Renzi apre a Salvini ma solo se «si sposta al centro»

L'ultima dell'ex segretario dem? Per rilanciare Italia viva in calo nei sondaggi apre addirittura a un'alleanza con... la Lega. «Mai dire mai». La sparata a Porta a porta. Ma poco dopo arriva una smentita: «Frase mai detta».

Una boutade, ma forse neanche troppo. È quella che Matteo Renzi ha lanciato rispondendo a Bruno Vespa e Paolo Mieli durante Porta a Porta. «Matteo Salvini cercherà di spostarsi al centro», ha spiegato l’ex segretario del Partito democratico. «Italia viva è una calamita e porterà a una polarizzazione al centro, scommetto che la sfida dei prossimi due-tre anni non sarà degli estremismi, ma al centro». Poi il colpo di teatro: «Un’alleanza con Salvini al centro? Mai dire mai… credo proprio che vedere Vespa con il popcorn vale il prezzo del biglietto».

L’UFFICIO STAMPA PRECISA: «FRASE MAI PRONUNCIATA»

Una mossa che è arrivata in un momento delicato per la nuova creatura dell’ex sindaco di Firenze che nei sondaggi ha perso poco meno di mezzo punto scivolando al 5%. Poco prima della messa in onda della puntata però l’ufficio stampa del leader di Italia viva è corso ai ripari con una nota: «La frase che viene attribuita a Matteo Renzi sull’alleanza con Salvini non è mai stata pronunciata. Basterà vedere la puntata per rendersene conto».

LE SCHERMAGLIE DA VESPA SOLO UN MESE FA

Meno di un mese fa i due si era sfidati sempre a Porta a Porta in un duello molto duro. Lo stesso Renzi aveva apostrofato il capo del Carroccio come uno che «fa una politica di spot da 27 anni e non ha portato a casa nulla» e una banderuola tra euro e Padania. Allo stesso tempo l’ex ministro dell’Interno gli aveva risposto apostrofandolo come un «genio incompreso» e che «gli italiani non se ne sono accorti».

LE STOCCATE AL PD TRA RISULTATI ELETTORALI E IUS SOLI

Nel corso del suo intervento del 19 novembre Renzi ha parlato anche del suo ex partito, non risparmiando stoccate, in particolare sulla delicata questione del ius soli: «Trovo sia ipocrita proporre una legge che non si è avuta la forza di fare quando c’erano i numeri», ha spiegato l’ex rottamatore, che ha poi attaccato in particolare Gianni Cuperlo che lo aveva accusato di aver lasciato i dem al 18%: «Io sono quello che ha portato il Pd al 40%, che non c’era mai stato, al 18% e al 16% c’erano i Ds».

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Un sistema a punti per rimborsare chi paga con carte e bancomat

Per i più "virtuosi" il cashback potrebbe arrivare fino a 2 mila euro. Come cambia il decreto fiscale con la conversione in legge.

Un sistema a punti per rimborsare chi effettua pagamenti digitali, che premierà di più chi paga con carte di credito e bancomat il meccanico o l’idraulico rispetto a chi usa questi metodi per fare la spesa al supermercato.

Con la conversione in legge del decreto fiscale, il governo sta predisponendo una delle misure-chiave per promuovere la moneta elettronica, che potrebbe fruttare ai più “virtuosi” fino a 2 mila euro di cashback.

La riforma partirebbe a luglio, dunque entrerebbe in vigore nella seconda parte del 2020.

LEGGI ANCHE: Dalla plastic tax all’Imu, raffica di emendamenti alla manovra

IL PD CHIEDE DI AZZERARE LE COMMISSIONI BANCARIE PER LE PICCOLE TRANSAZIONI

La spinta passerà anche per «tagli drastici» alle commissioni bancarie, come promesso dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Il Pd, con un apposito emendamento, ha chiesto addirittura di azzerarle entro i 15 euro.

I RITOCCHI SULLE MISURE ANTI-EVASIONE

Tra le modifiche più attese al decreto fiscale ci sono anche quelle che riguardano il carcere per i grandi evasori, ovvero per chi evade più di 100 mila euro. Per il premier Giuseppe Conte si tratta di una «battaglia di giustizia sociale», ma Italia viva ne aveva chiesto l’abolizione. Di sicuro sarà rivista la normativa sulle ritenute negli appalti e qualche ritocco potrebbe arrivare anche sulle indebite compensazioni.

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Come costi e burocrazia soffocano la musica dal vivo nei locali

La Fipe, Federazione italiana dei pubblici esercizi, ha presentato una serie di proposte per valorizzare i locali. Sul tavolo sgravi fiscali, depenalizzazione del reato di disturbo della quiete e migliore disciplina Siae.

Depenalizzare il reato di disturbo della quiete e del riposo delle persone, prevedere sgravi fiscali per i locali che intendono adeguarsi alla normativa sull’impatto acustico, ridurre i costi della Siae per i giovani artisti e sottrarre la disciplina sugli spettacoli al controllo del Ministero degli interni. Sono le proposte illustrare dal consigliere delegato di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, Rodolfo Citterio, nel corso di un incontro per valorizzare i locali e la musica dal vivo, che mirano a consolidare un settore fondamentale che muove un volume d’affari di un miliardo di euro l’anno.

LA BUROCRAZIA DIETRO LE PERFORMANCE

«Negli ultimissimi anni sono spuntati troppi paletti che rendono impossibile, per chi gestisce un bar o un ristorante, organizzare spettacoli dal vivo», ha spiegato Citterio, «basta che ci sia un piccolo palco o che sia previsto un sovrapprezzo per la prima consumazione ed ecco che una performance live in un locale da 150 persone viene equiparato a un vero e proprio concerto in piazza. Un’assurdità che penalizza anche i giovani talenti che spesso vedono in queste serate un trampolino di lancio».

SPOSTARE GLI SPETTACOLI DAL MINISTERO DEGLI INTERNI

Per Citterio «bisogna spostare la disciplina degli spettacoli in un altro ministero che non sia quello degli Interni, altrimenti continueranno ad essere vissuti solo come tema di ordine pubblico. Ma soprattutto occorre lavorare sugli incentivi economici». Fipe si è augurata che «il governo come anche i Comuni faccia la loro parte, prendendo spunto da Bologna e Milano che da anni stanno lavorando molto bene, tanto che su 3 mila spettacoli musicali organizzati in Italia nel 2017, mille si sono svolti in provincia di Milano».

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Sciopero di 24 ore del trasporto aereo il 13 dicembre

I sindacati hanno proclamato la sospensione dal lavoro per protestare contro la mancanza di sviluppi sul fronte Alitalia e la mancata applicazione del contratto e di nuovi finanziamenti per il fondo solidarietà.

Uno sciopero di 24 ore alle porte del periodo natalizio. Il 19 novembre i sindacati del trasporto aereo hanno annunciato la sospensione dal lavoro per la giornata del 13 dicembre. Le motivazioni? La crisi infinita di Alitalia – sul salvataggio della quale proprio lo stesso giorno Atlantia ha tirato il freno a mano -, e la mancanza di condizioni uguali per i lavoratori del settore. Per questo nell’annunciare lo sciopero Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto aereo chiedono anche a tutte le aziende l’applicazione del contratto di settore, e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà.

LEGGI ANCHE: Atlantia frena sull’offerta ad Alitalia

«I PROBLEMI DI ALITALIA SONO IMMUTATI»

Lo sciopero, che fa seguito a quello di 4 ore dello scorso 26 luglio, è proclamato «a seguito della grave crisi che imperversa nel settore del Trasporto aereo e per il proliferare di situazioni fallimentari, in alcuni casi della stessa impresa più volte nel tempo, come nella vicenda Alitalia». «Permangono immutate», si legge nella proclamazione, «tutte le problematiche che hanno determinato la crisi della principale compagnia italiana, ovvero il gruppo Alitalia in amministrazione straordinaria, e non sussistono al momento certezze, al di là delle dichiarazioni di intenti, circa il fatto che essa si possa concludere senza impatti sul fronte del lavoro, in termini di esuberi di lavoratori e lavoratrici e di paventati quanto insostenibili tagli al costo del lavoro, sia per i dipendenti diretti della compagnia che per quelli delle imprese dell‘indotto, effetti «inaccettabili» che i sindacati «ribadiscono ancora una volta di non voler minimamente accettare».

CHIESTA UNA RIFORMA COMPLESSIVA DEL COMPARTO

Alitalia «sta attualmente applicando la Cigs ad oltre 1000 lavoratori del personale di terra e di volo, oltre a presentare una serie di criticità contrattuali non risolte», ricordano i sindacati, evidenziando che questo aggrava «un quadro già altamente critico in termini di incertezza rispetto al futuro aziendale ed al piano industriale della nuova Alitalia» su cui le quattro sigle «chiedono, inascoltate, da mesi l’avvio di un confronto». Oltre a questo, c’è «la non più procrastinabile necessità di dare finalmente corso ad una profonda riforma del comparto del Trasporto Aereo, intervenendo sulle asimmetrie competitive che penalizzano da anni le imprese italiane». «Permane infine – concludono i sindacati – la necessità di prevedere una adeguata e strutturale alimentazione del Fondo di Solidarietà del Trasporto Aereo, in prospettiva dell’avvicinarsi di un altro possibile pesante aggravamento della crisi del settore».

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Sciopero di 24 ore del trasporto aereo il 13 dicembre

I sindacati hanno proclamato la sospensione dal lavoro per protestare contro la mancanza di sviluppi sul fronte Alitalia e la mancata applicazione del contratto e di nuovi finanziamenti per il fondo solidarietà.

Uno sciopero di 24 ore alle porte del periodo natalizio. Il 19 novembre i sindacati del trasporto aereo hanno annunciato la sospensione dal lavoro per la giornata del 13 dicembre. Le motivazioni? La crisi infinita di Alitalia – sul salvataggio della quale proprio lo stesso giorno Atlantia ha tirato il freno a mano -, e la mancanza di condizioni uguali per i lavoratori del settore. Per questo nell’annunciare lo sciopero Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto aereo chiedono anche a tutte le aziende l’applicazione del contratto di settore, e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà.

