Il racconto della vita quotidiana stravolta da Piazza Fontana

Milano piena di operaie che chiedevano pari trattamento economico con gli uomini. All'insegna dello slogan Anni 70 «riprendiamoci la vita». Un fumetto della Bonelli scritto da Manfredi ripercorre il contesto sociale in cui scoppiò la bomba. Libri, musica, teatro e cinema: la strage nella cultura italiana.

A 50 anni di distanza, la strage di Piazza Fontana diventa un fumetto della Bonelli. Milano, 12 dicembre è il titolo: copertina e disegni sono di Roberto Rinaldi, soggetto e sceneggiatura di Gianfranco Manfredi.

STORIA INSERITA DENTRO “CANI SCIOLTI”

Già cantautore e scrittore, Manfredi si è poi segnalato soprattutto come autore per la Bonelli, per cui oltre a storie di Tex e Dylan Dog ha realizzato varie serie autonome: il western horror Magico Vento: Volto Nascosto, che è ambientata attorno alla battaglia di Adua e ha un seguito in Shangai Devil, durante la Rivolta dei Boxers; Adam Wild, che si svolge nell’Africa coloniale; e appunto Cani sciolti, in cui si inserisce questa storia.

TRA OCCUPAZIONI UNIVERSITARIE E UTOPIE

«Cani sciolti si svolge dal 1968 al 1989: dalla contestazione alla caduta del Muro di Berlino», spiega a Lettera43.it. «Protagonisti sono un gruppo di ragazzi attorno ai 20 anni che si conosco durante le occupazioni universitarie a Milano. Mostra la loro crescita, anche contrapponendo il come erano al come sono diventati. È un intervallo non casuale, perché la generazione dei baby boomer è cresciuta nell’epoca della Guerra fredda, e bene o male la caduta dei muri ha segnato la fine dei blocchi e una certa compiutezza nella loro esperienza, anche se la caduta del Muro di Berlino non ha certo realizzato loro utopie. Non è che il mondo venuto dopo sia assomigliato in maniera particolare a Imagine di John Lennon».

La copertina di “Cani sciolti”.

DOMANDA. Questo numero come mette i Cani sciolti a confronto con la Strage di Piazza Fontana?
RISPOSTA. Si tratta di una esperienza tra le più scioccanti vissuta nella storia di Milano. Siccome ovviamente avevo previsto che sarebbero usciti molti libri di rievocazione politica dell’evento, ho voluto invece trattarlo dal punto di vista della vita quotidiana.

In che modo?
Ho raccolto oltre a ricordi personali anche ricordi di amici, cui ho chiesto dove erano e cosa facevano quando è scoppiata la bomba. Quindi molti spunti finiti nella storia sono autentici.

Per esempio?
Alla casa discografica e musicale Ricordi, che è in Via Berchet a due passi da piazza Fontana, quando è scoppiata la bomba era in corso una riunione per decidere sulla partecipazione di Bobby Solo al Festivalbar. Lo scoppio fece uscire tutti fuori a vedere cosa era successo, e quindi mi hanno raccontato lo spaesamento del passare da un appuntamento di lavoro che sembrava divenuto improvvisamente futile a qualcosa che in quel momento era sconvolgente e inimmaginabile.

Quindi un fumetto per ricollocare Piazza Fontana nel suo contesto?
L’impatto che questo evento ha avuto sulla vita quotidiana, ma anche il periodo che lo aveva preceduto. Quando si seguono le piste complottistiche e spionistiche si tende un po’ a smarrire il contesto sociale di quella che era stata l’ultima grande agitazione operaia della storia italiana.

Cosa stava succedendo?
A Milano l’autunno caldo era stato vissuto in modo molto particolare perché, come racconto appunto nel fumetto, la città era piena di fabbriche a prevalenza femminile. Quindi le manifestazioni di donne erano continue: non solo le operaie, ma anche le infermiere della clinica Melloni, le portinaie, le sarte di Via Montenapoleone, le donne dell’editoria che chiedevano pari trattamento economico con gli uomini perché non facevano più semplicemente le segretarie.

E gli operai uomini?
Le loro rivendicazioni erano prevalentemente salariali e contrattuali, le lotte delle lavoratrici si aprivano ad altri campi come i servizi in città, le case, la vivibilità. Si annunciano tutta una serie di tematiche che poi percorreranno gli Anni 70 all’insegna dello slogan «riprendiamoci la vita».

Ipotesi?
Era evidente che quella forzatura violenta era dovuta da una parte a dinamiche che riguardavano il Mediterraneo. Con regimi autoritari di destra al potere in Grecia, in Spagna e in Portogallo, l’Italia era rimasta l’unico Paese democratico dell’area. Allo stesso tempo le lotte avevano suscitato una spinta di reazione autoritaria. Quella di Piazza Fontana fu la prima, ma poi di bombe nella storia italiana ce ne sono state per anni e anni, e ancora aspettiamo l’individuazione dei responsabili.

Cos’è rimasto?
Possono cambiare governi di ogni tipo, si può fare la Terza Repubblica, possono arrivare quelli che dicono «cambiamo tutto, facciamo una nuova classe politica», ma ancora oggi appurare cosa è successo, chi ha messo le bombe, chi ha pagato, chi ha ordito, nomi e cognomi, resta un grido inascoltato dei parenti delle vittime e della società civile.

