Fi e amministratore milanese, Marco Bettetti. Tra la base di Forza Italia, infatti, non tutti salverebbero Salvini, a cui viene attribuita la colpa di aver fagocitato il partito di Berlusconi.

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La difesa di Salvini sul caso della nave Gregoretti

Il leader della Lega tira in ballo il ruolo del premier Conte e coinvolge pure i vescovi italiani. La Giunta del Senato deve decidere sull'autorizzazione a procedere per sequestro di persona.

Matteo Salvini si difende sul caso della nave Gregoretti, tenuta al largo dei porti italiani quando era ministro dell’Interno e che ha portato il leader della Lega a essere incriminato per sequestro di persona.

LEGGI ANCHE: Cosa può succedere a Salvini sul caso della nave Gregoretti

STAVOLTA LA GIUNTA POTREBBE DARE L’OK

L’autorizzazione a procedere da parte della Giunta per le immunità del Senato, venuto meno il sostegno a Salvini da parte del M5s, questa volta ha buone chance di essere concessa prima delle elezioni regionali in programma il 26 gennaio in Emilia-Romagna e Calabria. Poi sarà l’Aula di Palazzo Madama ad avere l’ultima parola.

SALVINI RIVENDICA UNA GESTIONE COLLEGIALE

Salvini ha depositato in Giunta una memoria difensiva in cui cita tutti i colleghi del governo gialloverde coinvolti nella chiusura dei porti. Ci sono dichiarazioni pubbliche e interviste di Alfonso Bonafede e Luigi Di Maio, ma il documento mette nel mirino soprattutto il premier Giuseppe Conte. Si legge infatti che «il 26 luglio 2019 la presidenza del Consiglio aveva inoltrato formale richiesta di redistribuzione di migranti ad altri Paesi europei». Il leader della Lega ha tirato in ballo pure i vescovi italiani, affermando che con la Cei era stato raggiunto un accordo per l’accoglienza dei naufraghi. «È dunque evidente come fosse il governo, in modo collegiale, a gestire tale attività», si legge ancora nella memoria difensiva.

AFFINITÀ E DIVERGENZE CON IL CASO DICIOTTI

Salvini, in sostanza, sostiene di aver agito nell’interesse dell’Italia, col pieno coinvolgimento di Palazzo Chigi e dei ministeri competenti, in modo perfettamente sovrapponibile a quanto accaduto per la nave Diciotti. Ma Conte e Di Maio sostengono che si tratti di due casi diversi, perché la decisione di lasciare la Gregoretti in mezzo al mare sarebbe stata presa in maniera autonoma dall’ex responsabile del Viminale.

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Ci penserà Salvini a disarcionare Salvini

Per il leader leghista il 2020 è l'anno degli esami. Sarà chiamato a fare opposizione costruttiva o a governare. In entrambi i casi, dovrà dimostrare qualità che non ha.

Quant’è durata quella storia che Matteo Salvini era diventato moderato? Qualche ora, forse qualche giorno. Il leader leghista è tornato in grande spolvero nel suo ruolo di produttore mondiale di odio e di cazzate. Il 2020 lo consacrerà probabilmente come l’uomo che potrebbe guidare l’Italia. Un dispiacere glielo può dare l’Emilia-Romagna e penso che glielo darà. In questo caso la sua carriera avrebbe un rallentamento, non un arresto immediato. Il caso Emilia-Romagna è interessante perché la vittoria di Salvini manderebbe a casa il governo e spingerebbe i cinque stelle nel baratro e il Pd assai vicino al buco nero. La sconfitta di Salvini, invece, avrebbe due conseguenze: primo, ne indebolirebbe gravemente la leadership nella Lega; secondo, darebbe uno slancio ulteriore a Giorgia Meloni che viceversa sarebbe sacrificata nell’ipotesi di vittoria del leghista.

In ogni caso è facile immaginare che il 2020 sarà l’ultimo anno di gloria, e soprattutto di nullafacenza, per Salvini. Sono anni, direi decenni, che è sulla scena nelle sembianze diverse di ragazzo di bottega con Umberto Bossi e Roberto Maroni, di prim’attore negli ultimi mille giorni o poco più. Finora ha dimostrato qualità indiscusse come promotore di movimenti di estrema destra. In verità se fosse sceso in campo Vittorio Feltri lui gli starebbe accanto come un cagnolino. Ma Feltri ama la vita comoda e si è ritagliato questo ruolo di gran inventore di uomini e movimenti di destra, riuscendo a fare cose che a sinistra Eugenio Scalfari ha tentato di fare, non riuscendovi. Voglio dire che lo sdoganamento del cattivismo e la demonizzazione della sinistra hanno aperto un varco nella prateria per la destra italiana. Non hanno fatto tutto da soli, né Salvini né Feltri e altri modesti imitatori del fondatore di Libero. Devono ringraziare i cinque stelle e quel mondo giustizialista che è stata la vera testuggine che ha sfondato le linee di resistenza del pensiero democratico. Devono ringraziare il “mielismo” e quella cultura “né-né” che ha prevalso nel giornalismo italiano. Comunque è andata così. Pazienza.

I DOSSIER? SALVINI NON GUARDA NEMMENO LE FIGURE

Ora Salvini sia nel caso che vinca nella regione più rossa d’Italia sia che perda deve mostrare qualità che non ha, almeno io penso che non abbia. Deve cioè fare o l’oppositore in grado di costruire alleanze stabili (nel caso di sconfitta emiliano-romagnola) o addirittura di governare nel caso di vittoria alle regionali. Salvini non è capace di governare. Persino Luigi Di Maio dà talvolta l’impressione di aver letto qualche dossier, ma Salvini sicuramente non guarda neppure le figure. L’idea che l’uomo di destra di governo debba solo saper attizzare le folle ma non abbia il dovere di saper governare è un pregiudizio di noi di sinistra. La gente di destra che va al governo sa di cosa parla. Ne abbiamo visti tanti, maschi e femmine. Persino il più improbabile leader estremista, penso a Donald Trump, ha una squadra di sbrigafaccende con un indirizzo preciso in testa. Salvini ha nulla in testa.

LE UNICHE IDEE DEL “CAPITANO” VENGONO DAL MERCATO DELL’USATO

Non è un mio pregiudizio propagandistico. Chi come me osserva la politica con ostinata e quotidiana attività (leggendo discorsi, dichiarazioni, interviste, una vera vita di m…da) non ha mai trovato nelle cose di Salvini una idea, tranne quelle che ha raccattato al mercato dell’usato. La mia sorpresa è come faccia tanta gente di destra, abituata a leader con storia e letture, a essersi consegnata a uno sconclusionato figlio del Nord più cialtrone (credevate che ce li avevamo solo noi meridionali?). Comunque sia, quest’anno Salvini darà gli esami. Quelli veri. Dovrà dimostrare di saper stare all’opposizione oppure di essere in grado di governare. In questo secondo caso la sinistra è bene che smetta subito di lamentarsi. Smetta prima di ricominciare a farlo. Salvini al governo durerà poco. La quantità di incidenti istituzionali, internazionali, di piazza sarà talmente alta che alla fine lo butteranno fuori i suoi.

Le sardine non possono portare la gente in piazza ripetutamente senza dare una prospettiva

E nell’attesa? Nell’attesa sappiamo poche cose, ma importanti. Che il Pd non raggiunge il 20%, che Matteo Renzi è bollitissimo, che la magistratura, pur divisa come mai, ha ripreso il sopravvento sulla politica e vedremo arresti e avvisi di garanzia a carrettate. Per fortuna ci sono i movimenti giovanili di massa e, quando tornano in piazza, le donne. Io non so se le “sardine” devono fare un partito, ma credo abbia ragione Massimo Cacciari quando dice loro che non si può portare la gente in piazza ripetutamente senza dare una prospettiva. Se gli toccherà di fare un partito, facciano un partito. Buon anno.

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Salvini col presepe è un po’ Divino Otelma e un po’ Milingo

Il leghista usa i simboli religiosi come arma di distrazione di massa. Fa già pena così, ma la cosa più ridicola è che la stampa di destra lo considera il nuovo predicatore in chiave anti-papa. Di persone del genere ne ha solo l'Italia nel mondo.

L’uso della religione in politica è una storia antica. Altrettanto antica è la denigrazione della Chiesa e dei suoi rappresentanti. Spesso tutto ciò si è tradotto anche in formidabili battute satiriche. C’era quel manifesto Dc, rivolto ai comunisti pronti a votare, in cui si diceva: «Dio ti vede, Stalin no». Barzellette, anche pesanti, su preti e papi non si contano e la tradizione socialista e anarchica, ben più che quella comunista, offrono migliaia di esempi. Oggi siamo di fronte a un fenomeno nuovo che non fa ridere ma che sarà seppellito, come dicevamo alcuni decenni fa, da una risata.

SEMBRA LA MACCHIETTA DI TROISI E ARENA

C’è un’area politica guidata da uno che si fa chiamare “il Capitano” (e Francesco Totti ritarda nel querelarlo!!!) che fa dei simboli religiosi la sua arma di distrazione di massa. Matteo Salvini si presenta con i rosari in mano, invoca la Madonna e altri santi, sembra la macchietta di Massimo Troisi e Lello Arena che si contendevano l’intercessione di San Gennaro.

SCENEGGIATA NAPOLETANA CON GESÙ BAMBINO

L’ultima trovata è stata presentarsi con un piccolo presepe, con evidente allusione al fatto che Gesù bambino è lui. Le vecchie volpi del giornalismo di destra, invece di farsi una risata, enfatizzano questo nuovo predicatore, questo Milingo del Nord. Alcuni analisti pensano che questa sceneggiata, in questo caso di può dire «napoletana», sia in grado di rendere più vicino e simile ai suoi potenziali elettori un ragazzo attempato altrimenti noto per le sue gran bevute. Anche se pochi dei suoi elettori hanno in mano il rosario, invocano la Madonna ogni due minuti, e tanto meno girano con un presepe in mano, Salvini lo fa per dire: «Sono uno di voi». Fin qui sono fatti suoi.