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«I PROBLEMI DI ALITALIA SONO IMMUTATI»

Lo sciopero, che fa seguito a quello di 4 ore dello scorso 26 luglio, è proclamato «a seguito della grave crisi che imperversa nel settore del Trasporto aereo e per il proliferare di situazioni fallimentari, in alcuni casi della stessa impresa più volte nel tempo, come nella vicenda Alitalia». «Permangono immutate», si legge nella proclamazione, «tutte le problematiche che hanno determinato la crisi della principale compagnia italiana, ovvero il gruppo Alitalia in amministrazione straordinaria, e non sussistono al momento certezze, al di là delle dichiarazioni di intenti, circa il fatto che essa si possa concludere senza impatti sul fronte del lavoro, in termini di esuberi di lavoratori e lavoratrici e di paventati quanto insostenibili tagli al costo del lavoro, sia per i dipendenti diretti della compagnia che per quelli delle imprese dell‘indotto, effetti «inaccettabili» che i sindacati «ribadiscono ancora una volta di non voler minimamente accettare».

CHIESTA UNA RIFORMA COMPLESSIVA DEL COMPARTO

Alitalia «sta attualmente applicando la Cigs ad oltre 1000 lavoratori del personale di terra e di volo, oltre a presentare una serie di criticità contrattuali non risolte», ricordano i sindacati, evidenziando che questo aggrava «un quadro già altamente critico in termini di incertezza rispetto al futuro aziendale ed al piano industriale della nuova Alitalia» su cui le quattro sigle «chiedono, inascoltate, da mesi l’avvio di un confronto». Oltre a questo, c’è «la non più procrastinabile necessità di dare finalmente corso ad una profonda riforma del comparto del Trasporto Aereo, intervenendo sulle asimmetrie competitive che penalizzano da anni le imprese italiane». «Permane infine – concludono i sindacati – la necessità di prevedere una adeguata e strutturale alimentazione del Fondo di Solidarietà del Trasporto Aereo, in prospettiva dell’avvicinarsi di un altro possibile pesante aggravamento della crisi del settore».

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Greggio sì, Segre no: la strana concezione di cittadinanza onoraria di Biella

Premiato il popolare conduttore una settimana dopo il rifiuto di dare il riconoscimento alla senatrice a vita sopravissuta ai lager nazisti. Il Pd: «Ridicola provocazione». Il sindaco è Corradino, della Lega.

Una sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti e sentatrice a vita sotto scorta no. Un popolare conduttore televisivo sì. Strane le scelte del Comune di Biella in tema di cittadinanza onoraria. La proposta di darla a Liliana Segre è stata rifiutata, mentre Ezio Greggio dopo una settimana l’ha ottenuta. La decisione è stata presa con l’approvazione di una delibera della Giunta di centrodestra: il sindaco è il leghista Claudio Corradino, eletto a giugno del 2019.

Segre no, Greggio sì dopo una settimana. La tempistica è da brivido. Una ridicola provocazione


Paolo Furia del Pd piemontese

Greggio si unisce così a una cerchia ristretta di personalità del territorio che si sono particolarmente distinte in diversi ambiti, come lo stilista Nino Cerruti e l’artista Michelangelo Pistoletto. Contro l’iniziativa però si è scagliato Paolo Furia, segretario regionale del Partito democratico in Piemonte: «Non c’è nulla di male di per sé», ha scritto su Facebook, «in un titolo di onorificenza a Ezio Greggio; ma la tempistica è da brivido. Farlo esattamente la settimana dopo aver bocciato la richiesta di dare la cittadinanza onoraria a Liliana Segre (ex deportata a Auschwitz, cui sono state date minacce antisemite nelle ultime settimane), è una ridicola provocazione».

RICONOSCIMENTO PER LA CARRIERA E IL SOCIALE

Le motivazioni che hanno indotto il sindaco Corradino a offrire a Greggio il riconoscimento sono legate alla carriera, all’impegno rivolto al sociale e al forte legame mantenuto con la città natale, Cossato. «Si conferisce a Ezio Greggio», è il testo, «il titolo di cittadino onorario per la popolarità televisiva come conduttore, giornalista, attore e regista; per il suo costante impegno attraverso l’associazione “Ezio Greggio per i bambini prematuri“; per aver contribuito a diffondere in Italia e nel mondo il nome di Biella». Il sindaco, dopo l’elezione nel 2019, fece a piedi un percorso fino al Santuario di Oropa a Biella per ringraziare la Madonna. La Segre percorse a piedi la “marcia della morte”, dopo l’evacuazione del lager, da Auschwitz fino a Ravensbrück: circa 600 chilometri. Distanze diverse, storie diverse, spessore umano diverso.

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Cosa c’è dietro lo scontro tra California e Fca sulle emissioni

Braccio di ferro tra il Golden State e alcune case automobilistiche. Il governo di Sacramento ha vietato gli acquisti per le auto dello Stato dai produttori vicini alle politiche di Trump sulle emissioni.

La California è passata al contrattacco e vietato gli acquisti di auto prodotte dalle case automobilistiche che si sono schierate con l’amministrazione Trump nella battaglia sulle emissioni. Si tratta di General Motors, Fca, Toyota e altri costruttori, le cui vetture non potranno più essere acquistate dalle agenzie del Golden State a partire probabilmente da gennaio 2020.

«Le case automobilistiche che hanno scelto di schierarsi sul lato sbagliato della storia perderanno il potere di acquisto della California» ha affermato il governatore dello stato, Gavin Newsom sfidando Donald Trump, ‘colpevole’ a suo avviso di voler abbassare gli standard sulle emissioni e strappare allo stato l’autorità di fissare i propri target in termini di inquinamento.

Non è chiaro quale sarà l’impatto preciso della decisione della California sui conti delle case automobilistiche ‘boicottate’: secondo i dati del New York Times il governo dello Stato conta su 51.000 auto, ma ne acquista 2.000-3.000 l’anno. Dei veicoli in suo possesso circa 14.000 sono Ford, 10.000 sono Gm, 4.000 Fca e 1.200 Toyota. Secondo Automotive News, fra il 2016 e il 2018 la California ha acquistato auto Gm per 58,6 milioni di dollari, Fca per 55,8 milioni di dollari, Toyota per 10,6 milioni di dollari e Nissan per 9 milioni.

POSSIBILI ACQUISTI DIROTTATI SU BMW, FORD E VOLKSWAGEN E HONDA

La Casa Bianca non ha commentato la sfida della California. Gm si è limitata, con un suo portavoce, a precisare che il divieto ridurrà la possibilità di scelta dello Stato in termini di auto economiche e pulite. Ma Sacramento non è sembrata impaurita e ha ritenuto di poter contare su una vasta scelta visto il numero di case automobilistiche che ha sposato la causa della California sulle emissioni: le agenzie statali potranno infatti acquistare più Bmw, Ford, Volkswagen e Honda, i costruttori che hanno sposato la battaglia dello Stato per auto più verdi.

IL BRACCIO DI FERRO TRA CALIFORNIA E WASHINGTON

Lo scontro fra la California e l’amministrazione Trump sulle emissioni ha avuto come risultato quello di spaccare l’industria automobilistica. Bmw, Honda, Volkswagen e Ford hanno raggiunto un accordo con lo Stato per seguire le sue regole sulle emissioni, le più stringenti negli Stati Uniti. Gm, Fca e Toyota hanno invece scelto di schierarsi con Trump nella convinzione che sia il governo federale e non la California a dover dettare gli standard sulle emissioni di auto e mezzi pesanti. Posizioni contrastanti che rischiano di aver come effetto solo quello che siano i consumatori e l’ambiente a pagarne le conseguenze.

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L’impatto degli eventi climatici estremi nelle città italiane

Nel 2018 sono stati 148, con un bilancio di vittime e danni di gran lunga superiore rispetto agli ultimi cinque anni. Cosa dice il rapporto "Il clima è già cambiato" di Legambiente.

Il clima è già cambiato. E le città italiane, da Nord a Sud, ne pagano le conseguenze. L’acqua alta a Venezia ce lo ha ricordato, ma soltanto nel 2018 il nostro Paese è stato colpito da 148 eventi meteorologici estremi, che hanno causato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati. Un bilancio di gran lunga superiore alla media degli ultimi cinque anni.

I numeri più aggiornati sono contenuti nel rapporto 2019 dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente, realizzato in collaborazione con Unipol e intitolato per l’appunto Il clima è già cambiato. L’impatto degli eventi estremi mostra chiaramente l’urgenza di quella che l’associazione definisce una «nuova politica di adattamento», e di robusti interventi per «fermare il dissesto idrogeologico».

Dal 2010 in poi i Comuni italiani che hanno subito danni rilevanti a causa del maltempo sono stati 350, con 563 eventi meteorologici estremi che hanno causato, tra le altre cose, 73 giorni di stop a metro e treni e 72 giorni di blackout. Le città colpite dal maggior numero di eventi estremi sono state Roma (33), Milano (25), Genova (14), Napoli (12), Palermo (12), Catania (9), Bari (8), Reggio Calabria (8) e Torino (7). Legambiente ha realizzato anche una mappa interattiva.

Gli eventi meteorologici estremi che hanno colpito l’Italia tra il 2010 e il 2018 (fonte: Legambiente).

TEMPERATURE IN CONTINUA CRESCITA

Il rapporto CittàClima 2019 evidenzia poi come la temperatura nelle nostre città sia in continua crescita, e a ritmi maggiori rispetto al resto del Paese: la media nazionale delle aree urbane è di +0,8 gradi centigradi nel periodo 2001-2018 rispetto alla media del periodo 1971-2000. Con picchi particolarmente elevati a Milano (+1,5 gradi), Bari (+1) e Bologna (+0,9).

ALLAGAMENTI, TROMBE D’ARIA E FRANE

Nei 350 Comuni Italiani colpiti da eventi estremi si sono verificati 211 allagamenti da piogge, 193 danni alle infrastrutture, 123 trombe d’aria, 75 esondazioni fluviali, 20 frane e 14 danni al patrimonio da piogge intense. Il maggior numero di danni alle infrastrutture si è verificato a Roma con 11 eventi, seguita da Napoli con 8 e da Genova, Palermo e Reggio Calabria con 6. A Milano, invece, è record di esondazioni fluviali: 18 negli ultimi 10 anni.

