Niente affitto a CasaPound? Otto dirigenti a giudizio per un danno di 4,5 milioni

Otto dirigenti statali sono stati citati a giudizio da parte della Corte dei Conti di Roma per la mancata riscossione, per 15 anni, del canone del palazzo occupato dall'organizzazione neofascista. Con la loro inerzia, o azioni dilatorie, avrebbero determinato «una perdita economica per le finanze pubbliche» .

Citazione a giudizio per otto dirigenti statali da parte della Corte dei Conti di Roma per la mancata riscossione, per 15 anni, del canone del palazzo occupato a via Napoleone III, in una zona centrale della Capitale, sede di CasaPound. Un danno erariale pari a 4,5 milioni di euro per quello che i magistrati contabili considerano un esproprio favorito dal fatto che i dirigenti non hanno messo in campo né misure per riscuotere il canone, né per ritornare in possesso dell’immobile.

IN STATO DI DIRITTO NON ESISTE L’ESPROPRIAZIONE AL CONTRARIO

A rispondere per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni dovranno essere dirigenti e funzionari dell‘Agenzia del Demanio e del Miur, proprietario dell’immobile. L’udienza è stata fissata al 21 aprile. Nel provvedimento di citazione a giudizio i magistrati contabili affermano che l’immobile al centro della vicenda «è un bene di proprietà dello Stato, appartenente al patrimonio indisponibile» e quindi «non è tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di ‘espropriazione al contrario», che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri una struttura di ben sei piani, sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indisponibile) dello Stato, causando in tal modo un danno certo e cospicuo all’erario”.

LA LORO INERZIA HA CAUSATO PERDITA ECONOMICA PUBBLICA

Secondo la Corte dei Conti di Roma e Lazio i dirigenti citati non hanno messo in campo azioni né per arrivare alla restituzione dell’immobile occupato da Casapound né per avviare azioni risarcitorie.«I convenuti dirigenti preposti agli uffici competenti non hanno dato disposizioni per agire in via di autotutela amministrativa e per coltivare le azioni civilistiche volte alla restituzione del bene e al risarcimento dei danni che, richiesti in via autonoma o nell’ambito di azioni penali o civili possessorie e petitorie (mai intentate o mai coltivate), sarebbero stati liquidati in sede giudiziaria (sempre in misura pari ai canoni di locazione non percepiti)”, scrivono i magistrati contabili. Gli otto a giudizio, «inoltre, non hanno dato disposizioni per richiedere l’indennità di occupazione sine titulo agli occupanti l’immobile in questione e per costituirli in mora, a partire dall’Associazione Casapound. Il comportamento appare censurabile anche per la genericità delle inconcludenti iniziative adottate in un lasso di tempo certo sufficiente ad intraprendere altre e più adeguate strade quali quelle amministrative e giudiziarie descritte a titolo di mero esempio nel presente atto (non spettando a questa Procura fornire dettagliate indicazioni sulla condotta lecita da attendersi dai convenuti)«. Insomma, per i magistrati contabili gli otto dirigenti con la loro inerzia, o azioni dilatorie, avrebbero determinato «una perdita economica per le finanze pubbliche» permettendo un esproprio di fatto nel pieno centro di Roma.

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