LA DESTRA INONDA FRANCESCO DI INFAMIE

Il dato più drammatico, e per tanti aspetti più clamorosamente ridicolo, è che attorno a Salvini è cresciuta una genìa di commentatori-commentatrici che ormai ha come attività quotidiana quello di spiegare al papa come si fa il papa. Fra Libero e La Verità gli anti-papa sono ormai decine, ai quali si è aggiunta a dar man forte la papessa Maria Giovanna Maglie. Per tutti loro il papa non fa il papa, anzi – sostiene un commentatore sudaticcio – non è un papa. Un giorno, quando tutta questa storia sarà finita, bisognerà scrivere un libro raccogliendo le “coglionerie” di questi anti-papa che inondano di infamie Francesco suggestionati da cardinaloni a cui Francesco sta togliendo potere.

Papa Francesco. (Ansa)

GIORNALISTI CHE SPERANO IN UN PAPA IN STILE SANTANCHÈ

Solo nei regimi dittatoriali o che aspirano al potere dittatoriale esiste e si sviluppa questa sostituzione dei laici anti-papa al papa vero. Per fare un esempio che piacerà agli anti-comunisti, ricordo di aver vistato, con un certo orrore, in Urss una ex chiesa trasformata in museo dell’ateismo. L’uso bellico dei preti, anche se molti si ribellarono, fu una caratteristica del fascismo. Salvini e i suoi giornalisti stanno cercando di spodestare il papa, di partecipare anzitempo al conclave, immaginando un papa che pensi come Daniela Santanchè.

NEL PRESEPE DEL CAPITANO CI SARÀ MIRRA O BIRRA?

Poi vi chiedete per quale ragione io pensi che questa gente è arrivata all’ultimo giro. Forse vinceranno una campagna elettorale, ma poco dopo, birra più birra meno, si cappotteranno in parcheggio. Immagino che nel presepe di Salvini ci siano solo personaggetti rigorosamente bianchi, che mirra stia per birra, che il piccolo bambino sia nato cristiano e non ebreo. Immagino i giorni in cui vestito come il Divino Otelma, abito che indossa quotidianamente anche a Maria Giovanna Maglie, Salvini girerà per quei pesi della Calabria abituati a portare le statue di fronte alle case di gente di rispetto.

SIAMO UNA RIDICOLA ATTRAZIONE TURISTICA

Sento però che un inizio di risata inizia a percepirsi. Questa religiosità delle destra italiana non ha somiglianze al mondo. Di cretini così, che si credono il papa, ne abbiamo solo noi. Potrebbe diventare una attrazione turistica mostrare politici che sono un po’ Otelma un po’ Milingo.

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Il congresso della Lega di Salvini sancisce l’esistenza di due partiti

Bossi dal palco: : «Ora c'è la possibilità di avere il doppio tesseramento». Quella al movimento storico e quello fondato dal Capitano. Ma per il vecchio leader c'è la stading ovation.

Non è la fine della Lega Nordista di Bossi, ma è l’inizio di una doppia vita, con due partiti paralleli, con la Lega Nazionale di Matteo Salvini che si affianca a quella del fondatore. Il Congresso del 21 dicembre pensato per celebrare definitivamente il nuovo corso del nuovo capo e per modificare lo statuto del partito si basa su un compromesso. E lo ha spiegato proprio il patriarca Bossi quando dopo essere stato accolto da applausi e standing ovation, ha dichiarato: «Sono contento di dirvi che oggi non si chiude nessuna Lega, questo congresso nella sostanza dà la possibilità di avere il doppio tesseramento, sarà possibile essere iscritti alla Lega e alla Lega per Salvini».

Il fondatore della Lega Nord Umberto Bossi (D) e il segretario della Lega Matteo Salvini (S) al congresso Federale del partito. Milano 21 Dicembre 2019. ANSA / MATTEO BAZZI

«SIAMO NOI CHE CONCEDIAMO, SALVINI NON PUÒ IMPORCI UN C….»

«Questo», ha aggiunto il Senatùr, «glielo possiamo concedere, siamo noi che concediamo non è Salvini che ci impone. Salvini non può imporci un cazzo lo diciamo con franchezza. Le cose imposte non funzionano». E ancora: «Se Salvini vuole avere la possibilità di avere il simbolo della Lega nel partito chre sta facendo, deve raccogliere le firme», ha detto Bossi.

“Il nostro obiettivo è tornare al governo del Paese”, ha dichiarato Matteo Salvini dal palco del Congresso della Lega. Milano, 21 dicembre 2019. ANSA / MATTEO BAZZI

SALVINI:«BISOGNA APRIRE CON INTELLIGENZA LA LEGA»

Dal canto suo il segretario Salvini ha spiegato la sua linea. Bisogna «aprire con intelligenza», ma bisogna aprire la Lega. Secondo Salvini, infatti, con il 30% non si può «ragionare come se avessimo ancora il 3%». «Chi lascia fuori chi è più bravo» ha aggiunto il segretario, chi «tiene le porte chiuse fa il male del movimento», ovviamente «non subappaltando il movimento a portatori di voti dell’ultim’ora».

SALVINI SUL CASO GREGORETTI: «AUTODENUNCIAMOCI TUTTI»

«Propongo al congresso di autodenunciarci in massa se dovessero procedere», ha dichiarato poi il segretario della Lega sulla richiesta di autorizzazione a procedere per sequestro di persona riguardo al blocco della nave Gregoretti. «Non penso che questi giudici attacchino me, attaccano un popolo. Non c’è in ballo la libertà personale di Salvini è un attacco alla sovranità nazionale, alla sovranità popolare, al diritto alla sicurezza e alla difesa dei confini», aveva detto rispondendo ai giornalisti all’arrivo al Congresso del partito. «Io rispetto la stragrande maggioranza dei giudici che fanno bene il loro lavoro, qualcuno ha un pregiudizio», ha aggiunto Salvini.

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Perché la schietta Meloni ha futuro e il soggettone Salvini no

La leader di Fratelli d'Italia, premiata dai sondaggi, va di moda. A destra appare come il ritorno alla normalità, la realizzazione del sogno di Fini. E si giova dei difetti del "ragazzo della birreria" che se non parla di immigrati è muto.

Giorgia Meloni comincia a essere di moda da quando i sondaggi la premiano. Massimo Gramellini sul Corriere della Sera la elogia per le cose dette sulla madre nigeriana di Sondrio, Fausto Bertinotti la giudica molto bene, e si potrebbero citare altri entusiasti ammiratori. Il suo successo è parallelo all’insuccesso crescente di Matteo Salvini, uomo di molti voti virtuali che sta diventando antipatico come Matteo Renzi. In Meloni, nel suo avanzare nelle simpatie popolari, confluiscono più elementi.

UNA DESTRA TOSTA, FRANCA E BRUTALE

In primo luogo non dobbiamo mai dimenticare che questo Paese ha una forte componente di destra popolare, o forse, come diceva il mio amico Massimo D’Alema per richiamare alla realtà i sognatori di sinistra, «è un Paese di destra». Una destra tostissima, nostalgica al punto giusto ma non di quelle che si fanno incastrare nelle celebrazioni del passato, che parla con una franchezza che sfiora la brutalità.

TROPPI DIFETTI EVIDENTI DI SALVINI

In verità oggi Meloni si giova degli evidenti difetti di Salvini e del fatto che quel “soggettone” leghista se non parla di immigrati è praticamente muto. Tuttavia c’è dell’altro nel successo di Meloni, oltre il riemergere di una destra di tradizione e la sua migliore immagine rispetto a quella di Salvini. La Meloni appare, a destra, come il ritorno alla normalità.

GLI ITALIANI SONO STANCHI DELLE BIZZARRIE

Cerco di spiegarmi meglio. Gli italiani sono stanchi di tutto questo ambaradan culminato nelle bizzarrie del Movimento 5 stelle e nel furore xenofobo leghista. Anche chi detesta la sinistra con tutte le proprie forze, e in Italia sono milioni di persone, cerca strade maestre e non scorciatoie inconcludenti. Dal lato opposto questo vociare razzista e con toni da guerra civile ha risvegliato le coscienze. Mi dispiace per i detrattori delle sardine che speravano di battere la destra con la vecchia lotta di classe, ma, come è sempre avvenuto nella storia, la prima fase della rivoluzione è “democratica”.

INTANTO I BUONI STANNO PROVANDO A RIBELLARSI

Le sardine, come si può leggere bene nella lettera che hanno inviato a la Repubblica, sono uno straordinario movimento civico che incrocia e contrasta lo spirito bellico di questi anni. I “buoni” si sono ribellati e hanno scoperto che la piazza non è naturaliter di destra. È probabile che in un tempo medio tutto ciò porterà a una formazione politica originale in grado di competere elettoralmente con la destra. Per ora non è così.

GIORGIA CORONA IL SOGNO DI FINI

Giorgia Meloni rappresenta l’inveramento del sogno di Gianfranco Fini. L’uomo lo abbiamo tutti dimenticato, ma ebbe un momento di celebrità che minacciò la popolarità di Silvio Berlusconi e questo segnò il suo destino. L’Italia di destra si fidava di più di questo ragazzo attempato in doppio petto, che parlava come un liberal ma che aveva solidi radici di destra. Fini era forse un po’ troppo un punto di compromesso fra passato e futuro della destra. Meloni, invece, ha talmente segnato su se stessa la sua natura di destra che non corre il rischio di apparire una che sta facendo mutare pelle al suo popolo.

PIÙ SOLIDA DEL LINGUAGGIO IMBROGLIONE SALVINIANO

La caratteristica che sembrava nuocerle, la sua romanità, anzi il suo essere donna di un quartiere bellissimo come la Garbatella, le ha dato il carattere di schiettezza che è cosa più solida del linguaggio imbroglione di Salvini.

ANCHE SE I GIORNALI NORDISTI STANNO ANCORA CON MATTEO

I giornali di destra non si sono accorti ancora di lei. Sono ancora tutti presi dal ragazzo della birreria anche perché i direttori di quei giornali sono nordisti nel profondo dell’anima. E poi Salvini sembra uno che i direttori di questi giornali possono manipolare mentre la “destra” Meloni non è gestibile.

