Di Maio fa il pompiere sul Mes

Il leader del M5s dopo il gelo con il premier: «Ho sentito Conte e siamo in piena sintonia». Ma l'asse con Di Battista preoccupa il Pd. Occhi puntati sul ministro Gualtieri, che all'Eurogruppo tratterà modifiche alla riforma del fondo salva-Stati.

Negoziare all’Eurogruppo e con i leader europei, ottenere almeno un rinvio della firma del Meccanismo europeo di stabilità.

Per raffreddare gli animi in Senato ed evitare che l’11 dicembre una spaccatura della maggioranza apra una crisi politica. Il rischio c’è, affermano dal Pd, anche perché il gruppo M5s è spaccato e imprevedibile. In più, preoccupa l’asse di Luigi Di Maio con Alessandro Di Battista contro la riforma del fondo salva-Stati: «Il M5s è l’ago della bilancia, decidiamo noi».

Il ministro degli Esteri invia un segnale distensivo: «Conte l’ho sentito due ore fa e siamo in piena sintonia, sia sul Mes sia sul tema della prescrizione», ha detto a Di Martedì su La7. Ma i dem non si fidano e le fibrillazioni preoccupano anche Italia viva.

LEGGI ANCHE: Cos’è il Mes e perché Salvini e Meloni attaccano il governo

Nelle prossime ore gli occhi saranno tutti puntati sul ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che all’Eurogruppo tratterà con gli alleati europei sul Mes. In discussione non c’è l’impianto del Meccanismo, ma regolamenti secondari ancora oggetto di negoziato. In più, in una “logica di pacchetto”, si avvierà la trattativa sull’Unione bancaria, che è ancora a una prima stesura: il ministro, come più volte affermato, dirà che l’Italia si oppone al meccanismo – sostenuto dalla Germania ma per noi svantaggioso – che punta a ponderare i titoli di Stato detenuti dalle banche sulla base del rating dei singoli Paesi.

LA FIRMA DEL MES NON PRIMA DI FEBBRAIO

Anche Conte, nei suoi colloqui a margine del vertice Nato di Londra, discuterà del “pacchetto” europeo con gli altri leader, a partire da Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Ma è il fattore tempo quello su cui il governo spera di far leva, nell’immediato. La firma del Mes, anche per ragioni tecniche, non dovrebbe arrivare prima di febbraio. Da quel momento i singoli Paesi dovranno ratificare il trattato. La speranza è che i dubbi emersi anche in Francia e fattori come la crisi di governo a Malta possano spingere la lancetta un po’ più in là.

LA DIFFICILE RICERCA DI UN’INTESA IN PARLAMENTO

Negoziazioni nell’ambito del “pacchetto” Ue e rinvii saranno la leva sulla quale si cercherà di plasmare un’intesa di maggioranza sulla risoluzione che dovrà essere votata l’11 dicembre in Parlamento, alla vigilia della partecipazione di Conte al Consiglio europeo. «Sono legittime diverse sensibilità», dichiara il premier cercando di placare gli animi e assicurando che «l’ultima parola spetta al Parlamento» e che «lavoriamo per rendere questo progetto utile agli interessi dell’Italia».

BASTA UNA MANCIATA DI VOTI PER METTERE IN CRISI IL GOVERNO

Da Bruxelles, però, Matteo Salvini incalza e rilancia Mario Draghi come candidato al Colle: «Il trattato non è emendabile, bisogna bloccarlo. Conte ha lo sguardo di chi ha paura e scappa». Lega e Fratelli d’Italia non faranno sconti in Aula. Ed è in Aula che può scoppiare l’incidente. Perché, spiegano fonti dem dal Senato, è impossibile prevedere i comportamenti dei senatori M5s (Paragone e Giarrusso già si sono smarcati). I “contiani” lavorano a un’intesa, ma basta una manciata di voti a far andare in minoranza il governo. Di qui il pressing su Di Maio perché lavori per compattare le truppe su una posizione unica e chiara in asse con il governo. Il M5s sta lavorando a una risoluzione di maggioranza, a partire dalle proprie posizioni. Ma i dem non sono disposti a cedere. Per chiudere, servirà probabilmente un nuovo vertice di maggioranza. Ma, come emerge da un incontro di Italia viva con Conte, i punti di divergenza sono tanti e il clima sempre più agitato.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it