Arnaldo Forlani morto a 97 anni: addio all’ex premier e storico esponente della Dc

Addio ad Arnaldo Forlani, uno dei massimi esponenti della Democrazia cristiana nonché uno dei più importanti politici italiani dagli Anni 70 fino ai primi Anni 90. Ex presidente del Consiglio e più volte ministro, è morto all’età di 97 anni nella sua abitazione romana. A darne notizia è stato il figlio Alessandro.

Gli esordi in politica e il primo ministero sotto il governo Rumor

Più longevo ex capo del governo italiano di sempre, ha attraversato tutta la Prima Repubblica per poi venire travolto dallo scandalo di Mani Pulite senza riuscire a transitare nella Seconda. Con un passato da calciatore in serie C, ottenne il suo primo incarico nella Dc nel 1948 come responsabile della sezione provinciale di Pesaro. Dopo essere stato consigliere provinciale e comunale, entrò nella direzione nazionale del partito nel 1954. Eletto vicesegretario nel 1962, sei anni dopo è arrivata la prima esperienza da ministro sotto l’esecutivo guidato da Mariano Rumor (Forlani si è occupato delle Partecipazioni statali).

Da segretario della Dc alla caduta con Tangentopoli

Nel 1969 è diventato segretario della Democrazia cristiana e ha mantenuto la carica fino al 1973, per poi riassumerla dal 1989 al 1992. Nel frattempo è stato ministro della Difesa (1974-1976), degli Esteri (1976-1979), presidente del Consiglio (1980-1981) e vicepresidente nel governo Craxi (1983-1987). Il 1992 è stato l’anno della sua caduta, sia come segretario della Dc sia perché sconfitto nel voto parlamentare per la presidenza della Repubblica. Sarà poi Tangentopoli a segnare la sua definitiva uscita di scena dalla vita pubblica, dopo l’imputazione e la condanna per finanziamento illecito nel processo per la maxi-tangente Enimont. La sua deposizione, nel corso delle udienze, resterà tra le più celebri per le risposte date ad Antonio Di Pietro, un’alternanza tra «Non so» e «Non ricordo».

Le reazioni alla sua morte

Tra i primi ad aver espresso il proprio cordoglio per la scomparsa di Forlani c’è Pier Ferdinando Casini, suo storico collaboratore:

Arnaldo Forlani morto a 97 anni: addio all'ex premier e storico esponente della Dc

Gli ha fatto eco Gianfranco Rotondi, ex segretario nazionale della Democrazia Cristiana per le Autonomie ora presidente di Verde è popolare:

Queste invece le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto:

Cordoglio anche da Italia viva, il cui esponente Ettore Rosato ha così scritto sui propri canali social in ricordo dell’ex premier:

Emilia Romagna, Marche, Toscana: aiuti post-alluvione fino a 2,75 miliardi

La dotazione finanziaria del decreto legge per la ricostruzione nei territori colpiti dal maltempo, che ammonta in tutto a 2,741 miliardi, era già stata approvata il 27 giugno dal Consiglio dei ministri, ma è ora pronta per approdare in Gazzetta ufficiale, come riportato da Il Sole24ore. Il testo (88/2023) confluirà come emendamento al Dl alluvione (61/2023).  Il commissario straordinario per la ricostruzione, il generale Francesco Paolo Figliuolo, sarà in carica sino al 30 giugno 2024, dopo il quale si potrà valutare la rinnovabilità, e avrà il compito di programmare le risorse e coordinare gli interventi per la ricostruzione pubblica e privata.

Il decreto legge per la ricostruzione nei territori colpiti dal maltempo sta per approdare in Gazzetta ufficiale.
Alluvione Emilia Romagna (Getty Images).

Cabina di coordinamento: aggiornamenti semestrali

Come riporta il quotidiano, la cabina di coordinamento, il nuovo organo presieduto proprio dal commissario e composto dai capi dipartimento di Protezione civile e Casa Italia, dai governatori, dai sindaci metropolitani e dai rappresentanti di Anci e Upi, dovrà ricevere aggiornamenti sullo stato attività almeno con cadenza semestrale.  Nel triennio 2023-2025, per la ricostruzione delle zone dell’Emilia-Romagna, delle Marche e della Toscana colpite dall’alluvione di inizio maggio, è previsto un fondo da 2,5 miliardi complessivi.