ALLA LEGA RESTANO LE BUFFONATE DI MARIO GIORDANO

Sta di fatto che l’avanzare della Meloni è uno dei tanti segnali che la ricreazione sta finendo. Per i cinque stelle è finita tant’è che Beppe Grillo predica la buona educazione e un asse comune con la sinistra. La Lega di Salvini, che ha capito anzitempo gli umori neri del suo popolo, ora crede alle buffonate (intese come esibizioni clownesche) di Mario Giordano. Dura minga.

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Salvini ha violato il suo stesso decreto

L'ex ministro indagato per sequestro e abuso di potere perché ha superato i limiti della norma che lui stesso ha pensato: «Su una nave militare, non trovano applicazione le norme contenute nel cosiddetto Decreto sicurezza bis».

Salvini ha violato il decreto Salvini, o meglio il decreto sicurezza bis. L’ex ministro dell’Interno è indagato per il caso del blocco della nave Gregoretti dal tribunale dei ministri perché ne ha esteso l’applicazione alle navi militari, sconfinando dai suoi poteri ed entrando in quelli dell’apparato della Difesa.

L’articolo 1 del decreto sicurezza bis, che riguarda l’ambito di autorità del ministro dell’Interno.

«ALLE NAVI MILITARI LE NORME NON SI APPLICANO»

«Nel caso in esame, poiché i fatti hanno coinvolto una nave della Guardia Costiera Italiana, e quindi, una nave militare, non trovano applicazione le norme contenute nel cosiddetto Decreto sicurezza bis», ha scritto il Tribunale dei ministri di Catania nella richiesta di autorizzazione a procedere al Senato per Salvini. Il ministro dell’Interno non può infatti vietare l’ingresso, il transito o la sosta a «naviglio militare» o a «navi in servizio governativo non commerciale».

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Se lo scorretto Salvini si indigna per un dito medio

Il politico più aggressivo attacca la maleducazione della sua compagna di volo. E scatena i pretoriani della Rete contro l'autrice del post. A cui auguriamo di tornare subito nella riservatezza dei suoi 19 anni.

La ragazza del dito medio – rapidamente assurta a icona collettiva, come una versione contemporanea e social de La ragazza con l’orecchino di perla – nega tutto: in un post su Facebook giura che quel gesto non fosse malignamente rivolto al senatore Matteo Salvini, beatamente addormentato al suo fianco su un volo Ryanair. «Il gestaccio», scrive, «era rivolto alle persone a cui ho inviato la foto privatamente e nulla aveva a che vedere con Salvini, volevo solo evidenziare l’incredibile coincidenza di prendere un volo low cost e trovarsi seduti accanto a Salvini».

«NON SONO UNA SARDINA E NON SONO NÉ DI DESTRA NÉ DI SINISTRA»

Cioè, immaginiamo, si trova lì e manda la foto agli amici per dire: ma guardate che combinazione, mi trovo in aereo vicino a una celebrity, come si farebbe con qualunque altro famoso in una situazione analoga. E precisa nel suo post: «Non sono una sardina. Non sono di sinistra e non sono di destra…».

INSULTI E MINACCE DI MORTE ALLA RAGAZZA

Ma ormai la frittata è fatta, la foto consegnata al circo social-mediatico e soprattutto al Salvini risvegliato, che si sente offeso e scatena la sua orda di bulli «facendo sì», racconta la ragazza, Erika, «che mi arrivassero insulti pesanti, minacce di morte, intimidazioni varie e materiale pornografico». Tutta roba fuori luogo, perché Erika, nella foto, aveva persino messo dei cuoricini intorno a Salvini, come racconta lei stessa.

IL BELLO ADDORMENTATO: DALLA ISOARDI ALL’IRRISIONE

Impossibile, però, non associare questa immagine a quella altrettanto celebre del Salvini addormentato accanto a Elisa Isoardi dopo probabili fatiche amorose (o forse dopo una serie di comizi a raffica). Là teneramente accudito, qua malignamente irriso, seppure non nelle intenzioni della passeggera fanciulla.

Quando il dito medio lo fa Salvini.

L’INDIGNAZIONE DEL PIÙ AGGRESSIVO

Resta la gragnuola di offese, di insulti, di minacce indirizzate a Erika per quella foto, che aveva tutt’altro spirito. «Di politica mi importa poco», scrive infatti su Facebook, perché ha solo 19 anni e «forse tra qualche anno capirò meglio…». Ecco, forse ha già amaramente capito come funziona, se il politico più scorretto e aggressivo, immortalato in innumerevoli situazioni con il dito medio proteso, si indigna per la maleducazione di questa immagine e scatena i suoi pretoriani della Rete contro l’autrice del post, la quale, con notevole saggezza, commenta «non mi aspettavo un’esposizione mediatica di questa portata e non sono minimamente interessata a diventare “famosa” per qualcosa che ho fatto con tutt’altre intenzioni».

ERIKA, TORNA PRESTO ALLA TUA RISERVATEZZA

Ecco, Erika, ti auguriamo di rientrare nella riservatezza dei tuoi 19 anni. Se diventerai “famosa”, che sia per qualcos’altro, per tua scelta, volontà e talento.

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Se lo scorretto Salvini si indigna per un dito medio

Il politico più aggressivo attacca la maleducazione della sua compagna di volo. E scatena i pretoriani della Rete contro l'autrice del post. A cui auguriamo di tornare subito nella riservatezza dei suoi 19 anni.

La ragazza del dito medio – rapidamente assurta a icona collettiva, come una versione contemporanea e social de La ragazza con l’orecchino di perla – nega tutto: in un post su Facebook giura che quel gesto non fosse malignamente rivolto al senatore Matteo Salvini, beatamente addormentato al suo fianco su un volo Ryanair. «Il gestaccio», scrive, «era rivolto alle persone a cui ho inviato la foto privatamente e nulla aveva a che vedere con Salvini, volevo solo evidenziare l’incredibile coincidenza di prendere un volo low cost e trovarsi seduti accanto a Salvini».

«NON SONO UNA SARDINA E NON SONO NÉ DI DESTRA NÉ DI SINISTRA»

Cioè, immaginiamo, si trova lì e manda la foto agli amici per dire: ma guardate che combinazione, mi trovo in aereo vicino a una celebrity, come si farebbe con qualunque altro famoso in una situazione analoga. E precisa nel suo post: «Non sono una sardina. Non sono di sinistra e non sono di destra…».

INSULTI E MINACCE DI MORTE ALLA RAGAZZA

Ma ormai la frittata è fatta, la foto consegnata al circo social-mediatico e soprattutto al Salvini risvegliato, che si sente offeso e scatena la sua orda di bulli «facendo sì», racconta la ragazza, Erika, «che mi arrivassero insulti pesanti, minacce di morte, intimidazioni varie e materiale pornografico». Tutta roba fuori luogo, perché Erika, nella foto, aveva persino messo dei cuoricini intorno a Salvini, come racconta lei stessa.

IL BELLO ADDORMENTATO: DALLA ISOARDI ALL’IRRISIONE

Impossibile, però, non associare questa immagine a quella altrettanto celebre del Salvini addormentato accanto a Elisa Isoardi dopo probabili fatiche amorose (o forse dopo una serie di comizi a raffica). Là teneramente accudito, qua malignamente irriso, seppure non nelle intenzioni della passeggera fanciulla.

Quando il dito medio lo fa Salvini.

L’INDIGNAZIONE DEL PIÙ AGGRESSIVO

Resta la gragnuola di offese, di insulti, di minacce indirizzate a Erika per quella foto, che aveva tutt’altro spirito. «Di politica mi importa poco», scrive infatti su Facebook, perché ha solo 19 anni e «forse tra qualche anno capirò meglio…». Ecco, forse ha già amaramente capito come funziona, se il politico più scorretto e aggressivo, immortalato in innumerevoli situazioni con il dito medio proteso, si indigna per la maleducazione di questa immagine e scatena i suoi pretoriani della Rete contro l’autrice del post, la quale, con notevole saggezza, commenta «non mi aspettavo un’esposizione mediatica di questa portata e non sono minimamente interessata a diventare “famosa” per qualcosa che ho fatto con tutt’altre intenzioni».

ERIKA, TORNA PRESTO ALLA TUA RISERVATEZZA

Ecco, Erika, ti auguriamo di rientrare nella riservatezza dei tuoi 19 anni. Se diventerai “famosa”, che sia per qualcos’altro, per tua scelta, volontà e talento.

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Così gli italiani si stanno scocciando del fannullone Salvini

La Lega scende nei sondaggi. Perché la gente si è accorta che l'ex ministro non sa niente, non studia e a parte viaggiare, bere e occupare le tivù non fa altro. Di Maio in confronto è uno stacanovista. Sotto quelle felpe manca la voglia di lavorare.

La Lega ha iniziato a scendere nei sondaggi sotto il 30%. Poca roba ancora, ma è un segnale. Per tutta risposta il leader del partito Matteo Salvini continua imperterrito a occupare le tivù sotto lo sguardo ancillare dei conduttori, prevalentemente Mediaset, che giocando a tombola con lui o facendo altre idiozie cercano di farlo apparire umano per far dimenticare la faccia feroce, e un po’ brilla, dell’estate 2019.

RIEQUILIBRIO A DESTRA A FAVORE DELLA MELONI

Come da tempo segnalato, e da me previsto, scusate la vanteria, Giorgia Meloni invece continua poco per volta a salire nelle intenzioni di voto. Non siamo alle viste di un rapido capovolgimento di fronte nel campo sovranista, ma a un riequilibrio.

SOTTO L’IMITAZIONE MUSSOLINIANA DI SALVINI NON C’È NULLA

Le due destre si faranno concorrenza, ma finora non è chiaro su che cosa. Su un punto, invece, la differenza appare evidente e sfavorevole a Salvini. Per una volta ha ragione Marco Travaglio: anche la pubblica opinione di destra comincia a capire che il pericolo Salvini non è la sua banale imitazione mussoliniana, ma il fatto che niente sa, niente studia e soprattutto, a parte viaggiare, bere e andare in televisione, non ha proprio voglia di fare alcunché. Siamo arrivati al punto che Luigi Di Maio appare una stacanovista di fronte al figlio del Nord che chiacchiera-chiacchiera.

