Meteo, ondata di freddo sull’Italia per il ciclone Attila: dove e quando arrivano neve e forti venti


La sciabolata artica porterà forti venti, gelate e temperature in picchiata nel prossimo weekend con il ciclone Attila. Nelle giornate di sabato 25 e domenica 26 novembre, freddo e forti venti. Venerdì 24 novembre, invece, sono attesi gli ultimi effetti delle ondate di maltempo con forti piogge e possibili nubifragi sul Sud dell'Italia e sulla Sicilia.
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Antonella Clerici contro Mediaset e la trasmissione di Gerry Scotti: «Sono un po’ incavolata»

Antonella Clerici ha attaccato la Mediaset e si è definita «un po’ incavolata» per la controprogrammazione ricevuta in questi anni e per un programma in particolare, quello di Gerry Sconti dedicato ai bambini. Si tratta di Io Canto Generation, considerato molto simile a The Voice Kids, trasmissione con cui tornerà su Rai1 proprio Antonella Clerici, venerdì 24 novembre. Durante una conferenza stampa negli studi Rai di via Mecenate, a Milano, la conduttrice ha dichiarato: «Sono contenta, come sempre, di fare da apripista a questo genere di trasmissioni, e mi capita ogni volta. Inizio coi bambini e qualcuno mi viene dietro immediatamente. Mi tallona, mi attenziona molto, direi».

Clerici sul programma di Gerry Scotti: «Due cose diverse»

Poco dopo, Antonella Clerici è stata provocata da un giornalista: «Perché non far scontrare Io Canto Generation e The Voice Kids nello stesso giorno?». Lei ha risposto: «Perché no? Non c’è nessun problema per me, io non ho problemi. Gli scontri ci sono sempre e quindi va bene, insomma. Io non mi tirerei indietro mai. Anzi qualche volta andrebbe anche bene». Poi ha smorzato i toni: «Però dico che siamo totalmente due cose diverse, secondo me. Ieri non ho visto la puntata, ma credo che il nostro format sia diverso, internazionale… Insomma è diverso, in comune ci sono solo i bambini che cantano».

L’attacco a Mediaset: «Mi controprogramma il più forte che ha»

E infine, un attacco a Mediaset sulla controprogrammazione di Canale 5. Clerici ha spiegato: «Mi piace che la concorrenza mi controprogrammi moltissimo. Cioè non solo mi attenziona prima, ma mi controprogramma nello stesso giorno con uno dei prodotti più forti che ha e che, come sapete, è il mio amico Paolo Bonolis». Il riferimento è al programma Ciao Darwin. La conduttrice ha continuato: «Non vi nascondo che da una parte, onestamente, questo mi fa un po’ incavolare. Però, allo stesso tempo, mi fa piacere perché vuol dire che siamo bravi e facciamo un buon lavoro. Ci tengono, perché vincere contro il nulla è molto facile, però provare a lottare controprogrammati come siamo noi dà una certa soddisfazione. In qualunque modo vada a finire, noi ce la mettiamo tutta».

Giulia Cecchettin aggredita, non ci fu intervento del 112 dopo chiamata del vicino per segnalare le urla


Non ci fu alcun intervento del 112 dopo la chiamata di un residente di Vigonovo che aveva segnalato la lite tra Giulia Cecchettin e l'ex fidanzato Filippo Turetta. L'uomo, che allora non sapeva di aver sentito le richieste di aiuto della 22enne scomparsa, aveva chiesto alle forze dell'ordine di intervenire dopo aver visto un uomo calciare una figura a terra.
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Diagnosticato il linfoma di Hodgkin a Salva Ferrer, ex calciatore dello Spezia

Salva Ferrer, ex difensore dello Spezia ora all’Anorthosis Famagosta, a Cipro, ha il linfoma di Hodgkin. Lo ha annunciato il calciatore 25enne su Instagram. «Non posso negare sia stato un colpo molto duro sia per me che per la mia famiglia, ma la prognosi è positiva e spero di avere un rapido recupero per tornare a giocare e godermi tutto il resto il prima possibile. Ho chiarissimo che per lottare contro questa malattia la paura non serve a niente», ha scritto Ferrer, annunciando lo stop al calcio giocato per dedicarsi alle cure.

