Università, presentata la ricerca di Intesa Sanpaolo e italiadecide

Una fotografia dell’istruzione universitaria e le proposte per migliorare il sistema. L’Italia presente con il 40% degli atenei nei primi 1.000 al mondo

Presentata oggi, 19 novembre 2019, a Milano la ricerca pluriennale di italiadecide, svolta in collaborazione con Intesa Sanpaolo, sulla reputazione dell’Italia che quest’anno si focalizza sul sistema universitario. La ricerca a cura di Domenico Asprone, Pietro Maffettone e Massimo Rubechi, è stata presentata dal Presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro e del Presidente onorario di italiadecide Luciano Violante.

Lo studio analizza la situazione dell’università, istituzione cardine di uno stato avanzato, nel Bel Paese e propone indicazioni concrete in termini di politiche pubbliche. Un mezzo importante per capire anche la valutazione della sua qualità a livello internazionale e come essa viene giudicata dal resto del mondo.

Luciano Violante e Gian Maria Gros-Pietro

I RISULTATI

Lo studio parla chiaro e mostra una fotografia nitida della nostra università in confronto al resto del mondo. Buono è il posizionamento medio dell’Italia, presente in classifica con il 40% degli atenei inclusi nei primi 1.000 a livello mondiale, migliore di Stati Uniti, Cina e Francia, con meno del 10% delle loro università, ma anche di Regno Unito, Germania e Spagna. Tuttavia, nessun ateneo italiano è tra i primi 100 nei due principali ranking internazionali. Poche, inoltre, le università per abitante rispetto ai principali Paesi europei, meno della metà rispetto a Francia, Germania, Regno Unito e circa un terzo degli Stati Uniti.

La ricerca evidenzia inoltre come la realtà italiana venga penalizzata dai parametri utilizzati dai principali ranking internazionali che valutano le singole università e non il sistema universitario nel suo complesso. Ciò nonostante il posizionamento delle istituzioni universitarie italiane sta rapidamente migliorando, risultato significativo in uno scenario che vede la forte crescita della domanda di istruzione terziaria dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia. Poca, ancora, la competitività del Bel Paese. Il motivo? La scarsità delle risorse economiche a disposizione.

Per migliorare qualità e ranking delle università italiane e la loro percezione all’estero, spiega la ricerca, servono politiche di reclutamento competitive, maggior efficienza della macchina amministrativa, internazionalizzazione, collaborazione con soggetti privati e tra gli atenei stessi e, infine, una comunicazione più positiva.

UNIVERSITÀ, UN FATTORE SUL QUALE INVESTIRE

«La ricerca realizzata da italiadecide in collaborazione con Intesa Sanpaolo presenta una situazione non sorprendente per una Banca come la nostra che conosce bene l’università italiana lavorando con oltre 100 atenei, apprezzandone quotidianamente la qualità e il dinamismo con cui affrontano le nuove sfide – ha commentato Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo – Quasi uno su due degli atenei italiani è tra i migliori mille al mondo. Per questo i nostri studenti possono trovare in Italia le opportunità per un’alta formazione addirittura più qualificata rispetto a tanti atenei stranieri. Per promuovere l’istruzione universitaria, Intesa Sanpaolo offre a tutti gli studenti la possibilità di concentrarsi pienamente sullo studio grazie a un prestito a lungo termine senza garanzie. Di fronte a un contesto sempre più complesso, il potenziale di cui è dotata l’università italiana, apprezzata all’estero, deve rappresentare in misura maggiore un fattore nel quale investire per aumentare la competitività del nostro Paese».

FIDUCIA E STIMA SULL’ITALIA

«La ricerca di italiadecide con Intesa Sanpaolo sulla reputazione dell’Italia ha finora dimostrato, con dati oggettivi, che la posizione dell’Italia in settori importanti come la giustizia civile, il turismo e ora l’alta formazione è migliore di quanto comunemente ritenuto e competitiva con quella dei principali paesi con cui ci confrontiamo – ha concluso Luciano Violante, presidente onorario di italiadecide – Se dobbiamo migliorare nella qualità delle politiche pubbliche e nella collaborazione tra queste e le imprese, i risultati dimostrano che, come Paese, possiamo avere fiducia e stima in noi stessi e nel nostro futuro»

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Terna, presentato l’elettrodotto dei record tra Italia e Montenegro

Un cavo invisibile, lungo 445 km e adagiato sotto le acque del mare Adriatico. Il progetto è costato 1,1 miliardi di euro ed entrerà in funzione entro la fine dell’anno.

Terna collega per la prima volta i Balcani all’Europa con un elettrodotto invisibile. La società che gestisce la rete elettrica nazionale ha infatti completato un “ponte elettrico” di 445 km tra le stazioni di Cepagatti, in provincia di Pescara, e Lastva, nel comune di Kotor, in Montenegro. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il suo omologo montenegrino, Milo Đukanović, hanno inaugurato lo scorso 15 novembre quella che è considerata un’eccellenza ingegneristica internazionale. «Sono molto orgoglioso di questa importante e innovativa infrastruttura», ha detto l’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, «L’opera costituisce il volano di sviluppo per una serie di opportunità relative alla sicurezza dei sistemi energetici interconnessi e la gestione dei flussi sulla rete elettrica ed è necessaria per la crescita di un mercato elettrico integrato affidabile, efficiente e sostenibile».

Luigi Ferraris, amministratore delegato di Terna

ENTRERÀ IN FUNZIONE ENTRO LA FINE DELL’ANNO.

L’infrastruttura in corrente continua entrerà in funzione entro la fine dell’anno, in linea con le tempistiche pianificate. Consentirà ai due Paesi di scambiare elettricità in maniera bidirezionale: inizialmente per una potenza di 600 MW, che diventeranno successivamente 1.200 MW quando sarà realizzato anche il secondo cavo, previsto nei prossimi anni. L’importo complessivo del progetto è stimato in circa 1,1 miliardi di euro. Rappresenta il più lungo collegamento sottomarino in alta tensione mai realizzato da Terna: 423 km sono posati sotto le acque dell’Adriatico, a una profondità massima di 1.215 metri, a cui si aggiungono 22 km di cavo interrato, 16 in Italia (dall’approdo costiero fino alla stazione di Cepagatti) e 6 in Montenegro (da Budva alla stazione di Kotor). Le stazioni elettriche di Cepagatti e Kotor avranno un’ulteriore particolarità, perché dotate del convertitore di elettricità più potente mai realizzato da Terna.

L’intervento di Sergio Mattarella

I NUMERI: REALIZZATO IN 5 ANNI, DA 124 IMPRESE.

L’elettrodotto è il risultato del lavoro di anni di tecnici e professionisti altamente qualificati e specializzati: ha coinvolto complessivamente 124 imprese (80 in Italia, il 62% delle quali abruzzesi, e 44 in Montenegro) nei cantieri avviati nel 2012. I cavi sottomarini sono stati collocati sul fondale adriatico attraverso tre distinte campagne di posa, avvenute tra il 2015 e il 2017. Lo scambio bidirezionale dei flussi di elettricità permetterà di diversificare gli approvvigionamenti, rafforzare l’affidabilità, l’efficienza, la sicurezza, la sostenibilità ambientale e la resilienza delle reti elettriche delle due sponde adriatiche e consentirà di sfruttare pienamente il potenziale di produzione da fonti rinnovabili, disponibili sia in Italia che nell’area balcanica.

UN PROGETTO DI RILEVANZA STRATEGICA.

L’interconnessione Italia-Montenegro, frutto di una solida cooperazione bilaterale in ambito energetico sancita dai due accordi intergovernativi firmati tra i Paesi nel 2007 e nel 2010, è considerata di rilevanza strategica per l’integrazione dei mercati elettrici a livello continentale. A tal punto che l’infrastruttura è stata inserita tra i Progetti di Interesse Comune (PCI) dalla Commissione Europea, che nel 2008 ne ha co-finanziato gli studi di fattibilità nel quadro del programma di supporto alle infrastrutture elettriche prioritarie Trans-European Network (TEN) con la banca europea EBRD (European Bank for Reconstruction and Development) che ne ha finanziato l’analisi costi-benefici lato montenegrino. Il progetto porta a 26 le linee di interconnessione con l’estero gestite da Terna e consente all’Italia di rafforzare il ruolo di hub europeo e mediterraneo della trasmissione elettrica. Per il Montenegro e per la regione balcanica si tratta della prima interconnessione in corrente continua e rappresenta un contributo al rafforzamento dell’indipendenza energetica del Paese e dell’intera area.

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A Venezia arriva LiFE 2019, la nuova rotta dei Servizi

Il 21 e 22 novembre il più grande evento dedicato al settore in Italia. Dibattiti sul futuro dell’Economia e del Lavoro: appuntamento nel segno della solidarietà con la città colpita dal maltempo

Tutto pronto, a Venezia, per la quarta edizione di LiFE 2019, l’evento di punta per il mondo dei Servizi in Italia, in programma i prossimi 21 e 22 novembre. Anche quest’anno l’evento (acronimo di Labour Intensive Facility Event), che ha come location la Serenissima che in questi giorni si sta rialzando dai disagi dell’ondata di maltempo, si propone come un luogo di confronto, dibattito oltre che di presentazione dei prodotti e delle soluzioni per i Servizi industriali.

In programma un’agenda di lavori molto ricca e con relatori di rilievo, provenienti dal mondo delle imprese e delle istituzioni, con professionisti e opinion maker che contribuiranno a definire il tema scelto per quest’anno: “La nuova rotta dei Servizi industriali”.

UN MEETING BUSINESS PER LE IMPRESE

LiFE è promosso per la prima volta da CONFINDUSTRIA SERVIZI HYGIENE, CLEANING & FACILITY SERVICES, LABOUR SAFETY SOLUTIONS, costituita da quattro associazioni imprenditoriali quali ANIP-Confindustria (Associazione Nazionale Imprese di Pulizia e Servizi Integrati), A.N.I.D. (Associazione Nazionale delle imprese di disinfestazione), ASSOSISTEMA (Associazione Sistema Industriale Integrato di beni e Servizi Tessili e Medici Affini) e UNIFerr (Unione Nazionale Imprese esercenti attività di Pulizia e Servizi Integrati Ferroviari) che hanno deciso di svolgere un ruolo comune sotto l’egida confindustriale nel promuovere e sostenere il comparto dei Servizi.

«LiFE – ricorda il direttore Paolo Valente – è promosso per la prima volta dalla compagine confindustriale che raccoglie le associazioni più rappresentative nel mondo dei Servizi: si configura come un vero e proprio meeting business per consentire alle imprese di rafforzare la propria presenza nel mercato, contaminarsi ed esplorare nuovi modi di fare impresa: l’evento offrirà molto spazio per il matching e lo scambio di esperienze tra i partecipanti, una formula ‘aperta’ in grado di far sentire ognuno come parte integrante dell’evento e poterlo vivere al meglio. Nella scorsa edizione, hanno partecipato più di 50 relatori, 45 aziende e 22 studi di consulenza; 15 enti ed istituzioni coinvolte, 400 partecipanti ai lavori, più di 10.000 persone raggiunte attraverso i media con centinaia di articoli stampa a carattere nazionale, con il risultato di circa 30 partnership attivate».

