L’Iran e i suoi missili dietro l’attacco da Gaza su Israele

È la Brigata al Qods dei Pasdaran iraniani a definire la strategia degli attacchi e a rifornire di razzi la Jihad islamica palestinese. Un'azione che rischia di riportare la guerra nella Striscia.

Jihad islamica, agli ordini diretti dell’Iran, sta sommergendo il Sud di Israele di razzi diretti da Gaza contro la popolazione civile.

Questa aggressione a freddo a Israele si inserisce non sulle tensioni israelo-palestinesi (è in atto da mesi a Gaza una tregua funzionante tra Hamas e Gerusalemme) ma nella politica di attacco che l’Iran sta dispiegando da tre anni in qua (dopo gli sciagurati accordi sul nucleare voluti da Barack Obama) installando in Siria, in Libano e a Gaza non meno di 3 mila ogive missilistiche e razzi destinati alla «Entità Sionista».

Una politica di usura aggressiva da tutti i territori confinanti con Israele a Nord, a Est e a Sud, che risponde alla strategia degli ayatollah di preparare e avvicinarsi all’obiettivo strategico principale della rivoluzione iraniana, ribadito anche dalla cosiddetta “ala riformista” di Teheran: «Cancellare Israele dalla faccia della terra».

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CENTINAIA DI RAZZI DA GAZA VERSO ISRAELE

La gravità di questi attacchi proditori è tale che lo stesso coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio oriente, Nickolay Mladenov, lo ha nettamente condannato: «Il lancio indiscriminato di razzi e colpi di mortaio contro centri abitati è assolutamente inaccettabile e deve cessare immediatamente. Non ci può essere giustificazione per gli attacchi contro i civili».

Una bimba israeliana di 7 anni è in gravissime condizioni a causa di un infarto evidentemente provocato dal terrore

Più di 400 razzi sono stati lanciati tra martedì 12 e mercoledì 13 novembre da Gaza verso i centri abitati delle cittadine israeliane di Ashkelon e Sderot, il 90% sono stati intercettati dal sistema anti missile israeliano Iron Dome e non si registrano al momento vittime, ma una bimba israeliana di 7 anni è in gravissime condizioni a causa di un infarto evidentemente provocato dal terrore, mentre si trovava in un rifugio.

HAMAS È ESTRANEA ALL’AGGRESSIONE

Il lancio di razzi era iniziato venerdì 8 novembre e la reazione di Israele è stata immediata: con missili guidati ha ucciso lunedì 11 nella sua abitazione a Gaza il capo della Jihad islamica della zona Nord di Gaza Au al Atta e martedì un altro dirigente, Moawad al Ferraj. È fondamentale notare che Hamas, che governa e controlla la Striscia, è estranea a questa demenziale aggressione contro Israele (nulla, dal punto di vista militare, ma devastante per gli israeliani delle zone colpite dal punto di vista umano) che è invece opera della Jihad islamica, un gruppo che è alle dirette dipendenze della Brigata al Qods dei Pasdaran iraniani comandata dal generale Ghassem Suleimaini. Gli stessi Pasdaran riforniscono tramite il Sinai questi razzi, tutti di fabbricazione iraniana, alla Jihad islamica. Israele ha risposto a questa ennesima – e del tutto gratuita – aggressione con bombardamenti di sedi della Jihad islamica nella Striscia che a mercoledì 13 novembre hanno fatto 23 morti tra i suoi militanti.

LA PAURA DI UNA NUOVA GUERRA NELLA STRISCIA

Naturalmente, la preoccupazione maggiore è che questa aggressione irano-palestinese a Israele inneschi una nuova guerra a Gaza, ma Hamas, a oggi, ha dato segno di non avere intenzione di fare saltare la tregua siglata con Israele con la mediazione egiziana e anche se non fa nulla per impedire alla Jihad islamica di continuare la sua provocazione, anche se la “copre” politicamente, si è ben guardata dal fare atti di aggressione diretta contro Israele.

Un dimostrante palestinese.

Il governo israeliano ha per ora preso atto della prudente posizione di Hamas e non ha colpito nessun suo obiettivo a Gaza. Ma la situazione è sul filo del rasoio. Naturalmente, tutte le forze politiche israeliane hanno dato il pieno appoggio alla risposta decisa dal governo – incluse le uccisioni mirate dei dirigenti della Jihad islamica – ma è evidente il riflesso di queste tensioni nella difficile fase della formazione di un governo a Gerusalemme affidata al generale Benny Gantz, dopo il fallimento del tentativo di Bibi Netanyhau.

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