Cinque piani speciali entro due mesi

Per quanto riguarda la ricostruzione privata, il compito del commissario sarà quello di  individuare gli interventi sul patrimonio danneggiato, differenziandoli tra quelli di «immediata riparazione» e quelli di «ripristino o ricostruzione puntuale» delle strutture. In riferimento alla ricostruzione pubblica, il generale Figliuolo dovrà predisporre cinque piani speciali entro due mesi «per le opere pubbliche e per i beni culturali danneggiati, per gli interventi sui dissesti idrogeologici, per le infrastrutture ambientali e per quelle stradali». Previsto lo stanziamento di 21 milioni tra il 2023 e il 2024 per il commissario straordinario e la struttura di supporto di 60 persone.

Sciopero dei trasporti: venerdì 7 luglio a rischio bus, tram e metro

Lo sciopero nazionale che impatterà sul trasporto pubblico, previsto per venerdì 7 luglio, è stato indetto dal sindacato Faisa Confail. A rischio i servizi di bus, tram e metro. Nella capitale, sarà interessata la rete Atac e i collegamenti periferici gestiti dalla Roma Tpl. Il servizio verrà garantito nelle fasce orarie fino alle 8,30 e dalle 17 alle 20. Sulla rete Atac lo sciopero riguarderà anche i collegamenti eseguiti da altri operatori in regime di subaffidamento. Nel Lazio, possibili disagi sui collegamenti di Cotral.

Sciopero dei trasporti venerdì 7 luglio a rischio bus, tram e metro
Stazione metropolitana (Getty Images).

Linee bus notturne Roma

Il servizio notturno, sulle reti di Atac e Roma Tpl, non sarà garantito nella notte tra giovedì 6 e venerdì 7 luglio.  Non dovrebbe essere impattato, invece, il servizio delle linee diurne che hanno corse programmate oltre le ore 24 e le corse notturne delle linee 38, 44, 61, 86, 170, 246, 301, 314, 404, 444, 451, 664, 881, 916 e 980. Nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 luglio, non sarà garantito il servizio delle linee diurne con corse oltre le ore 24 e le corse notturne delle linee 38, 44, 61, 86, 170, 246, 301, 314, 404, 444, 451, 664, 881, 916 e 980.

La situazione a Milano e a Napoli

Nel capoluogo lombardo il trasporto pubblico locale interessato è quello gestito da Atm. L’agitazione su autobus, tram e le linee della metropolitana partirà dalle 8:45 fino alle 15:00 e poi ancora dalle 18:00 a fine turno. Le fasce di garanzia scatteranno dall’inizio del turno diurno fino alle 8:45 e dalle 15:00 alle 18:00. Sempre nella giornata del 7 luglio a Napoli, l’Eav aderirà allo sciopero per 4 ore, dalle 9:00 alle 13:00. L’agitazione riguarda le linee della Cumana e della Circumvesuviana.

Bidella multata per il doppio lavoro: «Quei soldi servivano per la famiglia»

Si difende Francesca Galati, 51 anni, dopo che si è vista imporre dalla Guardia di finanza una multa pari a 2.170 euro. La donna è responsabile per non aver comunicato alla direttrice scolastica che stava svolgendo un secondo lavoro: «Non sono una ladra, quei soldi servivano per la famiglia».

La 51enne Francesca Galati dovrà pagare una multa per non aver comunicato alla dirigente di svolgere un secondo lavoro.
Collaboratrice scolastica (Getty Images).

Il doppio lavoro serale in un bar

La 51enne, che di giorno svolgeva la professione di bidella all’istituto Sartori di Lonigo mentre la sera faceva la barista in un locale di Sossano, ha spiegato di aver agito in buona fede, inserendo i guadagni nella dichiarazione dei redditi. I rappresentanti sindacali si sono espressi parlando di legge ingiusta: «È da un paio d’anni che seguo la signora» – ha detto Doriano Zordan di Snals – «parliamo di una persona che sta vivendo una situazione difficile, con uno stipendio talmente basso da non permetterle di andare avanti. La stortura della legge è che i dipendenti pubblici, a differenza di quelli del settore privato, devono avere l’autorizzazione dei capi d’istituto, che però la negano sistematicamente. La signora è stata costretta per stato di necessità, e credo che riusciremo a risolvere la questione».