IL NODO DELL’ACCESSO ALL’ACQUA

L’accesso all’acqua è un altro problema rilevante. In una prospettiva di lunghi periodi di siccità, rischia di diventare sempre più difficile da garantire. Già oggi la situazione è complicata. Basti pensare che nel 2017 nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) le portate medie annue hanno registrato una riduzione media complessiva del 39,6% rispetto alla media del trentennio 1981-2010.

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Alitalia, Atlantia avverte il governo: «Non ci sono le condizioni per l’offerta»

Dura nota della società Benetton che, in «mancanza di significative evoluzioni», informa che per ora non aderisce al consorzio per rilanciare la compagnia di bandiera. Ma il confronto resta aperto.

Alitalia, storia infinita. In teoria ci si aspettava di chiudere la fase dell’offerta il 21 novembre. E invece a 48 dalla data prevista, uno dei tasselli principali e il più controverso per rimettere insieme il puzzle della compagnia di bandiera italiana tira il freno a mano. Atlantia, la società dei Benetton che controlla Autostrade per l’Italia, il 19 novembre ha diffuso una comunicazione che suona come un avvertimento al governo: «Preso atto della mancanza di significative evoluzioni» nelle problematiche rappresentate il 15 ottobre scorso, si legge nel comunicato, la società «informa che allo stato non si sono ancora realizzate le condizioni necessarie per l’adesione della società al Consorzio finalizzato alla presentazione di un’eventuale offerta vincolante su Alitalia». La nota precisa tuttavia che «resta in ogni caso ferma la disponibilità a proseguire il confronto per l’individuazione del partner industriale e per la definizione di un business plan condiviso, solido e di lungo periodo per il rilancio di Alitalia».

INDETTO LO SCIOPERO NAZIONALE DEL TRASPORTO AEREO IL 13/12

Il perdurare della crisi della compagnia aerea è anche alla base dello sciopero nazionale di 24 ore del trasporto aereo che i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl hanno indetto per venerdì 13 dicembre. Oltre ad Alitalia le organizzazioni dei lavoratori del comparto chiedono a tutte le aziende l’applicazione del contratto di settore, e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà del trasporto aereo.

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Chi sono le Sardine, il movimento dei flash mob contro Salvini

Il gruppo è nato in opposizione all'ex ministro dell'Interno e alla sua candidata alle elezioni regionali dell'Emilia-Romagna, Lucia Borgonzoni. Ma ora il gruppo ha varcato i confini della regione e ha messo in programma decine di manifestazione in altrettante piazze italiane. Tra cui Milano.

Si chiamano Mattia, Andrea, Giulia e Roberto i quattro giovani poco più che trentenni che hanno dato il via al movimento delle sardine, il gruppo di protesta che a Bologna ha portato in piazza Maggiore 14 mila persone e a Modena oltre 6 mila. L’obiettivo iniziale era quello di battere nei numeri l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, radunando in piazza un numero di persone più alto di quello raggiunto nel suo comizio al PalaDozza. Tuttavia, dopo il risultato raggiunto, altre piazze hanno risposto all’appello contro il segretario leghista. La prima è stata Modena, con la manifestazione di lunedì 18 novembre. E sono pronte Reggio Emilia, il 23, Rimini, il 24. E poi Parma, il 25, Genova, il 28, Firenze, il 30, Torino e Milano che si sta organizzando per domenica primo dicembre.

LA PRIMA ORGANIZZAZIONE

Tutto è nato da un’idea del 32enne bolognese Mattia Santori, laureato in Scienze politiche e istruttore di frisbee. Ad aiutarlo i tre amici ed ex coinquilini conosciuti ai tempi dell’università: Andrea Gareffa, guida turistica, Roberto Morotti, ingegnere e Giulia Trappoloni, fisioterapista. La protesta di Bologna, organizzata nell’arco di appena sei giorni, ha coinvolto 14 mila persone. I ragazzi hanno promosso l’iniziativa sia tramite i social, Facebook in particolare, sia personalmente, grazie al volantinaggio e alla distribuzione di piccoli ritagli di cartone a forma di sardina.

LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO

Il nome “sardine”, che è stato in seguito registrato come marchio, è stato scelto per il suo valore simbolico: la sardina è un pesce piccolo e indifeso, ma che spostandosi in gruppo riesce a “fare massa”.

LE SARDINE DI BOLOGNA

A Bologna le sardine erano 14 mila. La protesta è stata pacifica e rispettosa, ma anche fortemente critica, sia nei confronti del segretario leghista Matteo Salvini sia nei confronti della sua candidata alle regionali dell’Emilia-Romagna, Lucia Borgonzoni. Per scelta dei quattro organizzatori non sono state esposte bandiere di partito né simboli di altro genere, tuttavia molti politici di sinistra hanno fatto i complimenti e mostrato solidarietà nei confronti dei manifestanti.

LE SARDINE DI MODENA

Dopo Bologna, è venuta la protesta di Modena, per la quale lunedì 18 novembre si sono raccolte in piazza Grande tra le 6 e le 7 mila persone. Inizialmente il flash mob era previsto in piazza Mazzini, ma a causa dell’alto numero di adesioni il punto di ritrovo è stato modificato. Ad organizzarlo sono stati gli studenti di ingegneria Jamal Hussein e Samar Zaoui.

LE SARDINE DI PARMA

La terza manifestazione in programma per le sardine è quella di Parma, prevista per lunedì 25 novembre in piazza Duomo. L’appuntamento, che è stato rilanciato da molte personalità politiche e dall’Anpi locale, ha ricevuto il plauso anche del sindaco della città, Federico Pizzarotti, che ha così commentato l’iniziativa: «Quattro semplici ragazzi hanno sconfitto la grande macchina del populismo, la “Bestia“, la paura, i numeri, l’organizzazione e gli staff. Hanno spezzato da soli ogni singolo schema».

LE SARDINE DI GENOVA

Il flash mob delle sardine genovesi è in programma per giovedì 28 novembre in piazza De Ferrari e ha già raccolto, sui social, oltre 4 mila adesioni. L’organizzatore, che si chiama Roberto Revelli ed è un educatore impegnato nel sociale, ha stabilito che le modalità di partecipazione saranno esattamente le stesse di Bologna, ossia: «Nessun insulto, nessun simbolo, nessun partito».

LE SARDINE DI FIRENZE

A Firenze le sardine scendono in piazza il 30 novembre, in occasione della visita del leader leghista per l’apertura della campagna elettorale (per le amministrative) in Toscana. A guidare la manifestazione il 21enne Bernard Dika, di origini albanesi con un passato da militante nel Partito democratico.

LE SARDINE DI TORINO

La manifestazione di Torino non ha ancora una data, ma ha già raccolto l’adesione di oltre 20 mila persone. Uno degli organizzatori, Paolo Ranzani, sull’argomento ha dichiarato: «Agite di testa e non di pancia, distinguetevi. Non cercate di ragionarci, vi porterebbe nel campo dell’ignoranza. A tutti gli altri: grazie, siete delle sardine bellissime».

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Dall’India è in arrivo la prima “pillola” anticoncezionale maschile

Secondo l'Hindustan Times negli ultimi trials il farmaco ha avuto il 97,3% di risultati positivi e senza effetti collaterali. Si tratta di un prodotto da iniettare già inviato all'Agenzia del farmaco indiana per l'approvazione.

Potrebbe cambiare le nostre abitudini sessuali e avere effetti sociali non da poco: dall’India con tutta probabilità arriverà la pillola maschile. L‘Istituto indiano per la ricerca medica (Indian Council of Medical Research, ICMR) ha infatti completato con successo l’ultima fase dei trials clinici sul primo contraccettivo destinato al maschio, un prodotto iniettabile, che è stato inviato recentemente, per l’approvazione, all‘Agenzia del farmaco indiana, la Drug controller general of India, Dcgi. La notizia è stata anticipata da alcuni ricercatori coinvolti nel progetto, secondo i quali, scrive il quotidiano Hindustan Times, il farmaco avrebbe efficacia per almeno tredici anni.

GLI EFFETTI DURANO 13 ANNI

Pensato come sostituto alla vasectomia chirurgica, il contraccettivo ha una durata di ben tredici, dopodiché perde la sua potenza, spiega il quotidiano di New Delhi. Ricerche simili sono in corso anche negli Stati Uniti dove però sono ancora in fase di sviluppo e in Gran Bretagna dove una pillola maschile ha dato come effetti collaterali acne e cattivo umore e ne è stato bloccato lo studio. Quella dell‘Icmr, istituto biomedico finanziato dal governo di New Delhi, è la ricerca più avanzata a livello globale.

IL 97,3% DI RISULTATI POSITIVI

La terza fase del trial, appena conclusa, è stata condotta su 303 candidati, con il 97,3 di risultati positivi, e senza che siano stati riportati effetti collaterali. «Il farmaco è pronto e può essere definito il primo contraccettivo maschile del mondo», ha detto il dottor Rs Sharma, ricercatore senior dell’Icmr, che ha condotto la supervisione dei trial. L’Icmr è la più qualificata agenzia governativa indiana per la ricerca biomedica, sotto l’egida del ministero della Salute.

ALTRI SETTE MESI PRIMA DELLA FABBRICAZIONE

«Direi che ci vorranno ancora dai sei ai sette mesi prima che tutte le autorizzazioni vengano concesse prima che il prodotto possa essere fabbricato», ha dichiarato all’Hindustan Times VG Sonami, capo dell’agenzia del farmaco indiana. 

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Dall’India è in arrivo la prima “pillola” anticoncezionale maschile

Secondo l'Hindustan Times negli ultimi trials il farmaco ha avuto il 97,3% di risultati positivi e senza effetti collaterali. Si tratta di un prodotto da iniettare già inviato all'Agenzia del farmaco indiana per l'approvazione.

Potrebbe cambiare le nostre abitudini sessuali e avere effetti sociali non da poco: dall’India con tutta probabilità arriverà la pillola maschile. L‘Istituto indiano per la ricerca medica (Indian Council of Medical Research, ICMR) ha infatti completato con successo l’ultima fase dei trials clinici sul primo contraccettivo destinato al maschio, un prodotto iniettabile, che è stato inviato recentemente, per l’approvazione, all‘Agenzia del farmaco indiana, la Drug controller general of India, Dcgi. La notizia è stata anticipata da alcuni ricercatori coinvolti nel progetto, secondo i quali, scrive il quotidiano Hindustan Times, il farmaco avrebbe efficacia per almeno tredici anni.

