Mattarella concede la grazia a Bossi: chiamò Napolitano “terrone”

Annullata la pena di un anno per il reato di vilipendio al presidente della Repubblica: «Il capo dello Stato emerito non ha alcun motivo di risentimento».

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato un Decreto di concessione della grazia in favore di Umberto Bossi. L’atto di clemenza individuale ha riguardato la pena detentiva ancora da espiare (un anno di reclusione) inflitta per il delitto di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica (vilipendio), in riferimento a fatti commessi nel 2011, quando il capo dello Stato era Giorgio Napolitano.

«NESSUN RISENTIMENTO» DA NAPOLITANO

In una nota del Quirinale si ricorda che a seguito di provvedimento della Magistratura di sorveglianza Bossi è stato affidato in prova al servizio sociale. «Nel valutare la domanda di grazia, il Presidente della Repubblica ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal Procuratore generale e delle condizioni di salute del condannato», si legge nella nota, «nonché della circostanza che (…) il Presidente emerito Giorgio Napolitano ha dichiarato di non avere nei confronti del condannato alcun motivo di risentimento».

IL SENATÙR RINGRAZIA

«Sono molto contento, ringrazio sia il presidente della Repubblica Mattarella, che il presidente Napolitano», ha commentato Bossi quando è stato raggiunto dalla notizia. Il fondatore della Lega era stato condannato per aver dato del «teru’n‘» a Napolitano durante un comizio per la festa invernale della Lega Nord, la «Be’rghem frecc» di Albino nel dicembre del 2011. Facendo anche battute nei confronti dell’allora premier Mario Monti.

L’INSULTO E LE CORNA

«Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen, non sapevo fosse un teru’n», aveva detto accennando il gesto delle corna con la mano destra. Il comizio era stato filmato e poi trasmesso sia da televisioni sia su Youtube, e molti cittadini (oltre un centinaio) da tutta Italia avevano presentato denunce contro Bossi: alcuni di loro erano anche stati sentiti come testimoni nel corso del processo a Bergamo. Bossi era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver offeso l’onore e il prestigio del Capo dello Stato, oltre che di vilipendio alle istituzioni con l’aggravante della discriminazione etnica.

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