Gianna si tuffa nel passato e fa davvero La differenza

Nell'ultimo disco della Nannini si sente, in tutto e per tutto, la tensione della sfida, un rispetto autentico per la musica, la voglia di ribadirsi senza troppi calcoli, senza fronzoli ma con estrema cura per i dettagli. C'è un ritorno marcato a una asciuttezza che fa risaltare l'unicità dell'artista.

Gianna Nannini è di quelli che possono piacere e non piacere, con il suo modo da scavezzacolla di buona famiglia, di Gian Burrasca col culo parato, la ricca borghesia senese che ti permette di fare quello che vuoi, vizi capricci pretese, tanto se caschi, caschi in piedi.

Lei voleva fare la rockstar, e l’ha fatto. Anzi ha cominciato proprio da dura, per poi via via normalizzarsi, come succede a chi ha un successo esagerato. Ma la gavetta l’ha avuta, le sue porte da sfondare le ha avute: e le ha sfondate.

S’è anche persa, come è doveroso per una rockstar, dandosi al caos, allo sbando, all’ossessione da coca («Ne ero dipendente, non restavo mai senza», ha detto qualche tempo fa a Vanity Fair).

CON LA DIFFERENZA GIANNA RITORNA AL PASSATO

Allo stesso tempo, quelle pose zompettanti che nascondevano Rossini, «questo amore è una camera a gas», potevano irritare i puristi, potevano indurre a dire: chi vuoi prendere in giro, Giannina? Noi non ce la beviamo. Ma lei tirava dritto per la sua strada, faceva come sempre il comodo suo, giocava con la sua libertà viziata ma imprescindibile, si permetteva una figlia fuori tempo massimo, facendo incazzare i moralisti, faceva dischi magari non sempre a fuoco, e teneva botta: una sua raccolta, qualche anno fa, arrivò a vendere la per questi tempi astronomica cifra di cento e passa mila copie. Anche se il rock, vero o presunto, era sempre più lontano. Anche se altri generi, altre facce premevano. Lei avanti, dritta a modo suo.

A 63 anni arriva un album come questo, e capisci che chiamarlo La differenza non è altro che la verità, tutta la verità

È che i conti si fanno alla fine, ci vuole una vita per capire chi si è e soprattutto per dimostrarlo. Poi, a 63 anni, arriva un album come questo, e capisci che chiamarlo La differenza non è altro che la verità, tutta la verità. Non nel senso che Gianna sia snaturata o rinnegata, tutt’altro: c’è se mai una diversità che fa la differenza, c’è un ritorno marcato a una asciuttezza che fa risaltare l’unicità: io sono altro da voi, e posso esserlo perché me lo sono guadagnato e non ho bisogno di rincorrere le mode. Faccio corsa su di me e, per quanto possa coinvolgere qualche ragazzino, sia chiaro che sono io a condurre il gioco.

Ed è andata a Londra, dove vive per lo più attualmente, in cerca di aspirazioni e ispirazioni, e poi è finita a Nashville, perché serviva incontrare certi sogni, certe radici magari immaginifiche ma non meno forti. Ed è arrivato questo punto e a capo, dove si sente, in tutto e per tutto, la tensione della sfida, un rispetto autentico per la musica, la voglia di ribadirsi senza troppi calcoli, senza fronzoli ma con estrema cura per i dettagli.

DAL REGGAE AL ROCK DURO, LA NANNINI NON SI TRADISCE MAI

L’album si presenta col primo singolo, l’eponimo La differenza che ha accenti vocali alla Brunori Sas (o non sarà il contrario?): è subito un colpo dritto al centro, una ballata che non vuole travolgere ma avvolgere, dove tutto è calibrato, dalla strofa al ritornello che si apre, ma senza esagerare, con l’intensità controllata che ci vuole. Romantico e bestiale è un reggae sporco, fatto con Dave Stewart, e dà modo a Gianna di liberare la parte più istintiva, se si vuole istrionica, ma qui ancora misurata, su bordoni d’organo. Motivo torna alla ballata e potrebbe sapere di risaputo, appesantita dalla pochezza interpretativa e compositiva di Coez; ma in questo album breve, 36 minuti e andare, di elaborata essenzialità, niente va sprecato e anche questo pezzo, in sé piuttosto ruffiano e tra i più deboli della raccolta, si salva nell’economia complessiva del lavoro.