Lorenzo Mattioli, presidente di CONFINDUSTRIA SERVIZI HYGIENE, CLEANING & FACILITY SERVICES, LABOUR SAFETY SOLUTIONS

NEL SEGNO DELLA SOLIDARIETÀ PER VENEZIA

 Un’edizione quella 2019 ricca e speciale per LiFE, a partire dalla location scelta, la città di Venezia, che nell’immaginario collettivo rappresenta il luogo ideale per lanciare sfide e scoprire nuovi orizzonti. Stavolta è il mondo dei Servizi ad essere protagonista, confrontandosi e lanciando proposte su questioni di grande attualità in campo economico, politico e industriale.

L’organizzazione dell’evento prosegue anche in questo momento difficile per Venezia e per la sua comunità. CONFINDUSTRIA SERVIZI HYGIENE, CLEANING & FACILITY SERVICES, LABOUR SAFETY SOLUTIONS vuole convintamente essere presente, tramite l’evento LiFE, per testimoniare la vicinanza alla città, ai residenti, alle imprese colpite dall’ondata eccezionale di maltempo, aderendo alle iniziative di concreto aiuto messe in campo in questi giorni. In particolare, LiFE darà il via alla raccolta fondi per sostenere Venezia che, coraggiosamente, si sta già rimettendo in moto.

IL PROGRAMMA

L’evento si svolgerà nella cornice dell’Hilton Molino Stucky sull’isola della Giudecca a Venezia, in uno degli edifici più rappresentativi dell’architettura industriale italiana.

Il programma della due giorni è veramente ricco e prevede importanti contributi. L’apertura dei lavori, prevista per il 21 novembre, sarà dedicata agli scenari futuri del mondo del lavoro, con l’intervento di Davide Casaleggio della Casaleggio Associati, Jean Paul Fitoussi, professore di Economia all’istituto di Studi Politici di Parigi, Pierangelo Albini, Direttore area Lavoro, welfare e capitale umano in Confindustria, Lorenzo Mattioli, presidente di CONFINDUSTRIA SERVIZI HYGIENE, CLEANING & FACILITY SERVICES, LABOUR SAFETY SOLUTIONS. Presenti anche numerosi esponenti di Governo e Parlamento, ed i presidenti delle associazioni che promuovono l’evento. Oltra a Mattioli per ANIP-Confindustria, ci saranno Marco Benedetti (A.N.I.D.), Marco Marchetti (ASSOSISTEMA) e Pietro Auletta (UNIFerr).

Previsto anche un talk dal titolo “Arte, contemporaneità e la trasformazione del mondo del Lavoro” che si svolgerà alla Biennale Arte 2019 al quale partecipa come guida esclusiva Leonardo Caffo, saggista, filosofo e professore del Politecnico di Torino e al NABA di Milano .

Si proseguirà con la seconda giornata, quella del 22 novembre, con ben tre tavoli tematici (table&speech) su “Innovazione e trasformazione digitale nel mondo dei Servizi”; “Green e Blu Economy”; “Verso un nuovo ciclo di mercato: nuove regole, nuove opportunità?”. Interverranno i più importanti stakeholder e decision maker, esponenti delle istituzioni e del Governo che raccoglieranno le proposte che dall’evento veneziano saranno indirizzate al Paese.

I lavori si concluderanno nel pomeriggio con due talk incentrati su: “Peso e misura dei Servizi industriali in Italia e in Europa” dove verrà delineata la dimensione del comparto a livello nazionale ed europeo, e “Una nuova proposta industriale al Paese” con la raccolta e il rilancio delle sfide elaborate nel corso della due giorni.

LiFE 2019 prevede anche dei momenti conviviali e d’incontro che fanno della manifestazione veneziana una kermesse unica nel suo genere. Parliamo della sera di gala nel seicentesco Palazzo Ca’ Vendramin con la vista al Casinò e il “Running for Venice” dedicato a quanti amano l’attività fisica senza stress.

Per iscriversi e partecipare si può visitare il sito www.life-event.it dove sono disponibili tutte le notizie aggiornate e le indicazioni utili per raggiungere la location via treno o areo e poi tramite il servizio di trasporto attivo in laguna, sia pubblico, sia privato, con relativi costi.

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Ilva, depositata la denuncia contro ArcerlorMittal: la procura di Taranto apre un fascicolo

L'esposto è stato presentato daI commissari straordinari. Si ipotizzano danni all'economia nazionale.

Il dossier Ilva ormai si gioca sui tavoli delle procure. Dopo l’apertura il 15 novembre di un fascicolo a Milano – dove i pm hanno deciso di esercitare «il diritto/dovere di intervento nella causa di rescissione del contratto di affitto promosso da ArcelorMittal contro l’ammistrazione straordinaria dell’Ilva» ravvisando «un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli ocupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale» – ora è il turno di Taranto. La procura pugliese, infatti, il 16 novembre ha aperto un fascicolo d’indagine contro ignoti (modello 44) dopo l’esposto denuncia presentato dai commissari straordinari dell’Ilva per «fatti e comportamenti inerenti al rapporto contrattuale con ArcelorMittal, lesivi dell’economia nazionale». Finora il procuratore Carlo Maria Capristo non ipotizza reati, ma è quasi certo che saranno quelli citati nell’esposto. Nei prossimi giorni saranno programmate le audizioni di alcuni testimoni che saranno ascoltati o dai pm o dalla polizia giudiziaria.

IPOTIZZATA LA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 449 DEL CODICE PENALE

L’esposto denuncia ipotizzava nei confronti di Arcelor Mittal la violazione dell’articolo 499 del Codice penale che punisce con la reclusione da 3 a 12 anni o con una multa non inferiore circa 2.000 euro «chiunque, distruggendo materie prime o prodotti agricoli o industriali, ovvero mezzi di produzione, cagiona un grave nocumento alla produzione nazionale» e quindi all’economia del nostro Paese, «o fa venir meno in misura notevole merci di comune o largo consumo». Per sostenere tale ipotesi di reato nella denuncia si fa riferimento al fatto che il processo messo in atto da parte del gruppo anglo-indiano di abbassamento della produzione degli impianti e di riduzione del loro calore li può danneggiare e si sottolinea che lo stabilimento di Taranto è strategico dal punto di vista nazionale “ex lege”.

CATALFO: «INACCETTABILI 5 MILA ESUBERI»

La ministra del Lavoro Nunzia Catalfo a Sky Tg24 ha ribadito che sull’Ilva sono «allo studio delle norme che vadano a tutela dei lavoratori e garantiscano i livelli occupazionali». La ministra ha bollato come inaccettabile la proposta dell’azienda di tagliare 5.000 posti, così come inaccettabile era la richiesta di «andare in deroga delle norme sulla sicurezza sul lavoro». «Stiamo studiando», ha aggiunto l’esponente pentastellata, «anche delle norme che consentano una riqualificazione del personale nel caso in cui ci sia una possibile riconversione dell’azienda». Si tratta, ha concluso Catalfo, di «un progetto a lungo termine, però si può investire in nuove tecnologie e riqualificare nel frattempo i lavoratori. Ovviamente non si può fare subito, ora in emergenza bisogna tutelare quello che c’è già».

VINCENZO BOCCIA: «LA PRIMA COSA DA FARE È RIMETTERE LO SCUDO»

Per il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, «la dimensione muscolare non serve a nessuno. Per l’Ilva occorrono soluzioni». Per Boccia «la prima cosa da fare è rimettere lo scudo, e occorre ammettere l’errore che si è fatto, da cui si determinata questa situazione».

LANDINI (CGIL): «SPEGNERE GLI IMPIANTI È INACCETTABILE»

Toni opposti per il segretario generale della CgilMaurizio Landini, secondo il quale «quello che ArcelorMittal sta facendo è illegittimo, perché c’è un accordo che va applicato e anche l’idea di spegnere gli impianti è per noi inaccettabile. Non saremo complici di una scelta di questo genere, troveremo tutti i modi e tutte le forme possibili, perché lì la gente vuole produrre acciaio senza inquinare, non vuole chiudere impianti». 

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La pizza gourmet di Saporè sbarca a Milano grazie ad Autogrill

Il nuovo locale dello chef veronese Renato Bosco, sarà presente al Mercato del Duomo, il Flagship Store del Gruppo Autogrill.

Autogrill rinnova ulteriormente la sua offerta e porta nel centro di Milano Saporè, il nuovo concept realizzato da Renato Bosco, lo chef veronese celebre per la sua sperimentazione sulla pizza. Lo store sarà aperto nel Flagship del Gruppo Autogrill al Mercato del Duomo. Bosco, che viene definito “pizzaricercatore”, grazie al suo lavoro di innovazione del “mondo pizza” parte dalla tradizione e arriva ad un concetto di “pizza contemporanea” basato sulla continua evoluzione degli impasti.

Da sempre impegnata a interpretare i principali trend alimentari e ad anticipare i gusti e le esigenze in continua evoluzione dei consumatori moderni, Autogrill vanta numerose collaborazioni con chef internazionali. Tra queste, la partnership con Renato Bosco, attiva dal 2017, focalizzata sull’esperienza artigiana messa al servizio di una grande azienda che trova oggi un’evoluzione con l’apertura del format Saporè al secondo piano del Mercato del Duomo, all’interno della Galleria Vittorio Emanuele II. Il luogo scelto è infatti iconico di una città viva e in movimento che vanta sempre più un primato nazionale anche in tema di varietà e innovazione dell’offerta di ristorazione. Con il lancio di Saporè Milano, Autogrill vuole offrire una scelta gastronomica innovativa e varia che unisce la genuinità alla tradizione nel gusto inconfondibile della pizza, piatto tipico della cucina italiana.

Renato Bosco

E’ proprio l’innovazione il tratto distintivo che ha unito Autogrill a Renato Bosco. Quest’ultimo, inizia il suo percorso di sperimentazione su impasti e lievitati – in particolare sulla PastaMadreViva – scegliendo sempre farine di ottima qualità cui accompagna una meticolosa ricerca sugli ingredienti della farcitura che contemplano diverse eccellenze del mondo del food.

La pizza contemporanea di Bosco

Le caratteristiche principali della “pizza contemporanea” di Renato Bosco sono da ricercarsi nella continua ricerca e innovazione applicate all’impasto che, in primis, deve essere genuino, digeribile, gustoso, senza rinunciare all’attenzione verso i principi nutritivi dei singoli ingredienti e all’equilibrio complessivo.Salubrità e gusto sono le caratteristiche principali dell’offerta di Saporè, composta da diverse tipologie di impasti, poveri di sale e grassi, ma estremamente idratati e quindi più digeribili.

Presso Saporè Milano i clienti potranno gustare la Pizza Crunch® e la Pizza Doppio Crunch®, caratterizzate dalla croccantezza, la Mozzarella di Pane®, un impasto dall’estrema morbidezza nel quale l’incontro con l’Oriente ha portato ad un approfondimento del metodo di cottura a vapore. La Pizza Tonda Classica, caratterizzata da un cornicione voluminoso e realizzata con Pasta Madre Viva e farine meno raffinate. Completano l’offerta il Pane realizzato sempre con PastaMadreViva, i piatti pensati per una pausa pranzo “h12” (avranno sempre un richiamo al mondo dei lievitati) ed infine i dessert, dal dolce lievitato ai biscotti fino alle brioches.

