La visita di Merkel ad Auschwitz e la Germania preda dell’anti-semitismo

La cancelliera per la prima volta nel campo di concentramento nazista emblema della Shoah. Lì dove solo due suoi predecessori su otto si erano presentati. Cosa c'è dietro la scelta simbolica di Angela, preoccupata da estremismo di destra, odio e revisionismo.

Nella Germania sferzata dal vento dell’anti-semitismo, tutti gli occhi erano puntati sulla sua figura impassibile. Tutte le orecchie tese ad ascoltare le sue parole. Tutte le testate attente a registrarne ogni movimento. Il 6 dicembre la cancelliera Angela Merkel ha visitato il campo di concentramento di Auschwitz per la prima volta dal novembre del 2005 in cui prese le redini del Paese.

PRIMA DI LEI SOLO SCHMIDT E KOHL

Se quel non essersi mai presentata in veste ufficiale al luogo simbolo dell’Olocausto può sembrare un fatto inusuale per un leader tedesco del Dopoguerra, è vero tuttavia che degli otto cancellieri della Germania federale che hanno preceduto Merkel soltanto due hanno fatto visita ad Auschwitz: Helmut Schmidt fu il primo, nel 1977, oltre 30 anni dopo la liberazione del lager, seguito da Helmut Kohl, nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino, e poi ancora nel 1995.

Quello che è successo qui non si può capire con la comprensione umana. Non dobbiamo dimenticare mai. Provo una vergogna profonda


Angela Merkel ad Auschwitz

La cancelliera, vestita di nero, è stata ricevuta nel primo pomeriggio dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e dal direttore della fondazione Auschwitz-Birkenau, Piotr Cywinski. Assieme alla delegazione polacca, Merkel ha attraversato lentamente l’ingresso del campo di concentramento nazista, varcando il cancello con la scritta Arbeit macht frei, “il lavoro rende liberi”. Un momento definito «storico» da una serie di giornali, come l’autorevole Der Spiegel, che hanno seguito la cancelliera passo dopo passo, in diretta. “Merkel attraversa la porta della morte”, ha titolato il tabloid Bild. Le prime parole della cancelliera sono state queste: «Quello che è successo qui non si può capire con la comprensione umana. Non dobbiamo dimenticare mai. Provo una vergogna profonda».

IL DILEMMA: FARE UN DISCORSO O TACERE?

Merkel ha osservato un minuto di silenzio nel campo di Auschwitz e depositato una corona di fiori in quello di Birkenau, prima di tenere un discorso durante la cerimonia commemorativa alla presenza del primo ministro polacco. Un dettaglio, quest’ultimo, che in passato ha diviso l’opinione pubblica e gli stessi cancellieri. Schmidt nel 1977 disse: «Questo posto richiederebbe silenzio, ma io sono sicuro che in un luogo simile un cancelliere tedesco non possa tacere». Al contrario, la visita di Kohl, 12 anni dopo, fu dominata dal silenzio. Alcuni giorni dopo, confidandosi con i suoi collaboratori, Kohl parlò di «un luogo dove non si può tenere un discorso», aggiungendo che «quello che era stato scritto ad Auschwitz e a Birkenau» era «il più buio e il più orrendo capitolo della storia tedesca».

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Merkel durante il suo intervento. (Ansa)

L’UNICA CANCELLIERA AD ANDARE A DACHAU (IN CAMPAGNA ELETTORALE)

Prima di Auschwitz-Birkenau, Merkel aveva visitato altri memoriali della Shoah: il Yad Vashem World Holocaust Remembrance Center, a Gerusalemme, il campo di sterminio di Buchenwald, nel 2009 con l’allora presidente statunitense Barack Obama, e – prima tra i cancellieri tedeschi a farlo – quello di Dachau, nel 2013, in piena campagna elettorale, sollevando per questo un polverone e venendo accusata dai Verdi di voler trarre da quella visita «capitale politico». La scelta di presentarsi ad Auschwitz-Birkenau, tuttavia, arriva oggi in un momento storico diverso. Per Merkel, al suo ultimo mandato da cancelliera, e per la Germania nel suo complesso.

ODIO E INTOLLERANZA: IL PROBLEMA DELLA GERMANIA

Il Paese è attraversato da una crescente ondata di odio e intolleranza. Secondo uno studio del World Jewish Congress pubblicato nell’ottobre del 2019 dalla Süddeutsche Zeitung, un tedesco su quattro ha pensieri anti-semiti e il 41% sostiene che «gli ebrei parlano troppo dell’Olocausto». La stessa percentuale ritiene che gli ebrei siano «più fedeli a Israele che alla Germania». Secondo un altro studio, condotto dalla European Fundamental Rights Agency, l’89% degli ebrei intervistati in Germania crede che l’anti-semitismo stia crescendo.

ATTI DI VIOLENZA A SFONDO POLITICO

Una percezione che va di pari passo con l’aumento, registrato negli ultimi mesi, delle violenze riconducibili a movimenti eversivi di estrema destra. Il caso più preoccupante, da tempo attenzionato dall’intelligence interna tedesca (Bfv), è quello dei Cittadini del Reich, frangia armata neonazista che attualmente conta 19 mila militanti, 2.500 in più del 2018, anno in cui si è resa protagonista di 157 atti di violenza a sfondo politico (nel 2017 erano stati 115). In cima alla lista dei nemici dei Cittadini del Reich ci sono profughi ed ebrei. Tra il 2017 e il 2018 sono aumentate anche le violenze anti-semite (da 37 a 67), concentrate nell’Est, roccaforte dell’estrema destra.

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La cancelliera Angela Merkel e il primo ministro polacco Matuesz Morawiecki mentre accendono una candela davanti al monumento delle vittime di Auschwitz-Birkenau. (Ansa)

CONTINUA L’AVANZATA DELL’ESTREMA DESTRA

Nei lander orientali l’ultradestra di Alternative für Deutschland (Afd) continua a guadagnare voti. L’ultimo riscontro in questo senso sono le elezioni regionali di fine ottobre in Turingia, dove AfD ha più che raddoppiato i consensi, passando dal 10,6% del 2014 al 23,4%. Un mese e mezzo prima, AfD aveva superato il 20% sia in Sassonia sia in Brandeburgo, che al pari della Turingia erano parte della Repubblica democratica tedesca (Ddr). Era dal 1945 che un partito di estrema destra non oltrepassava questa soglia. Risultati che «fanno paura», fu il commento di Charlotte Knobloch, presidente della comunità israelitica di Monaco. «È scioccante che un partito come Afd, apertamente di destra radicale, anti-democratica e molto spesso anti-semita, abbia consensi del genere».

ANGELA NON PUÒ LASCIARE IL PAESE IN QUESTE CONDIZIONI

L’anti-semitismo in Germania ha assunto i contorni dell’emergenza. E Merkel non ne fa mistero. «Stiamo assistendo a un attacco contro i nostri valori fondamentali», ha detto la cancelliera da Auschwitz. Parlando senza mezzi termini di «minacce alla comunità ebraica in Germania, in Europa, e oltre» e mettendo in guardia dai «pericoli» del «revisionismo storico». Di cui l’ultradestra di AfD è ambasciatore sempre più temuto. Specie da una cancelliera a fine corsa, che tutto vuole fuorché lasciare la Germania in balìa degli estremisti.

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