Si ascoltano echi di Nashville, dove il disco è stato rifinito, opportunamente, dopo la gravidanza inglese

Molto meglio Gloucester Road, arpeggiata in pizzico di dita, inglese ma in fondo italiana, perfino napoletana, il sapore è quello del vecchio compagno di «notti magiche» Edoardo Bennato. L’aria sta finendo sfodera il rock venato di country, si ascoltano echi di Nashville, dove il disco è stato rifinito, opportunamente, dopo la gravidanza inglese; discretamente mainstream, senza dubbio, e qua e là affiorano certe tentazioni liriche a gola spiegata; ma trovala, una che dopo tanta strada ancora non si fa scrupolo nel tirare fuori questa carica, più matura, forse anche più sincera di prima nel ritornare ad una certa idea de “l’America”.

NEL DISCO NON MANCANO LA VENA CANTAUTORIALE E LE MELODIE ITALIANE

Più canonica, subito dopo, Canzoni buttate, per dire più cantautorale, la classica canzone destinata ad essere adorata, adottata dagli hardcore fan. Per oggi non si muore continua il gioco, solo asciugandolo un poco: rinchiudendosi in un microcosmo emotivo e fisico, qui Gianna canta per tutti ma soprattutto per se stessa, come sotto la doccia o dentro un bicchiere di whisky; ed è una melodia italiana quella che dipana sotto flussi morbidi di chitarre elettriche. Simpaticamente celentanesca Assenza, giusta giusta per cavarne fuori un secondo singolo, e vedrete se non sarà così.

La cantautrice e musicista italiana Gianna Nannini posa per i fotografi durante il photocall per la presentazione del suo ultimo album ‘La differenza’.

LEGGI ANCHE: Lucio Dalla, un miracolo senza tempo (anche rimasterizzato)

A chi non ha risposte, e siamo già in vista della fine, è piuttosto di routine ma serve a ricordare che qui c’è una interprete inconfondibile, tuttora in grado di alternare il registro roco, aggressivo con quello alto, quasi adolescenziale, sempre con quella intensità tra folk e il melodramma; e la coda col controcanto di una corista soul è un modo interessante di uscirne. L’esito di Liberiamo va sul sicuro, è Every breath you take dei Police, che poi è Stand by me di Ben E. King: in questi casi non conta il giro armonico standard, conta la capacità di rileggerlo con intensità adeguata: la Nannini non è una blueswoman, ma ha abbastanza esperienza e talento per cavarsela.

UN ALBUM IMPORTANTE DI UNA ARTISTA DI TALENTO

E così Gianna reimpacchetta il passato e lo riporta a casa. Fa un giro lungo, dall’Inghilterra all’America, mette nel sacco quello che conta, che serve, poi lo sparpaglia per confezionare un album importante, ambizioso, coraggioso nella sua scaltra onestà. C’è una purezza, una bellezza di suono che rende il disco godibilissimo specialmente in cuffia. C’è la sfida, sfrontata, evidente, di consegnarsi a una sensibilità poetica personale, dunque fuori tempo – niente ammiccamenti qui, niente costruzioni buone per Spotify, solo la riaffermazione di un talento consapevole della sua storia ma che allo stesso tempo non rinuncia a rinfrescarsi, solo alle sue condizioni. Ci sono i limiti, ma c’è anche tanta vitalità, tanta forza, l’orgoglio e l’entusiasmo che alla fine ti fa dire: però, mica male questa Nannini. E chi se l’aspettava, così cazzuta ancora.