La gara di solidarietà 

Da quando la vicenda è approdata sui social, sono arrivate numerose manifestazioni di solidarietà. La stessa Francesca ha ringraziato «per il supporto di tutte le persone che mi conoscono, ma soprattutto coloro che non mi conoscono e che mi hanno espresso la loro vicinanza. Da tutta questa brutta situazione è venuto fuori un lato positivo, ovvero che ancora esistono persone di buon cuore che supportano la verità. Moralmente, però, mi sento a pezzi».

Santo Stefano di Cadore, famiglia di turisti travolta da un’auto

E’ avvenuto attorno alle 15.30 di giovedì 6 luglio il tragico incidente durante il quale un’auto ha travolto una famiglia di turisti che passeggiava nel centro di Santo Stefano di Cadore. A perdere la vita sono stati la nonna, il papà e il figlioletto di soli due anni. Il violento impatto si è verificato in via Udine.

La famiglia stava facendo una passeggiata nel centro turistico, quando improvvisamente è stata investita da un'auto.
Soccorsi, ambulanza (getty images).

Sconosciute le cause dello schianto

Sono ancora da chiarire le cause che hanno portato la conducente dell’auto, una 31enne tedesca, a investire la famiglia di turisti, composta dai nonni e dai genitori dei due bambini, anch’essi travolti. La madre del piccolo che ha perso la vita è stata ricoverata all’ospedale di Pieve di Cadore. Sul posto sono intervenuti i sanitari del Suem 118, i vigili del fuoco e i carabinieri. Disposti gli esami tossicologici per la donna alla guida.

Psg, la polizia a casa di Al Khelaifi: indagine su detenzione illegittima e tortura

Sembra non esserci pace per il Paris Saint-Germain. Dopo Lionel Messi con il suo addio e Kylian Mbappé con le voci di un passaggio al Real Madrid, a riempire le pagine dei giornali francesi è il  presidente Nasser Al Khelaifi. Ma lo fa con una vicenda che non ha nulla a che vedere con il calcio. La polizia francese, infatti, ha fatto irruzione nella casa del milionario numero uno del club parigino a causa di un’indagine su detenzione illegittima e tortura di un uomo in Qatar. A sporgere denuncia, secondo Afp, è stato il franco-algerino Tayeb Benabderrahmane.

La polizia ha fatto irruzione in casa del presidente del Psg Al Khelaifi
Il presidente del Psg Nasser Al Khelaifi (Getty).

La denuncia del 42enne: «Trattenuto per sei mesi»

Secondo la versione di Tayeb Benabderrahmane, il 42enne si è trasferito nel gennaio del 2020 in Qatar per lavorare come lobbista. Ma lì è stato trattenuto per sei mesi e interrogato dalla polizia locale, che gli imputava il possesso di documenti compromettente contro Al Khelaifi. Il franco-algerino è stato poi messo agli arresti domiciliari e soltanto nel novembre 2020 è arrivata l’autorizzazione a lasciare il Paese, dopo aver firmato un accordo di non divulgazione dei documenti. Il presidente del Psg, tramite il proprio portavoce, aveva spiegato il 5 luglio che «il giudice istruttore ha chiesto ulteriori informazioni e l’accesso, che gli sono stati completamente forniti in piena trasparenza e collaborazione con le autorità».

Per l’intelligence francese tra i documenti anche video intimi

La Dgsi, il servizio di intelligence francese, ha diramato una nota in cui si parla di documenti che includerebbero anche video intimi di Al Khelaifi con una donna. Ma ci sarebbero anche diverse conversazioni che il presidente del Psg, ex segretario generale della Fifa, avrebbe avuto con Tamim bin Hamad Al Thani, emiro del Qatar, riguardo alla vicenda dei Mondiali del 2022. Si parla non soltanto dell’assegnazione della manifestazione al Paese qatariota, ma anche della gestione milionaria dei diritti tv. Benadberrahmane è stato inserito in un’indagine separata rispetto alle accuse avanzate nei confronti di Al Khelaifi.

La polizia ha fatto irruzione in casa del presidente del Psg Al Khelaifi
Al Khelaifi durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo allenatore del Psg, Luis Enrique (Getty).

