«Ecco il piano di ArcelorMittal per fermare l’Ilva»

Un dirigente dell'azienda ai pm di Milano: «Il programma prevedeva di lasciare una scorta minima di materie prime, solo per un altoforno, per un mese». L'ad Morselli «ci disse che erano stati fermati gli ordini». Per la procura l'abolizione dello scudo penale è solo un pretesto.

I pm di Milano che si occupano del caso Ilva hanno depositato l’atto di intervento nella causa civile tra il gruppo franco-indiano e i commissari dell’acciaieria. I magistrati non hanno dubbi: la «vera causa» della “ritirata” dell’azienda è «riconducibile alla crisi d’impresa», mentre il «venir meno del cosiddetto scudo penale» sarebbe un motivo utilizzato «pretestuosamente».

Inoltre, poiché sussiste «il pericolo di diminuzione delle garanzie patrimoniali per il risarcimento di eventuali danni», è urgente una pronuncia dei giudici che imponga di «astenersi dalla fermata degli impianti e adempiere fedelmente e in buona fede alle obbligazioni assunte».

L’atto contiene, tra le altre cose, le dichiarazioni rese alla procura da un dirigente di ArcelorMittal Italia, Giuseppe Frustaci, ascoltato come testimone pochi giorni fa. Il funzionario ha spiegato ai pubblici ministeri cosa prevedeva il piano dell’azienda per fermare la produzione a Taranto, piano che dopo il ricorso d’urgenza presentato dai commissari la multinazionale ha dovuto sospendere.

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«CANCELLATO L’APPROVVIGIONAMENTO DELLE MATERIE PRIME»

Il programma, secondo la testimonianza del manager, «prevedeva di lasciare una scorta minima di materie prime, solo per un altoforno, per un mese». E oggi, nonostante la sospensione, «l’azienda non ha tutto quel che serve per proseguire l’attività, in quanto l’approvvigionamento delle materie prime è stato cancellato».

LA SCELTA DI FERMARE GLI ORDINI

Il dirigente ha aggiunto che l’amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, «ha dichiarato ufficialmente» in un incontro «ai primi di novembre» con «i dirigenti e i quadri» che erano stati fermati gli ordini, «cessando di vendere ai clienti».

I DANNI DERIVANTI DAL RAFFREDDAMENTO DEGLI ALTOFORNI

Il manager ha inoltre voluto ricordare che «ogni fermata di un altoforno e il successivo raffreddamento, seppur operato seguendo le migliori pratiche, non è mai senza danni». Danni la cui entità «si può verificare solo quando si riparte».

ABBATTERE I COSTI RIDUCENDO LA QUALITÀ

I «manager esteri» del gruppo ArcelorMittal, per giunta, avrebbero sostenuto che per il funzionamento degli impianti a caldo destinati a produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio «la qualità delle materie prime fosse troppo alta e che occorresse utilizzarne di qualità inferiore per abbattere i costi».

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