Ha giocato quattro stagioni con lo Spezia

Classe 1998, Ferrer era stato acquistato dallo Spezia nel 2019 dai catalani del Gimnàstic di Tarragona. Ora gioca a Cipro, ma il suo cartellino è ancora di proprietà del club ligure. «Per quattro stagioni hai lottato come un vera aquila per onorare la nostra maglia. Abbiamo gioito, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto insieme. Conosciamo bene la tua forza e siamo certi che anche in questo caso saprai uscirne vincitore! Forza Salva! Siamo tutti con te!», ha scritto lo Spezia sui canali social.

L’infinita rivalità Brasile-Argentina tra razzismo e guerra calcistica

La seconda Guerra del Football ha come epicentro lo stadio Maracanà di Rio de Janeiro. Si celebra in due tempi, esattamente come se fosse una partita, ma da adesso in poi rischia di espandersi verso altri campi da gioco e di battaglia. È la guerra tra Brasile e Argentina, i due giganti del Sud America che dalla fine del giogo colonialista nel XIX secolo si contendono l’egemonia sul continente e che proprio sui campi da calcio trovano una perfetta sublimazione della loro rivalità. Una rivalità storicamente molto accesa, ma mai andata oltre il segno dell’agonismo e oltre il perimetro del rettangolo di gioco. E invece durante il mese di novembre 2023 si è avuto in due riprese lo scontro sanguinario. Che ha coinvolto le tifoserie calcistiche, ma è indice di qualcosa di più profondo. E poiché il ripetersi della circostanza in terra brasiliana dimostra che questo qualcosa di profondo c’è, adesso è il caso di pensare al rischio di veder replicare lo schema in Argentina, o in giro per il Sud America, tutte le volte che le tifoserie dei due Paesi dovessero incrociarsi.

Assalto premeditato prima della finale di Libertadores

Il primo episodio di questa svolta violenta si è verificato all’inizio di novembre. Per l’esattezza è stato venerdì 3, vigilia della finale di Coppa Libertadores per la cui disputa è stato scelto il Maracanà. A giocarsi il principale trofeo sudamericano per club sono giunti i brasiliani del Fluminense (che quindi giocano in casa) e gli argentini del Boca Juniors. Come è normale in circostanze del genere, gran parte della tifoseria ospite giunge il giorno prima nella città in cui si gioca la partita. Ciò che purtroppo dà vita a uno scenario inedito, con la spiaggia di Copacabana che si trasforma da luogo da cartolina globale in terreno di caccia all’uomo. I tifosi argentini vengono inseguiti e aggrediti, senza che vi sia una causa scatenante. Si tratta di un assalto premeditato, che avvelena la vigilia della gara vinta l’indomani (2-1) dal Fluminense. Né l’assalto della spiaggia di Copacabana rimane isolato, dato che nelle ore successive altri episodi, sia pur di portata minore, si susseguono.

L'infinita rivalità Brasile-Argentina tra razzismo e guerra calcistica
Un tifoso del Boca colpito negli scontri a Copacabana (Getty).

La partita a rischio del Maracanà e le due tifoserie mescolate

Si tratta di un precedente pesante, che eleva il livello di tensione fra le due patrie calcistiche e fa indicare come una partita a rischio quella fra due squadre nazionali messa in calendario per martedì 21 novembre. Si gioca per le qualificazioni al Mondiale 2026 e visto il precedente andato in scena poco più di due settimane prima era molto alto il livello di tensione e attenzione. Ma ciò non è bastato per evitare scontri, che anzi in questa occasione si sono verificati sugli spalti del Maracanà. Complice una vendita scarsamente controllata dei tagliandi d’ingresso, le due tifoserie si sono trovate mescolate dentro i vari settori dello stadio. Ciò che, viste le recentissime violenze a margine della finale di Libertadores, ha provocato immediatamente gli scontri.

Prima i violenti tafferugli sono avvenuti fra le opposte fazioni di tifosi, poi è toccato al confronto fra i poliziotti brasiliani (che hanno manganellato senza complimenti) e tifosi ospiti. L’inizio della partita è stato ritardato di oltre mezz’ora, ma viste le circostanze è un prodigio che gli incidenti si siano fermati lì e non abbiano provocato vittime. Come ha detto Lionel Messi dopo la partita (vinta 1-0 dall’Argentina): «Poteva essere una strage».