Saporè: il locale

Il primo Saporè è stato inaugurato da Bosco a San Martino Buon Albergo in provincia di Verona. La collaborazione con Autogrill ha permesso a Saporè di crescere e di diventare un vero e proprio concept, in grado di approdare in una location prestigiosa come Il Mercato Del Duomo, presso la Galleria Vittorio Emanuele II, a Milano. Un luogo della città che, in questi anni, ha vissuto una profonda trasformazione attraverso un radicale rinnovamento dell’offerta di ristorazione caratterizzata, oggi, dalla presenza di diversi rinomati chef. Per questo motivo anche il Flagship Store di Autogrill si evolve per soddisfare sempre di più i desideri di cittadini e viaggiatori.

Passione per il cibo, centralità del cliente e grande cura per il layout del locale, sono i tre elementi caratterizzanti il nuovo punto vendita.

Saporè, che è in grado di ospitare più di 100 clienti, è una location dove ogni dettaglio è curato: la sala degustazione ha un sapore familiare e informale che si rispecchia nell’allestimento volto a favorire l’esperienza del consumatore. L’arredamento è caratterizzato dall’utilizzo di materiali naturali.Sono previste ulteriori aperture del concept presso l’Outlet di Vicolungo e all’inizio del 2020 presso l’aeroporto internazionale di Milano Malpensa.

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La pizza gourmet di Saporè sbarca a Milano grazie ad Autogrill

Il nuovo locale dello chef veronese Renato Bosco, sarà presente al Mercato del Duomo, il Flagship Store del Gruppo Autogrill.

Autogrill rinnova ulteriormente la sua offerta e porta nel centro di Milano Saporè, il nuovo concept realizzato da Renato Bosco, lo chef veronese celebre per la sua sperimentazione sulla pizza. Lo store sarà aperto nel Flagship del Gruppo Autogrill al Mercato del Duomo. Bosco, che viene definito “pizzaricercatore”, grazie al suo lavoro di innovazione del “mondo pizza” parte dalla tradizione e arriva ad un concetto di “pizza contemporanea” basato sulla continua evoluzione degli impasti.

Da sempre impegnata a interpretare i principali trend alimentari e ad anticipare i gusti e le esigenze in continua evoluzione dei consumatori moderni, Autogrill vanta numerose collaborazioni con chef internazionali. Tra queste, la partnership con Renato Bosco, attiva dal 2017, focalizzata sull’esperienza artigiana messa al servizio di una grande azienda che trova oggi un’evoluzione con l’apertura del format Saporè al secondo piano del Mercato del Duomo, all’interno della Galleria Vittorio Emanuele II. Il luogo scelto è infatti iconico di una città viva e in movimento che vanta sempre più un primato nazionale anche in tema di varietà e innovazione dell’offerta di ristorazione. Con il lancio di Saporè Milano, Autogrill vuole offrire una scelta gastronomica innovativa e varia che unisce la genuinità alla tradizione nel gusto inconfondibile della pizza, piatto tipico della cucina italiana.

Renato Bosco

E’ proprio l’innovazione il tratto distintivo che ha unito Autogrill a Renato Bosco. Quest’ultimo, inizia il suo percorso di sperimentazione su impasti e lievitati – in particolare sulla PastaMadreViva – scegliendo sempre farine di ottima qualità cui accompagna una meticolosa ricerca sugli ingredienti della farcitura che contemplano diverse eccellenze del mondo del food.

La pizza contemporanea di Bosco

Le caratteristiche principali della “pizza contemporanea” di Renato Bosco sono da ricercarsi nella continua ricerca e innovazione applicate all’impasto che, in primis, deve essere genuino, digeribile, gustoso, senza rinunciare all’attenzione verso i principi nutritivi dei singoli ingredienti e all’equilibrio complessivo.Salubrità e gusto sono le caratteristiche principali dell’offerta di Saporè, composta da diverse tipologie di impasti, poveri di sale e grassi, ma estremamente idratati e quindi più digeribili.

Presso Saporè Milano i clienti potranno gustare la Pizza Crunch® e la Pizza Doppio Crunch®, caratterizzate dalla croccantezza, la Mozzarella di Pane®, un impasto dall’estrema morbidezza nel quale l’incontro con l’Oriente ha portato ad un approfondimento del metodo di cottura a vapore. La Pizza Tonda Classica, caratterizzata da un cornicione voluminoso e realizzata con Pasta Madre Viva e farine meno raffinate. Completano l’offerta il Pane realizzato sempre con PastaMadreViva, i piatti pensati per una pausa pranzo “h12” (avranno sempre un richiamo al mondo dei lievitati) ed infine i dessert, dal dolce lievitato ai biscotti fino alle brioches.

Saporè: il locale

Il primo Saporè è stato inaugurato da Bosco a San Martino Buon Albergo in provincia di Verona. La collaborazione con Autogrill ha permesso a Saporè di crescere e di diventare un vero e proprio concept, in grado di approdare in una location prestigiosa come Il Mercato Del Duomo, presso la Galleria Vittorio Emanuele II, a Milano. Un luogo della città che, in questi anni, ha vissuto una profonda trasformazione attraverso un radicale rinnovamento dell’offerta di ristorazione caratterizzata, oggi, dalla presenza di diversi rinomati chef. Per questo motivo anche il Flagship Store di Autogrill si evolve per soddisfare sempre di più i desideri di cittadini e viaggiatori.

Passione per il cibo, centralità del cliente e grande cura per il layout del locale, sono i tre elementi caratterizzanti il nuovo punto vendita.

Saporè, che è in grado di ospitare più di 100 clienti, è una location dove ogni dettaglio è curato: la sala degustazione ha un sapore familiare e informale che si rispecchia nell’allestimento volto a favorire l’esperienza del consumatore. L’arredamento è caratterizzato dall’utilizzo di materiali naturali.Sono previste ulteriori aperture del concept presso l’Outlet di Vicolungo e all’inizio del 2020 presso l’aeroporto internazionale di Milano Malpensa.

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Conte duro con ArcelorMittal e a Milano entra in campo la procura

I pm milanesi hanno aperto un fascicolo esplorativo per verificare possibili reati. E il premier attacca: «L'azienda si assume una grandissima responsabilità, gravi danni all'economia». Ma l'ad al tavolo conferma: «Contratto non rispettato».

Gli ispettori non passano all’Ilva di Taranto e intanto la procura di Milano interviene a tutela dell’interesse pubblico. Mentre al tavolo è scontro fra azienda e governo. Da una parte ArcelorMittal, secondo il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, ha proibito ai commissari le ispezioni. Dall’altra il procuratore della Repubblica Francesco Greco ha annunciato l’apertura di un fascicolo sul caso Ilva. E così la tensione sullo stabilimento di Taranto è destinata ad alzarsi ancora nel giorno in cui era fissato l’incontro tra l’azienda, il governo e i sindacati e la multinazionale ha anche comunicato lo stop delle attività a prefetto ed esecutivo.

L’cciaio prodotto nello stabilimento dell’Ilva fermo in banchina del porto di Taranto, 15 novembre 2019. (Ansa)

Il 15 novembre ArcelorMittal Italia e ArcelorMittal Energy hanno riferito al governo e alla prefettura di Taranto il piano di “sospensione” dell’esercizio dello stabilimento di Taranto e delle centrali elettriche. La sospensione sarà fatta «con le modalità atte a preservare l’integrità degli impianti». La comunicazione inviata anche agli enti locali è firmata dal gestore dello stabilimento Stefan Michel R. Van Campe. Il 14 novembre l’azienda aveva anticipato il piano ai sindacati, dettagliando le date di spegnimento degli altiforni. Secondo il ministro Patuanelli «l’azienda ha vietato le ispezioni ai commissari, credo che sia un atto gravissimo che dovrà avere un’adeguata risposta».

I COMMISSARI DEPOSITANO IL RICORSO CONTRO IL RECESSO

Intanto i legali dei commissari hanno depositato il ricorso cautelare e d’urgenza, ex articolo 700, contro la causa promossa da ArcelorMittal per il recesso del contratto d’affitto dello stabilimento con base a Taranto. Il procedimento sarà trattato dal presidente della sezione A specializzata in materia di imprese, Claudio Marangoni.

MITTAL VIA DAL 4 DICEMBRE

Il segretario generale della Fim, Marco Bentivogli ha spiegato che «ArcelorMittal ha confermato che esaurito il percorso previsto dall’art.47 il 3 dicembre, dal giorno successivo, quindi il quattro del mese, non sarà lei a proseguire il piano di spegnimento e spetterà all’amministrazione straordinaria». «È chiaro», ha aggiunto Bentivogli, «che se per il 4 dicembre l’Ilva in amministrazione straordinaria non riassumerà celermente tutto il personale la situazione diventerà ancora più drammatica». «L’azienda», ha continuato Bentivogli, «ha interrotto lo sbarco delle materie prime, gli ordini sono dirottati su altri siti. Nel mentre l’unica operazione che il governo poteva fare celermente, ovvero l’introduzione dello scudo penale con portata generale non solo non viene realizzata ma sparisce dall’ordine del giorno».

ENTRA IN CAMPO LA PROCURA DI MILANO

Intanto il procuratore della Repubblica Greco ha reso noto in un comunicato che la procura della Repubblica di Milano ha aperto un fascicolo esplorativo per verificare «l’eventuale sussistenza di ipotesi di reato» sul caso ArcelorMittal-ex Ilva. La procura di Milano, ravvisando un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale, ha deciso di esercitare il diritto-dovere di intervento» previsto dal codice di procedura civile «nella causa di rescissione del contratto di affitto d’azienda promosso dalla società ArcelorMittal Italia contro l’amministrazione straordinaria dell’Ilva».

L’AZIENDA PARLA DI POSSIBILI EMISSIONI PER LO SPEGIMENTO

Dal canto suo ArcelorMittal nella lettera inviata ai ministeri dell’Ambiente e dell’Interno, a Ispra, Regione Puglia, Comune di Taranto, Ilva in as, Arpa, al custode giudiziario degli impianti e ai Comuni dell’area a rischio ha scritto che «le operazioni tecniche necessarie alla sospensione potrebbero comportare fasi transitorie con possibili emissioni visibili e possibile accensione delle torce dello stabilimento siderurgico».

PER PATUANELLI NON C’È DIRITTO DI RECESSO

Durante il tavolo tra governo, azienda e sindacati, il ministro Patuanelli avrebbe esordito sottolineando che l’esecutivo non riconosce che per l’azienda ci sia oggi un diritto di recesso, secondo quanto hanno riferito fonti presenti nel parlamentino del ministero dello Sviluppo.

