Chi era il generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso dal raid Usa

L'ufficiale a capo delle forze Quds era la punta di diamante delle operazioni di Teheran in tutto il Medio Oriente, dalla guerra civile siriana alla campagna irachena contro l'Isis. Ritratto del Rommel iraniano.

Il generale Qassem Soleimani, ucciso nella notte del 3 gennaio da un raid delle forze Usa a Baghdad, per anni è stato la punta di diamante delle operazioni internazionali dell’Iran. 62 anni, una barba corta sale e pepe, il generale era a capo delle forze Quds, il braccio armato dei guardiani della rivoluzione fuori dalla repubblica islamica, fin dal 1998. Soleimani veniva considerato da tutti, sostenitori e nemici, come uno degli strateghi migliori di tutto il Medio Oriente, che a partire dal 2013 si è reso protagonista di tutti gli interventi di Teheran nell’area, dalla Siria all’Iraq, passando per lo Yemen.

LA STRATEGIA PER SALVARE ASSAD DALLA CADUTA

Una delle missioni di maggior successo per l’ufficiale iraniano è stata sicuramente la Siria. Nel 2012 Teheran lo inviò a Damasco per aiutare il malconcio esercito siriano dilaniato dalle diserzioni conseguenti allo scoppio della guerra civile un anno prima. Dopo il suo intervento le sorti del conflitto sono via via cambiate. Ridefinita la strategia sul campo, ha fatto in modo da far entrare nel conflitto il gruppo armato libanese di Hezbollah aiutando l’Iran a diventare uno degli attori fondamentali della guerra civile. Non a caso in molti sostengono che nell’estate del 2006 il generale fosse in prima linea in Libano nel conflitto tra le milizie sciite e Israele. Una strategia che ha permesso al presidente Bashar al-Assad di rimanere al potere anche grazie alle amicizie dirette dello stesso Soleimani con funzionari e militari russi, intervenuti a sostegno del regime nell’autunno del 2015.

LA CAMPAGNA IRACHENA CONTRO L’ISIS

Nel 2014 quando la città irachena di Mosul cade nelle mani dell’Isis non fu solo l’aviazione americana a intervenire. Il generale nei giorni immediatamente successivi si recò in Iraq e negli anni seguenti guidò le operazioni delle milizie sciite irachene e iraniane sul campo per contenere prima l’avanzata dello Stato islamico e poi dare il via all’offensiva che ha liberato la città nell’estate del 2017. Oltre all’aspetto militare, però Soleimani era abile a intessere relazioni politiche. In Iraq più di qualcuno ha sottolineato che era solito incontrare in segreto gli esponenti dei vari partiti alimentando e modificando le traiettorie del potere di Baghdad. Ryan Crocker, ex ambasciatori americano in Afghanistan e Iraq, ha raccontato la sua esperienza alla Bbc: «I miei interlocutori iraniani erano molto: anche se avessero informato il ministero degli Esteri, alla fine sarebbe stato il generale Soleimani a prendere le decisioni».

UN MIX TRA BOND E ROMMEL

Nel corso degli anni Soleimani è stato dato per morto diverse volte. Nel 2006 riuscì a sopravvivere a un incidente aereo, nel 2012 scampò a un’attentato contro alcuni ufficiali siriani, mentre 2015 uscì indenne dai feroci combattimenti della battaglia Aleppo. Nel 2017 la rivista Time lo ha inserito tra le 100 persone più influenti del mondo e per l’occasione Kenneth Pollack, ex analista della Cia, disse di lui che per tutti gli «sciiti del in Medio Oriente, è un mix di James Bond, Erwin Rommel e Lady Gaga», in riferimento non solo alle campagne militari ma anche alla sua presenza sui social molto seguita. Molto amato in patria, Soleimani è stato più volte invocato come possibile candidato alle presidenziali del 2021, anche se lui stesso ha sempre ribadito di non volersi candidare.

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