I giardini storici di Venezia distrutti dall’acqua alta

In ginocchio anche il "tesoro verde" della città lagunare. Alberi secolari sradicati, piante divelte e muretti crollati: un patrimonio perduto forse per sempre.

L’eccezionale acqua alta che negli ultimi giorni ha sommerso Venezia ha messo in ginocchio anche il “tesoro verde” della città lagunare, con i suoi 500 giardini storici. Alberi secolari sradicati, piante divelte, muretti crollati. Un tracollo silenzioso di pioppi, robinie, querce centenarie, ulivi e viti, abbattuti dal vento e dalla forza del mare.

«Stiamo ricevendo molte segnalazioni, i terreni sono inzuppati di acqua salmastra», racconta Mariagrazia Dammicco, presidente di Wigwam Club Giardini Storici Venezia. Giardini, orti e frutteti con alberi antichissimi «oggi non esistono più». Fazzoletti verdi nelle corti interne dei palazzi nobili, che nulla hanno potuto contro la rabbia della natura: «Sono piante con radici che non superano gli 80 centimetri di profondità. Proprio le radici non hanno retto, come accaduto con la tempesta Vaia» nel 2018.

Giovanni Masut, maestro-giardiniere che lavora alla Giudecca, fornisce un quadro della situazione: «L’ottocentesco giardino Eden ha perduto un centinaio di piante. Il classico giardino Volpi, con le aiuole alla veneta e le pergole, è stato travolto dall’acqua che ha abbattuto il muro di protezione sul lato laguna e ha sradicato cipressi centenari, mettendone a nudo radici altissime. Stessa sorte è toccata agli storici orti della palladiana chiesa del Redentore».

LE SITUAZIONI PIÙ CRITICHE

Un patrimonio che, secondo Antonella Pietrogrande, coordinatrice del Gruppo Giardino Storico-Università di Padova, «forse è perduto per sempre». Le situazioni più critiche riguardano, tra l’altro, l’orto del Campanile ai Carmini, il giardino d’impronta rinascimentale di Palazzo Nani Bernardo, confinante con il museo di Ca’ Rezzonico, e gli spazi verdi di molte residenze della Giudecca.

DANNI ANCHE OLTRE IL CENTRO STORICO

Ma anche al di fuori del centro storico la situazione non è diversa: «Siamo impegnati a recuperare un vitigno di due ettari nell’isola di Mazzorbo», dice Gianluca Bisol, proprietario della tenuta Venissa. La conclusione è amara: «Se il nostro lavoro non avrà un risultato positivo, stimo che il danno possa essere intorno al mezzo milione di euro».

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