Come il cibo è diventato uno status symbol anche per gli italiani

Uno studio fotografa il nuovo prototipo di consumatore 4.0. Mangia poco, ma bene. Non ha "fame", bensì appetito. Cerca il piacere e la salute. L'analisi delle evolute abitudini alimentari.

Non ditelo a Matteo Salvini, che ingurgita fiero piatti iper calorici a qualsiasi ora del giorno e della notte vantandosene su Twitter, per comunicare a quelli del “popolo”che lui è come loro, divora un po’ di tutto e male: ormai il cibo è uno status symbol, all’insegna del “dimmi come mangi e ti dirò chi sei”. E il consumatore è diventato 4.0, post-moderno e sempre più attento al rapporto con l’alimentazione.

TRA INNOVAZIONE E ACQUISTI CERTIFICATI

A delineare questo ritratto è stato l’Osservatorio cibi, produzioni, territorio (Cpt) di Eurispes, Uci e Univesitas Mercatorum, che ha raccolto dati, approfondito fenomeni e osservato come cambiano le abitudini dei consumatori nel position paper “I consumi alimentari: conoscere per agire”. Si parla di sempre di più di persone che non hanno “fame”, ma appetito, saziano la mente più che la pancia, sono sempre più informate e consapevoli, cercano l’innovazione e il piacere così come la salute, acquistano prodotti certificati ma non si fidano più solo di un bollino.

I CONSUMI ALIMENTARI SONO L’11% DEL PIL

I consumi delle famiglie rappresentano la quota più importante del Prodotto interno lordo (Pil) italiano e, in quest’ambito, quelli alimentari pesano l’11% (secondo dati Istat del 2018). Ma conoscere il consumo, spiega questo studio, significa capire le persone, i loro valori, i loro desideri. E il consumatore di oggi «è un misto di antico e contemporaneo, è un consumatore post moderno che sta ribaltando il suo rapporto con il consumo: dopo una lunga fase post bellica, nella quale il consumo ha sostanzialmente dominato sulla persona, è maturato un cambiamento di stato che mostra un altro soggetto, che ribalta i termini del proprio esistenziale socio-economico da consumatore-persona a persona-consumatore, attraverso alcuni atteggiamenti nuovi».

DA FATTO INDIVIDUALE A RELAZIONALE

Siamo al culmine, sostiene l’osservatorio, di un percorso di trasformazione intellettuale del cibo: da alimento a strumento di piacere, da fatto individuale a relazionale. «Una trasformazione a cui hanno contribuito i media innanzitutto con i format televisivi, l’ascesa dei cuochi star».

IL RIFERIMENTO: LA CERTIFICAZIONE BIOLOGICA

Il nuovo consumatore è inoltre molto attento alla qualità, che individua attraverso alcuni elementi come la sicurezza alimentare, e in questo senso l’etichetta è fondamentale per convogliare le informazioni necessarie a rassicurare il consumatore; la qualità ambientale della terra d’origine dei prodotti; la naturalità dei processi dei prodotti, la certificazione biologica che è un riferimento per molti. E l’aspetto salutistico: il cibo è di qualità se «svolge funzioni positive per l’organismo».

SI DIVENTA “PRODUTTORI DI SIGNIFICATI”

In definitiva, il consumatore è diventato «attraverso l’insieme delle proprie scelte di consumo, un “produttore di significati“». Perché «non è il singolo atto di scelta che definisce la persona, ma l’intero insieme delle scelte di acquisto che, nell’identità che le sottende, assurgono a “sistema”». E «il possesso, la proprietà e l’utilizzo di simboli è un tratto essenziale del consumo: ieri l’automobile era probabilmente il simbolo-guida, poi è divenuta la griffe della moda, oggi il focus è sui comportamenti alimentari». E se anche Salvini la smettesse di condividere cibo spazzatura sui social? Per adesso resta ancora un’utopia.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it