ANCHE CHI CERCA L’UOMO FORTE SI STA STUFANDO

La Bestia salviniana ha avuto idee perverse ma geniali: la principale è stata quella di mettere Salvini in mezzo al popolo, facendogli indossare felpe d’occasione e innalzare cartelli ridicoli in cui tutto veniva prima di tutto. Molti italiani rincoglioniti, soprattutto al Sud, gli sono andati dietro. Ma anche quella tipologia di italiano meridionale che cerca l’uomo forte soprattutto se protegge e dà da mangiare, si sta scocciando di fronte a un signore che non lavora. Perché anche il politico più dissipatore di denaro pubblico, a un certo punto, deve lavorare.

ZERO LAVORO, SOLO PENOSE SCENETTE CON MARIO GIORDANO

Salvini invece pensa che una penosa scenetta con Mario Giordano porti molti voti. Quello che i leader – che salgono e poi inesorabilmente iniziano a scendere fino a rotolare – non capiscono è che la società della comunicazione in cui si sono infilati non è un artifizio tecnico, non è neppure la lettura disincantata degli umori peggiori degli italiani peggiori, è anche e soprattutto dare una risposta a problemi attraverso una leadership che lavori. Salvini capisce la parola “lavorare”?

perché matteo salvini non lavora
Matteo Salvini ospite della trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro condotta da Mario Giordano.

LA SILENZIOSA LAMORGESE FA PASSI DA GIGANTE

Dopo un anno di urla contro i poveracci raggiungendo zero risultati, mentre la silenziosa Luciana Lamorgese ha fatto passi da gigante, dopo mesi in cui Salvini si è intrattenuto sull’economia scappando dal governo quando ha temuto di dover aumentare l’Iva, alcuni italiani, siamo ancora a pochi decimali, hanno cominciato a capire che sotto quella felpa c’è niente.

dl-sicurezza-modifiche-lamorgese
Luciana Lamorgese, successore di Salvini al Viminale.

COMPRERESTE UN’AUTO USATA DAL CAPITANO?

Il segreto di Salvini è convincere la parte di quel 30% che vorrebbe scappare che la guerra civile che ha promesso si farà e che la vincerà lui. Intanto è costretto a chiedere la tregua nell’indifferenza generalizzata. Abbiamo così un leader che sulla carta ha molti voti, ma da cui nessuno comprerebbe un’auto usata.

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Così gli italiani si stanno scocciando del fannullone Salvini

La Lega scende nei sondaggi. Perché la gente si è accorta che l'ex ministro non sa niente, non studia e a parte viaggiare, bere e occupare le tivù non fa altro. Di Maio in confronto è uno stacanovista. Sotto quelle felpe manca la voglia di lavorare.

La Lega ha iniziato a scendere nei sondaggi sotto il 30%. Poca roba ancora, ma è un segnale. Per tutta risposta il leader del partito Matteo Salvini continua imperterrito a occupare le tivù sotto lo sguardo ancillare dei conduttori, prevalentemente Mediaset, che giocando a tombola con lui o facendo altre idiozie cercano di farlo apparire umano per far dimenticare la faccia feroce, e un po’ brilla, dell’estate 2019.

RIEQUILIBRIO A DESTRA A FAVORE DELLA MELONI

Come da tempo segnalato, e da me previsto, scusate la vanteria, Giorgia Meloni invece continua poco per volta a salire nelle intenzioni di voto. Non siamo alle viste di un rapido capovolgimento di fronte nel campo sovranista, ma a un riequilibrio.

SOTTO L’IMITAZIONE MUSSOLINIANA DI SALVINI NON C’È NULLA

Le due destre si faranno concorrenza, ma finora non è chiaro su che cosa. Su un punto, invece, la differenza appare evidente e sfavorevole a Salvini. Per una volta ha ragione Marco Travaglio: anche la pubblica opinione di destra comincia a capire che il pericolo Salvini non è la sua banale imitazione mussoliniana, ma il fatto che niente sa, niente studia e soprattutto, a parte viaggiare, bere e andare in televisione, non ha proprio voglia di fare alcunché. Siamo arrivati al punto che Luigi Di Maio appare una stacanovista di fronte al figlio del Nord che chiacchiera-chiacchiera.

ANCHE CHI CERCA L’UOMO FORTE SI STA STUFANDO

La Bestia salviniana ha avuto idee perverse ma geniali: la principale è stata quella di mettere Salvini in mezzo al popolo, facendogli indossare felpe d’occasione e innalzare cartelli ridicoli in cui tutto veniva prima di tutto. Molti italiani rincoglioniti, soprattutto al Sud, gli sono andati dietro. Ma anche quella tipologia di italiano meridionale che cerca l’uomo forte soprattutto se protegge e dà da mangiare, si sta scocciando di fronte a un signore che non lavora. Perché anche il politico più dissipatore di denaro pubblico, a un certo punto, deve lavorare.

ZERO LAVORO, SOLO PENOSE SCENETTE CON MARIO GIORDANO

Salvini invece pensa che una penosa scenetta con Mario Giordano porti molti voti. Quello che i leader – che salgono e poi inesorabilmente iniziano a scendere fino a rotolare – non capiscono è che la società della comunicazione in cui si sono infilati non è un artifizio tecnico, non è neppure la lettura disincantata degli umori peggiori degli italiani peggiori, è anche e soprattutto dare una risposta a problemi attraverso una leadership che lavori. Salvini capisce la parola “lavorare”?

perché matteo salvini non lavora
Matteo Salvini ospite della trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro condotta da Mario Giordano.

LA SILENZIOSA LAMORGESE FA PASSI DA GIGANTE

Dopo un anno di urla contro i poveracci raggiungendo zero risultati, mentre la silenziosa Luciana Lamorgese ha fatto passi da gigante, dopo mesi in cui Salvini si è intrattenuto sull’economia scappando dal governo quando ha temuto di dover aumentare l’Iva, alcuni italiani, siamo ancora a pochi decimali, hanno cominciato a capire che sotto quella felpa c’è niente.

dl-sicurezza-modifiche-lamorgese
Luciana Lamorgese, successore di Salvini al Viminale.

COMPRERESTE UN’AUTO USATA DAL CAPITANO?

Il segreto di Salvini è convincere la parte di quel 30% che vorrebbe scappare che la guerra civile che ha promesso si farà e che la vincerà lui. Intanto è costretto a chiedere la tregua nell’indifferenza generalizzata. Abbiamo così un leader che sulla carta ha molti voti, ma da cui nessuno comprerebbe un’auto usata.

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Per il tribunale dei ministri Salvini ha abusato del suo potere coi migranti

Per il caso della nave Gregoretti bloccata nel porto di Augusta, il leader della Lega è accusato anche di sequestro di persona e abuso di potere. Mentre il Carroccio cala nei sondaggi.

L’atto d’accusa è di quelli che negli Stati Uniti varrebbero l‘impeachment. «Ha abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana alle 00,35 del 27 luglio 2019». È l’atto di accusa del tribunale dei ministri di Catania dopo gli accertamenti sull’ex ministro degli Interni Matteo Salvini. Il documento del Tribunale dei ministri è stato pubblicato dal Corriere della Sera e l’ex ministro ha già replicato alla notizia il 18 dicembre sera nel corso di una intervista a Rete4.

LEGGI ANCHE: La bestia di Salvini nei sondaggi non tira più

«HO FATTO L’INTERESSE DEL PAESE»

«A firma del presidente del tribunale dei ministri Lamantia, iscritto a Magistratura democratica, viene trasmesso al presidente del Senato che Salvini sarebbe colpevole di reato di sequestro di persona aggravato abusando dei suoi poteri. Rischio fino a 15 anni di carcere. Ritengo che sia una vergogna che un ministro venga processato per aver fatto l’interesse del suo Paese», aveva annunciato Salvini. Salvini è accusato di aver «determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà dei migranti, costretti a rimanere in condizioni psico fisiche critiche a bordo», scrivono i giudici.

QUATTRO NOTTI DI BLOCCO NEL PORTO DI AUGUSTA

Il segretario della Lega Matteo Salvini rilascia dichiarazioni ai giornalisti nella sala stampa del Senato, Roma, 17 dicembre 2019. RICCARDO ANTIMIANI

La vicenda riguarda la nave Gregoretti: il pattugliatore della Guardia Costiera era stato fermo nel porto militare di Augusta (Siracusa) dalla notte del 27 luglio con a bordo oltre 100 migranti soccorsi in mare fino al 31 luglio quando era arrivato il via libera allo sbarco. La Procura a settembre aveva ufficializzato la richiesta di archiviazione, ma aveva comunque trasmesso gli atti al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Catania.

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Perché le voci di un asse Salvini-Renzi convengono a entrambi

Italia viva bolla come «gossip» l'ipotesi di un governissimo con la Lega. Eppure i rumors su una possibile alleanza tornano utili a entrambi: all'ex premier per mantenere la pressione sul governo e al leader della Lega per non restare escluso dai giochi di Palazzo.

«Salvini lo abbiamo mandato a casa mentre ballava al Papeete», ma «c’è un interesse nazionale e sui temi istituzionali è bene che tutti i partiti trovino il modo di dialogare». A dirlo è il presidente di Italia Viva, Ettore Rosato, in un’intervista al Corriere della Sera in cui bolla come «fantasie» l’apertura di Matteo Renzi a Matteo Salvini per un governissimo, ammettendo tuttavia la possibilità di un dialogo.

IL «GOSSIP DA OSTERIA» CHE IN FONDO PIACE

«Lavoriamo per governare, non per andare al voto. Quando eravamo in maggioranza approvammo la legge elettorale anche con le opposizioni, Lega compresa. E se si va verso un proporzionale, la soglia del 5% non ci spaventa», assicura Rosato, «Italia viva è compatta e cresce, il resto è gossip da osteria». Eppure, questo gossip evidentemente non dispiace che circoli.

