Il Terzo settore e quella riforma rimasta congelata

Il riordino degli enti che operano nel sociale e senza scopi di lucro è stato approvato da due anni. Ma mancano ancora il registro unico e i decreti attuativi su controlli e 5 per mille. Colpa di governi disattenti che hanno accumulato ritardo anche rispetto alle normative europee. Il punto.

I volontari possono attendere. E con loro tutte le realtà che operano nel sociale. La riforma del Terzo settore, tanto sbandierata nella precedente legislatura, c’è ma non si vede. A due anni dall’approvazione non può dispiegare i suoi effetti. Il motivo? Il ministero del Lavoro non ha emanato molti dei decreti attuativi necessari per dare sostegno agli attori che operano con finalità solidaristiche senza scopo di lucro.

TUTTO FERMO SUL FRONTE TRASPARENZA

Così gli enti del Terzo settore (Ets) non possono beneficiare degli incentivi fiscali presenti nel provvedimento, né tantomeno far ricorso agli altri strumenti messi, potenzialmente, a disposizione. Manca addirittura l’istituzione del registro unico del Terzo settore, indispensabile per mappare gli enti. A complicare il quadro c’è un altro elemento: non risultano attivi i decreti relativi alla disciplina dei controlli e delle funzioni di vigilanza. Quindi anche sul fronte della trasparenza è tutto fermo.

L’OBIETTIVO: UN RIORDINO NORMATIVO

La scopo della riforma è il riordino del sistema normativo sugli enti privati «costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi», ha sintetizzato il Centro studi della Camera. Insomma, un impulso al volontariato e alle organizzazioni attente al sociale.

PROMOZIONE DELL’AUTONOMIA STATUTARIA

Tra gli obiettivi pratici ci sono quelli di favorire e garantire il più ampio esercizio del diritto di associazione, il riconoscimento dell’iniziativa economica privata per il miglioramento dei livelli di tutela dei diritti sociali e la promozione dell’autonomia statutaria degli enti per accrescere il livello di trasparenza. Proprio per questo motivo è stato pensato il registro unico nazionale del Terzo settore la cui iscrizione è obbligatoria per chi chiede il riconoscimento di Ets. Ma il registro, appunto, non c’è ancora.

MANCANO ANCORA 30 DECRETI ATTUATIVI

In totale mancano all’appello circa 30 decreti, alcuni dei quali considerati pilastri della riforma. Oltre all’istituzione del registro, infatti, non è stato emanato il testo che regolamenta la possibilità di destinare il 5 per mille ai soggetti aventi diritto. In questo caso l’intrigo riguarda più dicasteri: il Tesoro ha presentato uno schema di provvedimento su cui il ministero del Lavoro si è già espresso; ora si resta in attesa della conclusione della procedura. Ma non è questo l’unico nodo da sciogliere. Per il codice del Terzo settore occorrono 24 decreti attuativi, ma solo nove risultano effettivamente adottati, mentre altri quattro sono in fase di preparazione.

IL PD RICHIAMA IL GOVERNO

Non va meglio per la parte della legge che riguarda l’impresa sociale: sono previsti 12 decreti, ma solo tre sono stati adottati, mentre uno è in elaborazione. Una serie di caselle mancanti che rendono la norma zoppa. Il deputato del Partito democratico, Stefano Lepri, illustrando un’interrogazione presentata alla ministra Nunzia Catalfo ha spiegato: «Lo stato dell’applicazione da parte del ministero è ancora piuttosto in ritardo. Troppe volte il governo è più attento all’azione legislativa piuttosto che a quella esecutiva, che è invece il primario compito di chi è chiamato a governare», ha aggiunto l’esponente dem.

LA MINISTRA CATALFO PROMETTE IMPEGNO

La Catalfo ha trovato sul tavolo questa pesante eredità. In pochi mesi ha dovuto valutare la situazione, lasciata in sospeso dal suo predecessore Luigi Di Maio, e ha tenuto un incontro al ministero, venerdì 13 dicembre, con lo scopo di tracciare una road map. «Il mio impegno, nella prima metà del 2020, sarà concentrato sulla finalizzazione di alcuni importanti provvedimenti che, allo stato attuale, sono in fase di avanzata elaborazione, quali la definizione della modulistica dei bilanci degli enti del Terzo settore, le linee guida sulla raccolta fondi, la disciplina dell’attività di vigilanza sulle imprese sociali, il decreto concernente il funzionamento del registro unico nazionale del Terzo settore», ha spiegato Catalfo rispondendo alla Camera all’interrogazione del Pd.

CONFRONTO TECNICO CON LE REGIONI

Dal ministero hanno anche riferito che «è in corso il confronto tecnico con le Regioni e conto di poter giungere all’adozione del registro unico nei primi mesi del 2020». Ci sono stati, in questa direzione, anche gli incontri con l’Agenzia delle entrate e con il Forum del Terzo settore.

RITARDO ANCHE RISPETTO ALL’EUROPA

In questo quadro c’è un altro ritardo: quello sulla procedura nei confronti dell’Unione europea, necessaria per attestare la compatibilità delle previsioni fiscali con le normative comunitarie. Al momento dal ministero del Lavoro è arrivata la garanzia di aver istituito «un tavolo tecnico con il ministero dell’Economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate, attualmente impegnato nella definizione di un documento da sottoporre all’attenzione della Commissione Ue». Con la promessa generale di dialogare con i soggetti interessati. Che intanto attendono la reale attuazione della riforma.

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