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Scontri sugli spalti del Maracanà tra tifosi del Brasile e dell’Argentina (Getty).

Il razzismo anti-brasiliano che contagia tutto il Sud America

Ma perché tanta violenza? Molte potrebbero essere le spiegazioni, al di là della rivalità storica fra le due patrie calcistiche. Fra queste ne può essere indicata una, tutta interna al calcio e incubata negli anni più recenti. Riguarda il razzismo che contagia gli stadi sudamericani non meno di quanto avviene in quelli europei. E le principali vittime di tali manifestazioni di razzismo sono proprio i brasiliani, che ovunque si spostino per il Sud America vengono accolti da odiose manifestazioni di discriminazione.

L'infinita rivalità Brasile-Argentina tra razzismo e guerra calcistica
Tifosi brasiliani (Getty).

La scimmia con la banana sui profili social di Marcelo

La lista degli episodi è lunga e ha colpito le tifoserie di quasi tutti i club brasiliani impegnati nelle competizioni internazionali sudamericane. Atti odiosi di questo genere sono stati particolarmente frequenti in occasione delle gare contro i club argentini. E l’ultimo, clamoroso episodio si è registrato giusto nelle ore che precedevano la finale di Coppa Libertadores tra Fluminense e Boca Juniors. È successo infatti che sui profili social di Marcelo, ex esterno del Real Madrid che è andato a chiudere la carriera nel Fluminense, un tifoso argentino ha postato l’immagine di una scimmia che mangia una banana.

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Marcelo, brasiliano ex Real Madrid e ora al Fluminense (Getty).

Quanto questo episodio e i precedenti possano avere inciso nell’esplosione dell’odio fra le tifoserie dei due Paesi non è cosa su cui ci si possa esprimere con certezza. Di sicuro non hanno favorito la pacificazione degli animi. Altrettanto sicuro è che la situazione ha raggiunto un tale livello di gravità da indurre la confederazione calcistica sudamericana (Conmebol) a inasprire le sanzioni per i club i cui tifosi si rendano protagonisti di comportamenti discriminatori.

Dopo la crescita, il Brasile è affondato con Bolsonaro

Sullo sfondo rimangono le relazioni fra i due giganti del Sud America. Che da sempre soggette alla lotta per l’egemonia sul continente. Rispetto a ciò, i due Paesi attraversano una fase di confuso passaggio. In questo scorcio di XXI secolo i due Paesi hanno percorso traiettorie ampiamente divergenti. Il Brasile ha dapprima segnato una crescita economica rilevante, che lo ha portato a essere la decima potenza mondiale, salvo poi avere una grave crisi di rigetto coincisa col periodo in cui il suo prestigio internazionale avrebbe dovuto toccare il culmine: il 2014-2016, anni in cui sono stati ospitati dapprima il Mondiale di calcio e poi le Olimpiadi di Rio de Janeiro. La presidenza di Jair Bolsonaro ha poi prodotto un passaggio di profonda spaccatura sociale dalla quale il Paese non si è ancora ripreso.

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Tifosi argentini (Getty).

Entrare nei Brics? La vittoria di Milei rivede i piani dell’Argentina

Dal canto suo l’Argentina passa da un default al rischio di vederne materializzare un altro. Il primo ventennio del secolo è stato caratterizzato dall’ennesima oscillazione fra liberismo e peronismo, ciò che ha determinato per il Paese la difficoltà a marcare una presenza strategica sul piano internazionale. La prospettiva di entrare nel club dei Brics (di cui il Brasile è socio fondatore) è stata molto caldeggiata sotto la presidenza della repubblica di Alberto Férnandez. Ma con la nuova presidenza di Javier Milei, che porta alle estreme conseguenze il populismo peronista e il liberismo, questa prospettiva è stata rapidamente accantonata. Per dirla eufemisticamente, entrambi gli Stati stanno vivendo una fase di passaggio. Che prevede la fiera e reciproca inimicizia come indispensabile ingrediente.