RENZI TIENE SOTTO PRESSIONE IL GOVERNO, SALVINI NON VIENE ESCLUSO

«La letteratura fiorita sul loro rapporto e attorno all’idea di un’alleanza bellicosa, fondata sul desiderio di prendersi una rivincita, si scontra con le leggi della politica e si consuma nel sospetto che nutrono l’uno verso l’altro», spiega sempre sul CorSera Francesco Verderami, «“io di lui non mi fido perché è inaffidabile”, ha risposto Salvini ad alcuni dirigenti del Carroccio, riferendosi a Renzi. Ed è un sentimento ricambiato. Tuttavia le voci che alimentano questa liaison dangereuse sono utili a entrambi: è una “tarantella” che serve a Renzi per tenere sotto pressione il governo, garantendosi un po’ di visibilità; e serve a Salvini per non restare ai margini dei giochi di Palazzo».

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La sinistra stia alla larga dalla liaison tra Renzi e Salvini

Non ci sono le condizioni per un governo di tutti. Che richiederebbe una tregua inimmaginabile da parte del leader leghista. E porterebbe a un disastro peggiore di questo esecutivo con Di Maio.

Quando un partito che si appresta a vincere le elezioni politiche (secondo i sondaggi) propone agli altri partiti un governo di tregua diretto da un personaggio indiscutibile come Mario Draghi, si dovrebbe sviluppare una gran discussione. Invece accade che Matteo Salvini, su suggerimento di Giancarlo Giorgetti, proponga questo governo e quel primo ministro e nessuno ne parli tranne Matteo Renzi. Su quel “tranne Renzi”, anzi, si è sviluppato un retroscena secondo cui la proposta salviniana è il primo passo per una marcia di avvicinamento reciproca fra i due Matteo, i gemelli separati alla nascita. È probabile.

UNA LUNGA STORIA DI FALLIMENTI

Resta il fatto che la proposta di Salvini è caduta, finora, nel vuoto. Forse la ragione sta nel fatto che questo Paese ha discusso decine di volte di governo di emergenza o solidarietà nazionale o come diavolo volete chiamarli. Alcune discussioni, come quella sul compromesso storico, furono molto alte, altre dettero vita a piccolo cabotaggio parlamentare. Quasi sempre queste esperienze hanno fallito. La sinistra, che avrebbe potuto vincere le elezioni con Pier Luigi Bersani, fu costretta dal Quirinale a ingoiare il governo Monti che, con i suoi esodati e altre decisioni anti-popolari, fece perdere milioni di voti. Quindi, come si dice, “anche basta”. Basta governi di solidarietà nazionale. Tu vinci e governi e io mi ti oppongo fino a farti cadere.

Un governo di tutti, o quasi tutti, richiede la rinuncia ai toni da guerra civile. Salvini non è in grado di prendere questo impegno

C’è però un dato innegabile nella proposta di Giorgetti mal raccontata da Salvini ed è che la situazione italiana è effettivamente quella che richiederebbe la Grossa coalizione. Soprattutto lo richiederebbe lo spirito pubblico. E già qui ci scontriamo sulle ragioni per cui la Grossa coalizione non si può fare. Un governo di tutti, o quasi tutti, richiede una tregua fra le parti, non una pace fra i partiti né la rinuncia alla propria identità e alla polemica fra i partiti, ma la rinuncia ai toni da guerra civile. Salvini non è in grado di prendere questo impegno. Il giorno che Salvini diventasse civile come una sardina, si ridurrebbe al 5%, cioè sarebbe un Renzi qualsiasi. È la fantasia della guerra civile che alimenta il suo successo oggi minacciato solo dal ritorno a casa della destra tradizionale che vede in Giorgia Meloni la leader dura che sognava.

UN GOVERNO CON SALVINI SAREBBE DISTRUTTIVO

Per la sinistra un governo con Salvini sarebbe distruttivo, peggio di questo governo con Luigi Di Maio. Il prezzo potrebbe essere pagato solo se ci fosse un vero breve programma e una intesa di ferro attorno a ciò che può fare Draghi senza che gli rompano i maroni. Sprecare una grande alleanza e un uomo come Draghi per i postumi di una serata in birreria non vale proprio la pena. Di più: quando si propone un governo di tutti, si propone una analisi della situazione e quello che si pensa debba diventare l’Italia nel caso di successo di questo governo. Solo così la proposta sarebbe credibile. Dire solo che c’è grande casino e quindi bisogna chiamare il pompiere Draghi pronti a incendiargli l’autobotte è pura follia. Se poi Renzi e Salvini vogliono una discussione o addirittura una esperienza di governo che li aiuti a vivere assieme, non cerchino scorciatoie. In fondo viviamo in tempi di amori liberali. Se si vogliono bene, si mettano assieme.

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La regia di Verdini dietro al possibile asse Renzi-Salvini

Si vocifera che abbia ospitato un incontro toscano tra i due Mattei. Che meditano di coalizzarsi per disfarsi dei rispettivi nemici: Zingaretti e Di Maio. Il retroscena.

A Firenze gli orfani del Nazareno ne parlano da mesi: Denis è tornato. Denis di cognome fa Verdini ed è l’ex richelieu di Berlusconi. Il ‘coordinatore’ del Pdl che per Silvio ha gestito per anni col bilancino quorum, premi di maggioranza, soglie di sbarramento e le poltrone. Colui che ha tessuto pazientemente le relazioni tra gli Azzurri e l’allora presidente della Provincia diventato poi sindaco grazie anche alla scelta tutta verdiniana dell’avversario, l’ex calciatore Giovanni Galli. Poi le inchieste giudiziarie, i processi, l’addio a Forza Italia fondando il gruppo parlamentare Ala (Alleanza liberalpopolare Autonomie) e lo sfaldamento del Patto del Nazareno saltato lo hanno allontanato dalla scena. Ma Denis, abituato a lavorare nel retrobottega, non si è mai fermato, ripetono in riva all’Arno. E ora è tornato. Anche se sta sempre a Roma e non solo per andare a cena al ristorante del figlio Tommaso (frequentatore della Leopolda) o con la figlia Francesca, fidanzata con Salvini. Dagli spifferi di palazzo echeggia la voce che partecipi pure alle riunioni strategiche della Lega.

QUEL PRESUNTO INCONTRO TRA RENZI E SALVINI A CASA VERDINI

L’indiscrezione raccolta da La Stampa su un presunto incontro tra i due Mattei «sorseggiando Chianti» nella casa di Denis al Pian de’ Giullari è stata smentita: «Renzi e Salvini non si sono incontrati a Firenze, meno che mai nella casa di Denis Verdini. I due senatori si sono invece incrociati in Senato come peraltro rivelato dai numerosi giornalisti presenti in occasione della seduta parlamentare. Ma non vi è stato invece alcun incontro toscano. E meno che mai si è bevuto Chianti in una casa privata», riporta una nota dell’ufficio stampa di Italia Viva. Seguita da una risposta de La Stampa che ha ribadito quanto scritto: «L’incontro c’è stato». Di certo, sono state scattate le foto della stretta di mano tra la moglie di Verdini, Simonetta Fossombroni, e Salvini  al convegno organizzato dal Tempo sull’Europa, intitolato Il ratto di Europa. Obiettivi dei Padri, delusione dei figli. Presente anche Denis con i suoi fedelissimi. Tra gossip, smentite, conferme e foto di Pizzi su Dagospia, qualcosa bolle in pentola. Non è un caso se Matteo Renzi si sta salvinizzando nella comunicazione, soprattutto quella sui social, ma anche berlusconizzando quando attacca le procure.

UN TRAGHETTATORE DALLA GRANDE ESPERIENZA

Serviva un regista come Verdini, dicono ancora le voci, per portare avanti il piano diabolico dei due Mattei: coalizzarsi temporaneamente per liberarsi in un colpo solo dei due rispettivi nemici: Renzi di Zingaretti e Salvini di Di Maio. Dopo aver fatto varare la manovra al governo Conte, così gli elettori sapranno già con chi prendersela nelle urne. Fantapolitica? Chissà. Di certo sarebbe un gioco da ragazzi per l’ex coordinatore nazionale di Forza Italia, traghettatore di grande esperienza. L’uomo che organizzava la vita politica di Berlusconi e specialmente quella parlamentare, mago dei numeri, capace di prevedere al millimetro l’andamento di un voto, il numero di tradimenti. L’uomo ombra: non partecipa ai talk show, non rilascia interviste, non cinguetta su Twitter. E in più fiorentino. «Verdini è un pragmatico, che conosce la prima regola della politica: i rapporti di forza», diceva di lui lo stesso Renzi. «Un comunista più anticomunista di questo non s’è visto mai», diceva di Renzi lo stesso Verdini. «Tutti mi chiedono cosa ci guadagnano a venire con me. Gli rispondo che sono il taxi. Vuoi rimanere al potere? Solo io ti conduco in dieci minuti da Berlusconi a Matteo», diceva Verdini di se stesso.

IL SOLDATO DENIS E UN ESERCITO CON DUE GENERALI

Un po’ Sassaroli di Amici Miei, un po’ Machiavelli di provincia, in realtà adora Pirandello e ha sempre preferito i personaggi in cerca d’autore per accompagnarli meglio da un partito all’altro. In Toscana, dove Verdini ha ancora molti contatti, Salvini non ha presentato una sua candidatura per le elezioni regionali. Un ottimo test per l’ex coordinatore azzurro che si chiama così perché il padre era un prigioniero di guerra e quando ritornò in Italia il primo soldato cui rivolse la parola aveva questo nome. A Firenze e nella Capitale ora qualcuno comincia a chiedersi come farà il soldato Denis a gestire un esercito con due generali

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In Toscana Salvini ha un potente alleato: la Cina

La concorrenza del Dragone è alla base della crisi che spinge tanti elettori nelle braccia della Lega. Il Capitano non lo ha ancora capito ma Pechino lavora per lui più e meglio della sua famigerata “Bestia”.

Nel modo di pensare cinese il termine Wu wei è di grande importanza e di difficile traduzione per noi occidentali. Il concetto alla base del Wu wei si potrebbe rendere come «lasciare fare ad altri ciò che è utile a noi», oppure anche – secondo il taoismo – «l’arte della non-azione», un principio secondo cui il miglior modo di affrontare una situazione, specialmente se conflittuale, è non agire e non forzare alcuna soluzione, bensì permettere che le cose accadano da sole e lavorino per il tuo scopo finale. Matteo Salvini probabilmente non lo sa, ma la Cina, attraverso il concetto di Wu wei, è attualmente il suo migliore alleato nelle prossime elezioni in Toscana.