MORSELLI: «UN CRIMINE LAVORARE NELL’AREA A CALDO»

L’amministratrice delegata di ArcelorMittal, Lucia Morselli, ha risposto dicendo che dal loro punto di vista «non sono stati rispettati i termini del contratto». Uno dei nodi sarebbe l’area a caldo: lavorarci «fino a qualche settimana non era un crimine, ora lo è. Non è una cosa di poco conto», ha detto l’ad. Poi le prescrizioni sull’altoforno Afo2: «Ci era stato detto che tutto quello che era stato chiesto dalla magistrature come interventi di miglioramento era in corso, invece non era stato fatto niente».

Riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto


L’ad di Mittal Lucia Morselli

La posizione di Morselli è stata esplicitata chiaramente: «Noi siamo qui perché riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto. Questo è quello che abbiamo chiesto e stiamo agendo in coerenza».

CONTE: «MITTAL PAGHERÀ I DANNI»

Il governo ovviamente è di avviso opposto. Il premier Giuseppe Conte ne ha parlato su Facebook: «Arcelor Mittal si sta assumendo una grandissima responsabilità» sull’ex Ilva, in quanto la decisione dello stop «prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno all’economia nazionale. Di questo ne risponderà in sede giudiziaria sia per ciò che riguarda il risarcimento danni, sia per ciò che riguarda il procedimento d’urgenza».

DOPO LO SPEGNIMENTO ALMENO 6 MESI PER RIPARTIRE

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dell’ex Ilva, Vincenzo Vestita (Fiom Cgil) ha spiegato che dopo lo spegnimento di un altoforno, seguendo la procedura di «colatura della salamandra» (cioè della ghisa residua che resta sul fondo del forno), così come indicato dal programma di spegnimento di Arcelor Mittal, «ci voglio almeno sei mesi per fare ripartire l’impianto».

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Conte duro con ArcelorMittal e a Milano entra in campo la procura

I pm milanesi hanno aperto un fascicolo esplorativo per verificare possibili reati. E il premier attacca: «L'azienda si assume una grandissima responsabilità, gravi danni all'economia». Ma l'ad al tavolo conferma: «Contratto non rispettato».

Gli ispettori non passano all’Ilva di Taranto e intanto la procura di Milano interviene a tutela dell’interesse pubblico. Mentre al tavolo è scontro fra azienda e governo. Da una parte ArcelorMittal, secondo il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, ha proibito ai commissari le ispezioni. Dall’altra il procuratore della Repubblica Francesco Greco ha annunciato l’apertura di un fascicolo sul caso Ilva. E così la tensione sullo stabilimento di Taranto è destinata ad alzarsi ancora nel giorno in cui era fissato l’incontro tra l’azienda, il governo e i sindacati e la multinazionale ha anche comunicato lo stop delle attività a prefetto ed esecutivo.

L’cciaio prodotto nello stabilimento dell’Ilva fermo in banchina del porto di Taranto, 15 novembre 2019. (Ansa)

Il 15 novembre ArcelorMittal Italia e ArcelorMittal Energy hanno riferito al governo e alla prefettura di Taranto il piano di “sospensione” dell’esercizio dello stabilimento di Taranto e delle centrali elettriche. La sospensione sarà fatta «con le modalità atte a preservare l’integrità degli impianti». La comunicazione inviata anche agli enti locali è firmata dal gestore dello stabilimento Stefan Michel R. Van Campe. Il 14 novembre l’azienda aveva anticipato il piano ai sindacati, dettagliando le date di spegnimento degli altiforni. Secondo il ministro Patuanelli «l’azienda ha vietato le ispezioni ai commissari, credo che sia un atto gravissimo che dovrà avere un’adeguata risposta».

I COMMISSARI DEPOSITANO IL RICORSO CONTRO IL RECESSO

Intanto i legali dei commissari hanno depositato il ricorso cautelare e d’urgenza, ex articolo 700, contro la causa promossa da ArcelorMittal per il recesso del contratto d’affitto dello stabilimento con base a Taranto. Il procedimento sarà trattato dal presidente della sezione A specializzata in materia di imprese, Claudio Marangoni.

MITTAL VIA DAL 4 DICEMBRE

Il segretario generale della Fim, Marco Bentivogli ha spiegato che «ArcelorMittal ha confermato che esaurito il percorso previsto dall’art.47 il 3 dicembre, dal giorno successivo, quindi il quattro del mese, non sarà lei a proseguire il piano di spegnimento e spetterà all’amministrazione straordinaria». «È chiaro», ha aggiunto Bentivogli, «che se per il 4 dicembre l’Ilva in amministrazione straordinaria non riassumerà celermente tutto il personale la situazione diventerà ancora più drammatica». «L’azienda», ha continuato Bentivogli, «ha interrotto lo sbarco delle materie prime, gli ordini sono dirottati su altri siti. Nel mentre l’unica operazione che il governo poteva fare celermente, ovvero l’introduzione dello scudo penale con portata generale non solo non viene realizzata ma sparisce dall’ordine del giorno».

ENTRA IN CAMPO LA PROCURA DI MILANO

Intanto il procuratore della Repubblica Greco ha reso noto in un comunicato che la procura della Repubblica di Milano ha aperto un fascicolo esplorativo per verificare «l’eventuale sussistenza di ipotesi di reato» sul caso ArcelorMittal-ex Ilva. La procura di Milano, ravvisando un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale, ha deciso di esercitare il diritto-dovere di intervento» previsto dal codice di procedura civile «nella causa di rescissione del contratto di affitto d’azienda promosso dalla società ArcelorMittal Italia contro l’amministrazione straordinaria dell’Ilva».

L’AZIENDA PARLA DI POSSIBILI EMISSIONI PER LO SPEGIMENTO

Dal canto suo ArcelorMittal nella lettera inviata ai ministeri dell’Ambiente e dell’Interno, a Ispra, Regione Puglia, Comune di Taranto, Ilva in as, Arpa, al custode giudiziario degli impianti e ai Comuni dell’area a rischio ha scritto che «le operazioni tecniche necessarie alla sospensione potrebbero comportare fasi transitorie con possibili emissioni visibili e possibile accensione delle torce dello stabilimento siderurgico».

PER PATUANELLI NON C’È DIRITTO DI RECESSO

Durante il tavolo tra governo, azienda e sindacati, il ministro Patuanelli avrebbe esordito sottolineando che l’esecutivo non riconosce che per l’azienda ci sia oggi un diritto di recesso, secondo quanto hanno riferito fonti presenti nel parlamentino del ministero dello Sviluppo.

MORSELLI: «UN CRIMINE LAVORARE NELL’AREA A CALDO»

L’amministratrice delegata di ArcelorMittal, Lucia Morselli, ha risposto dicendo che dal loro punto di vista «non sono stati rispettati i termini del contratto». Uno dei nodi sarebbe l’area a caldo: lavorarci «fino a qualche settimana non era un crimine, ora lo è. Non è una cosa di poco conto», ha detto l’ad. Poi le prescrizioni sull’altoforno Afo2: «Ci era stato detto che tutto quello che era stato chiesto dalla magistrature come interventi di miglioramento era in corso, invece non era stato fatto niente».

Riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto


L’ad di Mittal Lucia Morselli

La posizione di Morselli è stata esplicitata chiaramente: «Noi siamo qui perché riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto. Questo è quello che abbiamo chiesto e stiamo agendo in coerenza».

CONTE: «MITTAL PAGHERÀ I DANNI»

Il governo ovviamente è di avviso opposto. Il premier Giuseppe Conte ne ha parlato su Facebook: «Arcelor Mittal si sta assumendo una grandissima responsabilità» sull’ex Ilva, in quanto la decisione dello stop «prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno all’economia nazionale. Di questo ne risponderà in sede giudiziaria sia per ciò che riguarda il risarcimento danni, sia per ciò che riguarda il procedimento d’urgenza».

DOPO LO SPEGNIMENTO ALMENO 6 MESI PER RIPARTIRE

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dell’ex Ilva, Vincenzo Vestita (Fiom Cgil) ha spiegato che dopo lo spegnimento di un altoforno, seguendo la procedura di «colatura della salamandra» (cioè della ghisa residua che resta sul fondo del forno), così come indicato dal programma di spegnimento di Arcelor Mittal, «ci voglio almeno sei mesi per fare ripartire l’impianto».

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ArcelorMittal inizia a spegnere Taranto il 12 dicembre

A fine novembre si ferma un treno nastri per mancanza di ordini. I forni invece verranno chiusi tra metà dicembre e metà gennaio. Il piano della multinazionale per abbandonare Taranto.

La data dello spegnimento degli altiforni di Taranto è già segnata nel calendario di ArcelorMittal. La mattina del 14 novembre, ha fatto sapere il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, «l’amministratore delegato della multinazionale franco-indiana, Lucia Morselli, ha incontrato le rsu di Taranto per smentire le notizie emerse dalla Regione Puglia al termine dell’incontro del 13 novembre. La Morselli ha invece comunicato il piano di fermate degli altiforni: Afo2 il 12 dicembre, Afo4 il 30 dicembre e Afo1 il 15 gennaio mentre verrà chiuso il treno nastri2 tra il 26 e il 28 novembre per mancanza di ordini».

«LA SITUAZIONE STA PRECIPITANDO»

«Se ancora non fosse chiaro la situazione sta precipitando in un quadro sempre più drammatico che non consente ulteriori tatticismi della politica», ha commentato Bentivogli. «Le RSU», ha aggiunto, «hanno chiesto in che prospettive ci si muove e se intendono fare dichiarazioni di esuberi, discussione che l’azienda ha rinviato al tavolo di domani. Il piano di fermate modifica le previsioni contenute nell’Aia, pertanto l’azienda si confronterà con il Ministero dell’Ambiente».

Maurizio Landini, segretario generale CGIL, al suo arrivo al Mise per il tavolo fra sindacati, governo e Arcelor Mittal, Roma, 9 luglio 2019. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

«LA DISCUSSIONE SUGLI ESUBERI NON È ACCETTABILE»

«Non voglio perdere neanche un posto di lavoro – ha detto – non è una discussione accettabile quella sugli esuberi. Lì si deve continuare a produrre acciaio, garantendo la salute di cittadini e lavoratori», ha detto a proposito il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ospite di Tagadà su La7. Il 15 novembre è fissato al Mise il «primo incontro con la presenza dell’azienda. La situazione è difficile e i tempi delle decisioni devono essere rapidi. Per noi non ci sono le condizioni per recedere dal contratto, per noi ArcelorMittal deve applicare tutte le parti del contratto», ha concluso.

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Politici e tivù giocano con l’agonia di Taranto e dell’Ilva

Mentre la città sembra sbalordita e incapace di reagire, la classe dirigente non prende decisioni e i media nazionali si gingillano e conduttori spietati lucrano sul dolore della povera gente.

Il caso Ilva racconta il fallimento di una classe dirigente. Non solo questa, ma anche molte di quelle che hanno governato la città, la Puglia e l’Italia negli scorsi anni.

Non bisogna fare di tutta erba un fascio. Qualcuno si è comportato bene. Nessuno però fra quelli che da qualche anno governano. La destra, che ormai sfiora nei sondaggi il 50%, sull’Ilva dice poco come Matteo Salvini diceva poco sulla finanziaria che avrebbe dovuto fare se non si fosse scolato bicchieroni di moijto.

