Le proteste a Hong Kong del 18 novembre 2019

Duri scontri intorno al Politecnico. Fallita la mediazione tra rettore e forze dell'ordine sono ripresi gli scontri intorno alla struttura. E intanto l'Alta corte giudica incostituzionale il bando delle maschere.

È altissima la tensione a Hong Kong, dove prosegue l’assedio al Politecnico occupato mentre altri manifestanti pro democrazia sono tornati a bloccare questa nella mattinata del 18 novembre la centralissima Nathan Road. Intorno alle 17, ora locale, la polizia ha lanciato l’appello alla resa agli studenti arroccati nel campus, invitati a deporre le armi e a uscire in modo ordinato. Tutti, ha assicurato un portavoce in una conferenza stampa in streaming, saranno arrestati perché «sospettati di rivolta» in vista degli accertamenti del caso.

Gli agenti hanno intanto eseguito decine di fermi fuori dall’Hotel Icon, su Science Museum Road, nelle vicinanze del PolyU. Le forze dell’ordine hanno reso noto che tra venerdì 15 e domenica 17 sono state fermate 154 persone, di cui 51 solo domenica qualificatesi come personale medico, paramedico e giornalisti. Poco prima le 7:00 locali (mezzanotte in Italia), il rettore dell’ateneo Teng Jin-Guang aveva spiegato di aver raggiunto una tregua con la polizia a patto che gli studenti fermassero gli attacchi. L’evacuazione pacifica è però saltata quando la polizia ha ripreso a lanciare i lacrimogeni, spingendo molti studenti a tornare indietro.

Sui social media sono circolate le immagini degli studenti ammanettati e schierati in riga in attesa di essere portati via. Non è chiara la dinamica che ha portato alla rottura della tregua e al ritorno degli scontri, ma alcuni media locali hanno parlato di carenza di comunicazione tra gli agenti impegnati nell’assedio del campus, alcuni dei quali avrebbero reagito istintivamente alla vista dei manifestanti dopo i violentissimi scontri partiti il 17 e continuati nella notte, tra ripetuti (e falliti) tentativi di sfondamento. Dall’inizio delle proteste di giugno, la polizia ha arrestato 4.401 persone, di cui 3.395 uomini e 1.096 donne, in età compresa tra gli 11 e gli 83 anni.

STUDENTI RESPINTI DAI GAS LACRIMOGENI

Le drammatiche immagini delle tv hanno mostrato corposi gruppi di studenti lasciare il campus sulla Science Museum Road prima di essere rispediti indietro dai lacrimogeni della polizia. Scenari simili si sono ripetuti vicino ad Austin Road, con gli studenti in fase di evacuazione e costretti a rientrare per sfuggire agli effetti dei gas.

ALMENO 39 FERITI NEGLI SCONTRI

La battaglia tra manifestanti arroccati nel PolyU e la polizia ha registrato un totale di 38 feriti, di cui 5 in condizioni gravi, secondo il bilancio stilato dalla Hospital Authority. Sono invece 18 le persone segnalate in condizioni stabili, mentre sei sono state dimesse. Un totale di 24 persone, invece, sono state ricoverate tra la mezzanotte e le 7:30 del mattino locali, e tra questi c’è anche un uomo di 84 anni.

L’ALTA CORTE DICE “NO” AL BANDO DELLE MASCHERE

Mentre gli scontri imperversavano l’Alta Corte di Hong Kong ha dichiarato l’incostituzionalità del divieto dell’uso delle maschere introdotto lo scorso mese dalla governatrice Carrie Lam facendo leva sulla legislazione di emergenza, una norma che aveva suscitato violentissime polemiche. La sentenza dell’Alta Corte, ha riferito il network pubblico Rthk, stabilisce la «incompatibilità con la Basic Law», la Costituzione locale, ed è maturata a seguito del ricorso promosso da 24 parlamentari pan-democratici.

I GIUDICI: GOVERNO OLTRE LE SUE PREROGATIVE

L’Alta Corte ha sancito che il divieto dell’uso delle maschere nelle manifestazioni pubbliche, con la previsione del carcere fino a sei mesi in caso di trasgressione, sia incostituzionale perché è una restrizione dei diritti fondamentali delle persone spinta oltre il necessario. In altri termini, «eccede quello che è ragionevolmente necessario da ottenere puntando all’applicazione della legge, alle indagini e alla punizione dei dimostranti violenti». La normativa, varata in base ai poteri d’emergenza di una ordinanza del 1922, in pieno periodo coloniale, puntava nei piani del governo a scoraggiare l’adesione di massa alle manifestazioni pro-democrazia che stanno scuotendo l’ex colonia da giugno. La polizia aveva anche il potere di ordinare o di togliere direttamente le maschere in qualsiasi momento e luogo. Sui social media, una volta diffusasi la notizia, sono apparsi foto e video di persone che consegnano le maschere a chi che si preparano ai sit-in di protesta in Central.

MEDIA CINESI: «NESSUN COMPROMESSO CON GLI ATTIVISTI»

Intanto da Pechino il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang ha voluto far sapere che nessuno dovrebbe «sottovalutare la determinazione della Cina nella difesa della sua sovranità e della stabilità di Hong Kong». Parallelamente si sono attivati anche i media di regime. Il futuro di Hong Kong, ha scritto il Quotidiano del Popolo, ‘voce’ del Partito comunista cinese, è al suo punto critico e non c’è «alcun margine» per i compromessi nella «lotta» contro i manifestanti anti-governativi. «Quello che abbiamo di fronte è la battaglia tra la tutela del principio ‘un Paese, due sistemi’ e la sua distruzione. Su tale questione, che coinvolge la sovranità nazionale e il futuro di Hong Kong, non c’è una via di mezzo e assolutamente neanche lo spazio per un compromesso», si legge. Pechino non esiterà a contrastare qualsiasi tentativo che minacci la sovranità, la sicurezza e l’unità nazionale. «Ogni tentativo che minacci queste tre linee di fondo e che interferisca o possa sabotare il modello ‘un Paese, due sistemi’ è solo delirante, futile e destinato a fallire».

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