Perché l’attacco alle basi Usa può soddisfare sia Teheran sia Washington

Con l'operazione "Soleimani martire" l'Iran può sostenere di aver vendicato il suo generale. Ma per farlo non ha cavalcato l'effetto sorpresa. Trump può così vantarsi di essere uscito senza grosse perdite dal blitz. La de-escalation è a portata di mano. Ma si poggia su due condizioni.

La vendetta annunciata da Teheran per l’uccisione di Qassem Soleimani è arrivata nella notte. Una pioggia di missili ha colpito intorno all’1 e mezza dell’8 gennaio due basi americane in Iraq ad al-Asad ed Erbil, dove erano presenti anche 400 soldati italiani rimasti illesi.

L’1 e mezza: più o meno lo stesso orario in cui il drone Usa aveva ucciso il 3 gennaio il generale iraniano Qasem Soleimani all’aeroporto di Baghdad.

Una coincidenza, forse. Che però conferisce una forte connotazione simbolica all’operazione definita, non a caso, “Martire Soleimani“.

IL GIALLO SUL BILANCIO DELLE VITTIME

L’attacco secondo fonti iraniane avrebbe causato almeno 80 morti statunitensi. Bilancio al momento non confermato dal presidente Donald Trump che in un tweet invece ha dichiarato: «Tutto bene», ricordando come l’esercito Usa sia il «più potente e il meglio equipaggiato al mondo».

IL BELLICOSO KHAMENEI E IL DIPLOMATICO ZARIF

Dall’altra parte se l’ayatollah Ali Khamenei ha usato toni bellicosi – ha definito il raid uno «schiaffo in faccia agli americani, che però non è ancora abbastanza», aggiungendo che «la loro presenza, che è fonte di corruzione nella regione, deve finire» – e il ministro della Difesa, Amir Hatami ha messo in guardia: «Ci siamo vendicati, le prossime risposte saranno proporzionate a quello che faranno gli Usa», il titolare degli Esteri Javad Zarif ha scelto un profilo decisamente più diplomatico. In un tweet ha infatti messo in chiaro che Teheran ha «agito per legittima difesa contro un attacco terroristico», prendendo di mira «obiettivi legittimi secondo il diritto internazionale», nel rispetto dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

«Non vogliamo un’escalation», ha aggiunto, «ma ci difenderemo contro ogni aggressione». Concetto ribadito dall’ambasciatore all’Onu, Majid Takht-e Ravanchi: «Non vogliamo la guerra, ma ci riserviamo il diritto all’autodifesa e prenderemo tutte le necessarie e proporzionate misure contro ogni minaccia o uso della forza».

LEGGI ANCHE: Ribassisti delusi, in Borsa non c’è guerra

L’OPERAZIONE SOLEIMANI MARTIRE: PRIMO O ULTIMO ATTO?

Resta quindi da capire se l’operazione “Soleimani martire” sia l’ultimo atto dello scontro tra Usa e Iran o il primo capitolo di un nuovo conflitto nella regione. Di sicuro, secondo Michael Safi del Guardian, al momento sia Washington sia Teheran potrebbero uscire “vittoriose”: l’Iran, con il battage mediatico e social che ha accompagnato l’attacco, può sostenere di aver vendicato il suo generale. Per farlo, però, ha colpito due basi Usa che erano già ad alto livello di guardia. L’attacco insomma, secondo il Guardian, era ben calibrato per evitare alte perdite americane. Da parte sua gli Usa possono vantarsi di essere usciti dall’attacco iraniano sostanzialmente indenni, come ha dichiarato lo stesso presidente. In questo modo le due parti possono tranquillamente cominciare una de-escalation senza perdere la faccia.

LEGGI ANCHE: L’America non vuole un altro Vietnam

Possiamo tirare un sospiro di sollievo, dunque? Non esattamente visto che questo scenario poggia su due condizioni: che davvero non sia confermato il bilancio di Teheran e che Trump e i suoi falchi non siano tentati di rispondere ancora. E non solo su Twitter. Senza contare una eventuale reazione a catena nell’area. Un capo della forza paramilitare irachena filo-iraniana Hashed al Shaabi ha già invocato una «risposta irachena» all’attacco al generale Soleimani che sia forte come quella iraniana. In un tweet, Qaïs al-Khazali, da qualche giorno nella lista Usa dei ‘terroristi’, ha affermato che «la prima risposta iraniana all’assassinio del comandante martire Soleimani» è avvenuta. «È giunto il momento per la prima risposta irachena all’assassinio del comandante martire Mouhandis», ha aggiunto.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it