Tiffany è un mito appannato. E Arnault lo sa bene

Il patron del lusso ha acquistato strapagandolo il marchio reso celebre dal romanzo di Capote e dal film. Ma che negli anni ha perso il suo fascino presso i millenial riducendosi a rivenditore di oggetti per la casa e gadget d’argento per signori di mezza età.

Dopo otto anni di tentativi Bernard Arnault ha comprato Tiffany, strapagandolo, e siamo in attesa di capire che straordinaria immissione di denaro dovrà fare per recuperarne l’immagine e il posizionamento, perché dubitiamo che voglia mantenerlo nel novero del produttore di oggetti per la casa e gadget d’argento per signori di mezza età in cui è scivolato negli ultimi decenni, l’ultimo in particolare e in particolare in Europa.

UNA LEGGENDA APPANNATA

Anni di sonaglini per neonati, di medagliette a 160 euro e di tagliasigari per nostalgici hanno polverizzato lo straordinario capitale di marca dato da quel titolo letterario e geniale 50 anni fa. E i volenterosi tentativi di Daniella Vitale per rivitalizzare la marca nel Vecchio Continente fino a oggi non sono stati coronati da clamorosi successi (la chief brand officer, prima signora ai vertici di Tiffany dalla fondazione nel 1837, è arrivata nel 2017 in Fifth Avenue dalla Madison, e per la precisione da Barneys, il grande magazzino fallito, diciamo non proprio un biglietto da visita eccezionale).

UNA COLAZIONE CHE HA PERSO APPEAL

Cartier, come rilevava l’analista indiana Rhada Chahda qualche anno fa, è sinonimo di lusso nel gioiello soprattutto in Asia. Altrove, le reazioni sono “mixed”. E poi ci sono i giovani, anzi, ci sono innanzitutto loro.

Chiedete a un 20enne se abbia mai letto Colazione da Tiffany e 99 volte su 100 vi dirà di no. Di solito ignora perfino che all’origine del film vi sia un racconto. Truman Capote, il White Ball, i cigni: chi sono, anzi, chi sono stati. Anche sul celeberrimo film, che pure del racconto ha poco e niente e sembra fatto solo per soddisfare la pruderie americana degli Anni 60, le nozioni sono vaghe e confuse (il tema di fondo è quello di Peccato che sia una sgualdrina, commedia elisabettiana di John Ford, ma sfidiamo chiunque a capire dalla sceneggiatura come Audrey Hepburn si paghi gli abiti di alta sartoria).

Audrey Hepburn sul set di Colazione da Tiffany.

I MILLENNIAL NON CONOSCONO LA STORIA DEL MARCHIO NÉ IL ROMANZO

Per tutto il resto, cioè per le pietre, i gioielli, i nomi di riferimento a livello mondiale sono altri. Marilyn Monroe non lo citerebbe più prima di «Cartier» e di Harry Winston «tell me all about it».

La mappa del posizionamento mondiale della gioielleria è profondamente cambiato dai tempo dei diamanti che sono i migliori amici delle ragazze, e ai vertici di questa piramide si trovano Van Cleef&Arpels, ancora Cartier oppure, Bulgari, che in questa ultima acquisizione di Arnault entra certamente più di quanto si creda, visto che l’amministratore delegato Alessandro Bogliolo è un ex-Bulgari e due anni fa venne chiamato in Tiffany da Francesco Trapani, nipote di Paolo e Nicola Bulgari, che per molti anni guidò l’azienda di famiglia prima di cederla ad Arnault.

LA SCELTA STRATEGICA DI LVMH

Il duo Bogliolo-Trapani ha certamente favorito il deal, benché il prezzo di 135 dollari per azione pagato dal patron di Lvmh Bernard Arnault, con un premio di maggioranza di 9,5 dollari rispetto al valore di chiusura del titolo di venerdì scorso a 125,5 dollari (li pagherà cash per una transazione totale di 16,2 miliardi di dollari che verrà completata entro i primi mesi del 2020), rappresentano un prezzo amateur. Da collezionista. Per Lmvh si tratta della maggiore acquisizione mai effettuata, superiore anche all’acquisto dell’ultima quota di Christian Dior nel 2017. Addirittura superiore di tre volte rispetto a quanto pagato per rilevare Bulgari nel 2011 (4,3 miliardi di euro), quando l’approccio fu simile anche nelle tempistiche “da week end”.

TIFFANY, RICAVI IN DISCESA

«L’acquisizione di Tiffany», si legge nella nota diffusa, «rafforzerà la posizione di Lvmh nella gioielleria e aumenterà ulteriormente la sua impronta negli Stati Uniti. L’aggiunta di Tiffany trasformerà la divisione Watches & Jewelry di Lvmh e va a completare le 75 distinguished houses del gruppo», che nel settore specifico comprendono per l’appunto Bulgari, ma anche Tag Heuer, Zenith, Fred, Hublot, Chaumet. Una scelta, dunque, strategica, effettuata sia per accorciare le distanze dal gruppo Richemont (appunto Cartier e Van Cleef) sia per rafforzarsi nel segmento, fra i più profittevoli del 2018, con una crescita del 7%. Nello stesso periodo, Tiffany è andata in controtendenza; nei primi sei mesi del 2019 ha perso il 3% dei ricavi, scesi a 2,1 miliardi di dollari.

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