Se ne parla nel fumetto?
Non ho voluto fare il giornalista detective o cose del genere, per non infognarmi in qualche deriva complottista. Ho voluto però dare alcune indicazioni soprattutto fondate sulla base del famoso libro che uscì a caldo: La strage di Stato. Fu opera di un team di giornalisti rimasti poi anonimi: per autoprotezione, perché non era facile esprimersi nell’Italia di quel periodo.

Cosa diceva?
Si basava molto su documenti già pubblicati prima dell’estate su giornali inglesi, tra cui l’Observer. Sostenevano che era in atto una grossa provocazione in Italia, sulla base di documenti provenienti evidentemente dai Servizi britannici, che non gradivamo una eccessiva preponderanza degli Stati Uniti nel Mediterraneo.

Altre opere da ricordare su Piazza Fontana?
Il Corriere della Sera ha ora pubblicato un libro: La strage di Piazza Fontana. Ma penso che sarebbe stato corretto fare autocritica ricordando il comportamento tenuto dal giornale a quell’epoca, con Valpreda coperto di fango e descritto come una sorta di Charles Manson italiano. Invece da quella storia vennero varie opere di intellettuali non conformi, che la affrontarono con più coraggio dei giornali.

Tipo?
In teatro su Pinelli Dario Fo fece Morte accidentale di un anarchico. Non parlavano direttamente di Pinelli e Valpreda ma erano evidentemente ispirati a quello che si era visto film come Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo o Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio.

Altro?
Anche Pier Paolo Pasolini dedicò al 12 dicembre un documentario, che però hanno visto in pochi. Lo stesso Pasolini, consigliato da avvocati che temevano conseguenze in tribunale, lo firmò come anonimo. Comunque vi si faceva una lettura del silenzio dei milanesi in chiave quasi di omertà che era completamente sbagliato: era un silenzio di indignazione, non di connivenza mafiosa.

LA STRAGE NELLA CULTURA ITALIANA

Ma sulla strage di Piazza Fontana l’arte e la cultura negli anni è tornata diverse volte.

LIBRI

Wikipedia cita in bibliografia 40 libri, 17 sentenze e sette trasmissioni televisive. Tra i libri usciti o riusciti in occasione di questo 50esimo anniversario ci sono innanzitutto La strage. Il romanzo di piazza Fontana di Vito Bruschini (Newton Compton), che è l’unico di genere narrativo. Di genere saggistico sono invece Piazza Fontana: 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta di Giorgio Boatti (Einaudi), La strage di piazza Fontana di Saverio Ferrari (Red Star Press), Cronache autoptiche. La strage di Piazza Fontana attraverso i verbali necroscopici dell’Istituto di Medicina Legale di Milano di Umberto Genovese, Michelangelo Casali e Sara Del Sordo (Maggioli), La strage degli innocenti di Maurizio Dianese e Gianfranco Bettin (Feltrinelli), La maledizione di Piazza Fontana. L’indagine interrotta. I testimoni dimenticati. La guerra tra i magistrati di Guido Salvini e Andrea Sceresini (Chiarelettere), Piazza Fontana. Per chi non c’era. Cosa c’è da sapere su una pagina decisiva della nostra storia di Mario Consani (Nutrimenti), Piazza Fontana di Carlo Lucarelli (Einaudi), Il segreto di Piazza Fontana di Paolo Cucchiarelli (Ponte alle Grazie), La bomba: Cinquant’anni di Piazza Fontana di Enrico Deaglio (Feltrinelli).

MUSICA

La Ballata del Pinelli, composta al funerale, è l’ultima traccia di un famoso doppio del Canzoniere Internazionale del 1973 dedicato a un’antologia della canzone anarchica in Italia. L’anno prima Enzo Jannacci aveva raccontato la storia di una ragazza morta a piazza Fontana in Una tristezza che si chiamasse Maddalena. E nel 1975 una canzone dedicata a Piazza Fontana è incisa dal gruppo Yu Kung, pioniere del Folk Rock in Italia. Altre canzoni invece si limitano a citazioni. “Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre”. Francesco De Gregori in Viva l’Italia. “Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera”: Giorgio Gaber in Qualcuno era comunista. “Agosto. Che caldo, che fumo, che odore di brace / Non ci vuole molto a capire che è stata una strage,/ Non ci vuole molto a capire che niente, niente è cambiato/da quel quarto piano in questura, da quella finestra./ Un treno è saltato”: Claudio Lolli in Agosto. “Con il cuore in quella piazza / tiene a mente Piazza Fontana: I Litfiba in Il Vento. “E non fu solo un sogno e non ci credemmo poco / mettere il mondo a ferro e fuoco, / mentre un’altra stagione già suonava la campana / il primo rintocco fu a piazza Fontana”: Vittorio Sanzotta in Novecento.

TEATRO

A parte la Morte accidentale di un anarchico realizzata da Dario Fo nel 1970 e dedicata alla morte di Giuseppe Pinelli, al 2009 risale Piazza Fontana, il giorno dell’innocenza perduta di Daniele Biacchessi, “spettacolo di teatro civile” realizzato per il quarantennale.

CINEMA

Risale al 1972 La pista nera, documentario di Giuseppe Ferrara. Nel 2012 da Il segreto di piazza Fontana di Paolo Cucchiarelli, Marco Tullio Giordana ha tratto Romanzo di una strage, che è l’unico vero film sulla vicenda. 12/12 – Piazza Fontana, realizzato da Matteo Bennati e Maurizio Scarcella nel 2019, è infatti pure un documentario.

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