Perché la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità non dovrebbe esistere

Il 3 dicembre così come è si rivela un'occasione persa in cui molti preferiscono nascondersi dietro vecchie retoriche. Serve invece partecipare alla costruzione di una società più giusta e accessibile 365 giorni all'anno.

Martedì 3 dicembre ricorrerà il diciassettesimo anniversario della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità.

Già ora fioccano le notizie relative agli eventi che avranno luogo in tutta Italia per celebrarlo ma sono sicura che nei prossimi giorni si intensificheranno ulteriormente.

Per chi si occupa di disabilità è impossibile pensare di non dedicare spazio a questa ricorrenza, proclamata dall’Onu nel 1981 con l’obiettivo di promuovere la “salute” – nel senso ampio del termine – dei disabili nonché il riconoscimento ed il rispetto dei loro diritti. Anch’io ne scrivo sempre eppure l’imbarazzo con cui lo faccio cresce ogni anno di più. Ebbene sì, lo confesso: secondo me la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità non dovrebbe esistere.

A LIVELLO DI SVILUPPO SOSTENIBILE L’ITALIA È FERMA

Basta leggere Un Flagship Report on Disability and Development 2018: Realization of the Sustainable Development Goals by, for and with persons with disabilities – il primo rapporto Onu che correla il tema della disabilità con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dellAgenda 2030 per rendersene conto. Siamo indietro anni luce rispetto al raggiungimento di tutti gli obiettivi connessi anche alla condizione di disabilità. E non mi riferisco solo all’Italia ma a tutto il mondo.

Un’utilità il 3 dicembre ce l’ha: contribuisce a ripulire le coscienze di quanti si ritengono “abili”

Bel risultato a vent’anni dall’istituzione della Giornata internazionale! A cosa serve celebrarci – l’uso del plurale include tutte noi persone disabili – se poi tanto la discriminazione di cui siamo vittime in ogni ambito dell’esistenza non riesce a essere efficacemente contrastata ed eliminata? È un disability washing, un riempirsi la bocca di belle parole ma vuote perché non vengono mai (o quasi) effettivamente tradotte in azioni concrete.

Vista in quest’ottica un’utilità il 3 dicembre ce l’ha: contribuisce a ripulire le coscienze di quanti si ritengono “abili” e rientra in tutte quelle strategie di promozione del politically correct che spesso e troppo volentieri vengono usate quando si parla di disabilità.

MOLTI DISABILI SPESSO SI LIMITANO ALL’AUTOCOMMISERAZIONE

E noi persone disabili, in generale (consapevole che fare di tutta l’erba un fascio è un rischio) e in quanto soggettività politica e sociale minoritaria, quale contributo offriamo per modificare questo status quo? In linea di massima e con le dovute eccezioni credo che, in quanto minoranza sociale, siamo molto bravi a piangerci addosso, colpevolizzando la “maggioranza normale” di estrometterci dal contesto socio-politico in cui viviamo e impedirci di esercitare i nostri diritti.

Se il ruolo di vittime ci piace, allora:«Avanti, Savoia!», c’è n’è per tutte e tutti!

Pensiamo davvero che questa tendenza all’autocommiserazione da un lato e alla polemica nei confronti dei cosiddetti “normodotati” dall’altro, forse comune anche ad altre identità sociali minoritarie, ci sia di qualche aiuto ad emanciparci dai pregiudizi e dalle discriminazioni a cui ancora siamo soggetti? Se sì e se il ruolo di vittime ci piace, allora:«Avanti, Savoia!», c’è n’è per tutte e tutti! Quale migliore occasione occasione della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità per continuare a mettere in campo le solite vecchie retoriche e le tanto consuete quanto sterili polemiche che usiamo contro i “normodotati”?

Già che ci siamo, oltre a piangerci addosso e puntare il dito contro “gli altri”, potremmo anche seguitare (già lo stiamo facendo!) a farci trattare come cretini o “eterni bambini”, a disinteressarci delle questioni sociali e politiche che ci riguardano, a essere passivi aspettando che qualcun altro difenda i nostri diritti e ottemperi ai doveri che ci spetterebbe assolvere per poi magari gongolarci nelle tante belle parole che si dicono e scrivono il 3 dicembre.

IL MONDO DELLA DISABILITÀ DIVENTI PIÚ ATTIVO

Ognuno è libero di agire come crede ma io ad assumere questa posizione non ci sto perché mi sembra un atteggiamento molto ipocrita da tenere. Ritengo che non serva a nulla un “giorno speciale” a noi dedicato se questo significa dimenticarci nei restanti 364! A restituirmi il senso di questa Giornata ci pensa il Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite che ne ha definito lo specifico tema per il 2019: «Promuovere la partecipazione delle persone con disabilità e la loro leadership: agire sull’agenda di sviluppo 2030».

L’Onu ancora una volta dimostra la sua fiducia in noi esortandoci a prendere in mano il potere e a usarlo per contribuire a uno sviluppo inclusivo, equo e sostenibile

L’Onu ancora una volta (già lo aveva fatto adottando la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità) dimostra la sua fiducia in noi esortandoci a prendere in mano il potere – che continuiamo a rivendicare troppo spesso solo a parole – e ad usarlo per contribuire a uno sviluppo inclusivo, equo e sostenibile. Proprio come previsto nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un documento che sancisce l’impegno a «non lasciare nessuno indietro» e in cui la disabilità viene riconosciuta essere una questione trasversale, da considerare nell’attuazione di tutti i suoi 17 obiettivi.

Come sempre le Nazioni unite ci restituiscono la palla e ci offrono la possibilità di diventare protagonisti del nostro presente e futuro, invitandoci a collaborare in quanto attivisti – e quindi soggettività e collettività politica – alla costruzione di un mondo e una società più accessibili ed equi per tutti e tutte. A noi ora la responsabilità di decidere se rispondere con proposte ed azioni adeguate e pertinenti all’obiettivo oppure con modalità discorsive e comportamenti che vanno nella direzione opposta.

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