L’immagine che l’Italia dà di sé è quella di un Paese diviso in cui le parti averse non cercano mai, dico mai, un punto di raccordo e che lascia andare le cose al loro naturale (naturale?) destino perché a) nessuno si vuole “sporcare” le mani, 2) nessuno ha un’idea bucata in testa.

L’ILLEGALITÀ È STATA MADRINA DELLA SECONDA VITA DELL’ILVA

Il caso Ilva è in questo senso emblematico. Dal raddoppio in poi la grande fabbrica siderurgica italiana è stata un grande imbroglio. Il 12 novembre, in una affollatissima assemblea che mi ha ospitato in un circolo Arci per ricordare un compagno, Vito Consoli, morto tanti anni fa per un infarto dovuto al superlavoro (politico), i più anziani hanno ricordato che si fece il raddoppio senza chiedere, se non ex post, le autorizzazioni necessarie per costruire i nuovi impianti. L’illegalità, insomma, è stata madrina della seconda fase della vita dell’Ilva, quella che sta portando la fabbrica alla lenta chiusura.

Anche Taranto è entrata nello show business di conduttori spietati che lucrano sul dolore della povera gente

La città sembra sbalordita e incapace di reagire. Quello che sta succedendo è enorme. I media nazionali si gingillano, basta guardare qualunque talk show con la falsa e ignobile contrapposizione fra l’operaio che difende il suo lavoro e la mamma che teme per la salute del suo bambino. Anche Taranto è entrata nello show business di conduttori spietati che lucrano sul dolore della povera gente.

LA CLASSE POLITICA ITALIANA SEMBRA NON SAPERE COSA FARE

L’Ilva fu una scelta strategica seria. Serviva l’acciaio all’Italia che produceva e serviva ridare a Taranto il suo profilo industriale e operaio. Non fu una “cattedrale nel deserto”, né un azzardo. La cultura dell’epoca, come accade a tutti i Paesi di nuova industrializzazione, non aveva al centro, purtroppo, la tematica ambientale che poi poco per volta si è fatta strada. Oggi si fronteggiano quelli che vogliono salvare la fabbrica (anche perché è già stato costruito, dalla ditta che ha messo in sicurezza l’impianto atomico di Chernobyl, un capannone per i materiali nocivi e il secondo è in costruzione) e quelli che, molti con grande onestà, immaginano un grande giardino al posto delle ciminiere.

Una veduta aerea dello stabilimento dell’Ilva di Taranto.

Giuseppe Berta ha scritto e pubblicato in questi giorni uno splendido libretto (Detroit. Viaggio nella città degli estremi, Il Mulino editore) su Detroit e il suo presente post-industriale. Il libro contiene molte suggestioni ma spiega come si può sopravvivere in una città de-industrializzata. Io penso, però, che ciò che in America è possibile in Italia e nel Sud è impossibile.

Taranto non credo che accetterà a lungo questo tira e molla senza costrutto

Tuttavia… tuttavia la classe dirigente, tutta quanta, non sa che cosa fare con l’altoforno che si sta spegnendo e i materiali per alimentare la produzione fermi nel porto. Taranto ha ricevuto il premier Giuseppe Conte che ha fatto bene ad andare. La città aspetta con ansia che qualcuno dica: si fa così, anche se una metà dei tarantini sarà scontenta della decisione. Taranto non credo che accetterà a lungo questo tira e molla senza costrutto. È un luogo di grandi ribellioni. La attuale maggioranza non ha idee né forza politica. I futuri governanti hanno già dato prova di sé sotto lo stesso premier. Non ci resta che pregare. E sperare nella rivolta.

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Ilva, ArcelorMittal ha depositato in Tribunale l’atto di recesso: le prossime tappe

Altro che trattativa con il governo. L'azienda tira dritto e a Taranto ordina lo spegnimento dell'altoforno 2. Ecco cosa può succedere adesso.

Altro che trattativa con il governo guidato da Giuseppe Conte.

ArcelorMittal tira dritto sull’Ilva e tramite i suoi avvocati ha depositato al Tribunale di Milano l’atto con cui chiede ufficialmente il recesso dal contratto d’affitto con obbligo d’acquisto degli stabilimenti italiani, a partire da quello di Taranto.

L’atto è già sul tavolo del presidente del Tribunale, Roberto Bichi. La causa è stata iscritta a ruolo e il 13 novembre il presidente assegnerà il procedimento a una delle due sezioni specializzate in materia di imprese.

LEGGI ANCHE: Berlusconi suggerisce di nazionalizzare l’Ilva

Secondo l’azienda, il recesso è giustificato dalla revoca dello scudo penale. Spetterà ai giudici verificare se è così oppure no. Conte, intanto, ha incontrato a Palazzo Chigi i parlamentari pugliesi del M5s alla presenza di Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli e Federico D’Incà. L’incontro non è andato bene e i toni si sarebbero accesi proprio sulla questione della possibile reintroduzione dello scudo, tema su cui molti pentastellati fanno muro. Gli stabilimenti di ArcelorMittal Italia si trovano a Taranto (8.277 persone), Genova (1.016), Novi Ligure (681), Milano (123), Racconigi (134), Paderno Dugnano (39), Legnaro (29) e Marghera (52), per un totale di 10.351 dipendenti. La gran parte degli operai è divisa tra Taranto (5.642), Genova (681) e Novi Ligure (469). Oltre alle tute blu, il disimpegno di ArcelorMittal coinvolge anche 72 dirigenti, 221 quadri, 2.233 impiegati, 1.007 lavoratori intermedi e 204 marittimi.

LEGGI ANCHE: Perché ArcelorMittal vuole lasciare l’Ilva

ATTESA LA CONTROMOSSA DEGLI AMMINISTRATORI STRAORDINARI

Si attende adesso la contromossa degli amministratori straordinari dell’Ilva, che nei prossimi giorni dovrebbero presentare, sempre al Tribunale di Milano, il ricorso cautelare urgente (ex articolo 700 del Codice di procedura civile) con cui provare a fermare la ritirata della multinazionale dalla gestione del gruppo siderurgico, attraverso la progressiva fermata degli impianti e la cosiddetta “retrocessione” del personale alle società concedenti.

VERSO LO SPEGNIMENTO DELL’ALTOFORNO 2

Ma ArcelorMittal ha già consegnato ai lavoratori di Taranto il cronoprogramma per lo spegnimento dell’altoforno 2. L’impianto non è a norma ed entro il 13 dicembre dovrà essere portato a produzione zero a causa delle prescrizioni della magistratura. I giudici sono intervenuti dopo la morte dell’operaio Alessandro Morricella, 35 anni, che nel 2015 venne investito da una violenta fiammata mista a ghisa liquida mentre misurava la temperatura dell’altoforno. A partire dal 20 novembre gli addetti all’impianto dovrebbero iniziare a caricare meno ghisa, mentre il 25 novembre le operazioni di spegnimento dovrebbero procedere con la fuoriuscita del materiale. Gli amministratori straordinari dell’acciaieria, tuttavia, potrebbero chiedere una proroga per la messa in sicurezza dell’altoforno al Tribunale di Taranto.

QUATTRO POSSIBILI SCENARI PER IL FUTURO

Per il futuro dell’Ilva si aprono quattro possibili scenari.

  1. Il primo è l’amministrazione straordinaria per tutti gli stabilimenti, con un commissario ad hoc in grado di operare con pieni poteri. Al momento, però, non circolano nomi di possibili candidati.
  2. Il secondo è la nazionalizzazione, invocata da più parti ma considerata l’ultima spiaggia dal premier Conte. L’idea sarebbe quella di usare Cassa depositi e prestiti o una sua controllata per finanziare un’operazione che costerebbe almeno 1 miliardo di euro (600 milioni per una parziale copertura delle perdite, più altri 400 milioni per l’operatività degli impianti). Ma il via libera dell’Unione europea a un’iniziativa del genere, visto che gli aiuti di Stato sono vietati dalle norme comunitarie, è tutt’altro che scontato.
  3. Il terzo scenario è un’Ilva in scala ridotta. Lo Stato gestirebbe in qualche modo l’area a caldo (Taranto), ArcelorMittal quella a freddo (Genova e Novi Ligure). Una “soluzione” che passerebbe però per un drastico ridimensionamento della forza lavoro, visto che l’area a freddo secondo l’azienda potrebbe funzionare con soli 2.500 addetti.
  4. Il quarto scenario è quello peggiore: la chiusura. ArcelorMittal abbandonerebbe tutti gli impianti italiani, lo Stato tenterebbe di subentrare senza successo e finirebbe per doversi accollare i costi (rilevantissimi) delle bonifiche ambientali e degli ammortizzatori sociali.

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Bankitalia approva la lotta al contante contro l’evasione

L'incentivo ai pagamenti elettronici potrebbe funzionare. E anche la stima del Pil 2020 allo 0,6% è condivisibile. L'audizione del direttore generale Signorini al Senato.

Bankitalia ha approvato le mosse dei giallorossi. A partire dalla lotta al contante. Che potrebbe ridurre l’evasione fiscale, anche se il governo non ha messo nero su bianco alcuna emersione di base imponibile con l’incentivo ai pagamenti elettronici. L’endorsement è arrivato dal vice direttore generale della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini, durante un’audizione sulla legge di bilancio a Palazzo Madama: «È plausibile che nel medio periodo l’incentivo possa contribuire a ridurre la propensione a evadere, funzionerà bene se si riuscirà ad attuarlo in modo semplice e chiaro».

PROSPETTIVE DI CRESCITA CONDIVISIBILI

Bankitalia ha anche avallato la stima di crescita dell’economia italiana dello 0,6% contenuta nella manovra, considerata «condivisibile e in linea con le nostre valutazioni più recenti».

PER L’IVA PROBLEMA DI COPERTURE ALTERNATIVE

Poi Signorini ha parlato delle clausole di salvaguardia residue che nel 2021 e 2022 restano a un livello «significativo» al netto degli effetti della manovra, pari a un punto percentuale di Pil e 1,3 punti rispettivamente per i due anni. Se venissero abolite senza compensazioni «il peggioramento strutturale dei conti sarebbe considerevole» e dunque «si riproporrà l’esigenza di reperire coperture alternative».

TASSI SUI MUTUI SCESI SOTTO IL 2%

Capitolo tassi sui mutui, nella pubblicazione di Bankitalia “Banche e moneta” si legge che sono scesi a settembre abbondantemente sotto il 2%. I tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie si sono collocati all’1,82% contro il 2,08% di agosto.

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Delta conferma: pronta a comprare il 10% di Alitalia

La compagnia aerea americana mette sul piatto un investimento da 100 milioni di euro. E alla settima proroga e all'ennesimo prestito ponte da 400 milioni, il governo spera di chiudere con l'offerta per il 21 novembre.

Altro che Lufthansa. A dieci giorni dalla scadenza dell’offerta per Alitalia, la via della compagnia di bandiera tedesca è definitivamente sfumata, mentre l’americana Delta ha confermato il proprio impegno, rompendo il silenzio e ribadendo invece la disponibilità ad entrare col 10%.