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Gianna si tuffa nel passato e fa davvero La differenza

Nell'ultimo disco della Nannini si sente, in tutto e per tutto, la tensione della sfida, un rispetto autentico per la musica, la voglia di ribadirsi senza troppi calcoli, senza fronzoli ma con estrema cura per i dettagli. C'è un ritorno marcato a una asciuttezza che fa risaltare l'unicità dell'artista.

Gianna Nannini è di quelli che possono piacere e non piacere, con il suo modo da scavezzacolla di buona famiglia, di Gian Burrasca col culo parato, la ricca borghesia senese che ti permette di fare quello che vuoi, vizi capricci pretese, tanto se caschi, caschi in piedi.

Lei voleva fare la rockstar, e l’ha fatto. Anzi ha cominciato proprio da dura, per poi via via normalizzarsi, come succede a chi ha un successo esagerato. Ma la gavetta l’ha avuta, le sue porte da sfondare le ha avute: e le ha sfondate.

S’è anche persa, come è doveroso per una rockstar, dandosi al caos, allo sbando, all’ossessione da coca («Ne ero dipendente, non restavo mai senza», ha detto qualche tempo fa a Vanity Fair).

CON LA DIFFERENZA GIANNA RITORNA AL PASSATO

Allo stesso tempo, quelle pose zompettanti che nascondevano Rossini, «questo amore è una camera a gas», potevano irritare i puristi, potevano indurre a dire: chi vuoi prendere in giro, Giannina? Noi non ce la beviamo. Ma lei tirava dritto per la sua strada, faceva come sempre il comodo suo, giocava con la sua libertà viziata ma imprescindibile, si permetteva una figlia fuori tempo massimo, facendo incazzare i moralisti, faceva dischi magari non sempre a fuoco, e teneva botta: una sua raccolta, qualche anno fa, arrivò a vendere la per questi tempi astronomica cifra di cento e passa mila copie. Anche se il rock, vero o presunto, era sempre più lontano. Anche se altri generi, altre facce premevano. Lei avanti, dritta a modo suo.

A 63 anni arriva un album come questo, e capisci che chiamarlo La differenza non è altro che la verità, tutta la verità

È che i conti si fanno alla fine, ci vuole una vita per capire chi si è e soprattutto per dimostrarlo. Poi, a 63 anni, arriva un album come questo, e capisci che chiamarlo La differenza non è altro che la verità, tutta la verità. Non nel senso che Gianna sia snaturata o rinnegata, tutt’altro: c’è se mai una diversità che fa la differenza, c’è un ritorno marcato a una asciuttezza che fa risaltare l’unicità: io sono altro da voi, e posso esserlo perché me lo sono guadagnato e non ho bisogno di rincorrere le mode. Faccio corsa su di me e, per quanto possa coinvolgere qualche ragazzino, sia chiaro che sono io a condurre il gioco.

Ed è andata a Londra, dove vive per lo più attualmente, in cerca di aspirazioni e ispirazioni, e poi è finita a Nashville, perché serviva incontrare certi sogni, certe radici magari immaginifiche ma non meno forti. Ed è arrivato questo punto e a capo, dove si sente, in tutto e per tutto, la tensione della sfida, un rispetto autentico per la musica, la voglia di ribadirsi senza troppi calcoli, senza fronzoli ma con estrema cura per i dettagli.

DAL REGGAE AL ROCK DURO, LA NANNINI NON SI TRADISCE MAI

L’album si presenta col primo singolo, l’eponimo La differenza che ha accenti vocali alla Brunori Sas (o non sarà il contrario?): è subito un colpo dritto al centro, una ballata che non vuole travolgere ma avvolgere, dove tutto è calibrato, dalla strofa al ritornello che si apre, ma senza esagerare, con l’intensità controllata che ci vuole. Romantico e bestiale è un reggae sporco, fatto con Dave Stewart, e dà modo a Gianna di liberare la parte più istintiva, se si vuole istrionica, ma qui ancora misurata, su bordoni d’organo. Motivo torna alla ballata e potrebbe sapere di risaputo, appesantita dalla pochezza interpretativa e compositiva di Coez; ma in questo album breve, 36 minuti e andare, di elaborata essenzialità, niente va sprecato e anche questo pezzo, in sé piuttosto ruffiano e tra i più deboli della raccolta, si salva nell’economia complessiva del lavoro.

