La maggioranza ha trovato un accordo sulla riforma del Mes

Il M5s non strappa: «Siamo soddisfatti, nuovo round in parlamento a gennaio». A Conte il mandato di trattare per escludere la ponderazione dei titoli di Stato e qualsiasi riferimento a meccanismi automatici di ristrutturazione del debito. Il premier: «L'Italia non ha nulla da temere».

Accordo chiuso nella notte sul Mes e il governo giallorosso tira un sospiro di sollievo.

L’11 dicembre la maggioranza è chiamata ad approvare in parlamento una risoluzione per dare al premier Giuseppe Conte il mandato politico a completare la trattativa in sede europea sulla riforma del fondo salva-Stati, iniziata nel 2017.

Il M5s aveva minacciato lo strappo, ma il rischio che si ripeta la scena già vista sul dossier Tav all’epoca del governo gialloverde è scongiurato.

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«Siamo soddisfatti, nella risoluzione ci sono le modifiche che abbiamo chiesto», dicono infatti dal M5s, «la logica di pacchetto è confermata e ci sarà un nuovo round in parlamento a gennaio, prima del prossimo Eurogruppo. Ogni decisione verrà presa ascoltando le Camere, non firmeremo nulla al buio». Poco dopo l’annuncio dell’accordo, Conte ha tenuto le sue comunicazioni all’Aula di Montecitorio in vista del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre. Il dibattito si è concluso a mezzogiorno e ora sono in corso le dichiarazioni di voto.

LE MODIFICHE RIVENDICATE DAL M5S

Ma quali sono le modifiche rivendicate dai pentastellati? La risoluzione impegna il governo a trattare in Europa per «escludere» dalla riforma del Mes «interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche e istituti finanziari e, comunque, la ponderazione dei rischi dei titoli di Stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale». No a tetti sui Btp posseduti dalle banche, quindi, e no alla valutazione del loro livello di rischiosità, operazione che potrebbe rivelarsi problematica per gli istituti più esposti. Si chiede inoltre di «escludere qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico», nel caso in cui un Paese chieda l’aiuto del Mes. E infine di «proporre nelle prossime tappe del negoziato sull’Unione bancaria l’introduzione dello Schema di assicurazione comune dei depositi (Edis)» e degli eurobond.

CENTRALITÀ AL RUOLO DEL PARLAMENTO

Nel testo della risoluzione – otto pagine in tutto – compare anche l’impegno ad «assicurare la coerenza della posizione del governo con gli indirizzi definiti dalle Camere» e il «pieno coinvolgimento del parlamento in tutti i passaggi del negoziato sul futuro dell’Unione economica e monetaria e sulla conclusione della riforma del Mes». Previsto anche «il pieno coinvolgimento del parlamento in un’eventuale richiesta di attivazione del Mes, con una procedura chiara di coordinamento e approvazione».

CONTE: «L’ITALIA NON HA NULLA DA TEMERE»

In ogni caso, nel corso del suo intervento alla Camera, il premier Conte ha spiegato che «l’Italia non ha nulla da temere» dalla riforma del Mes, perché «il suo debito è pienamente sostenibile, come dimostrano le valutazioni delle principali istituzioni internazionali, inclusa la Commissione europea, e come confermano i mercati». La riforma del fondo salva-Stati «non apporta modifiche sostanziali al trattato già esistente e non introduce, ed è nostra ferma intenzione che questo non accada, alcun automatismo nella ristrutturazione del debito, ma lascia alla Commissione europea il fondamentale ruolo di valutarne la sostenibilità e di assicurare la coerenza complessiva delle analisi macroeconomiche effettuate sui Paesi membri».

L’ATTACCO A LEGA E FRATELLI D’ITALIA

Piuttosto – e in questo passaggio si legge in controluce un attacco alle opposizioni – «un dibattito portato avanti in modo molto confuso rischia di indurre il sospetto, nei mercati e nelle istituzioni internazionali, che siamo noi stessi a dubitare dell’impegno assunto di mantenere il debito su un sentiero di piena sostenibilità. Questo sì che sarebbe un modo per danneggiare il risparmio degli italiani». Conte ha avvertito «Bisogna stare attenti a insinuare dubbi e paure nei cittadini italiani, tanto più che quantomeno alcune delle posizioni che si sono delineate nel corso del dibattito pubblico hanno disvelato il malcelato auspicio di portare il nostro Paese fuori dall’Eurozona o, addirittura, dall’Unione europea. Se questo è l’obiettivo allora converrebbe chiarirlo in modo esplicito, affinché il dibattito pubblico sia trasparente e i cittadini italiani possano essere informati di tutte le implicazioni che tali posizioni portano con sé».

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