Gli ascolti di Fazio, la beffa di Soldi e l’abissale differenza tra Rai e Discovery

Si parla molto di Fabio Fazio, dei suoi ascolti record che ogni volta sono un colpo al cuore per la Rai che se lo è lasciato scappare con tanto di dileggio da parte della destra al governo (Il «Belli ciao», con cui il sempre tempestivo Matteo Salvini aveva commentato l’addio del conduttore), del fatto che il suo sbarco a Discovery ha reso ancora più lampante come dopo Mediaset il network americano sia diventato un temibilissimo competitor di viale Mazzini. Ironia della sorte, per una decina d’anni prima di diventare presidente della tivù di Stato il numero uno di Discovery era Marinella Soldi. Si intuisce che la manager non abbia portato nulla di quell’esperienza dentro la Rai. O perché ha perso il tocco felice o per convenienza, preferendo gli agi dell’incarico al caos e alla deriva di vecchi e nuovi programmi imbolsiti dal logorio del tempo e della politica. Sta di fatto che Soldi, nel 2023, ha accettato di entrare nel board della Bbc, oasi felice che la distoglie dalla triste realtà della Rai: a ben guardare, è come se Urbano Cairo entrasse nel cda di Gedi, totalmente illogico e con un vago sentore di conflitto di interessi.

Gli ascolti di Fazio, la beffa di Soldi e l'abissale differenza tra Rai e Discovery
Marinella Soldi (Imagoeconomica).

Non basta Fiorello, la stagione è già un imbarazzante flop

Ma in questa Rai a trazione meloniana l’illogico sembra essere la regola che presiede alle decisioni. Si dirà che viale Mazzini è sempre stata permeabile ai cambi di maggioranza, che il governo di tutti i colori ne hanno fatto strame senza eccezioni, piazzando senza ritegno i loro protetti. Però stavolta si è passato il segno, e la Rai ha toccato talmente il fondo che sarebbe arduo per chiunque fare peggio. Abbandonata l’idea del servizio pubblico, dismessa ogni voglia di fare sperimentazione inventandosi nuovi programmi (in questo siamo ancora a rimpiangere brillanti intuizioni e i format di Angelo Guglielmi), incapace di stare al passo con i tempi – ci sono conduttori che oramai hanno assunto il sembiante di mummie egizie – la tivù pubblica si è limitata a infarcire di talk i palinsesti e inventarsi spin off di trasmissioni per far posto alla sempre più nutrita cerchia di protégé dei partiti al governo, ingrossando contratti e numeri in rosso. Ma così si va a sbattere, e non basta il solito Fiorello per salvare una stagione che è appena partita ma già si preannuncia un’imbarazzante débâcle.

A Discovery pensano al prodotto e fanno sperimentazione

In Rai si servono strapuntini agli amici dei potenti, mentre a Discovery pensano al prodotto e fanno sperimentazione. Guardandosi bene dal cullarsi solo sui successi di Fazio o del collaudato Maurizio Crozza. Basterebbe citare i due più recenti programmi, Questa cassa non è un albergo, irresistibile situation comedy noir sulle peripezie della famiglia Taffo, o Case a prima vista che ha lanciato nel firmamento tivù la stella Ida Di Filippo, agente immobiliare con istrioniche doti attoriali degne della miglior commedia napoletana, per misurare la differenza tra una tivù che guarda al prodotto e una che si limita alla zelante servitù dei suoi dante causa. Unico neo di Discovery, siccome l’aumento dello share si traduce in quello degli introiti pubblicitari, è che il network sta sempre più diventando un palinsesto di spot interrotto da ottimi programmi. D’accordo che non si può avere tutto, ma fossi nei loro dirigenti cercherei un più equo bilanciamento tra le esigenze della cassa e quelle dello spettatore.