Funky Nothingness, l’ultimo regalo di Frank Zappa

Curato, come è avvenuto sinora praticamente per tutta la produzione post mortem di Frank Zappa, dal figlio Ahmet e da Joe Travers (e con un un mastering di altissimo livello curato da John Polito), a 30 anni dalla scomparsa del compositore e musicista americano, è appena uscito Funky Nothingness. Di per sé, la cosa non farebbe particolare notizia, visto che, ormai, gli album pubblicati dopo la scomparsa del genio di Baltimora hanno superato quelli pubblicati in vita (siamo ormai oltre i 70, contro la cinquantina o poco più pubblicati dal 1966 al 1993, anno, appunto, della morte di Zappa). Ma in questo caso, il nuovo lavoro merita particolare attenzione: non solo presenta molte tracce inedite e rare (23 sulle 25 presenti in vari formati, dal cd al vinile), ma propone un materiale che, come cita la comunicazione ufficiale della Zappa Records, era stato selezionato dallo stesso Zappa come potenziale sequel di Hot Rats, ovvero l’album se non più celebre, sicuramente il più iconico di tutta la sua sterminata produzione.

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
La copertina di Funky Nothingness.

Una band stellare: Underwood, Sugarcane Harris, Bennett e Dunbar

Sin dall’inizio della sua carriera musicale, Zappa si era reso conto di quanto fosse importante registrare tutto il possibile, che fosse una jam session improvvisata in studio o una performance live. In questo caso, si tratta di una serie di session svoltesi tra febbraio e marzo del 1970 presso il Record Plant di Los Angeles, all’epoca fresco di apertura. Protagonisti, quattro straordinari musicisti, Ian Underwood (tastiere, sassofono, chitarra ritmica), Max Bennett (basso), Don Sugarcane Harris (violino, organo e voce) e Aynsley Dunbar (batteria). Gli stessi che, l’anno prima, avevano suonato nella maggior parte dei brani registrati per Hot Rats, l’album, prevalente strumentale, che aveva consacrato Zappa e i Mothers of Invention come protagonisti della scena mondiale del rock. In realtà, non è facile stabilire quanto questa formazione avesse provato e registrato, ma è probabile che i musicisti si fossero ritrovati per ben più a lungo, se è vero, come ha scritto Ken Dryden su All about jazz, che «la band aveva chiaramente una padronanza delle nuove composizioni e degli arrangiamenti di Zappa, suonandoli con l’intensità di repertorio abituale di un set live».

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
Zappa nel 1969 (Getty Images).

Blues, R&B a go-go e molte chicche

Zappa aveva già selezionato i brani migliori e li aveva mixati per una futura pubblicazione ma, vuoi per il molto tempo passato a comporre, provare con le varie band, andare in tour, vuoi perché in quello stesso anno aveva incontrato sulla sua strada Howard Kaylan e Mark Wolman (“Eddy & Flo”) e con loro si era buttato a capofitto nella realizzazione di un altro straordinario album, Chunga’s Revenge, quel materiale è rimasto sepolto negli archivi fino a oggi. Senza contare che, sempre in quel periodo, il compositore stava altrettanto alacremente lavorando a 200 Motels, l’opera orchestrale (poi anche colonna sonora dell’omonimo film) che sarà eseguita in anteprima al Pauley Pavilion dell’UCLA il 15 maggio 1970 dalla Filarmonica di Los Angeles diretta da Zubin Mehta. Funky Nothingness regala quindi ai fan di Frank Zappa una vera “perla” d’epoca. Propone, soprattutto, materiale relativo alle radici blues e R&B del compositore, generi che non aveva mai smesso di esplorare, e che Hot Rats propone spesso in un suggestivo impasto con rock e soprattutto jazz. C’è quindi un po’ tutto il classico “repertorio” appunto blues (sia acustico che elettrico) e non mancano gli omaggi alle canzoni R&B vintage degli Anni 50 (tanto amate da Zappa). Basta ascoltare il gioioso medley di due successi di Hank Ballard, Work With Me Annie e Annie had a Baby, per cogliere tutta l’ammirazione del genio di Baltimora per questo tipo di produzione musicale. E propone alcune chicche davvero impagabili. Per esempio l’esteso “workhout” (12 minuti) di I’m a Rollin’ Stone del bluesman Lightnin Slim, in cui, oltre a suonare la chitarra, Zappa è impegnato come voce principale. Per gli zappofili potrebbe essere interessante godersi quella voce, perché sarà, tutto sommato, una delle ultime occasioni: nel dicembre dell’anno successivo (1971), a seguito di una rovinosa caduta dal palco, durante un concerto al Rainbow Theatre di Londra, procuratagli dall’aggressione un giovane spettatore (pare ingelosito per alcuni apprezzamenti rivolti da Zappa alla sua fidanzata), oltre a riportare fratture multiple alle gambe, trauma cranico, ferite alla schiena e al collo che lo costringeranno a quasi un anno di forzata semi-immobilità, il musicista si ritroverà con uno schiacciamento della laringe che gli abbasserà per sempre la voce di mezza ottava.

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
Frank Zappa è nato a Baltimora il 21 dicembre 1940 e morto a Los Angeles il 4 dicembre 1993 (Getty Images).

The Clap con Zappa batterista 

Altra curiosità è il brano The Clap (ripreso poi su Chunga’s Revenge), un assolo di percussioni suonato dallo stesso Zappa che, nelle due versioni del brano (una di 11, e una di quattro minuti), dimostra tutta la sua attrazione per i poliritmi e le soluzioni percussive più originali. Del resto, come sanno gli zappofili più incalliti, prima di “scoprire” la chitarra, Zappa era nato come batterista e, 14enne, si esibiva come tale con la sua prima band, i Ramblers. Vero «tesoro» (parola di Ken Dryden) di Funky Nothingness è però la doppia esecuzione (due versioni, più una falsa partenza, inserita probabilmente per interesse “storico”), di Twinkle Tits, una poco conosciuta eppure straordinaria jam session strumentale «che fonde diversi generi in una forza esplosiva». La versione migliore è probabilmente la n. 5, che in 16 minuti propone, dopo un’introduzione esotica di influenza quasi mediorientale (che include un po’ di pianoforte honky-tonk, un basso acustico, marimba e chitarra), una dominante virata molto bluesy, mentre Harris e Zappa si alternano con assoli di energia pazzesca.

Il boogie della Transilvania e altri inediti

Ma non è finita qui: c’è un’altra “scoperta”, quella di un master inedito di 18 minuti di uno dei capolavori zappiani, Transylvania Boogie, che suona molto diverso dalla versione pubblicata su Chunga’s Revenge, anche se gli ultimi cinque minuti sembrano essere stati utilizzati per la traccia base dell’LP originale. Zappa domina la scena con una lunga e trascinante improvvisazione, mentre la sezione ritmica mantiene il “fuoco”, come si dice, per tutta la durata della jam, con un sublime assolo di organo bluesy di Underwood. Ci sono poi anche due versioni inedite di Sharleena (sempre pubblicata poi su Chunga’s Revenge) e due bonus, Halos and Arrows, un affascinante brano strumentale con due chitarre separate, chitarra ritmica e basso, e Khaki Sack. Come si vede, insomma, non mancano i motivi per scoprire un lavoro che si segnala probabilmente come una delle cose migliori e più interessanti della produzione zappiana postuma fin qui realizzata.