SEMPRE PIÙ ELETTORI ABBRACCIANO LA LEGA

Questa è anche – più o meno – la tesi dell’autorevole quotidiano americano New York Times, che qualche giorno fa ha pubblicato un ampio reportage nel quale ha messo in relazione l’ascesa di Salvini in Toscana con la concorrenza economica della Cina. Gli autori del lungo articolo dal titolo “The Chinese Roots of Italy’s Far-Right Rage” (Le radici cinese della rabbia di estrema destra in Italia) si sono mossi per la loro inchiesta nella cosiddetta “zona rossa”, quell’area compresa tra Toscana, Marche e Umbria, dove la sinistra è da sempre forza politica maggioritaria ma dove, di recente – e proprio in coincidenza con la crisi economica e sociale in atto in quelle zone -, sempre più elettori dicono di voler votare per la Lega e per i partiti populisti e anti-establishment. Nelle interviste fatte ad artigiani, piccoli imprenditori e politici locali – tutti in questi anni colpiti dalla crisi e costretti a licenziare i propri dipendenti o a chiudere le loro attività – è emersa infatti una singolare “sintonia” tra l’impatto aggressivo e devastante della “concorrenza sleale” delle imprese cinesi – valga un esempio per tutti, il tessile a Prato – e l’ascesa politica locale del Capitano.

Giorgia Meloni dovrebbe ripensare i suoi recenti feroci attacchi a Pechino, e guardare invece con grande simpatia al regime illiberale cinese

L’inchiesta, condotta come sempre magistralmente dai due giornalisti del Nyt, Peter S. Goodman ed Emma Bubola, è a dir poco illuminante e chiarisce come – malgrado gli sforzi del M5s e di Beppe Grillo per “lisciare il pelo” a Pechino – la Cina sia invece il principale alleato del successo elettorale della Lega nella fu “Toscana rossa”. Una costatazione che dovrebbe spingere per esempio Giorgia Meloni almeno a ripensare i suoi recenti feroci attacchi a Pechino, e a guardare invece con grande simpatia al regime illiberale cinese, al quale del resto FdI e appunto la Lega sono molto più vicini delle altre forze politiche italiane, non foss’altro per la comune “ispirazione” dei propri programmi elettorali, volti a promuovere un sistema di “valori” – se così possiamo chiamarli – e di principi basati sull’autoritarismo e la retorica dell’uomo forte: insomma, Xi Jinping e l’attuale regime illiberale comunista (se non altro nel nome) cinese, come fonte di ispirazione ed esempio da seguire.

L’IMPATTO DELLA CONCORRENZA CINESE E IL SENTIMENTO ANTI-IMMIGRATI

Così dall’inchiesta del quotidiano americano veniamo a conoscere quello che pensa per esempio Mauro Lucentini, oggi consigliere per la Lega a Montegranaro, una cittadina dove le circa 600 aziende calzaturiere si sono ridotte ormai a meno di 150 a causa della crisi economica causata dalla concorrenza cinese, spingendo la gente del posto ad abbracciare la Lega e le sue invettive contro gli immigrati. Il negozio di mobili di sua madre è uscito devastato dalla concorrenza dell’Ikea, che attinge fortemente dai fornitori a basso costo in Cina. Fogli di cartone coprono le porte di vetro di un rivenditore fallito che vendeva lacci per le scarpe e altri accessori per calzature. Un negozio che vende strumenti e macchinari è vuoto. Una fabbrica a tre piani che una volta impiegava 120 persone versa in desolante abbandono, con la facciata che cade a pezzi. «Non possiamo aiutare l’ultima persona in Africa e non aiutare il nostro vicino», ha detto Lucentini al Nyt, sintetizzando il suo pensiero.

Salvini forse non lo ha ancora capito ma la Cina, in Toscana e non solo, lavora per lui più e meglio della sua famigerata “Bestia”

«Non penso che sia giusto che vengano a rubare il lavoro agli italiani», ha detto poi la signora Travaglini, impiegata in un’azienda tessile di Prato, ora rimasta senza lavoro e che si dice convinta che le aziende cinesi non paghino le tasse e violino le leggi sui salari, riducendo la retribuzione per tutti. Il concetto di multiculturalismo è una bestemmia per lei. Con i giornalisti americani ha insistito sul fatto che l’Italia è per gli italiani – un affermazione che ha esteso ovviamente anche ai cinesi, compresi quelli di seconda e terza generazione, quelli che parlano italiano con accento toscano più degli italiani. «Sono italianizzati», è il suo pensiero, «ma non sono ancora italiani». Insomma, Salvini forse non lo ha ancora capito ma la Cina, in Toscana e non solo, lavora per lui più e meglio della sua famigerata “Bestia”, l’efficiente macchina di propaganda della Lega. Mettendo in pratica anche l’altro antico detto cinese: “uccidere il nemico con una spada presa in prestito”. Dalla Cina, appunto.

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Salvini indagato per abuso d’ufficio sui voli di Stato

Gli spostamenti già considerati illegittimi dalla Corte dei Conti finiscono nel mirino della Procura di Roma.

L’ex vicepremier e ex titolare del Viminale Matteo Salvini è indagato per abuso d’ufficio dalla procura di Roma, che ha trasmesso gli atti al tribunale dei ministri. Lo scrivono il Corriere della Sera e il Fatto quotidiano. L’accusa si riferisce a 35 voli di Stato già considerati illegittimi dalla Corte dei Conti, che tuttavia archiviò il fascicolo che aveva aperto -trasmettendo però gli atti alla procura di Roma- non riscontrando un danno erariale.

LE TRASFERTE SU AEREI DELLA POLIZIA O DEI VIGILI DEL FUOCO

La Corte dei Conti si interessò della vicenda dopo un’inchiesta di Repubblica sugli abbinamenti di molti appuntamenti istituzionali di Salvini in giro per l’Italia con comizi o altre manifestazioni di partito nella stessa zona. Trasferte eseguite a bordo di aerei in dotazione alla polizia o ai vigili del fuoco. L’uso di quei velivoli venne ritenuto illegittimo dai giudici contabili perché i mezzi della polizia e dei pompieri sono riservati allo svolgimento di compiti istituzionali o di addestramento e non ai cosiddetti voli di Stato, per cui vige un’altra normativa.

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Calabria, Salvini dice sì a Santelli e Pascale la sostiene

Il primo a non volere nessuno dei due Occhiuto candidati è stato il leader leghista. E la fidanzata di Berlusconi ha fatto il suo gioco, dopo avere tramato da tempo con la coordinatrice di Forza Italia in Regione.

L’endorsement è avvenuto con una foto. L’immagine di Francesca Pascale con Jole Santelli, coordinatrice di Forza Italia Calabria, la dice lunga: ci sono alte probabilità che sia lei la candidata in quella Regione, con buona pace dei fratelli Mario e Roberto Occhiuto che da anni lavoravano a coronare a Palazzo degli Itali, a Catanzaro, la propria carriera politica. Poco importa se la più antisalviniana di Forza Italia, appunto la fidanzata di Silvio Berlusconi attratta dalle sardine, cede al diktat di Matteo Savini. Il primo a non volere nessuno dei due Occhiuto candidati, per via dei problemi giudiziari di Mario, è stato proprio il leader della Lega e Pascale ha fatto il suo gioco.

NEANCHE CARFAGNA PUÒ AIUTARE OCCHIUTO

Le due donne, Francesca e Jole, tramavano anche loro da tempo ed è questo che più di ogni cosa ha ferito Occhiuto: il tradimento dei suoi fedelissimi. Ora Santelli dice che deve metabolizzare la proposta e deciderà se accettarla fra qualche giorno, ma è solo un modo per far finta di non aver congiurato. In politica, si sa, anche i rapporti più stretti cambiano dalla sera alla mattina. Ma a Santelli è perdonato: ha dimostrato sempre grande forza e tenacia, attraversando mille prove anche personali. Robertino Occhiuto invece ormai è uno zombie. Rimasto solo con la sua sigaretta elettronica, sono lontani i tempi dell’ascesa nazionale e l’attivismo della scorsa legislatura. Neanche Mara Carfagna può fare nulla per lui, concentrata come è a far perdere il centrodestra in Campania. Quando si muove con i suoi seguaci sembra un capo di Stato ma neanche lei riesce ormai a concludere alcunché. Ah, come stava meglio quando era la pupilla di Berlusconi!

E Silvio, il grande capo, che ne pensa? Che più senatori e deputati se ne vanno dal suo partito e più è contento

E Silvio, il grande capo, che ne pensa? Che più senatori e deputati se ne vanno dal suo partito e più è contento. Alcuni neanche li conosce o li ha mai visti, e comunque lo hanno nauseato. Si salvino da soli se ci riescono (la risposta è no), ormai l’anziano Cavaliere pensa solo alle sue cose. Sistemate quelle, tutto il resto è noia. E come dargli torto. Neanche i cerchi magici lo appassionano più. Il problema non è suo: ha già fatto tanto. Davvero deve ancora preoccuparsi dei vari Gasparri, Baldelli, Vito, Ruggieri, Mulè, Cangini, Cattaneo, delle Ravetto, Calabria, Giammanco, Polidori, Biancofiore e compagnia bella? Basta, finita la pacchia. In fondo, pensa il fondatore, sono stati tutti già fin troppo graziati e beneficiati.

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Salvini e il fallimento del maschilismo nordista

Il leader della Lega cala nei sondaggi. Mentre Meloni guadagna terreno. Un trend figlio della superficialità dell'uomo politico. Vanesio e incontinente come un altro Matteo a cui gli italiani hanno già preso le misure.

Pur senza moijto Matteo Salvini ricomincia a scendere nei sondaggi e a perdere terreno rispetto a Giorgia Meloni che ha saltato la barriera del 10%. Sembrerebbe una strana combinazione quella che vede non solo la competizione fra i due “destri” ma soprattutto il tentativo della Meloni di acchiappare Salvini. La leader di Fratelli d’Italia si avvantaggia di due cose. La prima è che ha un elettorato di tradizione che forse ha ripreso fiducia e sta tornando a casa. La seconda è che pur essendo con tutta evidenza, come tanti anche dello schieramento opposto, una politica “imparaticcia”, cioè che dice cose che non conosce perfettamente, dà l’idea di impegnarsi, di metterci un po’ di anima, di cercare di andare al sodo.