GLI EFFETTI DURANO 13 ANNI

Pensato come sostituto alla vasectomia chirurgica, il contraccettivo ha una durata di ben tredici, dopodiché perde la sua potenza, spiega il quotidiano di New Delhi. Ricerche simili sono in corso anche negli Stati Uniti dove però sono ancora in fase di sviluppo e in Gran Bretagna dove una pillola maschile ha dato come effetti collaterali acne e cattivo umore e ne è stato bloccato lo studio. Quella dell‘Icmr, istituto biomedico finanziato dal governo di New Delhi, è la ricerca più avanzata a livello globale.

IL 97,3% DI RISULTATI POSITIVI

La terza fase del trial, appena conclusa, è stata condotta su 303 candidati, con il 97,3 di risultati positivi, e senza che siano stati riportati effetti collaterali. «Il farmaco è pronto e può essere definito il primo contraccettivo maschile del mondo», ha detto il dottor Rs Sharma, ricercatore senior dell’Icmr, che ha condotto la supervisione dei trial. L’Icmr è la più qualificata agenzia governativa indiana per la ricerca biomedica, sotto l’egida del ministero della Salute.

ALTRI SETTE MESI PRIMA DELLA FABBRICAZIONE

«Direi che ci vorranno ancora dai sei ai sette mesi prima che tutte le autorizzazioni vengano concesse prima che il prodotto possa essere fabbricato», ha dichiarato all’Hindustan Times VG Sonami, capo dell’agenzia del farmaco indiana. 

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Com’è andato il Forum Multistakeholder di Poste Italiane a Roma

Più di 400 partecipanti alla terza edizione del Forum Multistakeholder. L’ad Del Fante: «Essere sostenibili per Poste Italiane significa condurre il business seguendo regole, percorsi e principi condivisi con tutti i suoi stakeholder».

Poste Italiane ha riunito il 19 novembre a Roma il terzo Forum Multistakeholder per condividere i valori di responsabilità sociale e la strategia di sostenibilità 2020 con tutti i soggetti coinvolti nell’attività dell’azienda. Con questo obiettivo, Poste Italiane ha invitato per una giornata non-stop di confronto e di dialogo più di 400 fra rappresentanti delle comunità territoriali, del mondo finanziario e delle società di rating, delle associazioni di categoria e delle organizzazioni sindacali, del terzo settore, del mondo delle imprese e delle professioni e dei dipendenti.

I SEI PILASTRI DELLA SOSTENIBILITÀ PER POSTE

Il Forum ha offerto un’occasione di riflessione a tutto campo con il concorso di tutte le “voci” della società, del mondo istituzionale e finanziario italiani, per condividere idee e progetti nelle aree individuate dai sei “pilastri” della sostenibilità (integrità e trasparenza, valorizzazione delle persone, sostegno al territorio, customer experience, decarbonizzazione e finanza sostenibile) che ispirano l’operato di pitch, anche in vista della preparazione del prossimo Bilancio integrato.

COSA CONTIENE IL PIANO D’IMPRESA DELIVER 2022

Il Piano d’impresa Deliver 2022 ha infatti definito una strategia di Gruppo che integra obiettivi finanziari e operativi con una chiara visione delle tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG), offrendo così un riferimento operativo e culturale in materia di investimento responsabile. Il Forum, svolto a Roma presso l’Auditorium della Tecnica, ha visto la partecipazione di tutte le categorie di stakeholder con l’obiettivo di raccogliere un ampio numero di contributi, di condividere il maggior numero di esperienze e realizzare una sintesi operativa in grado di svolgere un ruolo di indirizzo e guida per l’attività futura.

DEL FANTE: «SOSTENIBILITÀ NON PIÙ SOLO “PARTE NOBILE” DEL MESTIERE»

Aprendo i lavori, l’Amministratore Delegato di Poste Italiane, Matteo Del Fante, ha illustrato il ruolo svolto dalla sostenibilità nella strategia del Gruppo. «Per Poste Italiane», ha detto l’Ad, «essere sostenibili significa agire in modo responsabile. Non intendiamo più considerare la sostenibilità come un capitolo separato all’interno del Piano industriale, ma renderla una sua parte integrante ed indissolubile. Vogliamo quindi superare il concetto di sostenibilità come “parte nobile” dell’agire per l’azienda: secondo noi essere sostenibili può soltanto significare condurre il business seguendo regole, percorsi e principi condivisi con gli stakeholder, soprattutto per un’azienda, come Poste Italiane, che è per sua natura e caratteristiche al servizio dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione. In definitiva, la sostenibilità è il Piano industriale, i temi ESG sono parte integrante degli obiettivi del Piano Deliver 2022, con particolare focus verso i principi definiti dalle Nazioni Unite per l’Agenda 2030, meglio noti come Sustainable Development Goals».

«SOSTENIBILITÀ PER LA CRESCITA FINANZIARIA»

«Se non mettiamo accanto alla performance finanziaria un percorso sostenibile sarà difficile poter replicare una crescita finanziaria significativa in futuro», ha aggiunto l’ad. «Due anni fa», ha aggiunto, «se ci avessero detto che saremmo entrati nel Dow Jones sostenibility index globale ed europeo forse non ci avremmo scommesso». Il valore del titolo in Borsa è passato dai 6,97 euro di inizio anno (02 gennaio 2019) agli 11,10 euro di oggi. Dalla nomina del nuovo management, nel 2017, il titolo è salito del 60%.

COME FUNZIONANO I “SEI PILATRI”

Al termine della sessione di apertura, Giuseppe Lasco, Vice direttore generale e Responsabile Corporate Affairs di Poste Italiane, ha illustrato le caratteristiche del “modello Poste” in tema di sostenibilità, approfondendo i contenuti dei sei pilastri e i valori di concretezza e trasparenza a servizio degli stakeholder. «Il modello Poste», ha detto Lasco, «prende avvio da contenuti che guidano il nostro modo di essere impresa: integrità e trasparenza, valorizzazione delle persone, sostegno al territorio, customer experience, decarbonizzazione e finanza sostenibile sono i nostri pilastri che, ogni anno, condividiamo e aggiorniamo in funzione delle opinioni e delle priorità dei nostri stakeholder. Raggiungere una buona reputazione è conseguenza di una solida azione in materia di sostenibilità, e consolidarla nel tempo rende più forte l’azienda sul mercato, genera valore per gli azionisti, i clienti e i dipendenti e favorisce un rapporto trasparente e paritario con tutti coloro che vivono, lavorano, utilizzano i servizi di Poste Italiane ogni giorno».  

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE AL ASSET FONDAMENTALE PER LA REPUTAZIONE

Tra gli intervenuti, il Segretario generale del Global Compact sulla responsabilità sociale, Daniela Bernacchi, ha richiamato l’importanza assunta dal valore della sostenibilità per le imprese, sottolineando come la responsabilità sociale sia diventata un asset fondamentale per la reputazione e il successo aziendale. Spunti di riflessione di notevole interesse sono stati offerti dalla tavola rotonda multidisciplinare che ha affrontato argomenti relativi a ciascuno dei sei pilastri di sostenibilità. Al dibattito hanno preso parte Marcello Grosso, Responsabile Governo dei Rischi di Gruppo di Poste, Silvia Candiani, Amministratore Delegato di Microsoft Italia, Chiara Mio, docente all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, Fabio Vaccarono, Direttore generale EMEA di Google, Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente, e Amelia Tan, Head of Platform Strategy and Innovation EMEA Blackrock Sustainable Investing Team. Al termine della Tavola rotonda, il Forum è proseguito con i lavori dei Focus Group sui pilastri del Piano strategico ESG e con la sessione di networking sui temi di rilievo delle politiche aziendali di responsabilità sociale.

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Allarme per la possibile presenza di lattice nel vaccino anti-influenza

I soggetti allergici potrebbero essere esposti al rischio di reazioni. L'Agenzia italiana del farmaco: «Consultate il vostro medico curante».

L’Agenzia italiana del farmaco lancia l’allarme: non si può escludere la presenza di lattice in diverse componenti delle siringhe pre-riempite o degli applicatori nasali di alcuni vaccini anti-influenzali autorizzati per la stagione 2019-2020.

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Si tratta di un’informazione di estrema importanza per i soggetti allergici al lattice che necessitano della copertura vaccinale, i quali potrebbero essere esposti al rischio di reazioni. Questi pazienti sono quindi invitati a consultare il proprio medico curante prima di scegliere quale vaccino utilizzare.

I vaccini che secondo l’Aifa potrebbero contenere tracce di lattice – non nel farmaco in sé, bensì nelle componenti esterne o a causa di un contatto accidentale durante il processo produttivo – sono i seguenti:

  • Influvac S tetra, per il quale «non si può escludere la possibilità che, durante il processo produttivo, il vaccino sia venuto a contatto con strumenti che contengono lattice»;
  • Agrippal S1, Fluad, Influpozzi subunità, Innoflu e Flucelvax tetra, per i quali «non si può escludere che i cappucci copri ago e i cappucci protettivi delle siringhe non contengano lattice».

Le linee-guida della Commissione europea prevedono già l’inserimento di un’avvertenza nel foglietto illustrativo, nel caso in cui il lattice sia presente nei vaccini in qualsiasi quantità. In caso di assenza di lattice, invece, non è richiesto l’inserimento di specifiche dichiarazioni. L’Aifa ha comunque ritenuto opportuno contattare tutte le aziende autorizzate a operare in Italia chiedendo di certificare, laddove non specificato, la presenza di lattice anche nelle componenti dei confezionamenti primari.

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L’ad di Fs Battisti nominato Ambasciatore europeo per la diversità

La carica conferita all'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato dalla Commissaria Ue ai Trasporti Violetta Bulc.

Gianfranco Battisti, amministratore delegato e direttore generale di Ferrovie dello Stato Italiane, è stato nominato “Ambasciatore Europeo per la diversità“, con il ruolo di promuovere la strategia dell’inclusione nel settore dei trasporti. La nomina – spiega una nota di Ferrovie – è stata conferita da Violeta Bulc, Commissaria Europea ai Trasporti: «Il riconoscimento testimonia l’apprezzamento della Commissaria Bulc all’impegno e al contributo del Gruppo FS Italiane a sostegno della diversità e dell’inclusione nel settore dei trasporti, nell’ambito della Piattaforma per il Cambiamento (Platform for Change), istituita dalla Commissione Europea nel 2017».

