Perché il governo rischia la crisi dopo le tensioni sul Mes

Il gelo tra Conte e Di Maio. Lo scetticismo dei renziani. I malumori nel Pd. L'esecutivo traballa. Chiamato a una risoluzione unitaria sul Salva-Stati tutta in salita. Mentre a Camera e Senato i pasdaran affilano le armi.

Un’altra giornata di tensione all’interno della maggioranza sul Mes. La cartina di tornasole di un rapporto sempre più complicato tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. A poche ore dall’informativa del premier sul Meccanismo europeo di stabilità che ha portato alla luce del sole problemi e frizioni in seno all’esecutivo, il governo guarda già a due date – quelle del 10 e 11 dicembre – potenzialmente cruciali: Conte riferirà alla Camera e al Senato in vista del Consiglio Ue. E la maggioranza sarà chiamata a una risoluzione unitaria che non sconfessi quel negoziato che, da qui alla prossima settimana, l’Italia intavolerà con l’Ue sull’intero pacchetto dell’Unione economica e monetaria.

I margini, spiegano fonti di Palazzo Chigi, ci sono. Toccherà al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, all’Eurogruppo del 4 dicembre, valutarne la percorribilità. Difficile cambiare, nel suo cuore, il nuovo trattato per il Mes. Più facile «migliorare» gli allegati e il pacchetto dell’Unione bancaria o rinviare la firma della riforma con il placet di qualche alleato Ue.

LA SPONDA DELLA GERMANIA

«C’è sempre e c’è sempre stato spazio» per la trattativa per i singoli Paesi, «ma ci sono anche regole che vanno rispettate» nell’interesse di tutti i Paesi membri, è la porta socchiusa lasciata dalla cancelliera Angela Merkel, sponda spesso cercata da Conte anche nei momenti più critici. Un escamotage per rinviare all’inizio del 2020, osserva una fonte di maggioranza, potrebbe essere la situazione politica di Malta, dove montano le proteste e Joseph Muscat è un premier a fine corsa. Ma si tratta di ipotesi, anche perché, dall’Eurogruppo sono piuttosto chiari: «La riforma del Trattato sul Mes è stata già approvata a giugno, stiamo solo discutendo la legislazione secondaria, meglio chiudere ora». Gualtieri, insomma, non potrà invertire la rotta. Resta da vedere come il suo lavoro sarà accolto dal M5s. Movimento nel quale, per il premier, ci sono due ordini di problemi: l’atteggiamento di Di Maio e la tenuta dei gruppi.

IL GRANDE GELO ALLA CAMERA

Alla Camera, mentre i colleghi di governo annuivano all’informativa di Conte, Di Maio assisteva impassibile, senza mai applaudire. E al Senato il capo politico M5s non era in Aula, come anche una trentina di senatori del Movimento. Del resto, a qualcuno tra i pentastellati l’intervento di Conte è sembrato soprattutto una difesa di Gualtieri. E non è sfuggito il riferimento del premier al fatto che «tutti i ministri» sapevano del negoziato. Tanto che, nel pomeriggio, lo stesso Conte è stato costretto a chiarire un concetto: nelle sue parole non c’erano frecciate a Di Maio ma il governo è «unito» nel voler migliorare il Mes. Al Senato, però, in vista della risoluzione, si naviga in alto mare. «Bisogna fare interventi nel merito, bisogna studiare», spiega Laura Bottici, che si occupa da mesi e mesi della materia.

LO SCETTICISMO DEI RENZIANI

Al Senato e alla Camera ci sono i pasdaran del Mes ma c’è anche chi, sull’argomento, prevede senza alcun rimpianto la caduta del governo. Ed è su questi esponenti che si concentra l’Opa di Salvini che, in Aula al Senato, non a caso punta il mirino proprio sulle divisioni tra Conte e il M5s. I malumori nel Pd si moltiplicano. Goffredo Bettini avverte che o si cambia musica o si chiude il sipario e i renziani mai come in queste ore sono scettici sulla durata del governo Conte 2. Ma non della legislatura.

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