Il mito silenzioso di Gigi Riva protagonista di #SkyBuffaRacconta

Il simbolo del Cagliari nell'anno del centenario protagonista della mini docu-serie in onda su Sky. Una storia di resistenza e riservatezza. Che restituisce un'immagine inedita di uno dei più grandi bomber della storia.

Raccontare Gigi Riva non è cosa semplice. Di lui, del suo sinistro potentissimo, dei 35 gol in 42 presenze con la Nazionale, di quello scudetto assurdo conquistato 49 anni e mezzo fa col Cagliari, si è detto e scritto di tutto. Per farlo bisogna lavorare di cesello, andare per sottrazione, scavare in profondità, trovare una chiave originale. Federico Buffa lo ha fatto, partendo dai luoghi della sua vita e dai rapporti interpersonali, dai volti di chi gli è stato vicino e di chi, invece, con la sua assenza, ha saputo avere un peso enorme sulla sua formazione.

IL VUOTO MAI COLMATO DELLA SCOMPARSA DEI GENITORI

#SkyBuffaRacconta Gigi Riva, la mini docu-serie in due parti il cui primo episodio va in onda il 13 dicembre alle 21, approccia la vita di un campione partendo dal legame con la madre persa a 16 anni, da una mancanza che si è sommata a un’altra, quella del padre morto quando di anni Riva ne aveva solo nove, lasciando spazio a un vuoto mai del tutto colmato. Riva, il fioeu che alla fine dell’estate scappa sul fico per non tornare al collegio di Viggiù in cui è costretto per tre anni dopo la morte del padre, influenza l’evoluzione di Riva, il fuoriclasse che ha scritto il suo nome nella storia del calcio italiano.

UN SAGGIO DI RESISTENZA ATTRAVERSO LE GENERAZIONI

E se raccontare Riva è un’impresa, farlo rivolgendosi a un pubblico di 15enni-20enni lo è ancora di più. Che cosa può dire, ai giovani di oggi, una storia in bianco e nero di mezzo secolo fa? Cosa può raccontare un campione così distante dai modelli attuali, dalle ribalte social, dai divismi contemporanei? «Credo che ci siano dei valori eterni nella storia del genere umano», spiega Buffa, «come la capacità di reagire al destino, e la storia di Gigi Riva vale in eterno per la capacità che ha avuto di reagire alle situazioni negative come quelle che gli veniva proposte dalla sua vita». Valori di «un’Italia diversa e che si aiutava di più».

DALLA VOGLIA DI SCAPPARE ALLA SCELTA DI RESTARE PER SEMPRE

Cose come perdere due genitori, perdere il proprio paese e il proprio lago, ritrovarsi all’improvviso in una terra sconosciuta e temuta, in un’isola per gran parte senza illuminazione artificiale, in un aeroporto collegato alla città più importante e vicina da una strada ancora in gran parte sterrata. Cose come pensare di voler scappare e poi, quasi all’improvviso, decidere di restare per non andare più via, dopo essersi reso conto che quel mare non è poi così distante dal lago sulle sponde del quale si è cresciuti.

Gigi Riva protagonista nel racconto di Federico Buffa in onda su Sky.

IL PALLONE PER DESCRIVERE CIÒ CHE LE PAROLE NON DICONO

In mezzo c’è il pallone, sì, ma appare solo un accessorio attraverso cui raccontare tutto ciò che le parole non dicono, ma che può essere espresso con un’alzata di spalle o una smorfia dell’estremità sinistra delle labbra. Riva è un uomo di poco parole, lo è sempre stato, per questo quelle poche che vengono inserite dentro al racconto di Buffa hanno un peso specifico particolare e suonano preziose come l’oro. Uno storytelling costruito di «ciò che si fa, non di ciò che si dice».

L’EMOZIONE NEL RACCONTO DI BUFFA

C’è un’emozione diversa, stavolta nella voce di Buffa: «Racconto solo storie che vorrei raccontare, non quelle che non mi piacciono. Ci metto sempre una componente personale, in questo caso anche troppa, forse». Perché il piccolo Federico, cresciuto a qualche centinaia di metri di distanza dalla casa di Leggiuno di Riva, ogni pomeriggio d’estate scappava con la bicicletta per recarsi sotto il suo balcone, aspettando che uscisse a fumare per avere il privilegio di osservarlo soltanto, quell’uomo che un gol dopo l’altro, un silenzio dopo l’altro, scriveva la sua leggenda.

GLI ANEDDOTI INEDITI RIVELATI DALLA SORELLA E DAL FIGLIO

Lo guardava senza parlarci mai. e ancora oggi, nonostante tutto, non l’ha mai incontrato ed è felice di non averlo fatto perché «diversamente mi avrebbe intimidito con la sua presenza». A fornirgli il materiale per aneddoti inediti e aspetti ancora inesplorati della vita di Rombo di Tuono sono stati gli amici e i parenti più stretti, la sorella Fausta o il figlio Nicola, presente all’anteprima per poter dire alla fine: «Pensavo di conoscere la vita di mio padre e invece non la conoscevo ancora tutta».

PRESIDENTE ONORARIO NELL’ANNO DEL CENTENARIO

Ed è la sensazione che si ha pur essendoci cresciuti dentro a quel mito, in un’isola e una città in cui uno scudetto di 50 anni fa è tramandato oralmente come l’epica di un tempo e l’uomo che l’ha portato è venerato come una semidivinità pagana vivente, presente eppure allo stesso tempo distante, come un dio dell’Olimpo che sempre più di rado scende tra la gente. Una mistica alimentata da una vita pubblica ormai quasi inesistente, perché «papà», racconta il figlio Nicola, «è tornato sul fico». Eppure ne scenderà ancora, almeno una volta, per diventare presidente onorario del Cagliari il 18 dicembre e coronare così l’anno del centenario del club e del cinquantenario dello scudetto. Una storia che ha scritto in prima persona e che non può certamente esimersi dal suggellare.

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