«ORGOGLIOSI DEL RICONOSCIMENTO»

«Il riconoscimento testimonia il nostro impegno nel valorizzare i talenti professionali e nell’attuare best practices nei processi industriali», ha sottolineato Battisti. «Valori che ci consentiranno di essere leader nei mercati europei e, allo stesso tempo, di essere competitivi su quelli globali, cogliendo le opportunità di crescita e sviluppo grazie al contributo delle persone che fanno parte del Gruppo FS Italiane. È motivo d’orgoglio constatare che la Commissione Europea riconosca come il Gruppo abbia efficacemente coniugato, nel settore dei trasporti, lo sviluppo sostenibile con la creazione e il mantenimento di ambienti di lavoro inclusivi e rispettosi delle diversità».

LA PIATTAFORMA UE PER IL CAMBIAMENTO

La Piattaforma per il Cambiamento (Platform for Change – Women in Transport) della Commissione Europea ha l’obiettivo di rafforzare l’occupazione femminile (al momento pari al 22% nel settore) e le pari opportunità per uomini e donne che lavorano nei trasporti.

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Il 2018 anno record per i femminicidi: tre donne ammazzate ogni settimana

Nel 32,8% dei casi i moventi sono gelosia e possesso. In aumento le denunce. Una vittima su quattro è straniera, una su tre anziana.

Tre donne uccise ogni sette giorni. Secondo il rapporto Eures il 2018 è stato l’anno tristemente record per i femminicidi, con 142 donne ammazzate per violenza di genere. I moventi principali degli omicidi restano «gelosia e possesso» sono ancora i moventi principali (32,8%), e sono state 119 (85,1%) le donne uccise in famiglia. Ma non sono questi gli unici dati allarmanti: in aumento anche le denunce per violenza sessuale (+5,4%), stalking (+4,4%) e maltrattamenti in famiglia (+11,7%). Anche nel 2018 la percentuale più alta dei femminicidi familiari è commessa all’interno della coppia, con 78 vittime pari al 65,6% del totale (+16,4% rispetto alle 67 del 2017): in 59 casi (pari al 75,6%) si è trattato di coppie “unite” (46 tra coniugi o conviventi), mentre 19 vittime (il 24,4% di quelle familiari) sono state uccise da un ex partner.

ANZIANA PIÙ DI UNA SU TRE, STRANIERA UNA SU QUATTRO

Ancora in aumento, nel 2018, anche il numero delle donne anziane vittime di femminicidio (48 le ultrasessantaquattrenni uccise nel 2018, pari al 33,8% delle vittime), «confermando la fragilità di tale componente della popolazione» Si attesta infine al 24,4% la percentuale delle donne straniere tra le vittime di femminicidio (35 in valori assoluti, di cui 29 in ambito familiare). Il Nord conferma anche nel 2018 la più alta presenza di donne uccise (66, pari al 45% del totale italiano, di cui 56 in famiglia), mentre il 35,2% dei femminicidi si registra al Sud (50 casi, di cui 42 in famiglia) e il 18,3% nelle regioni del Centro (26 casi, di cui 21 in famiglia). Sono invece le armi da fuoco il principale strumento di morte, con 46 vittime a fronte delle 22 del 2017 e delle 33 nel 2016. Incrociando i dati dell’Eures con quelli forniti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio da Linda Laura Sabbadini dell’Istat nel corso di un’audizione, si evince inoltre che quasi 3milioni e 700mila donne hanno interrotto una relazione (anche senza convivenza) «in cui subivano almeno un tipo di violenza fisica, sessuale o psicologica, di queste 1 milione separate o divorziate. Più di 2 milioni erano state vittime di violenza fisica o sessuale, tra le quali più di 600 mila separate oppure divorziate».

DONNE SEPARATE E DIVORZIATE PIÙ A RISCHIO VIOLENZA DA PARTE DELL’EX

Insomma, le donne separate o divorziate risultano essere più a rischio di violenza da parte dell’ex partner: il 36,6% infatti è stata vittima di violenza fisica o sessuale da parte del coniuge o convivente da cui si sono separate, contro una media del 18,9%. Focalizzando l’attenzione sugli ultimi 5 anni, sono 538 mila le donne vittime di violenza fisica o sessuale da ex partner anche non convivente. In questo gruppo sono 131 mila le separate o le divorziate. Il 65,2% delle donne separate e divorziate aveva figli al momento della violenza, che nel 71% dei casi hanno assistito alla violenza (il 16,3% raramente, il 26,8% a volte e il 27,9% spesso) e nel 24,7% l’hanno subita (l’11,8% raramente, l’8,3% a volte, il 4,7% spesso). Un quinto (24,4%) delle separate o divorziate si è recato presso le forze di polizia per denunciare la violenza, ma nel 60% dei casi non hanno firmato il verbale. Nel 4,7% dei casi si sono rivolte ai centri anti violenza o agli sportelli di aiuto contro la violenza, mentre il 13,2% di queste dichiara di non sapere della loro esistenza. Le violenze subite sono considerate gravi in quasi il 90% dei casi, molto gravi nel 62,9% dei casi e il 45,6% delle vittime ha subito ferite. Oltre la metà (53,9%) ha dichiarato di aver avuto paura per la propria vita o quella dei figli.

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Università, presentata la ricerca di Intesa Sanpaolo e italiadecide

Una fotografia dell’istruzione universitaria e le proposte per migliorare il sistema. L’Italia presente con il 40% degli atenei nei primi 1.000 al mondo

Presentata oggi, 19 novembre 2019, a Milano la ricerca pluriennale di italiadecide, svolta in collaborazione con Intesa Sanpaolo, sulla reputazione dell’Italia che quest’anno si focalizza sul sistema universitario. La ricerca a cura di Domenico Asprone, Pietro Maffettone e Massimo Rubechi, è stata presentata dal Presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro e del Presidente onorario di italiadecide Luciano Violante.

Lo studio analizza la situazione dell’università, istituzione cardine di uno stato avanzato, nel Bel Paese e propone indicazioni concrete in termini di politiche pubbliche. Un mezzo importante per capire anche la valutazione della sua qualità a livello internazionale e come essa viene giudicata dal resto del mondo.

Luciano Violante e Gian Maria Gros-Pietro

I RISULTATI

Lo studio parla chiaro e mostra una fotografia nitida della nostra università in confronto al resto del mondo. Buono è il posizionamento medio dell’Italia, presente in classifica con il 40% degli atenei inclusi nei primi 1.000 a livello mondiale, migliore di Stati Uniti, Cina e Francia, con meno del 10% delle loro università, ma anche di Regno Unito, Germania e Spagna. Tuttavia, nessun ateneo italiano è tra i primi 100 nei due principali ranking internazionali. Poche, inoltre, le università per abitante rispetto ai principali Paesi europei, meno della metà rispetto a Francia, Germania, Regno Unito e circa un terzo degli Stati Uniti.

La ricerca evidenzia inoltre come la realtà italiana venga penalizzata dai parametri utilizzati dai principali ranking internazionali che valutano le singole università e non il sistema universitario nel suo complesso. Ciò nonostante il posizionamento delle istituzioni universitarie italiane sta rapidamente migliorando, risultato significativo in uno scenario che vede la forte crescita della domanda di istruzione terziaria dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia. Poca, ancora, la competitività del Bel Paese. Il motivo? La scarsità delle risorse economiche a disposizione.

Per migliorare qualità e ranking delle università italiane e la loro percezione all’estero, spiega la ricerca, servono politiche di reclutamento competitive, maggior efficienza della macchina amministrativa, internazionalizzazione, collaborazione con soggetti privati e tra gli atenei stessi e, infine, una comunicazione più positiva.

UNIVERSITÀ, UN FATTORE SUL QUALE INVESTIRE

«La ricerca realizzata da italiadecide in collaborazione con Intesa Sanpaolo presenta una situazione non sorprendente per una Banca come la nostra che conosce bene l’università italiana lavorando con oltre 100 atenei, apprezzandone quotidianamente la qualità e il dinamismo con cui affrontano le nuove sfide – ha commentato Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo – Quasi uno su due degli atenei italiani è tra i migliori mille al mondo. Per questo i nostri studenti possono trovare in Italia le opportunità per un’alta formazione addirittura più qualificata rispetto a tanti atenei stranieri. Per promuovere l’istruzione universitaria, Intesa Sanpaolo offre a tutti gli studenti la possibilità di concentrarsi pienamente sullo studio grazie a un prestito a lungo termine senza garanzie. Di fronte a un contesto sempre più complesso, il potenziale di cui è dotata l’università italiana, apprezzata all’estero, deve rappresentare in misura maggiore un fattore nel quale investire per aumentare la competitività del nostro Paese».

FIDUCIA E STIMA SULL’ITALIA

«La ricerca di italiadecide con Intesa Sanpaolo sulla reputazione dell’Italia ha finora dimostrato, con dati oggettivi, che la posizione dell’Italia in settori importanti come la giustizia civile, il turismo e ora l’alta formazione è migliore di quanto comunemente ritenuto e competitiva con quella dei principali paesi con cui ci confrontiamo – ha concluso Luciano Violante, presidente onorario di italiadecide – Se dobbiamo migliorare nella qualità delle politiche pubbliche e nella collaborazione tra queste e le imprese, i risultati dimostrano che, come Paese, possiamo avere fiducia e stima in noi stessi e nel nostro futuro»

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Donna incinta sbranata e uccisa da un branco di cani nel Nord della Francia

Il corpo di Elisa Pilarski, 29 anni, è stato trovato senza vita con profonde ferite a testa, gembe e braccia. Sarebbe stata assalita durante una battuta di caccia al cervo.

Una donna incinta di sei mesi, Elisa Pilarski, che portava a spasso il suo cane in un bosco nel nord della Francia, è stata uccisa da un branco di cani che con ogni probabilità partecipavano ad una battuta di caccia al cervo. La morte della donna, che aveva 29 anni e passeggiava nella foresta di Retz, a 150 chilometri dal confine con il Belgio nei pressi del centro di Villers-Cotterets, è stata provocata da «un’emorragia conseguenza di diversi morsi di cani alle braccia e alle gambe, ma anche alla testa», ha spiegato il procuratore di Soissons, Frédéric Trinh.

