In Libano i manifestanti chiudono l’accesso al parlamento

I deputati non riescono a entrare e salta la discussione su un controverso progetto di amnistia. Intanto, le banche riaprono con la polizia a proteggere ogni filiale.

In Libano la tensione tra piazza e palazzi del potere resta ai livelli di guardia. Il presidente del parlamento Nabih Berri ha rinviato a data da destinarsi la sessione prevista il 19 novembre che doveva discutere della controversa proposta di legge per una amnistia riguardante diversi crimini comuni e finanziari. La decisione è stata presa, riferisce l’ufficio stampa di Berri, a causa dell’assenza del quorum dei deputati. Molti infatti non si sono presentati per l’assedio di migliaia di manifestanti fuori dal parlamento di Beirut che hanno tentato di impedire l’accesso dei parlamentari.

I manifestanti hanno circondato gli accessi a piazza Etoile, sede del parlamento libanese e protetta da un rigido apparato di sicurezza. La polizia s’è schierata in tenuta anti-sommossa e gli ingressi alla piazza sono stati transennati e bloccati da filo spinato e blocchi di cemento. La mobilitazione si inserisce nel quadro delle proteste popolari anti-governative in corso da più di un mese. La seduta era prevista una settimana fa ma era stata rinviata per ragioni di sicurezza.

STALLO PER IL PREMIER DOPO IL “NO” DI SAFADI

Sul fronte della maggioranza, il 15 novembre leader politico-confessionali libanesi si erano accordati per la nomina di Muhammad Safadi come nuovo premier incaricato dopo le dimissioni lo scorso 29 ottobre del premier Saad Hariri. Il diretto interessato, però, ha rifiutato l’incarico. Per convenzione, il premier deve essere musulmano sunnita. Safadi, 75 anni, è sunnita della città di Tripoli, nel Nord del Paese, ed è noto per esser da decenni parte del sistema clientelare al governo in Libano dalla fine, 30 anni fa, della guerra civile (1975-90). La moglie di Safadi, Violette, è attualmente ministro del governo Hariri e dirige il dicastero per il Rafforzamento del ruolo della donna.

MISURE STRAORDINARIE CONTRO LA FUGA DEI CAPITALI

Nel frattempo, il 19 novembre le banche libanesi hanno riaperto gli sportelli dopo 10 giorni di chiusura, dovuta allo sciopero degli impiegati, impauriti dalla graduale tensione sociale. Per la prima volta dall’inizio della crisi più di un mese fa, agenti di polizia sono ora dispiegati agli ingressi di ogni filiale su tutto il territorio libanese a protezione delle sedi bancarie e degli impiegati. Alla riapertura, le banche hanno cominciato ad applicare «misure straordinarie» per contenere la fuga dei capitali in un contesto in cui, a causa della grave crisi sociale, economica e politica libanese, i risparmiatori cercano di prelevare dai loro conti correnti in dollari americani in contanti.

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