Le foto della casa di Yevgeny Prigozhin, tra lusso, armi e cassette di denaro

L’agenzia di stampa russa RIA Novosti ha diffuso le foto della casa a San Pietroburgo di Yevgeny Prigozhin acquisite durante le perquisizioni. Al suo interno sono state trovate parrucche per travestimenti, armi, passaporti, ingenti somme di denaro dentro delle cassette e, nel cortile della residenza, un elicottero. Nel programma 60 Minutes sul canale televisivo Rossiya 1, sono stati mostrati i filmati degli interni.

Una nota agenzia di stampa russa ha diffuso le immagini della casa del capo della Wagner a San Pietroburgo.
Casa Yevgeny Prigozhin, capo della Wagner (Canale telegram agenzia di stampa RIA Novosti).

Prigozhin e l’arrivo a San Pietroburgo

L’addetto stampa del presidente della federazione russa Dmitry Peskov aveva dichiarato che Prigozhin sarebbe partito per la Bielorussia e il procedimento penale sarebbe stato archiviato. Nelle scorse ore invece il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, in un incontro con giornalisti di media stranieri e bielorussi, secondo quanto riferito dall’agenzia Belta, ha affermato che il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, non si trova in Bielorussia, ma «è a San Pietroburgo».

Una nota agenzia di stampa russa ha diffuso le immagini della casa del capo della Wagner a San Pietroburgo.
Casa Yevgeny Prigozhin, capo della Wagner (Canale telegram agenzia di stampa RIA Novosti).

L’ascesa di Prigozhin e la ribellione

Prigozhin, nato nel 1961 a San Pietroburgo, trascorse qualche anno in carcere per rapina, riacquistando la libertà nel 1990. Dopo aver cominciato a lavorare come venditore di hot dog, passò in breve tempo alla gestione di una serie di ristoranti di lusso a San Pietroburgo, dove incontrò Putin. A seguito dell’elezione a presidente della Russia, Putin scelse Prigozhin per organizzare le cene di gala a Mosca. L’incarico gli valse la fama di «cuoco di Putin» e «chef del Cremlino». Nel 2014 fondò il gruppo paramilitare Wagner, operante in diverse zone di conflitto nel mondo, e al fianco dell’esercito russo poco dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Il capo dell’esercito privato della Wagner, Yevgeny Prigozhin, il mese scorso ha organizzato una ribellione contro la leadership militare del Cremlino.

Santanchè è indagata a Milano dal 5 ottobre 2022: con lei anche il compagno e la sorella

La ministra del Turismo Daniela Santanchè è indagata dallo scorso 5 ottobre per bancarotta e falso in bilancio nell’ambito dell’inchiesta milanese con al centro il gruppo editoriale Visibilia. Con lei risultano indagate altre cinque persone, che negli anni hanno avuto diversi ruoli in società. Ci sono Fiorella Garnero e di Dimitri Kuntz D’Asburgo, rispettivamente sorella e compagno della ministra Santanchè, che hanno svolto i ruoli di consigliera e di presidente di Visibilia Editore. Con loro anche due ex consiglieri del cda, Massimo Cipriani e Davide Mantegazza, e l’ex presidente del collegio sindacale Massimo Gabelli. La secretazione del nome della ministra è del giorno successivo all’iscrizione, il 6 ottobre, ed è scaduta tre mesi più tardi, il 6 gennaio.

La ministra del Turismo Daniela Santanchè è indagata a Milano dal 5 ottobre per il caso Visibilia
Daniela Santanchè all’evento Anci (Imagoeconomica).

Santanchè: «Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia»

Intercettata dai giornalisti all’uscita dall’evento sul Pnrr organizzato dall’Anci a Roma, Daniela Santanchè ha dichiarato: «Non ho ricevuto ad ora, alle ore 15, nessun avviso di garanzia». Un concetto che ricalca quanto affermato anche nel pomeriggio del 5 luglio durante l’audizione al Senato. Intervenuta per l’informativa sul caso della presunta mala gestione delle società Visibilia e Ki Group, la ministra si è difesa: «Contro di me è in atto una strumentalizzazione politica. Sono qui per il rispetto che deve a questo luogo e ai cittadini che rappresentiamo. Affermo sul mio onore che non sono stata raggiunta da alcun avviso di garanzia e che anzi per escluderlo ho chiesto ai miei avvocati di verificare che non ci fossero dubbi».

La ministra del Turismo Daniela Santanchè è indagata a Milano dal 5 ottobre per il caso Visibilia
Daniela Santanchè durante l’informativa al Senato (Imagoeconomica).