Il ristoratore di Torino svela cosa ha fatto Sinner al momento del conto: “È stato l’unico”


La settimana scorsa Jannik Sinner ha raggiunto la finale delle ATP Finals a Torino e durante la permanenza nella città piemontese ha frequentato il ristorante di Davide Fiore. Il proprietario del locale racconta il comportamento del campione azzurro quando si è trattato di pagare il conto: "È stato l'unico a farlo, a differenza di tutti gli altri tennisti".
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UniCredit e Caritas insieme contro la povertà educativa

Ha preso il via, con un incontro nazionale tenutosi presso la sede di Caritas Italiana a Roma il 22 novembre, il progetto PEPE (Promuovere Engagement di comunità contro la Povertà Educativa) coordinato da Caritas Italiana e con il sostegno di UniCredit. Pensato quale “opera segno” per affrontare la povertà educativa in tutte le sue forme, l’iniziativa intende contribuire a sviluppare sistemi territoriali di contrasto alla povertà minorile, che pongano al centro i giovani, in un’ottica di comunità educante e di welfare generativo. Un’attenzione specifica sarà dedicata ai NEET, ossia a quei giovani che non studiano, non lavorano né sono in formazione.

Iniziative in cinque diocesi italiane nei 18 mesi di sperimentazione

La fase di sperimentale di avvio, della durata di 18 mesi, si articolerà in diverse iniziative in cinque diocesi italiane – al Sud Caltanissetta, al Centro Roma, nel Nord Italia Mantova, Pavia e Modena – con l’intento di sviluppare buone pratiche replicabili in tutto il Paese. Il progetto propone un modello di azione basato sull’incontro con ragazzi in situazioni di disagio non conclamato in un’ottica di prevenzione. Prevede il protagonismo e la partecipazione attiva dei giovani, la personalizzazione degli interventi di accompagnamento, la costruzione e la scommessa su una comunità capace di essere “educante”.

Don Marco Pagniello: «Vogliamo aiutare i ragazzi a vivere i propri sogni»

«Con questo progetto», ha sottolineato il direttore di Caritas Italiana don Marco Pagniello «vogliamo pensare ragazzi e giovani come protagonisti della loro vita, aiutarli ad abitare la propria storia anche quando ciò può essere faticoso e a vivere i propri sogni. Per fare tutto questo è fondamentale che ci sia una comunità educante, che si assuma questa responsabilità. Per questo il progetto si declina in territori concreti, nei quali le cinque Caritas diocesane coinvolte sono chiamate a sviluppare percorsi in base al proprio contesto, con l’impegno di Caritas Italiana di collegarli attraverso lo sviluppo di una comunità di pratiche e la scelta di linee di azione comuni: educativa di strada, coinvolgimento della comunità che educa, percorsi personalizzati».

Taricani: «Vogliamo agire come motore di crescita collettiva»

Gli ha fatto eco Remo Taricani, deputy head of Italy di UniCredit: «Siamo orgogliosi di affiancare Caritas nella realizzazione di questo progetto che intende rispondere in modo articolato e sostenibile ai diversi bisogni della povertà educativa. Il programma propone un’ampia progettualità per fornire l’aiuto più idoneo alle diverse comunità locali in base ai loro bisogni specifici. Come banca vogliamo agire da motore di crescita collettiva e contribuire allo sviluppo dei nostri territori e delle loro persone. Il nostro obiettivo è consentire alle comunità di progredire e il progetto PEPE va esattamente in questa direzione, perché l’educazione è uno dei fattori determinanti della sostenibilità. L’istruzione è un catalizzatore di sviluppo, è un elemento chiave nella lotta contro le disuguaglianze e nella riduzione della povertà, è il motore essenziale per un futuro migliore e più sostenibile. Il nostro sostegno al progetto, attraverso il Fondo Carta Etica di UniCredit con cui già da anni destiniamo risorse a diverse iniziative di solidarietà su tutto il territorio, rientra nel più ampio focus del Gruppo verso la formazione e i giovani, aspetti fondamentali per il benessere individuale e la prosperità collettiva e per promuovere il progresso sociale ed economico a lungo termine. L’attenzione di UniCredit ai temi sociali è infatti centrale, tanto che a livello di Gruppo nel 2022 abbiamo investito 36,5 milioni di euro in iniziative sociali e filantropiche, di cui 8 milioni proprio a favore di istruzione e giovani».