Sono stati effettuati «prelievi su 93 cani», ha precisato, quelli appartenenti alla vittima, che ne aveva cinque in totale, più molti altri che stavano partecipando a una caccia al cervo nei paraggi, come riportato anche dal giornale locale Le Courrier Picard. L’obiettivo è «soprattutto di identificare il cane o i cani che hanno morso». Alcuni, fra gli animali aggressori, hanno morso provocando la morte della donna, altri hanno continuato anche dopo il decesso. La donna, prima di essere assalita, aveva telefonato al compagno per «segnalargli la presenza di cani minacciosi».

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Italia prima in Europa per morti da antibiotico-resistenza

Su 33 mila decessi che avvengono ogni anno, oltre 10 mila si verificano nel nostro Paese. Le raccomandazioni dell'Istituto superiore di sanità per un uso più consapevole.

Su 33 mila decessi che avvengono ogni anno in Europa per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, oltre 10 mila si verificano in Italia. Il nostro Paese è primo in questa triste classifica, secondo i dati appena pubblicati dall’Istituto superiore di sanità in occasione della Settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici, dal 18 al 24 novembre.

LEGGI ANCHE: Allarme per la possibile presenza di lattice nel vaccino anti-influenza

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno che rende i batteri insensibili all’azione degli antibiotici, danneggiando non solo la persona che li assume in quel momento, poiché li rende inefficaci, ma anche tutti coloro che in futuro saranno contagiati dai quei batteri divenuti resistenti agli antibiotici.

L’Istituto superiore di sanità rileva che in Italia, nel 2018, le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli otto patogeni sotto sorveglianza (Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species) si mantengono «più alte rispetto alla media europea, pur nell’ambito di un trend in calo rispetto agli anni precedenti». Inoltre, gli oltre 2 mila casi diagnosticati nel 2018 di infezioni nel sangue causate da batteri produttori di carbapenemasi (CPE), ovvero di enzimi che distruggono i carbapenemi (una classe di antibiotici ad ampio spettro), evidenziano la larga diffusione del fenomeno nel nostro Paese.

LIVELLI DI RESISTENZA ANCORA TROPPO ALTI

Annalisa Pantosti, responsabile del Programma di sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza, sottolinea quindi che in Italia «i livelli di antibiotico-resistenza e di multi-resistenza delle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti, nonostante gli sforzi notevoli messi in campo finora».

I CONSIGLI PER UN USO APPROPRIATO DEGLI ANTIBIOTICI

In questo contesto, la promozione di un uso appropriato degli antibiotici e di interventi per il controllo delle infezioni nelle strutture di assistenza sanitaria diventa fondamentale. Come riportato sul sito web dell’Istituto superiore di sanità,

Gli antibiotici sono medicinali utilizzati per curare o prevenire le infezioni causate da batteri. Sono in grado di uccidere i batteri stessi e/o di prevenire la loro moltiplicazione e diffusione all’interno dell’organismo e la trasmissione ad altre persone.

Gli antibiotici non sono efficaci contro le infezioni virali quali il raffreddore, l’influenza e alcuni tipi di tosse e mal di gola (leggi la Bufala).

In caso di infezioni non gravi causate da batteri, non è necessario ricorrere subito agli antibiotici poiché il nostro sistema immunitario è, nella maggior parte dei casi, in grado di risolverle autonomamente.

È fondamentale che gli antibiotici siano prescritti dal medico e che siano rispettate le dosi, le modalità e la durata della terapia da lui indicate al fine di ottenere i massimi benefici dalla terapia e prevenire lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza.

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Italia prima in Europa per morti da antibiotico-resistenza

Su 33 mila decessi che avvengono ogni anno, oltre 10 mila si verificano nel nostro Paese. Le raccomandazioni dell'Istituto superiore di sanità per un uso più consapevole.

Su 33 mila decessi che avvengono ogni anno in Europa per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, oltre 10 mila si verificano in Italia. Il nostro Paese è primo in questa triste classifica, secondo i dati appena pubblicati dall’Istituto superiore di sanità in occasione della Settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici, dal 18 al 24 novembre.

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L’antibiotico-resistenza è un fenomeno che rende i batteri insensibili all’azione degli antibiotici, danneggiando non solo la persona che li assume in quel momento, poiché li rende inefficaci, ma anche tutti coloro che in futuro saranno contagiati dai quei batteri divenuti resistenti agli antibiotici.

L’Istituto superiore di sanità rileva che in Italia, nel 2018, le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli otto patogeni sotto sorveglianza (Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species) si mantengono «più alte rispetto alla media europea, pur nell’ambito di un trend in calo rispetto agli anni precedenti». Inoltre, gli oltre 2 mila casi diagnosticati nel 2018 di infezioni nel sangue causate da batteri produttori di carbapenemasi (CPE), ovvero di enzimi che distruggono i carbapenemi (una classe di antibiotici ad ampio spettro), evidenziano la larga diffusione del fenomeno nel nostro Paese.

LIVELLI DI RESISTENZA ANCORA TROPPO ALTI

Annalisa Pantosti, responsabile del Programma di sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza, sottolinea quindi che in Italia «i livelli di antibiotico-resistenza e di multi-resistenza delle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti, nonostante gli sforzi notevoli messi in campo finora».

I CONSIGLI PER UN USO APPROPRIATO DEGLI ANTIBIOTICI

In questo contesto, la promozione di un uso appropriato degli antibiotici e di interventi per il controllo delle infezioni nelle strutture di assistenza sanitaria diventa fondamentale. Come riportato sul sito web dell’Istituto superiore di sanità,

Gli antibiotici sono medicinali utilizzati per curare o prevenire le infezioni causate da batteri. Sono in grado di uccidere i batteri stessi e/o di prevenire la loro moltiplicazione e diffusione all’interno dell’organismo e la trasmissione ad altre persone.

Gli antibiotici non sono efficaci contro le infezioni virali quali il raffreddore, l’influenza e alcuni tipi di tosse e mal di gola (leggi la Bufala).

In caso di infezioni non gravi causate da batteri, non è necessario ricorrere subito agli antibiotici poiché il nostro sistema immunitario è, nella maggior parte dei casi, in grado di risolverle autonomamente.

È fondamentale che gli antibiotici siano prescritti dal medico e che siano rispettate le dosi, le modalità e la durata della terapia da lui indicate al fine di ottenere i massimi benefici dalla terapia e prevenire lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza.

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No di Hong Kong al ricorso di Wong: non sarà in Italia

L'attivista è sotto indagine per le manifestazioni e il governo dell'isola ha vietato l'espatrio: «Siamo in una crisi umanitaria, Roma ci sostenga».

L’Alta Corte di Hong Kong ha respinto il ricorso di Joshua Wong, attivista di punta pro-democrazia, contro la richiesta di espatrio per un viaggio in Europa a causa del pericolo di fuga. Lo riferisce un post sull’account di Telegram di Demosisto, il partito da lui co-fondato. Wong, libero su cauzione da fine agosto, è sotto indagine per la partecipazione a manifestazioni non autorizzate. Wong avrebbe dovuto recarsi anche in Italia, ospite il 27 novembre a Milano della Fondazione Feltrinelli.

«MODELLO DI HONG KONG VICINO AL COLLASSO»

«Privandomi della libertà di movimento, la Corte ha imposto una punizione aggiuntiva prima che sia provata la colpevolezza», ha detto Wong in un commento sui social. «È chiaro che il modello ‘un Paese, due sistemi’ sia vicino al collasso e sforzi concordati sono necessari per aiutare Hong Kong», ha poi aggiunto Wong, assicurando che continuerà a chiedere il sostegno internazionale.

«SIAMO IN UNA CRISI UMANITARIA»

«Chiediamo al governo italiano che sostenga il processo di democratizzazione, perché non stanno prendendo di mira solo i manifestanti, ma anche giornalisti, soccorritori, infermieri, dottori. Stiamo soffrendo una crisi umanitaria», ha detto l’attivista a Sky TG24 aggiungendo che «da sei mesi a oggi hanno arrestato 5 mila persone, da sabato ne sono arrestate 1.500. Questo dimostra la violazione dei diritti umani, le persone di Hong Kong sono state rapite e portate in Cina».

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No di Hong Kong al ricorso di Wong: non sarà in Italia

L'attivista è sotto indagine per le manifestazioni e il governo dell'isola ha vietato l'espatrio: «Siamo in una crisi umanitaria, Roma ci sostenga».

L’Alta Corte di Hong Kong ha respinto il ricorso di Joshua Wong, attivista di punta pro-democrazia, contro la richiesta di espatrio per un viaggio in Europa a causa del pericolo di fuga. Lo riferisce un post sull’account di Telegram di Demosisto, il partito da lui co-fondato. Wong, libero su cauzione da fine agosto, è sotto indagine per la partecipazione a manifestazioni non autorizzate. Wong avrebbe dovuto recarsi anche in Italia, ospite il 27 novembre a Milano della Fondazione Feltrinelli.

«MODELLO DI HONG KONG VICINO AL COLLASSO»

«Privandomi della libertà di movimento, la Corte ha imposto una punizione aggiuntiva prima che sia provata la colpevolezza», ha detto Wong in un commento sui social. «È chiaro che il modello ‘un Paese, due sistemi’ sia vicino al collasso e sforzi concordati sono necessari per aiutare Hong Kong», ha poi aggiunto Wong, assicurando che continuerà a chiedere il sostegno internazionale.

«SIAMO IN UNA CRISI UMANITARIA»

«Chiediamo al governo italiano che sostenga il processo di democratizzazione, perché non stanno prendendo di mira solo i manifestanti, ma anche giornalisti, soccorritori, infermieri, dottori. Stiamo soffrendo una crisi umanitaria», ha detto l’attivista a Sky TG24 aggiungendo che «da sei mesi a oggi hanno arrestato 5 mila persone, da sabato ne sono arrestate 1.500. Questo dimostra la violazione dei diritti umani, le persone di Hong Kong sono state rapite e portate in Cina».