Santanchè non ha mai nominato formalmente un legale

A portare avanti l’inchiesta sono il procuratore aggiunto Laura Pedio e i pm Roberto Fontana, ora al Csm, e Maria Gravina. L’iscrizione in procura è rimasta secretata per tre mesi dal 6 ottobre, fino al 6 gennaio. Santanchè poteva venire a conoscenza del procedimento penale con una richiesta di accesso al registro delle notizie di reato al Palazzo di giustizia di Milano presentata dai legali. Ma la ministra non ha mai presentato la nomina formale di un difensore, così come gli altri indagati. L’unico è stato il compagno Dimitri Kuntz D’Asburgo. Questo ha portato a una procedura complicata, che avrebbe impedito agli indagati di avere formale conoscenza dell’apertura del fascicolo a proprio carico.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina

La Cina non è vicina, ma nemmeno in un altro pianeta. Così si potrebbe riassumere la posizione del governo Meloni su Pechino che rappresenta una delle maggiori continuità con l’era di Mario Draghi a Palazzo Chigi. L’esecutivo di centrodestra si appresta a formalizzare il via libera all’uscita dalla Via della Seta, visto che certamente non intende presentarsi come il primo amico del Dragone in Europa e manifesta la sua vicinanza a Washington. Ma non vuole fare il passo più lungo della gamba. E se sulla Russia Giorgia Meloni ha assunto una posizione filo-atlantica paragonabile a quella di Paesi come il Regno Unito, nei confronti della Cina non segue l’alleato Rishi Sunak o la Casa Bianca sulle reiterate condanne alle violazioni dei diritti umani di Pechino, sulla causa di Taiwan e sulle nette sanzioni su tecnologie strategiche e microchip con cui l’Anglosfera vuole castrare l’ascesa economica cinese.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina
Meloni con Von der Leyen, Sunak, Scholz e, sulla sinistra, Biden (Getty).

I politici in sfilata a Villa Taverna e la missione della Marina

Certo, l’atlantismo promosso e spesso sbandierato dell’esecutivo è stato manifestato nella celebrazione del 27 giugno di Villa Taverna. La festa dell’ambasciata Usa per il 4 luglio ha visto presenziare i fedelissimi di Washington, Giancarlo Giorgetti e Antonio Tajani, mentre la premier telefonava a Joe Biden per preparare il suo sbarco alla Casa Bianca, che spera di concretizzare dopo l’estate. E anche il manager più attenzionato da Pechino, Marco Tronchetti Provera, poco dopo l’attivazione del golden power anti-cinese su Pirelli è arrivato alla Canossa a stelle e strisce. Il giorno stesso a Yokosuka levava l’ancora per la fine della sua crociera giapponese il pattugliatore della Marina italianaFrancesco Morosini”, inviato dal governo a mostrar bandiera nel Mar Cinese Meridionale, fino in Giappone. Due eventi che i ben informati non hanno mancato di collegare.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina
Giancarlo Giorgetti con Shawn Crowley, l’Incaricato d’Affari ad interim presso l’ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia (Imagoeconomica).

Berlusconi è stato durissimo con Pechino fino all’ultimo

La grande manifestazione di Villa Taverna ha fatto registrare la presenza massiccia dei membri dell’esecutivo. La missione della Marina in Giappone, invece, è stata per ora meno imponente della prevista idea di inviare la portaerei Cavour. Il governo dunque sostiene con attenzione gli Usa, ma è settoriale nello sposare il contenimento anti-cinese. E c’è un chiaro calcolo politico e strategico delle forze di maggioranza su questo tema. Non è un caso che a oggi il partito che più spesso parla della Cina come una minaccia strategica, in seno alla maggioranza, sia Forza Italia. Il cui fondatore Silvio Berlusconi è stato, nelle ultime settimane di vita, durissimo verso Pechino nel suo intervento da remoto alla convention azzurra su questo tema. Per struttura, storia e inserimento istituzionale, oltre che per base elettorale, Forza Italia sa che il contenimento anti-cinese è nel suo interesse politico. E in passato lo stesso Tajani ha speso per Pechino parole dure.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina
La portaerei Cavour (Imagoeconomica).