SCADENZA FISSATA PER IL 21 NOVEMBRE

Ora l’attesa è tutta per il 21 novembre, su cui sono puntati anche gli occhi del Governo. Con il ministro dell’economia Roberto Gualtieri che auspica il rispetto dei tempi e soprattutto, dopo l’ultimo prestito “non indifferente” di 400 milioni concesso dal Tesoro, chiede un piano industriale “convincente” che consenta finalmente di voltare pagina. Delta, che è coinvolta nel dossier Alitalia da oltre un anno e nelle ultime settimane è rimasta alla finestra in attesa che Lufthansa concretizzasse le proprie ‘avance’ (cosa che poi non è avvenuta, visto che i tedeschi hanno riproposto le richieste di due anni fa, con la disponibilità a mettere soldi solo in una compagnia ristrutturata e tagli per 5-6 mila esuberi), ora torna a ribadire la propria posizione.

UNA PROMESSA DI INVESTIMENTO DA 100 MILIONI DI EURO

«Delta continua a lavorare con Ferrovie dello Stato e Atlantia e conferma di essere pronta a investire fino a 100 milioni di euro per una quota del 10% in Alitalia», spiega un portavoce, aggiungendo che «Delta resta impegnata a mantenere la propria partnership con Alitalia nel futuro». Parole che ora, dopo un anno di trattative e sette proroghe, indirizzano il dossier verso la stretta finale. Il governo si aspetta il rispetto della scadenza del 21 novembre. «È possibile e lo auspichiamo, che entro il termine previsto ci sia l’offerta finale e un piano industriale», dice il ministro dell’economia Gualtieri, sottolineando come l’ultimo prestito ponte sia stato concepito – e così spiegato a Bruxelles – «per arrivare a un piano industriale solido e competitivo che rilanci il vettore».

I SINDACATI CHIEDONO ZERO ESUBERI

«Credo che il tempo per capire ci sia stato. Ormai ci siamo ed è necessario avere delle certezze su come si comporrà il consorzio che effettuerà il rilancio», dice anche la ministra dei trasporti Paola De Micheli. E anche i sindacati spingono perché si faccia presto, augurandosi che il governo rispetti le promesse fatte fino ad ora, ovvero «nessuna flessione occupazionale – ricorda Annamaria Furlan della Cisl -, quindi nessun esubero, ma investimenti e rilancio».

FS GUARDA AL CLOSING DEFINITO A MARZO 2020

La palla è ora nelle mani di Fs. La società ferroviaria sta lavorando per rispettare la scadenza del 21 novembre, garantisce l’a.d. Gianfranco Battisti che però puntualizza: «i tempi non dipendono solo da noi». L’obiettivo di Fs è comunque allineato con le indicazioni dei commissari, ovvero «chiudere a marzo 2020 con l’ok di sindacati e antitrust». A non escludere uno slittamento (“minimo”) della scadenza, tra l’altro, sono gli stessi commissari, purché rimanga ferma la deadline del primo trimestre del prossimo anno per il closing. Non manca, infine, nel dibattito intorno al futuro della compagnia, anche la proposta di una «gestione pubblica» per un periodo transitorio tra 18 e 24 mesi, prevista da un emendamento di Leu al Dl Fisco.

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Intesa Sanpaolo: tra bonus e tassi bassi, ora ristrutturare casa conviene

I lavori di efficientamento energetico hanno portato minori consumi per 4,2 miliardi in 13 anni. I risparmi in bolletta possono arrivare a 522 euro l’anno. E fa bene anche all’ambiente.

Una casa con una classe energetica alta fa bene all’ambiente e dà benefici in bolletta. La riqualificazione degli edifici gode di agevolazioni fiscali che possono rendere i lavori più a portata di mano. Lo scorso 5 novembre, a Milano, durante il convegno “Facciamo più belle le nostre città” organizzato da Intesa Sanpaolo insieme ad Anaci, l’associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari, si è parlato diffusamente di queste opportunità. L’evento è servito a fare informazione su tematiche non del tutto note: «I condomini nel nostro paese sono in larga misura edifici che necessitano di ristrutturazioni importanti in termini di riqualificazione», ha spiegato Cinzia Bruzzone, responsabile retail di Intesa Sanpaolo, «Basti pensare che in Italia l’80% degli stabili ad uso abitativo è stato costruito prima degli anni 80 e le emissioni di gas serra sono costituite per il 70% dalle attività di climatizzazione di questi edifici. Questo è il momento ideale per una svolta, grazie alle agevolazioni fiscali e alle condizioni di tasso particolarmente favorevoli». I cosiddetti bonus casa, ossia le detrazioni per la ristrutturazione degli edifici, valgono il 50% della spesa. Mentre per risparmio ed efficientamento energetico valgono rispettivamente il 50 e 65%.

Cinzia Bruzzone, responsabile retail di Intesa Sanpaolo

IN LOMBARDIA IL 60% DELLE CASE HA BASSA EFFICIENZA ENERGETICA

Gli incentivi sui lavori di ristrutturazione edilizia finora hanno funzionato. Eppure, c’è ancora tanto da fare, soprattutto se si pensa che in Lombardia, una delle regioni dove sono già stati più intensi i benefici fiscali, il 60% degli edifici è a tutt’oggi classificato come classe G ed F di efficienza energetica (di cui il 36% in classe G). «La collaborazione con Anaci», ha proseguito Bruzzone, «che conta circa 8.000 amministratori professionisti in tutta Italia, è un ulteriore elemento che ha l’obiettivo di rendere consapevoli e informati gli amministratori di tutte le possibilità che oggi Ecobonus e Sismabonus mettono a disposizione dei cittadini. L’ulteriore possibile intervento di finanziamento da parte della banca fa si che si arrivi a casi in cui i condomini possano avviare i lavori con un minimo esborso iniziale».

RISPARMI IN BOLLETTA FINO A 522 ALL’ANNO

Se da una parte gli interventi sugli immobili danno un contributo importante per la lotta al cambiamento climatico, questi vanno a incidere anche sui consumi, calati di 4,2 miliardi tra il 2005 e il 2018. Se poi si confronta un immobile di classe energetica G, la più bassa, con uno di classe A++, la più alta, il risparmio all’anno in bolletta può arrivare a 522 euro. Anche il valore degli immobili cambia: secondo i dati dell’ufficio studi di immobiliare.it, il prezzo medio degli immobili in Italia è di 1.940 euro al metro quadro. Una casa di classe A ne vale 2.618, una differenza del 34% che può toccare anche il 60% per i progetti di particolare pregio.

SERVE UNA DRASTICA DIMINUZIONE DELLE EMISSIONI

Questo deve essere da ulteriore incentivo perché, fanno notare dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, uno dei fattori su cui si può incidere in modo più rapido sulle emissioni di gas serra è ridurre i consumi energetici delle famiglie, che sono costituiti per il 70% dalle attività di climatizzazione. Logico quindi che questo sia uno dei fronti sui quali intervenire a livello di sistema perché per limitare l’incremento del riscaldamento in atto a 1,5 gradi centigradi – e così evitare conseguenze catastrofiche – serve una riduzione drastica nelle emissioni del 45% entro il 2030.

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Com’è andata la produzione industriale a settembre 2019

Secondo i dati dell'Istat a settembre è stato registrato un calo dello 0,4% su agosto e del 2,1% rispetto allo stesso mese del 2018.

La produzione industriale a settembre è diminuita dello 0,4% su agosto e del 2,1% sullo stesso mese del 2018. Lo ha reso noto l’Istat, con il dato corretto per gli effetti del calendario.

L’istituto di statistica ha sottolineato anche che il calo tendenziale di settembre (-2,1% corretto per gli effetti di calendario con 21 giorni lavorativi a fronte dei 20 di settembre 2018) è la settima flessione tendenziale consecutiva.

Nella media del terzo trimestre la produzione mostra una flessione congiunturale dello 0.5%. Nella media dei primi nove mesi dell’anno l’indice ha registrato una flessione tendenziale dell’1%.

A settembre è stato registrato un aumento della produzione congiunturale dei beni di consumo dello 0,7% e di quella dei beni strumentali dello 0,6% mentre per i beni intermedi e per l’energia si è registrato un calo della produzione rispettivamente dell’1% e dell’1,1%. Su base annua il calo del 2,1% della produzione industriale è il risultato di un aumento dell’1,2% per i beni di consumo e di un calo del 2% per i beni strumentali, del 5,2% per i beni intermedi e dello 0,1% per l’energia.

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Com’è andata la produzione industriale a settembre 2019

Secondo i dati dell'Istat a settembre è stato registrato un calo dello 0,4% su agosto e del 2,1% rispetto allo stesso mese del 2018.

La produzione industriale a settembre è diminuita dello 0,4% su agosto e del 2,1% sullo stesso mese del 2018. Lo ha reso noto l’Istat, con il dato corretto per gli effetti del calendario.

L’istituto di statistica ha sottolineato anche che il calo tendenziale di settembre (-2,1% corretto per gli effetti di calendario con 21 giorni lavorativi a fronte dei 20 di settembre 2018) è la settima flessione tendenziale consecutiva.

Nella media del terzo trimestre la produzione mostra una flessione congiunturale dello 0.5%. Nella media dei primi nove mesi dell’anno l’indice ha registrato una flessione tendenziale dell’1%.

A settembre è stato registrato un aumento della produzione congiunturale dei beni di consumo dello 0,7% e di quella dei beni strumentali dello 0,6% mentre per i beni intermedi e per l’energia si è registrato un calo della produzione rispettivamente dell’1% e dell’1,1%. Su base annua il calo del 2,1% della produzione industriale è il risultato di un aumento dell’1,2% per i beni di consumo e di un calo del 2% per i beni strumentali, del 5,2% per i beni intermedi e dello 0,1% per l’energia.

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Garrone scioglie la riserva: non correrà per il dopo Boccia

Il presidente del Sole 24 Ore abbandona l'idea di candidarsi alla guida di Confindustria. Ma la soddisfazione di Carlo Bonomi che temeva la sua concorrenza al Nord è durata poco. Gira voce che a scendere in campo sarà la torinese Licia Mattioli.

Ha scelto la sua Genova per manifestare la decisione di non concorrere alla successione di Vincenzo Boccia. C’era attesa per la scelta di Edoardo Garrone: lasciare la presidenza del Sole 24 Ore e mettersi in gara per la presidenza di Confindustria o giocare in difesa e tenersi fuori dalla mischia? Dopo averci pensato su molto, lasciando intendere che lo avrebbe fatto ora che era infastidito di essere indicato come il candidato del presidente uscente, cui certo non verrà riservata una standing ovation, alla fine ha scelto di restare a casa. Lo ha detto, privatamente, allo stesso Boccia, al presidente della Piccola Industria, Carlo Robiglio, e al presidente di Confindustria Genova nonché suo parente, Giovanni Mondini, in occasione del Forum della Piccola Industria che si è svolto sabato 9 novembre nel capoluogo ligure presso Ansaldo Energia, ospiti del past president genovese Giuseppe Zampini.