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Quanti sono e dove si trovano gli italiani detenuti all’estero

I cittadini incarcerati in altri Paesi sono oltre 2 mila. Di questi 1.113 sono ancora in attesa di giudizio. E 500 si trovano in condizioni dove non sono tutelati i diritti fondamentali. E la Farnesina presenta un vademecum.

Sono 2113 gli italiani detenuti all’estero, in 500 casi in Paesi il cui regime di detenzione è particolarmente duro e violento. Tra i detenuti 966 stanno scontando una condanna, 1.113 sono in attesa di giudizio e 34 in attesa di estradizione.

LA MAGGIOR PARTE DETENUTA IN PAESI UE

Nei Paesi dell’Unione Europea sono 1611 gli italiani detenuti, di questi 742 in Germania, 251 in Francia e 249 in Spagna. Nei Paesi europei extra Ue sono 120, sono 250 nelle Americhe, di cui 49 negli Usa, 40 in Perù e 10 in Venezuela. Sono inoltre 38 gli italiani detenuti in Medio Oriente, di cui 11 in Marocco e 9 negli Emirati Arabi. Infine 4 italiani sono detenuti nei Paesi dell’Africa Sub Sahariana e 90 tra Asia e Oceania, di cui 52 in Australia, 6 in Cina e 7 in Thailandia.

LEGGI ANCHE: La Cassazione conferma l’ergastolo per Cesare Battisti

QUALI SONO I CASI PIÙ DELICATI

I casi più difficili su cui la Farnesina è impegnata, ha sottolineato il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero, Luigi Maria Vignali, presentando la guida per i detenuti all’estero, sono quello dell’imprenditore trentino Chico Forti condannato all’ergastolo negli Usa, per un omicidio che ha sempre dichiarato di non aver commesso; Giuseppe Lo Porto, 86 anni, cardiopatico, in carcere dal maggio nello stato dell’Alabama dove deve scontare due ergastoli; Fulgenzio Obiang Esono, ingegnere di 49 anni di origini equatoguineane, che le autorità della Guinea Equatoriale hanno condannato a 59 anni di prigione perché avrebbe organizzato o partecipato ad un presunto tentativo di golpe e infine Riccardo Capecchi, 41 anni, fotografo di Castiglione del Lago arrestato in Perù con l’accusa gravissima di traffico di droga.

LA FARNESIA E IL VADEMECUM PER GLI EXPAT ARRESTATI

Per loro la Farnesina ha messo a punto un vademecum sui loro diritti e doveri e sull’aiuto che, sia il detenuto che i suoi familiari, possono ricevere dalle Ambasciate e dai Consolati italiani. «I due terzi dei detenuti italiani all’estero», ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, presentando oggi la guida, «sono reclusi in carceri dell’Unione Europea dove le condizioni di vita e il rispetto dei diritti umani sono garantiti. Altri 500 invece vivono situazioni di gravi limitazione delle basilari libertà personali, in istituti sovraffollati con anche 100 detenuti in una cella». Casi difficili di persone che si trovano in una condizione particolarmente dura per le difficoltà della lingua, la non conoscenza del diritto locale, il regime carcerario particolarmente violento, spesso nell’impossibilità di ricevere cure mediche appropriate e in più spesso lontanissimi dai familiari.

UNA GUIDA DI SUPPORTO PER LE FAMIGLIE

Da qui il vademecum messo a punto dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero della Farnesina sui loro diritti e doveri e sull’aiuto che, sia il detenuto che i suoi familiari, possono ricevere dalle Ambasciate e dai Consolati. La guida è stata concepita come uno strumento agile e di facile consultazione in grado di offrire un sostegno concreto soprattutto ai congiunti di un connazionale detenuto all’estero, per rispondere alle domande più frequenti sul tipo di assistenza alla quale il loro familiare ha diritto, a prescindere dal reato commesso e dalla pena comminata.

L’APPOGGIO DELL’AUTORITÁ DIPLOMATICA ITALIANA

Il punto da cui parte la guida è che quando un cittadino italiano si reca all’estero è tenuto a rispettare le leggi locali e, se le viola, deve sottoporsi al sistema giudiziario del Paese in cui si trova e pagarne le conseguenze anche penali. La condizione di straniero o la mancata conoscenza della normativa locale non possono essere addotte quale giustificazione e non lo esonerano dalla responsabilità penale. Ciò detto, il connazionale che si trovi in condizioni di detenzione all’estero, può comunque contare sull’assistenza consolare da parte dell’Autorità diplomatica italiana.

LA DIFFERENZA TRA DETENUTI ITALIANI E STRANIERI

Il vademecum spiega, dunque, con precisione cosa la rappresentanza diplomatica può o non può fare in favore del cittadino italiano detenuto, lo guida nelle pratiche per la richiesta di estradizione o di grazia. «A fronte di poco più di 2 mila italiani detenuti all’estero», ha spiegato il capo Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, Francesco Basentini, «in Italia sono 20 mila i detenuti stranieri. Sarebbe dunque importante, in vista anche del reinserimento e recupero del detenuto, assicurare a tutti di poter scontare la pena nel proprio paese di origine».

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Le polemiche per la candidatura di Skioffi ad Amici di Maria De Filippi

I testi del rapper, come denunciò per prima Letteradonna.it, sono un incitamento alla violenza sulle donne. Lui si difese dicendo che erano "arte". E quando su Instagram urlava: «Femministe siete delle teste di cazzo. Siete una massa di ritardate. Scopate e badate ai vostri figli»?

A guardarlo ora per la prima volta non si direbbe. Faccia pulita, canzoni al pianoforte struggenti… Eppure è sempre lui Skioffi, diventato popolare tra giovani e giovanissimi con testi che inneggiavano alla violenza sulle donne.

Qualche esempio? «Non parlare brutta cagna». «Tolgo il fondotinta con la forza dei miei schiaffi». «La collana che costava troppo (…) te la sto stringendo al collo». «Se fossi uno psicopatico, girerei in mutande, con una pistola davanti a qualsiasi donna». Arte, si dirà. In fondo anche Skioffi, al secolo Giorgio Iacobelli, ha il diritto di raccontare storie e di esprimere il suo pensiero.

Del resto, come si è sempre difeso, «per quale motivo un artista di fama mondiale di nome Tarantino può uccidere donne nei film, sparargli alle gambe e lasciarle per terra? Perché lui sì e io no?». Già perché Tarantino sì e Skioffi no? Tra l’altro, come sostiene il rapper, mica è un criminale, si è solo «immedesimato» in uno psicopatico. E poi ora è cambiato. Chiaro, no?

LA CANDIDATURA AD AMICI DI MARIA DE FILIPPI

Il punto è se Iacobelli abbia pure il diritto di partecipare a un talent popolare come Amici di Maria De Filippi. Il 17 novembre infatti il Nostro si è candidato per entrare nella scuola di Canale 5. Si contende l’ultimo banco rimasto con Gabriele Marcianò e il “verdetto” è stato sospeso fino a sabato 23 novembre. Sui social è scoppiata come previsto la polemica tra indignati, magnanimi pronti al perdono, e difensori del rapper e della sua arte à la Tarantino. Intanto su Real Time, il 19 novembre Skioffi ha assicurato che non scrive più cose come Sukkiamy o Non parlare brutta cagna. Si è pentito, insomma.

QUANDO SKIOFFI INVITAVA LE FEMMINISTE «A SCOPARE E BADARE AI FIGLI»

Skioffi però dovrebbe pentirsi anche delle reazioni avute quando Letteradonna.it ha denunciato per prima la violenza dei suoi testi. Il 24enne aveva pensato bene di attaccare su Instagram l’autrice dell’articolo Giulia Mengolini aizzandole contro i suoi “piccoli” fan, adolescenti che l’hanno ricoperta di insulti, offese, minacce e bestemmie. Con la discesa in campo di molte associazioni femministe, Youtube aveva impostato il limite di età alla visione dei suoi video e Skioffi, furioso perché toccato nel clic, si era sfogato sulle stories di Instagram. Un riassunto della sua posizione? «Femministe, siete delle teste di cazzo. Siete una massa di ritardateScopate badate ai vostri figli». Arte anche questa? In cosa o chi si sarebbe immedesimato questa volta?

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Arrestate le due guardie che dovevano vigilare su Epstein

Si sarebbero addormentati durante i controlli che avvenivano ogni mezz'ora. Poi avrebbero falsificato i documenti per nascondere la mancanza. Il finanziere si era impiccato in cella in attesa del processo.

Sono state arrestate le due guardie carcerarie che erano in servizio al Metropolitan correctional center di Manhattan la notte in cui il finanziere Jeffrey Epstein si è ucciso, lo scorso agosto. Lo riporta il New York Times, precisando come l’accusa a loro carico è quella di aver fallito nel controllare il miliardario detenuto per abusi sessuali, sfruttamento della prostituzione e traffico di minori.

I DUE SI SAREBBERO ADDORMENTATI DURANTE I CONTROLLI

I due agenti federali del Bureau of Prisons dovrebbero comparire a breve davanti alla Corte distrettuale di Manhattan. Erano loro quella notte i responsabili del monitoraggio nell’unità di massima sicurezza dove era detenuto il finanziere. Ma invece di controllarlo ogni mezz’ora – secondo fonti informate – si sono addormentati per tre ore e hanno falsificato i documenti per nascondere la mancanza. Le accuse contro di loro sono le prime nell’ambito dell’indagine penale sulla morte di Epstein, impiccatosi in cella mentre era detenuto in attesa del processo.

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La marcia delle Sardine

Il movimento su Facebook: «Circa 40 piazze pronte a reagire spontaneamente alla retorica del populismo». Poi la denuncia: «Veniamo diffamati ogni giorno da alcuni media». Le prossime tappe a Reggio-Emilia, Rimini, Parma e Firenze. Appuntamento domenica primo dicembre a Milano.

Adesso che anche Matteo Salvini vuole andare in mezzo a loro, magari per provocarle, i prossimi appuntamenti delle Sardine – il movimento nato da Mattia Santori, Andrea Garreffa, Roberto Morotti e Giulia Trappoloni, che ha portato in piazza Maggiore a Bologna 12-14 mila persone e altre 6-7 mila (c’è chi si spinge fino a 9 mila) in piazza Grande a Modena – si annunciano particolarmente “caldi”.

