Mario Di Ferro, gestore del ristorante palermitano Villa Zito frequentato da professionisti, vip e politici, è stato arrestato con l’accusa di spaccio di droga. L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal gip Antonella Consiglio su richiesta del procuratore Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido. Nel provvedimento si legge che Di Ferro avrebbe procurato e ceduto cocaina, tra gli altri, all’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè (che al momento non è indagato).
Di Ferro accusato di spacciare cocaina nel suo ristorante
Il procedimento nasce da un’intercettazione disposta nell’ambito di un’altra indagine che ha rivelato come il ristoratore portasse avanti, nel suo locale, un’intensa attività di spaccio di stupefacenti a una selezionata clientela. Secondo quanto emerso, i “fornitori” sarebbero Gioacchino e Salvatore Salamone, già condannati per spaccio in un processo sui traffici dei clan mafiosi palermitani. Di Ferro avrebbe anche usato tre suoi dipendenti come pusher. La magistratura ha iscritto nel registro degli indagati sia i Salomone che i tre lavoratori, disponendo per i primi la custodia cautelare in carcere e per i secondi l’obbligo di firma. A Di Ferro sono invece stati dati i domiciliari.
Miccichè tra i presunti clienti: «Sono onesto, ho la coscienza a posto»
Dall’indagine che ha condotto all’arresto del ristoratore è emerso, tra i clienti, il nome di Gianfranco Miccichè, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana. L’ex leader azzurro in Sicilia sarebbe andato ad acquistare la cocaina con l’auto blu della Regione, con tanto di lampeggiante acceso. Un fatto che l’esponente di Forza Sud ha «escluso in maniera categorica»: «Non mi muovo mai in macchina con lampeggiante acceso. È un errore che ho fatto nella vita di cui sono pentito. Considero molto più importante essere stato onesto, non avere mai fatto male a nessuno, non avere mai rubato un centesimo. Poi ognuno di noi qualche errore nella vita lo ha fatto. L’importante è essere a posto con la propria coscienza, e io lo sono». Senza aggiungere ulteriori dettagli – vuole prima capire i contenuti dell’inchiesta, ha ribadito -, ha poi espresso dispiacere per Di Ferro: «È un caro amico che conosco e frequento da moltissimi anni. Andavo alla sue feste che erano sempre molto divertenti, frequentate da tantissima gente e dove non ho mai visto della droga».
Le intercettazioni con le parole in codice per ordinare la droga
A poche ore dalla notizia dell’arresto di Di Ferro, il Corriere della Sera ha diffuso alcune intercettazioni tra il politico e il ristoratore che, secondo gli inquirenti, conterrebbero delle parole in codice per l’ordine e il ritiro degli stupefacenti. Il 18 novembre 2022, per esempio, l’ex senatore chiamò il pusher per fargli sapere che l’indomani sarebbe partito per cinque giorni alla volta di Milano. Una frase in codice che, per chi indaga, indicherebbe le dosi di cocaina che Miccichè avrebbe voluto acquistare. Sempre secondo l’accusa, Di Ferro avrebbe colto al volo il riferimento, si è informato sull’orario del volo e gli ha dato un appuntamento telefonico per il mattino successivo. Poco dopo ha contattato Salamone, il suo fornitore: «All’una meno un quarto puntuale, da me al bar, va bene?». Alle 13.55 dell’indomani, l’ex presidente dell’Ars è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre arrivava a Villa Zito. È sceso lasciando il suo autista in attesa, è entrato e poi uscito alle 15.20. Per gli investigatori, il copione si sarebbe ripetuto una trentina di volte in due mesi tra novembre e dicembre del 2022.