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LICIA MATTIOLI, UNA NUOVA PREOCCUPAZIONE PER BONOMI

Naturalmente la notizia è immediatamente rimbalzata a Milano, dove Carlo Bonomi attendeva ansioso di sapere cosa avrebbe fatto Garrone. Anche se il presidente di Assolombarda non ha (ancora) formalizzato la sua candidatura, è ormai sceso apertamente in campo. E temeva la concorrenza del presidente del Sole, che avrebbe spaccato il fronte del Nord che Bonomi, a torto o a ragione, ritiene di poter coalizzare sul suo nome. Ma la sua soddisfazione per non avere tra i piedi Garrone è durata poco. Nel giro di ore è infatti subito esplosa la voce che a scendere in campo sarebbe stata la torinese Licia Mattioli, ora vicepresidente nazionale con lo specifico incarico dell’internazionalizzazione. Una candidatura su cui lo stesso Boccia si è affrettato a mettere cappello. 

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Italia leader in Europa per il settore delle due ruote

In questi giorni a Milano, presso Rho Fiera, è nel vivo del suo svolgimento EICMA 2019, l’Esposizione Internazionale del Ciclo..

In questi giorni a Milano, presso Rho Fiera, è nel vivo del suo svolgimento EICMA 2019, l’Esposizione Internazionale del Ciclo e Motociclo che per quest’anno arriva alla sua 77esima edizione. Un evento di natura fieristica di caratura mondiale che detiene la leadership nel settore delle due ruote. Con la presenza di oltre 1.200 espositori e l’intento di valorizzare e promuovere le realtà produttive che operano nella filiera industriale del settore ciclo, motociclo e accessori, attrae ogni anno centinaia di migliaia di visitatori.

Un settore quello delle due ruote che non solo attrae fortemente ma che, in Italia e in Europa, vola con numeri di produzione e di fatturato davvero importanti. Bici, moto, ciclomotori, scooter, componenti e accessori affascinano il pubblico italiano che ama le due ruote, le studia, le compra e le usa abitualmente. Tutto questo si riversa sul settore delle produttività e del business, vera miniera per il Bel Paese che per l’industria della due ruote si conferma, secondo i dati di Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo, Motociclo e Accessori), il punto di riferimento in Europa.

I NUMERI DELL’INDUSTRIA MADE IN ITALY A DUE RUOTE

L’industria delle due ruote impiega circa 20.000 dipendenti diretti e fattura oltre 5 miliardi di euro. La produzione italiana di motocicli (350mila unità) e di biciclette (2,4 milioni unità) occupa saldamente il primo posto a livello europeo. In Italia il settore conta complessivamente più di 5.000 punti vendita: il commercio di bici, moto, ciclomotori, scooter, componenti e accessori, con il loro indotto, dà lavoro a circa 60.000 persone.

+ 6,4% PER IL MERCATO ITALIANO DELLE DUE RUOTE A MOTORE

Che il mercato delle due ruote in Italia funziona lo dicono chiaramente i dati. Nei primi nove mesi di quest’anno le immatricolazioni hanno fatto segnare un + 6,4% rispetto al 2018. Un risultato che deriva da una accelerazione delle moto (+ 8,6%) che ricoprono il 44% del mercato, e da un incremento degli scooter (+ 4,8%) che ne rappresentare il 56%. A perdere volumi sono, invece i “cinquantini”, – 4,2%. Sono 213.500 i pezzi venduti nel mercato due ruote da gennaio a settembre 2019 e le previsioni per l’anno stimano un totale di circa 250.000 veicoli.

IL MERCATO DELLE DUE RUOTE NON A MOTORE RESISTE E FUNZIONA

Non deludono anche i dati dedicati alle due ruote non a motore, con specifiche sull’elettrico e selle bici, comprese anche quelle più moderne come le e-bike. Nel 2018, infatti, in Europa sono stati immatricolati 47.179 motoveicoli elettrici (+ 36% su 2017), corrispondenti al 3,7% del mercato endotermico (1.277.708 unità). Il nostro Paese, con 3.600 veicoli venduti nel 2018 (+ 44% su 2017), raccoglie il 7,6% del mercato europeo. Continua a tenere anche il mercato delle biciclette. Ben 1.595.000 quelle vendute nel 2018 mettendo comunque in conto la straordinaria crescita di bikesharing a postazione fissa e free floating (+ 147% solo nel 2017 e una flotta di circa 40mila mezzi sul territorio). Buoni risultati anche per l’e-bike. Confindustria ANCMA stima una vendita di 173.000 pezzi, pari a +16,8% rispetto al 2017. Va bene anche l’export delle bici a pedalata assistita, che nel 2018 raggiunge un valore di 42 milioni di euro, + 300% sull’anno precedente.

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Ubi Banca, i risultati dei primi nove mesi del 2019

Utile contabile a 191,1 milioni di euro. In crescita il reddito operativo che si attesta al 9,6%.

La performance commerciale evidenziata dai risultati di Ubi Banca è positiva, come attesta la crescita del reddito operativo salito a/a del 9,6%.
Questo testimonia la capacità strutturale della banca di produrre utile e riflette la forte resilienza del margine di interesse che si è ridotto del 2,7%, e cioè in misura molto inferiore rispetto ai competitor.

Una buona performance delle commissioni che sono cresciute grazie al contributo determinante della raccolta indiretta che ha superato quota 100 mld, con una crescita sia dell’asset management sia del comparto assicurativo cresciuti rispettivamente del 7,8 % e dell’8,3%.
L’utile netto contabile, che è diminuito anno su anno da 210,5 a 191,1 milioni, risente dell’incidenza del costo del credito il quale riflette l’effetto delle operazioni sugli npl (-2,2 mld di euro a/a) che da un lato hanno permesso di raggiungere un NPE ratio del 9,07% ma hanno anche comportato un costo transitato per il conto economico.

La banca quindi è strutturalmente più forte, capace di produrre reddito ma in questa situazione vede una riduzione dell’utile netto contabile perché, in sostanza, una parte di utile è stata investita nel miglioramento strutturale dei conti della banca, testimoniato dal ratio degli npl.
La performance commerciale è però distintiva.

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Terna, inaugurato a Napoli il nuovo hub per l’innovazione

É il primo del Sud Italia. Sarà focalizzato su trasformazione digitale di processi aziendali, gestione delle risorse umane e processi organizzativi. Il progetto fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna investirà circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni.

Diventare un laboratorio di idee innovative al servizio della rete elettrica. È il futuro immaginato da Terna per il suo nuovo Innovation Hub, presentato lo scorso 7 novembre nella sede di Napoli. Il polo della capitale partenopea è il primo nel Sud Italia: sarà focalizzato sul digital to people, ovvero sulla trasformazione digitale dei processi aziendali e l’innovazione degli strumenti nell’area delle risorse umane e dell’organizzazione. Presenti all’inaugurazione, oltre all’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, anche il ministro dell’Innovazione Paola Pisano e il consigliere delegato all’Informatizzazione e all’Agenda digitale della Città Metropolitana di Napoli, Rosario Ragosta. «È il nostro secondo Innovation hub», ha affermato Ferraris che ne ha già inaugurato un altro a Torino, «fa parte della strategia di portare l’innovazione sul territorio e favorire un collegamento più stretto tra la nostra azienda, le università, le startup locali».

IN CAMPANIA 536 MILIONI DI INVESTIMENTI IN 5 ANNI

« L’Innovation Hub di Napoli è la conferma dell’importanza di questa città e della regione », ha evidenziato Ferraris, « nella strategia di Terna che prevede nei prossimi cinque anni investimenti sulla rete elettrica campana per oltre 536 milioni di euro ». La società che gestisce la rete nazionale ha inoltre lanciato un nuovo concorso che ha l’obiettivo di coinvolgere professionisti locali nella progettazione di stazioni elettriche integrate nel territorio. Si parte proprio dalla Campania, dove a Capri Terna ha già realizzato una stazione unica nel suo genere, progettata in armonia con l’ambiente nel quale si inserisce.

GIÀ 6 STARTUP SELEZIONATE PER PROGETTI DIGITAL

L’Innovation Hub di Napoli fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna intende investire circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni a livello nazionale.  «È importantissimo», ha detto nel suo intervento il ministro Pisano, «dare il giusto ruolo all’innovazione e alla trasformazione del Paese. L’innovazione deve essere una misura strutturale, perché può incidere sull’aumento dei posti di lavoro e la competitività. Il ministero segue con attenzione le attività che si faranno all’interno del centro Terna di Napoli, con una forte attenzione a formazione, tecnologie usate, all’open innovation, per aumentare il numero di startup. Il pubblico deve diventare un attore principale nella partnership con le grosse aziende». Dopo Torino e Napoli, il piano proseguirà presto in altre città italiane. Intanto sono 6 le prime sturtup selezionate che nella città campana svilupperanno progetti di digital safety e di digital human resources: dai processi per rendere più efficiente la manutenzione degli asset, alla realizzazione di app che ricostruiscono virtualmente operazioni sul campo da utilizzare per formare il personale, alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle necessità formative per progettare percorsi di training personalizzato e di coaching digitale.

IL PROGETTO PUNTA A FAVORIRE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

L’obiettivo, in uno scenario energetico sempre più complesso, è sviluppare prototipi di idee innovative focalizzate sui nuovi trend tecnologici: «Siamo orgogliosi di proseguire questo percorso di innovazione che ha l’obiettivo di creare sinergie tra le persone e le professionalità di Terna e le eccellenze del territorio per sviluppare idee e percorsi innovativi a beneficio di una rete elettrica sempre più moderna, efficiente, flessibile e sostenibile in grado di favorire la transizione energetica in atto», ha detto ancora l’ad di Terna. Con questi progetti l’azienda punta a favorire la cultura dell’innovazione, la creazione di future professionalità di eccellenza e lo sviluppo di soluzioni industriali che possano avere implementazione su più larga scala.

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Terna, inaugurato a Napoli il nuovo hub per l’innovazione

É il primo del Sud Italia. Sarà focalizzato su trasformazione digitale di processi aziendali, gestione delle risorse umane e processi organizzativi. Il progetto fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna investirà circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni.

Diventare un laboratorio di idee innovative al servizio della rete elettrica. È il futuro immaginato da Terna per il suo nuovo Innovation Hub, presentato lo scorso 7 novembre nella sede di Napoli. Il polo della capitale partenopea è il primo nel Sud Italia: sarà focalizzato sul digital to people, ovvero sulla trasformazione digitale dei processi aziendali e l’innovazione degli strumenti nell’area delle risorse umane e dell’organizzazione. Presenti all’inaugurazione, oltre all’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, anche il ministro dell’Innovazione Paola Pisano e il consigliere delegato all’Informatizzazione e all’Agenda digitale della Città Metropolitana di Napoli, Rosario Ragosta. «È il nostro secondo Innovation hub», ha affermato Ferraris che ne ha già inaugurato un altro a Torino, «fa parte della strategia di portare l’innovazione sul territorio e favorire un collegamento più stretto tra la nostra azienda, le università, le startup locali».

