Investite nei mercati che incorporano l’economia reale

Un indice azionario efficiente incorpora sempre la crescita, ha tanti operatori così da impedire che pochi attori possano condizionarne l’andamento ed è in grado di assorbire subito i cambiamenti dell'economia.

Proseguendo nel percorso relativo al comportamento che un investitore alle prime armi deve tenere nei processi di investimento dei propri risparmi, affrontiamo questa settimana la seconda delle tre regole da seguire: investire con strumenti efficienti

Oltre a investire in modo globale, dovete assicurarvi che lo strumento su cui investite sia efficiente. Dovete puntare sulla crescita economica del pianeta, non su singoli titoli (per esempio Telecom, Enel eccetera) o mode del momento (come settori particolari tipo biotecnologie, farmaceutici, energetici e così via), e nemmeno su singoli Paesi (per esempio, esclusivamente su titoli o indici italiani).

Ma cosa s’intende per «efficiente»? Un indice, un mercato o uno strumento finanziario è efficiente quando è in grado di incorporare appieno l’economia reale che rappresenta. Tecnicamente, gli economisti parlano di capacità di incorporare tutte le informazioni che derivano dal mercato. Inoltre, un mercato è efficiente quando ci sono tanti operatori, così da impedire che pochi attori possano condizionarne l’andamento, e anche quando è molto liquido e reattivo, in grado cioè di incorporare immediatamente i cambiamenti che avvengono al suo interno.

IL MERCATO AZIONARIO ITALIANO NON È EFFICIENTE

Un mercato azionario efficiente, dunque, incorpora sempre la crescita economica, che però avviene esclusivamente nel lungo periodo. Come abbiamo visto due settimane fa, nel breve periodo i fattori emotivi e speculativi incidono sulle oscillazioni delle azioni. Per questo è fondamentale saper aspettare che i frutti maturino e non farsi prendere dalla logica di breve periodo: anche se i mercati crollano, bisogna vedere un’eventuale perdita momentanea del 30-40% come un’importante opportunità, più che una tragica fatalità.

Il mercato italiano non non è in grado di incorporare la crescita economica del Paese

Il mercato finanziario italiano, per esempio, non è efficiente. Al di là della nostra economia, che ormai è al palo da decenni, il mercato non presenta le caratteristiche dell’efficienza, e non è in grado di incorporare la crescita economica del Paese, perché condizionato da pochi attori che fanno il bello e il cattivo tempo.

Chi non ricorda le scorribande del finanziere Soros & compagni tra il 2011 e il 2013 sui nostri titoli di Stato, che rischiarono di mettere in ginocchio il Paese? O tutte quelle attività ultra-speculative fatte su singoli titoli azionari che nel tempo hanno affossato anche il mercato nel suo complesso? Questo spiega in parte anche perché dal 2011 a oggi mercati più efficienti come quello americano ed europeo abbiano più che raddoppiato il loro valore, mentre il mercato italiano è ancora in negativo rispetto ai massimi del 2008!

ATTENZIONE AI COSTI E AI GESTORI DEL VOSTRO RISPARMIO

Oltre all’efficienza in senso stretto, la selezione degli strumenti da inserire nel portafoglio deve considerare anche l’efficienza in termini di costi (commissioni e spese varie). Ipotizziamo un investimento di 1.000 euro e un rendimento annuo del 6% per 30 anni. Un prodotto con un costo dell’1% genera in questo arco di tempo, per effetto dell’interesse composto, un capitale finale di 4.248 euro, mentre lo stesso prodotto ma con un costo del 2,5% (quindi 1,5% in più) frutta un capitale finale di soli 2.687 euro. L’incidenza dei costi, dunque, in questo caso quasi dimezza il capitale finale.

È fondamentale avviare un’attività di selezione dei migliori strumenti globali del risparmio gestito

La sintesi di tutto quanto detto finora si chiama «risparmio gestito», ovvero quando il risparmio di un investitore viene gestito da un intermediario finanziario specializzato, sia questo una Sgr o una banca. L’intermediario esegue tutte le operazioni di acquisto e vendita di attività finanziarie per costruire un portafoglio caratterizzato da un livello di rischio e da una modalità di gestione (attiva o passiva). Agli operatori, ovviamente, viene riconosciuta una commissione su tali attività. Forse starete pensando: ma che fa Imperatore, ci ributta di nuovo tra le fauci di quegli squali delle banche?