Ma Salvini deve questo riavvicinamento, ancora con numeri che possono tranquillizzarlo, molto a se stesso, alla propria immagine di uomo superficiale. Fino a che si era trattato di dare voce a un popolo di destra che chiedeva di legittimare tutti i pensieri più cattivi e scorretti, l’energumeno Salvini aveva un ruolo. Dopo, questo ruolo è andato scemando. Diciamolo per intero: anche antropologicamente Salvini non restituisce l’immagine del Nord lavoratore e serio, semmai quella del Nord chiacchierone da birreria. Attorno a lui i soloni del giornalismo di destra, già ultrà berlusconiani, hanno costruito una cintura di protezione descrivendolo come vittima di complotti perché uomo forte per un Paese debole. Viceversa quello che, avendolo sotto gli occhi h24 su tutte le tivù, appare chiaro è che la destra ha scelto come uomo simbolo una persona totalmente priva di intelligenza politica e totalmente sguarnita culturalmente.

IL MERITO STORICO DELLE SARDINE

Il merito storico delle sardine, che quelli molto di sinistra non capiscono (ovviamente), è che hanno dato voce, e l’hanno data in piazza, a questo bisogno di una politica di conciliazione, quella che un tempo si autodefiniva la “bella politica”. Questo movimento ha dimostrato che la piazza non è di destra ma ci sono tante piazze, e molti saputelli di sinistra convertiti al salvinismo dovrebbero riflettere, e che l’ascesa del leader della Lega era ed è resistibile. Oggi la minaccia più forte a Salvini viene dalla destra e da una donna di destra. Sfuggo alla tentazione di dire che cosa sia meglio per il Paese, se il leghista un po’ testone o la ragazza di destra politicamente inquietante. Sottolineo solo che, anche da questa gara, si capisce come stia diventando possibile che finisca l’epoca dei maschietti tromboni. La catastrofe del maschilismo politico con Matteo Renzi e Salvini ha raggiunto l’apice.

Alla fine l’inconsistenza si vede: Renzi non sale nei sondaggi, Salvini scende

Non siamo stati mesi di fronte a modelli antichi di virilità, non è rimasta nelle nostre menti l’immagine dell’uomo forte che avrebbe potuto suggestionare l’opinione pubblica. Sono emerse, invece, due figure maschili che abbiamo sempre incontrato nelle scuole e nella vita, cioè il maschio vanesio, finto assatanato sessuale, superficialissimo, incontinente. Negli anni miei giovanili, quando nei licei compariva un tipo così diventava subito oggetto di scherzi feroci. Nell’Italia di oggi invece sono questi personaggetti ad aver fatto lo scherzetto al Paese. Tuttavia alla fine l’inconsistenza si vede: Renzi non sale nei sondaggi, Salvini scende. So che si tratta di persone diverse, ma il tipo umano è identico. E credo che gli italiani, che hanno già preso le misure del “Superbone” toscano, adesso stanno cominciando a capire che nel laborioso Nord c’è tanta roba per accontentarsi di uno che dice cazzate davanti a un bicchiere di birra o a un barattolo di Nutella.

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Lega sotto il 30%, lontani i tempi del 35% di luglio

In calo Salvini. Ma le intenzioni di voto si spostano verso la Meloni: Fratelli d'Italia dall'8,6% di ottobre all'11,3%. Il M5s scivola al 18,1%. Pd al 18,7%. Italia viva al 3,5%. Forza Italia recupera al 6,5%. I sondaggi Demos.

Praticamente un travaso di voti. Da Matteo Salvini a Giorgia Meloni. Sempre più a destra. Secondo il sondaggio Demos per la Repubblica domenica 8 dicembre 2019 la Lega è scesa sotto il 30%, esattamente al 29,5%, in leggero calo rispetto al 30,2% di ottobre, ma ormai lontana dal 35,3 di luglio. In contemporanea però ha fatto boom Fratelli d’Italia, passando dall’8,6% di ottobre all’11,3%, molto avanti rispetto al 6,5% di settembre.

CONTINUA LA CRISI DEI CINQUE STELLE

Il Movimento 5 stelle si è confermato in crisi, scivolando al 18,1%, mentre due mesi prima era al 20,6%. Piccola flessione per il Partito democratico, al 18,7%: in ottobre era al 19,1%. E un leggerissimo progresso di Forza Italia: il partito di Silvio Berlusconi è salito al 6,5% rispetto al 6,1% di ottobre.

IN CALO RENZI, SALGONO LEU E +EUROPA

In calo Italia viva di Matteo Renzi, che è passata dal 3,9% di ottobre all’attuale 3,5%. Infine avanzata per Liberi e uguali, balzati dal 2,4% di ottobre all’attuale 3,2% e piccolo progresso anche per +Europa, dal 2,1% di ottobre al 2,4% di oggi.

La rilevazione è stata condotta nei giorni 2-6 dicembre 2019 da Demetra con metodo mixed mode (CatiCamiCawi). Il campione intervistato (N=1276, rifiuti/sostituzioni/inviti 8070) è rappresentativo per i caratteri socio-demografici e la distribuzione territoriale della popolazione italiana di età superiore ai 18 anni (margine d’errore 2,7%).

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Il Pd insiste sull’alleanza M5s-sinistra per arginare Salvini

Franceschini: «Costruiamo un campo contro questa destra o ci ritroviamo la Lega a Palazzo Chigi». Ma l'agenzia di rating Fitch: «Le tensioni tra i giallorossi mettono a rischio il governo».

Non riescono a trovare un’intesa sulla riforma della prescrizione. Erano in disaccordo a proposito di legge elettorale, salvo poi trovare una convergenza sul proporzionale. Li divide lo ius soli. E anche in tema di nomine Rai si sono sfidati a colpi di veti incrociati. Nonostante tutto, Partito democratico e Movimento 5 stelle sembrano orientati a prolungare la loro esperienza insieme. Soprattutto da parte piddina. Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo nonché capodelegazione dem nel governo Conte II, ha detto a Porta a porta: «Al di là delle differenze, bisogna arrivare alla prospettiva di un’alleanza M5s-sinistra».

IN COMUNE C’È L’AVVERSARIO DA BATTERE

Un aspetto in comune pare ci sia: l’avversario da battere. «Per fermare questa destra bisogna arrivarci, la partita è troppo delicata per fermarsi. Va costruita questa prospettiva nel Paese, un campo che eviti Matteo Salvini a Palazzo Chigi e abbia alla base dei principi etici e politici», ha aggiunto Franceschini.

«GLI ITALIANI NON SONO DIVENTATI ESTREMISTI»

Poi bisogna sempre fare i conti col consenso elettorale, visto che stando ai sondaggi il centrodestra è a un passo dal 50%. Franceschini però non crede «che gli italiani siano diventati estremisti, intercettano un sentimento, lo cavalcano e i voti vanno in quella direzione. Bisogna costruire un campo competitivo contro quella destra estrema, e siamo competitivi solo stando insieme, lo dicono i numeri».

MA L’INCERTEZZA POLITICA CREA ALLARMI

Il guaio è che stando assieme spesso si finisce a litigare. E non a caso Fitch è preoccupata per il clima di incertezza politica che persiste in Italia e che rappresenta un fattore di rischio per un’economia che resta praticamente in stagnazione. È l’allarme che si legge nel capitolo nel Global Economic Outlook pubblicato dall’agenzia di rating: «I negoziati sulla legge di bilancio del 2020 hanno messo in evidenza le tensioni politiche tra il M5s e il Pd. Le complesse relazioni tra le due formazioni rappresentano un rischio per la durata dell’esecutivo per l’intera legislatura».

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Il Pd insiste sull’alleanza M5s-sinistra per arginare Salvini

Franceschini: «Costruiamo un campo contro questa destra o ci ritroviamo la Lega a Palazzo Chigi». Ma l'agenzia di rating Fitch: «Le tensioni tra i giallorossi mettono a rischio il governo».

Non riescono a trovare un’intesa sulla riforma della prescrizione. Erano in disaccordo a proposito di legge elettorale, salvo poi trovare una convergenza sul proporzionale. Li divide lo ius soli. E anche in tema di nomine Rai si sono sfidati a colpi di veti incrociati. Nonostante tutto, Partito democratico e Movimento 5 stelle sembrano orientati a prolungare la loro esperienza insieme. Soprattutto da parte piddina. Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo nonché capodelegazione dem nel governo Conte II, ha detto a Porta a porta: «Al di là delle differenze, bisogna arrivare alla prospettiva di un’alleanza M5s-sinistra».

IN COMUNE C’È L’AVVERSARIO DA BATTERE

Un aspetto in comune pare ci sia: l’avversario da battere. «Per fermare questa destra bisogna arrivarci, la partita è troppo delicata per fermarsi. Va costruita questa prospettiva nel Paese, un campo che eviti Matteo Salvini a Palazzo Chigi e abbia alla base dei principi etici e politici», ha aggiunto Franceschini.

«GLI ITALIANI NON SONO DIVENTATI ESTREMISTI»

Poi bisogna sempre fare i conti col consenso elettorale, visto che stando ai sondaggi il centrodestra è a un passo dal 50%. Franceschini però non crede «che gli italiani siano diventati estremisti, intercettano un sentimento, lo cavalcano e i voti vanno in quella direzione. Bisogna costruire un campo competitivo contro quella destra estrema, e siamo competitivi solo stando insieme, lo dicono i numeri».

MA L’INCERTEZZA POLITICA CREA ALLARMI

Il guaio è che stando assieme spesso si finisce a litigare. E non a caso Fitch è preoccupata per il clima di incertezza politica che persiste in Italia e che rappresenta un fattore di rischio per un’economia che resta praticamente in stagnazione. È l’allarme che si legge nel capitolo nel Global Economic Outlook pubblicato dall’agenzia di rating: «I negoziati sulla legge di bilancio del 2020 hanno messo in evidenza le tensioni politiche tra il M5s e il Pd. Le complesse relazioni tra le due formazioni rappresentano un rischio per la durata dell’esecutivo per l’intera legislatura».

