Da Conte arriva un’apertura al rinvio del Mes

Il premier parla a margine del vertice Nato e spiega: «Non firmo cambiali in bianco, ma basta propaganda». Di Maio: «Nessuna crisi di governo».

Non esclude un rinvio, o un accorgimento per far coincidere l’entrata in vigore del Mes con altre riforme, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che parla a diversi quotidiani a Londra, a margine del summit Nato. Al Corriere della Sera il premier spiega che «ci stiamo muovendo in una logica di pacchetto», che significa che «il progetto comprende unione bancaria e monetaria: è giusto che l’Italia si esprima solo quando avrà una valutazione complessiva su dove si sta andando, io ancora non ho firmato nulla, tanto meno una cambiale in bianco. Già domani si entrerà nel vivo sul dossier dell’unione bancaria, io non ho nessuna intenzione di firmare in bianco».

«NIENTE RICATTI NÉ FIGURACCE»

Nessuna figuraccia per l’Italia, aggiunge Conte: «Nemmeno per sogno, ci sono 19 Paesi che stanno scrivendo una riforma, c’è una sintesi nazionale da fare e poi una europea» e «non è un ricatto», «state sicuri che non ci faremo fregare». Non esclude un rinvio sul Mes, ma osserva: «Abbiamo evitato già tante insidie, io non ho abbracciato in parlamento fideisticamente il Mes», ma bisogna evitare «la fanfara propagandistica che fa salire lo spread». Conte parla anche a Fatto Quotidiano e Stampa, e a proposito del post di Di Maio che rivendica per il M5s il ruolo di ago della bilancia, sottolinea che «la volontà del Movimento 5 stelle sarà assolutamente determinante», ma «come presidente del Consiglio aggiungo che anche le altre forze politiche di maggioranza possono dire che senza i loro voti non si fa nulla».

DI MAIO: «MAI PARLATO DI CRISI DI GOVERNO»

Lo stesso Di Maio che di lì a poco ha chiarito: «Non ho mai parlato di crisi di governo, semplicemente chiediamo un rinvio per migliorare questo meccanismo. La cosa incredibile è che noi assistiamo a una Lega che attacca su questo fondo quando tutto questo è patito dal governo Berlusconi-Lega, alla faccia dei sovranisti»

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