Le piazze fanno paura.Perché sono piene di gente.Perché sono libere.Perché hanno rovinato il tappeto rosso che la…

Posted by 6000sardine on Tuesday, November 19, 2019

«Oggi ci sono circa 40 piazze pronte a reagire spontaneamente alla retorica del populismo con la creatività e il sorriso sulle labbra», scrivono su Facebook i promotori, avvertendo però che sui social network «si moltiplicano gli account falsi che approfittano dell’immagine delle Sardine per seminare odio e sminuire il potente messaggio che le piazze stanno lanciando».

SABATO 23 NOVEMBRE A REGGIO-EMILIA

Sabato 23 novembre toccherà a Reggio-Emilia, dove è in programma un flash mob sebbene non sia prevista una visita elettorale del leader della Lega. Nella città emiliana il leader del Carroccio ha già fatto tappa il 9 novembre. L’appuntamento è alle 18.30 in Piazza Prampolini, davanti al Municipio, cuore del centro storico reggiano.

DOMENICA 24 NOVEMBRE A RIMINI

Mentre domenica 24 novembre le Sardine si sposteranno a Rimini, dove Salvini inaugurerà una nuova sede della Lega. «La Vecchia Pescheria si trasformerà in una fucina di creatività e resistenza. Sarà arte e libertà, anarchia e potenza, sarà follia e bellezza. Nessuna bandiera, nessun insulto, nessuna violenza. Perché fa più rumore un mare in silenzio che un pirata che urla. Salvini e la sua macchina del marketing hanno già dichiarato che il capitan Pesce Palla verrà in piazza a “conoscere” le sardine. Quindi oltre alla vostra sardina preparate un bel pesce palla da ragalargli. E poi giù di selfie così è contento. Tutto rigorosamente in silenzio. Lui non capirà, ma non importa».

DOMENICA PRIMO DICEMBRE A MILANO

Il 25 novembre sarà la volta di Parma, ma il movomento sta lavorando anche a un flash mob a Firenze il 30 novembre. Si punta poi all’Umbria e sempre su Facebook è spuntata una pagina «Le sardine di Milano», gli aderenti nel capoluogo lombardo crescono rapidamente e si parla di domenica primo dicembre come data ufficiale per il raduno. Come a Torino, del resto, dove si avviano a superare quota 20 mila. Mentre la pagina «Arcipelago delle Sardine» ha già radunato oltre 30 mila persone tra Campania e Puglia.

SCONTRO DI DATE A ROMA

Il movimento si mobilita pure a Roma, anche se l’organizzazione appare più complicata che nelle prime esperienze di Bologna e Modena. Un gruppo che si raduna sulla pagina Facebook chiamata “Sardine romane all’arrembaggio” ha infatti organizzato un flash mob per sabato 23 novembre in piazza Testaccio, ma contemporaneamente anche il gruppo “Sardine di Roma” si è mosso per una grande manifestazione da organizzare a dicembre: probabilmente il 21, anche se la data non sembra ancora definitiva. Neppure la piazza è ancora ufficiale: l’obiettivo per ora sembra quello di piazza San Giovanni. Questo secondo gruppo su Fb, creato il 19 novembre, ha subito raccolto 12 mila iscritti.

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Mes, Salvini chiede a Conte di riferire e il M5s richiama Di Maio

I deputati pentastellati domandano al capo politico un vertice di maggioranza. E la Lega va all'attacco del governo: «Le precisazioni di Palazzo Chigi sono ancora più preoccupanti».

Prosegue la polemica sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il tassello della riforma dell’Eurozona voluto soprattutto dai Paesi del Nord e che prevede una ristrutturazione per i debiti pubblici troppo elevati. Il 19 novembre sono stati i deputati della commissione finanze del Movimento 5 stelle a prendere posizione, richiamando all’ordine il loro capo politico Luigi Di Maio, promosso intanto ministro degli Esteri.

Italian Foreign Minister Luigi Di Maio delivers brief remarks to members of the news media after the Meeting of Small Group of the Global Coalition to Defeat ISIS (ISIL), at the State Department in Washington, DC, USA, 14 November 2019. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

«Il parlamento aveva dato un preciso mandato al presidente del Consiglio. La discussione sul Mes deve essere trasparente, il parlamento non può essere tenuto all’oscuro dei progressi nella trattativa e non è accettabile alcuna riforma peggiorativa. Oggi è chiaro, invece, che la riforma del Mes sta andando proprio nella direzione che il parlamento voleva scongiurare. Chiediamo al capo politico di far convocare un vertice di maggioranza, perché sul Mes noi non siamo d’accordo», hanno affermato in una nota i deputati M5s della commissione Finanze.

SALVINI: «CONTE RIFERISCA IN PARLAMENTO»

E su Facebook ha preso la palla al balzo il leader dell’opposizione Matteo Salvini: «Conte subito in parlamento a dire la verità, il Sì alla modifica del Mes sarebbe la rovina per milioni di italiani e la fine della sovranità nazionale». Poco prima il presidente della Commissione bilancio della Camera, il leghista Claudio Borghi, aveva commentato le precisazioni del governo sulla riforma. Palazzo Chigi ha infatti spiegato che il pacchetto sarà votato a dicembre e che il parlamento ha diritto di veto. «Le precisazioni di Palazzo Chigi sul Mes non hanno chiarito un bel nulla. Anzi, hanno aumentato la preoccupazione. Come si fa a dire che il parlamento potrà esprimersi “in sede di ratifica”? Il testo è ormai pubblico e l’Italia doveva e deve opporsi prima, in sede di Eurogruppo e Consiglio. Perché non l’ha fatto a fronte di un testo che comporta “rischi enormi” (parole del governatore di Bankitalia)?», ha detto Borghi.

L’ACCUSA DI BORGHI: «SCUDO PER IL MES E NOI NON COINVOLTI»

«Conte», ha proseguiuto Borghi, «ha spiegato al M5s che questo trattato – al quale lui, contrariamente al mandato, non si è opposto – include l’immunità totale da qualsiasi forma di processo giudiziario (articoli 32 e 35)? Il governo toglie l’immunità all’Ilva per darla al Mes? Perché poi Palazzo Chigi afferma che la riforma è stata discussa con i “presidenti di commissione competenti”, quando invece il sottoscritto – essendo il presidente di commissione competente per la Camera – a giugno non ha avuto il piacere di incontrare in proposito il presidente del Consiglio? Non sono permaloso. Basta che il presidente Conte dica chiaro e tondo che l’Italia non approverà mai la riforma del Mes per fugare qualsiasi dubbio. Attendiamo con fiducia queste semplici parole», ha concluso.

IL 27 NOVEMBRE GIÀ IN CALENDARIO L’AUDIZIONE DI GUALTIERI

Fonti del ministero dell’Economia hanno spiegato che «il ministro Roberto Gualtieri ha inviato il 7 novembre al presidente della Commissione Finanze Alberto Bagnai la richiesta di essere audito in merito alla riforma del Mes, della quale è stata programmata la firma in dicembre sulla base dell’intesa raggiunta dal Consiglio europeo nello mese di giugno. L’audizione è stata calendarizzata per il 27 novembre».

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Svezia, stop alle indagini per stupro su Julian Assange

Un procuratore ha dichiarato che l'inchiesta sul fondatore di Wikileaks è stata interrotta.

La procura svedese ha interrotto le indagini preliminari sulle accuse di stupro avanzate nei confronti del fondatore di WikiLeaks Julian Assange, attualmente in prigione in Gran Bretagna. Un procuratore ha affermato che le indagini sono state interrotte.

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Il bonus per tv e decoder dvb t2 parte il 18 dicembre

Lo sconto di 50 euro è destinato alle famiglie con Isee fino a 20 mila euro ed è valido fino al 31 dicembre 2022.

I commercianti speravano che arrivasse prima di Natale e così è stato. Il ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Economia hanno pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto che sblocca il bonus da 50 euro per l’acquisto di smart tv e decoder dvb t2, in grado di ricevere il nuovo segnale digitale terrestre. Si partirà il 18 dicembre.

LEGGI ANCHE: Le cose da sapere sul nuovo segnale digitale terrestre

A beneficiare del bonus saranno le famiglie con reddito Isee fino a 20 mila euro. Lo sconto sarà praticato direttamente dai commercianti fino al 31 dicembre 2022, dunque la misura è valida per tre anni. Per gli esercenti si tradurrà in un credito d’imposta. Il bonus è finanziato con le risorse già stanziate dalla legge di bilancio 2019, che prevedeva fondi per circa 150 milioni di euro.

È bene ricordare che entro la fine 2022 si concluderà il processo di transizione alle reti digitali terrestri in dvb t2 (digital video broadcasting terrestrial 2), necessario per lasciare spazio alla connettività 5G. Se le frequenze sulla banda dei 700 MHz venissero spente oggi, si calcola che quasi 18 milioni di famiglie italiane – più di otto su dieci – non potrebbero più vedere i canali terrestri, anche se è dal primo gennaio 2017 che i negozi hanno l’obbligo di vendere apparecchi predisposti. Quindi, se il televisore che si ha in casa è stato comprato dopo quella data, è già in grado di supportare il nuovo sistema. Per acquisti fatti negli anni precedenti occorre invece verificare la compatibilità.

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Gabrielli contro Salvini per i commenti sul caso Cucchi

Anche il capo della polizia Franco Gabrielli interviene sulle frasi pronunciate da Matteo Salvini dopo le sentenze di condanna dei..

Anche il capo della polizia Franco Gabrielli interviene sulle frasi pronunciate da Matteo Salvini dopo le sentenze di condanna dei carabinieri responsabili della morte di Stefano Cucchi. «Credo che quanti, negli anni, hanno dato giudizi avventati sulla vicenda Cucchi dovrebbero oggi chiedere scusa ai familiari», ha detto Gabrielli, «ma vedo un approccio manicheo e giudizi espressi con l’emotività del momento». «La sentenza»- ha aggiunto Gabrielli – «dovrà passare al vaglio dell’Appello e della Cassazione e tutti dovrebbero avere rispetto prima di fare affermazioni. Chi ha espresso giudizi avventati dovrebbe chiedere scusa. Ma l’enfasi contraria dovrebbe essere contrastata».

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