Si ascoltano echi di Nashville, dove il disco è stato rifinito, opportunamente, dopo la gravidanza inglese

Molto meglio Gloucester Road, arpeggiata in pizzico di dita, inglese ma in fondo italiana, perfino napoletana, il sapore è quello del vecchio compagno di «notti magiche» Edoardo Bennato. L’aria sta finendo sfodera il rock venato di country, si ascoltano echi di Nashville, dove il disco è stato rifinito, opportunamente, dopo la gravidanza inglese; discretamente mainstream, senza dubbio, e qua e là affiorano certe tentazioni liriche a gola spiegata; ma trovala, una che dopo tanta strada ancora non si fa scrupolo nel tirare fuori questa carica, più matura, forse anche più sincera di prima nel ritornare ad una certa idea de “l’America”.

NEL DISCO NON MANCANO LA VENA CANTAUTORIALE E LE MELODIE ITALIANE

Più canonica, subito dopo, Canzoni buttate, per dire più cantautorale, la classica canzone destinata ad essere adorata, adottata dagli hardcore fan. Per oggi non si muore continua il gioco, solo asciugandolo un poco: rinchiudendosi in un microcosmo emotivo e fisico, qui Gianna canta per tutti ma soprattutto per se stessa, come sotto la doccia o dentro un bicchiere di whisky; ed è una melodia italiana quella che dipana sotto flussi morbidi di chitarre elettriche. Simpaticamente celentanesca Assenza, giusta giusta per cavarne fuori un secondo singolo, e vedrete se non sarà così.

La cantautrice e musicista italiana Gianna Nannini posa per i fotografi durante il photocall per la presentazione del suo ultimo album ‘La differenza’.

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A chi non ha risposte, e siamo già in vista della fine, è piuttosto di routine ma serve a ricordare che qui c’è una interprete inconfondibile, tuttora in grado di alternare il registro roco, aggressivo con quello alto, quasi adolescenziale, sempre con quella intensità tra folk e il melodramma; e la coda col controcanto di una corista soul è un modo interessante di uscirne. L’esito di Liberiamo va sul sicuro, è Every breath you take dei Police, che poi è Stand by me di Ben E. King: in questi casi non conta il giro armonico standard, conta la capacità di rileggerlo con intensità adeguata: la Nannini non è una blueswoman, ma ha abbastanza esperienza e talento per cavarsela.

UN ALBUM IMPORTANTE DI UNA ARTISTA DI TALENTO

E così Gianna reimpacchetta il passato e lo riporta a casa. Fa un giro lungo, dall’Inghilterra all’America, mette nel sacco quello che conta, che serve, poi lo sparpaglia per confezionare un album importante, ambizioso, coraggioso nella sua scaltra onestà. C’è una purezza, una bellezza di suono che rende il disco godibilissimo specialmente in cuffia. C’è la sfida, sfrontata, evidente, di consegnarsi a una sensibilità poetica personale, dunque fuori tempo – niente ammiccamenti qui, niente costruzioni buone per Spotify, solo la riaffermazione di un talento consapevole della sua storia ma che allo stesso tempo non rinuncia a rinfrescarsi, solo alle sue condizioni. Ci sono i limiti, ma c’è anche tanta vitalità, tanta forza, l’orgoglio e l’entusiasmo che alla fine ti fa dire: però, mica male questa Nannini. E chi se l’aspettava, così cazzuta ancora.

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