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Pacco bomba al Viminale da un nostalgico di Salvini

L'episodio risale a fine ottobre. L'ordigno è stato disinnescato, ma poteva esplodere. Era avvolto da ritagli di giornali che inneggiavano al ritorno del leghista all'Interno. Solidarietà di Pd e Raggi alla ministra Lamorgese.

Tensione politica permanente che è sfociata in atto intimidatorio. E poteva finire peggio. Un pacco bomba destinato al Viminale è stato infatti intercettato nell’ufficio smistamento delle Poste in via Ostiense, a Roma, e disinnescato dagli artificieri della polizia.

INNESCO CON BATTERIE: POTEVA ESPLODERE

Il ritrovamento, di cui scrive il sito di Leggo, risale a fine ottobre. Stando a quanto confermano gli investigatori, il pacco poteva esplodere: all’interno c’era innesco con batterie collegato a un contenitore con della polvere pirica.

ESCLUSA LA MATRICE ANARCO-INSURREZIONALISTA

Sono partite le indagini, ma dai primi accertamenti svolti dalla Digos e dall’Antiterrorismo, coordinati dalla procura di Roma, si escluderebbe una matrice anarcoinsurrezionalista. Secondo Leggo dentro la busta che avvolgeva la bomba c’erano alcuni ritagli di quotidiani che auspicavano il ritorno di Matteo Salvini al Viminale.

DECISIVO L’ESAME AI RAGGI X

Il plico era indirizzato genericamente al «ministero dell’Interno», senza che vi fosse indicato un destinatario. A intercettarlo è stato uno degli impiegati delle Poste, insospettito da ciò che aveva visto quando il pacco è stato esaminato ai raggi x. Dall’ufficio postale hanno immediatamente chiamato gli artificieri, che hanno analizzato il pacco e disinnescato l’ordigno.

IL PD: «CRESCONO GLI EPISODI PREOCCUPANTI»

Dopo la notizia sono arrivati i primi commenti di solidarietà. Il Partito democrartico con una nota di Roberta Pinotti ha scritto: «Siamo vicini al ministro Lamorgese e alle donne e agli uomini che lavorano al Viminale, per il grave gesto intimidatorio. Rivolgiamo il nostro ringraziamento alle forze dell’ordine per la costante azione in difesa della sicurezza dei cittadini e delle istituzioni, che, anche in questo caso, ha consentito di evitare danni alle persone. Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un crescente numero di episodi preoccupanti, tesi a creare tensione e allarme. Quanti perseguono tali obiettivi, sappiano che le istituzioni repubblicane sono salde e non si faranno intimorire».

RAGGI: «SI FACCIA SUBITO CHIAREZZA»

Su Twitter la sindaca di Roma Virginia Raggi ha espresso «solidarietà al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e a tutti i dipendenti del ministero. Il pacco bomba destinato al Viminale è un episodio inquietante. Si faccia subito chiarezza. Le istituzioni sono unite e non si lasciano intimidire».

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Bechis apparecchia il tavolo sovranista. Ed è subito Pera

Il direttore del Tempo ha organizzato un convegno sull'Europa con (e per) Salvini. Tra gli ospiti anche l'ex presidente del Senato. Vedi mai che alle prossime elezioni spunti un seggio a Palazzo Madama?

Dopo Bruno Vespa, che ha scritto il suo solito libro di fine autunno sull’impossibilità che ritorni il fascismo con il neanche troppo velato effetto di assolvere politicamente Matteo Salvini – che infatti ha sostituito Silvio Berlusconi, tradizionalmente sempre presente, nella pomposa presentazione del medesimo volume – ora tocca a Franco Bechis darsi da fare per dare una mano al capo della Lega

UNA CONFERENZA SALVINIANA

Il direttore del Tempo ha infatti organizzato nel pomeriggio del 4 dicembre un evento a Roma dal titolo eloquente «Il ratto di Europa. Obiettivi dei padri, delusione dei figli», di cui Salvini sarà ospite d’onore. Ma l’operazione è salviniana non solo per il contenuto, decisamente critico verso l’Unione europea, ma anche per l’ingaggio di qualche personalità di spicco che, nel vuoto pneumatico di uomini spendibili che ruotano intorno all’ex ministro degli Interni, potrebbero far molto comodo a Salvini. 

GERVASONI, IL PROF SOVRANISTA

Il primo è il professor Marco Gervasoni, noto alle cronache per essere stato allontanato dall’insegnamento alla Luiss – e infatti viene presentato come docente all’Università del Molise – per un tweet in cui sosteneva la necessità di affondare la nave della ong Sea Watch. Dato più in sintonia con Giorgia Meloni che con Salvini, il docente sovranista – che non a caso non scrive più sul Messaggero, di cui è stato a lungo editorialista – si sarebbe molto avvicinato a quest’ultimo per il quale svolgerebbe un ruolo di maître à penser.

RIAPPARE CARLO MALINCONICO

Il secondo è anche lui un epurato: il giurista Carlo Malinconico. Già sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Monti con delega all’editoria, tema di cui era esperto per aver fatto il presidente della Fieg, dovette dare le dimissioni (gennaio 2012) per un polverone mediatico sollevato dalla notizia che era stato omaggiato di alcuni soggiorni all’hotel Il Pellicano di Porto Ercole pagati dall’imprenditore Francesco De Vito Piscicelli in cambio di presunti favori. Da quel momento Malinconico è uscito dalla scena pubblica e fa l’avvocato avendo aperto uno studio proprio. Ma ora viene dato di nuovo in pista proprio grazie a Salvini. 

PERA SI AVVICINA A SALVINI?

Ma è il terzo nome quello che fa più scalpore: Marcello Pera. L’ex presidente del Senato, da tempo politicamente in sonno, ha interrotto ogni rapporto con Silvio Berlusconi e si è avvicinato ad alcuni ambienti ecclesiastici nonostante un tempo fosse un professore seguace di Karl Popper. Ora si dice che sia monsignor Rino Fisichella sia il direttore del Tempo abbiano fatto in modo che Pera e Salvini si parlino. Vedi mai che alle prossime elezioni rispunti un seggio senatoriale per l’ex presidente di palazzo Madama?

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Perché le bugie di Salvini e Meloni porteranno l’Italia alla rovina

La guerra al Mes ripete un copione già visto che ci isolerà in Europa e causerà divisioni interne. Davanti a questa minaccia, la sinistra dovrebbe avere l'umiltà di unirsi per costruire un muro di resistenza civile.

Matteo Salvini dichiara di saper nulla del Salva Stati di cui ieri si è discusso in parlamento.

Le notizie su quell’accordo inter-Stati, come è stato ben detto durante la trasmissione Tagadà, erano invece sui maggiori giornali quando Salvini era ministro degli Interni con Giuseppe Conte.

Forse in quei giorni aveva già bevuto troppi moijto per sfogliare il Corriere della Sera, che va letto da sobri.

IL POTENZIALE ELETTORATO CREDE ALLE SCIOCCHEZZE DELLA DESTRA

Il guaio è che una gran parte dell’elettorato potenziale crede alle  sciocchezze di Salvini e di Giorgia Meloni dimenticando come i due abbiano nel proprio passato, o comunque in quello dei loro partiti, uno degli episodi più vergognosi e menzogneri della Storia d’Italia. Furono loro che stabilirono (cioè costrinsero il parlamento a votare) che la ragazza di Silvio Berlusconi era la nipote di Mubarak. Anche la battagliera Meloni, fustigatrice di presunte bugie di altri e dimentica delle proprie.

UN COPIONE GIÀ VISTO

Quello che viene fuori in questi giorni dalla destra è una sorta di ripetizione del copione che l’ha portata sulla cresta dell’onda. Si intimoriscono i risparmiatori, si favoleggia contro l’Europa (poi, come fa Salvini, si tratta sottobanco per entrare nel Partito popolare europeo) e quando si sarà fatta strada negli italiani di esser alla rovina si ritornerà sui migranti. La paura della miseria, l’odio verso la casta europea precedono sempre la xenofobia.

LEGGI ANCHE: La svolta moderata di Salvini è una barzelletta

È il copione della destra degli Anni 20 e 30. Ma non faccio paragoni con Mussolini e Hitler. Salvini e Meloni sono su un livello molto più modesto e saranno d’ora in poi impegnati in una battaglia fratricida per la leadership

PER IL PAESE SI AVVICINA UN’ALBA TERRIBILE

Perché è importante sottolineare che Salvini e Meloni sono due politici che dicono cose non vere, che agitano temi in cui non credono, e che addirittura attaccano posizioni da loro difese precedentemente? Per una ragione assai semplice. Perché, con buona pace di Alessandro Campi, politologo raffinatissimo e critico intelligente della sinistra, con questi due imbroglioni l’alba che si avvicina sarà terribile e porterà al governo, ancora una volta, la peggiore classe dirigente del Paese. Forse è bene che noi italiani si beva l’amaro calice fino in fondo. Forse è necessario immaginare scelte politiche, come quella delle Sardine, che sappiano smontare la catena di odio che viene fuori dagli interventi di Meloni e Salvini. Questa Italia che potrebbe uscire dalle prossime elezioni non sarà più un Paese europeo. Forse non sarà più un Paese. Non sarà un Paese europeo perché chi mai potrà fidarsi di questa classe dirigente di incendiari senza progetto? Non sarà un Paese perché la tentazione del potere assoluto tornerà a farsi viva e troverà una riposta adeguata che dividerà gli italiani.

È NECESSARIO COSTRUIRE UN MURO DI RESISTENZA CIVILE

Non capirò mai perché di fronte a questi due incompetenti che rischiano di prendersi l’Italia non si trovi l’umiltà di unirsi a sinistra. Dai giovani, dai movimenti delle donne questa richiesta viene. È un delitto non capirlo: chi vorrà sottrarsi a questo compito di creare un muro di resistenza civile contro la coppia dei facinorosi porterà grandi responsabilità. Loro non ci porteranno al fascismo. Non non ne sono capaci e noi li fermeremo prima. Ma percorreranno fino in fondo la strada dell’isolamento dell’Italia dall’Europa e della divisione degli italiani. Insisto: i pensosi intellettuali di destra sono soddisfatti? Avete un problema.

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