La Lega è autrice del memorandum del governo Conte I

Diverso è il caso di Lega e Fratelli d’Italia, dove gli umori sono differenti. Tanto che i primi a parlarne il meno possibile sono la capa del governo e il suo vice, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che dopo la vittoria elettorale hanno limitato le esternazioni pubbliche su Pechino. In casa Carroccio, infatti, il timore è che un’abiura netta del rapporto con Pechino spiazzi la Lega. Che è autrice di fatto del memorandum del governo Conte I, siglato dall’allora esecutivo gialloverde e avente come regista il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico Michele Geraci, economista molto noto nella Repubblica Popolare e nominato in quota Lega. Salvini in passato ha avuto uscite, anche molto polemiche, verso Pechino. Ma una “China Policy” leghista per ora non si vede. Esistono sentimenti chiari da tempo, come la preferenza di Giorgetti per Washington, così come esistono convenienze di fatto, vedi gli investimenti di Pechino nelle regioni chiave del governo leghista, tipo Lombardia e Veneto.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina
Michele Geraci (Imagoeconomica).

Fontana e Centinaio guardano anche agli affari

In passato anche il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha visitato le sedi di aziende come Zte, chiave per la strategia di Pechino sulle telecomunicazioni, mentre più di recente al party di insediamento del neo-ambasciatore cinese a Roma Jia Guide il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio rappresentava il Carroccio muovendosi con disinvoltura tra i convitati, ben accolto. Del resto, pur avendo visitato di recente Taiwan assieme alla senatrice Elena Murelli, Centinaio non ha negato di essere “amico” anche della Cina. La componente anti-cinese del partito, oltre a Giorgetti, ha nel vicepresidente della Commissione Esteri della Camera Paolo Formentini, molto critico in passato delle repressioni in Xinjiang e a Hong Kong, uno dei suoi maggiori portavoce.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina
Gian Marco Centinaio (Imagoeconomica).

In Fratelli d’Italia si consolida il “partito del Pil”

In casa Fratelli d’Italia la posizione della presidente del Consiglio Meloni è di compromesso: avanza un passo sul contenimento anti-cinese, per esempio con il golden power su Pirelli, ma poi ne fa due indietro, ribadendo, come fatto alla Camera, che «si può avere un ottimo rapporto con Pechino senza una partnership strategica». Fumo negli occhi per la componente più radicalmente anti-Dragone del suo partito, rappresentata dai senatori Lucio Malan e Giulio Terzi di Sant’Agata. Ma questa posizione serve a Meloni a consolidarsi nel “partito del Pil” che non tifa per la rottura con la Cina, per mantenere la presa su un elettorato di destra sociale che male ha digerito l’atlantismo spinto del suo governo, e pure per evitare strappi in Europa. Minare il rapporto con la Cina può fornire un assist strumentale a Francia e Germania per spiazzare Roma nel mercato cinese. Per questo Meloni si guarda bene dal pubblicizzare il distacco.

La pasticciata strategia del governo Meloni sulla Cina
Lucio Malan, al centro (Imagoeconomica).

Qual è il vero interesse nazionale dell’Italia verso la Cina?

Insomma si perpetra, anche con Meloni, la difficoltà per l’Italia di avere un rapporto strutturato e completo con la Cina. Dopo la fatua rincorsa al memorandum, è iniziato un gioco di avanzate e dietrofront spesso condizionato da forze esterne. Che tra “ossessione” della sicurezza nazionale e difficoltà a dare priorità precise al rapporto con la Cina su temi come investimenti, ambiente, tutela dei diritti umani e cooperazione in aree di interesse comune tipo l’Africa, ha reso marginale il peso di Roma a Pechino, senza neanche trasformarla in un asset per la strategia Usa. Qual è l’interesse nazionale dell’Italia verso la Cina? Non lo si sapeva con Conte, non lo si è capito con Draghi, non si abbozza nemmeno con Meloni. Grande è la confusione sotto il cielo, ma – parafrasando Mao Zedong – la situazione non è eccellente.

Perché solo un terzo del patrimonio di Berlusconi può essere distribuito secondo le sue volontà


Il testamento di Silvio Berlusconi ha assegnato ai figli la grande maggioranza del suo patrimonio, con donazioni 'esterne' solo per Marta Fascina, il fratello Paolo e l'amico Marcello Dell'Utri. In ogni caso, però, la legge non gli avrebbe permesso una completa libertà: era obbligato a distribuire almeno i due terzi ai cinque figli, in parti uguali.
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