A questo punto, infatti, è fondamentale avviare un’attività di selezione non più della banca, che abbiamo già scelto secondo i criteri che abbiamo già consigliato su queste colonne, ma dei migliori strumenti globali del risparmio gestito, capaci non solo di incorporare la crescita di aree economiche importanti, ma anche di ridurre al minimo i costi. È la combinazione di questi due fattori a incidere sui rendimenti di portafoglio.

LA DIFFERENZA TRA FONDI ATTIVI E FONDI PASSIVI

Gli strumenti da prendere in considerazione si potrebbero dividere in due grandi categorie: fondi attivi e fondi passivi. I fondi gestiti in maniera attiva cercano di «battere» il mercato selezionando solo alcuni titoli, convinti che questi saliranno più degli altri. Il gestore di un fondo attivo costruisce dunque il portafoglio con un costante lavoro di ricerca, analisi e selezione. Questa complessa attività ha un costo a volte anche elevato che ricade sul fondo, e dunque sull’investitore. I gestori attivi possono applicare differenti strategie d’investimento (stili di gestione) selezionando alcuni titoli piuttosto che altri, aumentando o diminuendo la posizione in un’area geografica piuttosto che in un’altra e così via.

L’esperienza ha dimostrato che pochissimi gestori riescono sistematicamente a battere il mercato

In sintesi, il gestore attivo è libero di operare a livello globale con l’unico obiettivo di guadagnare più del mercato. Questo, però, solo sulla carta. L’esperienza, invece, ha dimostrato che pochissimi gestori riescono sistematicamente a battere il mercato. Meno del 15% è in grado di farlo in maniera costante, e non solo per le enormi difficoltà tecniche di prevedere(e quindi indovinare) quale titolo andrà meglio di altri, ma anche perché sulle performance di questi fondi incidono molto le spese di gestione.

Un fondo passivo (per esempio gli Etf, Exchange Traded Fund) ha invece come obiettivo principale la replica del mercato. Si prefigge di comprare tutti i titoli presenti in un mercato attribuendogli anche lo stesso peso, in modo da avere un andamento identico al mercato stesso. Per questo i fondi passivi, una volta implementati, non hanno bisogno di analisi, strategie o altro e possono ridurre al minimo i costi di gestione.

SERVE DIVERSIFICARE I PROPRI INVESTIMENTI

Quindi, quali fondi scegliere tra attivi e passivi? Dipende. Se siamo in grado di selezionare tra i fondi attivi quei pochi che riescono costantemente a «performare» più del mercato, allora possiamo inserire in portafoglio una buona dose di fondi attivi, consapevoli che il loro andamento non dipenderà solo dal mercato, ma anche dalle scelte del gestore (ci sono molti gestori attivi che da anni ottengono performance eccezionali, come pure gestori attivi che non sono mai riusciti a battere il mercato).

Consiglio di utilizzare come strumenti di base i fondi passivi e come strumenti satellite i fondi attivi

Di solito i fondi attivi sono più efficienti nelle fasi in cui sul mercato c’è maggiore oscillazione (che tecnicamente si chiama «volatilità»), perché nelle situazioni di incertezza riescono a esprimere meglio la loro bravura nel selezionare i titoli vincenti. I fondi passivi, al contrario, sono imbattibili quando l’oscillazione è molto contenuta, anche se avendo costi molto ridotti (come gli Etf, appunto) nel lungo periodo riescono sempre a generare performance positive.

Per questo motivo, e anche per rendervi la vita un po’ più semplice, nel processo di investimento vi consiglio di utilizzare come strumenti di base i fondi passivi, che sono più affidabili e meno costosi, e come strumenti satellite i fondi attivi (ma selezionando quei pochi gestori capaci), che nei momenti di alta volatilità dei mercati potrebbero dare una mano al rendimento del portafoglio.

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