Hamas conferma, la tregua inizia alle ore 7 del 24 novembre

Le brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas, hanno confermato con un comunicato che la tregua a Gaza mediata dal Qatar «inizierà venerdì mattina alle 7» ore locali, ovvero le 6 in Italia. «Durerà quattro giorni e prevede un arresto completo delle attività militari», afferma l’organizzazione palestinese, spiegando che durante questo periodo «50 prigionieri sionisti donne e bambini sotto i 19 anni saranno rilasciati» in cambio, per ciascuno di loro, del rilascio di «tre prigionieri palestinesi, donne e bambini». L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato di aver ricevuto un elenco preliminare degli ostaggi che dovrebbero essere rilasciati. I criteri con i quali sono stati scelti i primi ostaggi che verranno liberati da Hamas sono «puramente umanitari», ha spiegato il ministero degli Esteri del Qatar. Il primo gruppo di ostaggi, 13 persone, sarà rilasciato alle ore 16 locali.

Hamas conferma, la tregua inizia alle ore 7 del 24 novembre. Gli aggiornamenti sulla guerra in Medio Oriente.
Soldati israeliani si rilassano giocando a ping pong (Getty Images).

L’esercito israeliano ha arrestato il direttore dell’ospedale al-Shifa

Il direttore dell’ospedale al-Shifa di Gaza «è stato arrestato a seguito delle prove che mostrano che la struttura sotto la sua direzione è servita come comando e centro di controllo di Hamas». Lo ha fatto sapere il portavoce dell’esercito israeliano, aggiungendo che «il tunnel del terrore sotto l’ospedale ha anche usato l’elettricità e le risorse sottratte all’ospedale». Hamas, spiega l’Idf, «ha immagazzinato numerose armi all’interno dell’ospedale e sul terreno dell’ospedale stesso» e, dopo il massacro del 7 ottobre, i terroristi hanno cercato rifugio all’interno della struttura, «alcuni di loro portando con sé ostaggi provenienti da Israele».

Hamas conferma, la tregua inizia alle ore 7 del 24 novembre. Gli aggiornamenti sulla guerra in Medio Oriente.
L’esercito israeliano mentre consegna aiuti umanitari all’ospedale al-Shifa (Ansa).

Hezbollah, 48 razzi dal Libano verso il nord di Israele

Il gruppo sciita libanese Hezbollah ha dichiarato di aver lanciato oggi 48 razzi contro una base militare nel nord di Israele, in uno dei più grandi attacchi missilistici dall’inizio del fuoco incrociato tra le parti più di sei settimane fa.

L’Idf: «Colpiti oltre 300 obiettivi terroristici di Hamas»

L’esercito israeliano ha colpito «oltre 300 obiettivi terroristici di Hamas» nella Striscia. Lo ha fatto sapere l’Idf: colpiti «centri di comando militari, tunnel, depositi di costruzione d’armi e postazioni di lancio di missili anti tank». Le truppe in particolare hanno operato nelle zone di Jabalia e Beit Hanoun, considerate due roccaforti di Hamas nel nord della Striscia. Sono stati trovati imbocchi di tunnel «sotto una moschea e dentro aree civili».

Hamas conferma, la tregua inizia alle ore 7 del 24 novembre. Gli aggiornamenti sulla guerra in Medio Oriente.
La devastazione di Beit Hanoun, nel nord della Striscia di Gaza (Getty Images).

Completamente evacuato l’ospedale indonesiano di Gaza

L’ospedale indonesiano di Gaza è stato completamente evacuato. Lo riporta Al Jazeera citando Sarbini Abdul Murad, capo dell’organizzazione indonesiana Medical Emergency Rescue Committee: «L’ospedale è ora vuoto e i nostri volontari sono stati trasferiti in una scuola vicino all’ospedale europeo di Rafah. I medici e i feriti sono stati trasferiti all’ospedale europeo. I nostri volontari si stanno rifugiando in una scuola con migliaia di altre persone».

Dublino, tre bambini accoltellati davanti a una scuola

Cinque persone, tra cui tre bambini, sono state accoltellate da un uomo nel centro di Dublino, la capitale dell’Irlanda. Secondo quanto riferito dalla polizia locale, è stata arrestata una persona e i feriti sono stati trasportati in ospedale. L’Irish Independent ha rivelato che il fatto sarebbe accaduto nei pressi di una scuola intorno alle 13, nella zona nord della città, a Parnell Square. Oltre ai cinque coinvolti, anche il presunto aggressore sarebbe stato medico dopo aver riportato alcune ferite. La polizia della capitale irlandese ha parlato di «incidente grave» e avrebbe escluso il movente terroristico.

 

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