IN CAMPANIA 536 MILIONI DI INVESTIMENTI IN 5 ANNI

« L’Innovation Hub di Napoli è la conferma dell’importanza di questa città e della regione », ha evidenziato Ferraris, « nella strategia di Terna che prevede nei prossimi cinque anni investimenti sulla rete elettrica campana per oltre 536 milioni di euro ». La società che gestisce la rete nazionale ha inoltre lanciato un nuovo concorso che ha l’obiettivo di coinvolgere professionisti locali nella progettazione di stazioni elettriche integrate nel territorio. Si parte proprio dalla Campania, dove a Capri Terna ha già realizzato una stazione unica nel suo genere, progettata in armonia con l’ambiente nel quale si inserisce.

GIÀ 6 STARTUP SELEZIONATE PER PROGETTI DIGITAL

L’Innovation Hub di Napoli fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna intende investire circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni a livello nazionale.  «È importantissimo», ha detto nel suo intervento il ministro Pisano, «dare il giusto ruolo all’innovazione e alla trasformazione del Paese. L’innovazione deve essere una misura strutturale, perché può incidere sull’aumento dei posti di lavoro e la competitività. Il ministero segue con attenzione le attività che si faranno all’interno del centro Terna di Napoli, con una forte attenzione a formazione, tecnologie usate, all’open innovation, per aumentare il numero di startup. Il pubblico deve diventare un attore principale nella partnership con le grosse aziende». Dopo Torino e Napoli, il piano proseguirà presto in altre città italiane. Intanto sono 6 le prime sturtup selezionate che nella città campana svilupperanno progetti di digital safety e di digital human resources: dai processi per rendere più efficiente la manutenzione degli asset, alla realizzazione di app che ricostruiscono virtualmente operazioni sul campo da utilizzare per formare il personale, alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle necessità formative per progettare percorsi di training personalizzato e di coaching digitale.

IL PROGETTO PUNTA A FAVORIRE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

L’obiettivo, in uno scenario energetico sempre più complesso, è sviluppare prototipi di idee innovative focalizzate sui nuovi trend tecnologici: «Siamo orgogliosi di proseguire questo percorso di innovazione che ha l’obiettivo di creare sinergie tra le persone e le professionalità di Terna e le eccellenze del territorio per sviluppare idee e percorsi innovativi a beneficio di una rete elettrica sempre più moderna, efficiente, flessibile e sostenibile in grado di favorire la transizione energetica in atto», ha detto ancora l’ad di Terna. Con questi progetti l’azienda punta a favorire la cultura dell’innovazione, la creazione di future professionalità di eccellenza e lo sviluppo di soluzioni industriali che possano avere implementazione su più larga scala.

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Terna, inaugurato a Napoli il nuovo hub per l’innovazione

É il primo del Sud Italia. Sarà focalizzato su trasformazione digitale di processi aziendali, gestione delle risorse umane e processi organizzativi. Il progetto fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna investirà circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni.

Diventare un laboratorio di idee innovative al servizio della rete elettrica. È il futuro immaginato da Terna per il suo nuovo Innovation Hub, presentato lo scorso 7 novembre nella sede di Napoli. Il polo della capitale partenopea è il primo nel Sud Italia: sarà focalizzato sul digital to people, ovvero sulla trasformazione digitale dei processi aziendali e l’innovazione degli strumenti nell’area delle risorse umane e dell’organizzazione. Presenti all’inaugurazione, oltre all’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, anche il ministro dell’Innovazione Paola Pisano e il consigliere delegato all’Informatizzazione e all’Agenda digitale della Città Metropolitana di Napoli, Rosario Ragosta. «È il nostro secondo Innovation hub», ha affermato Ferraris che ne ha già inaugurato un altro a Torino, «fa parte della strategia di portare l’innovazione sul territorio e favorire un collegamento più stretto tra la nostra azienda, le università, le startup locali».

IN CAMPANIA 536 MILIONI DI INVESTIMENTI IN 5 ANNI

« L’Innovation Hub di Napoli è la conferma dell’importanza di questa città e della regione », ha evidenziato Ferraris, « nella strategia di Terna che prevede nei prossimi cinque anni investimenti sulla rete elettrica campana per oltre 536 milioni di euro ». La società che gestisce la rete nazionale ha inoltre lanciato un nuovo concorso che ha l’obiettivo di coinvolgere professionisti locali nella progettazione di stazioni elettriche integrate nel territorio. Si parte proprio dalla Campania, dove a Capri Terna ha già realizzato una stazione unica nel suo genere, progettata in armonia con l’ambiente nel quale si inserisce.

GIÀ 6 STARTUP SELEZIONATE PER PROGETTI DIGITAL

L’Innovation Hub di Napoli fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna intende investire circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni a livello nazionale.  «È importantissimo», ha detto nel suo intervento il ministro Pisano, «dare il giusto ruolo all’innovazione e alla trasformazione del Paese. L’innovazione deve essere una misura strutturale, perché può incidere sull’aumento dei posti di lavoro e la competitività. Il ministero segue con attenzione le attività che si faranno all’interno del centro Terna di Napoli, con una forte attenzione a formazione, tecnologie usate, all’open innovation, per aumentare il numero di startup. Il pubblico deve diventare un attore principale nella partnership con le grosse aziende». Dopo Torino e Napoli, il piano proseguirà presto in altre città italiane. Intanto sono 6 le prime sturtup selezionate che nella città campana svilupperanno progetti di digital safety e di digital human resources: dai processi per rendere più efficiente la manutenzione degli asset, alla realizzazione di app che ricostruiscono virtualmente operazioni sul campo da utilizzare per formare il personale, alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle necessità formative per progettare percorsi di training personalizzato e di coaching digitale.

IL PROGETTO PUNTA A FAVORIRE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

L’obiettivo, in uno scenario energetico sempre più complesso, è sviluppare prototipi di idee innovative focalizzate sui nuovi trend tecnologici: «Siamo orgogliosi di proseguire questo percorso di innovazione che ha l’obiettivo di creare sinergie tra le persone e le professionalità di Terna e le eccellenze del territorio per sviluppare idee e percorsi innovativi a beneficio di una rete elettrica sempre più moderna, efficiente, flessibile e sostenibile in grado di favorire la transizione energetica in atto», ha detto ancora l’ad di Terna. Con questi progetti l’azienda punta a favorire la cultura dell’innovazione, la creazione di future professionalità di eccellenza e lo sviluppo di soluzioni industriali che possano avere implementazione su più larga scala.

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Terna, inaugurato a Napoli il nuovo hub per l’innovazione

É il primo del Sud Italia. Sarà focalizzato su trasformazione digitale di processi aziendali, gestione delle risorse umane e processi organizzativi. Il progetto fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna investirà circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni.

Diventare un laboratorio di idee innovative al servizio della rete elettrica. È il futuro immaginato da Terna per il suo nuovo Innovation Hub, presentato lo scorso 7 novembre nella sede di Napoli. Il polo della capitale partenopea è il primo nel Sud Italia: sarà focalizzato sul digital to people, ovvero sulla trasformazione digitale dei processi aziendali e l’innovazione degli strumenti nell’area delle risorse umane e dell’organizzazione. Presenti all’inaugurazione, oltre all’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris, anche il ministro dell’Innovazione Paola Pisano e il consigliere delegato all’Informatizzazione e all’Agenda digitale della Città Metropolitana di Napoli, Rosario Ragosta. «È il nostro secondo Innovation hub», ha affermato Ferraris che ne ha già inaugurato un altro a Torino, «fa parte della strategia di portare l’innovazione sul territorio e favorire un collegamento più stretto tra la nostra azienda, le università, le startup locali».

IN CAMPANIA 536 MILIONI DI INVESTIMENTI IN 5 ANNI

« L’Innovation Hub di Napoli è la conferma dell’importanza di questa città e della regione », ha evidenziato Ferraris, « nella strategia di Terna che prevede nei prossimi cinque anni investimenti sulla rete elettrica campana per oltre 536 milioni di euro ». La società che gestisce la rete nazionale ha inoltre lanciato un nuovo concorso che ha l’obiettivo di coinvolgere professionisti locali nella progettazione di stazioni elettriche integrate nel territorio. Si parte proprio dalla Campania, dove a Capri Terna ha già realizzato una stazione unica nel suo genere, progettata in armonia con l’ambiente nel quale si inserisce.

GIÀ 6 STARTUP SELEZIONATE PER PROGETTI DIGITAL

L’Innovation Hub di Napoli fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna intende investire circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni a livello nazionale.  «È importantissimo», ha detto nel suo intervento il ministro Pisano, «dare il giusto ruolo all’innovazione e alla trasformazione del Paese. L’innovazione deve essere una misura strutturale, perché può incidere sull’aumento dei posti di lavoro e la competitività. Il ministero segue con attenzione le attività che si faranno all’interno del centro Terna di Napoli, con una forte attenzione a formazione, tecnologie usate, all’open innovation, per aumentare il numero di startup. Il pubblico deve diventare un attore principale nella partnership con le grosse aziende». Dopo Torino e Napoli, il piano proseguirà presto in altre città italiane. Intanto sono 6 le prime sturtup selezionate che nella città campana svilupperanno progetti di digital safety e di digital human resources: dai processi per rendere più efficiente la manutenzione degli asset, alla realizzazione di app che ricostruiscono virtualmente operazioni sul campo da utilizzare per formare il personale, alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle necessità formative per progettare percorsi di training personalizzato e di coaching digitale.

IL PROGETTO PUNTA A FAVORIRE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

L’obiettivo, in uno scenario energetico sempre più complesso, è sviluppare prototipi di idee innovative focalizzate sui nuovi trend tecnologici: «Siamo orgogliosi di proseguire questo percorso di innovazione che ha l’obiettivo di creare sinergie tra le persone e le professionalità di Terna e le eccellenze del territorio per sviluppare idee e percorsi innovativi a beneficio di una rete elettrica sempre più moderna, efficiente, flessibile e sostenibile in grado di favorire la transizione energetica in atto», ha detto ancora l’ad di Terna. Con questi progetti l’azienda punta a favorire la cultura dell’innovazione, la creazione di future professionalità di eccellenza e lo sviluppo di soluzioni industriali che possano avere implementazione su più larga scala.

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Essere leader di pensiero, come rinforzare credibilità e fiducia in un’azienda

Creare e mantenere la leadership nell’era della digitalizzazione è sempre più difficile e per i leader e i manager di successo non è più possibile appellarsi esclusivamente alla dimensione cibernetica per la propria reputazione. La thought leadership rappresenta un’ottima opportunità che, se accompagnata da una efficiente visione strategica, è in grado di favorire il successo di un’azienda.

Il mondo aziendale è sempre più vitale, disinibito e competitivo. Alla luce dei continui cambiamenti che caratterizzano il settore, creare e, soprattutto, mantenere la propria leadership sta diventando sempre più complesso.

I leader devono essere in grado di disegnare e ridisegnare relazioni di collaborazione creativa all’interno dei propri team, mantenendo viva l’attenzione degli interlocutori e la propria esclusività. Questi elementi, inseriti in un contesto sempre più veloce e digitalizzato, hanno reso necessario ripensare le figure di manager e leader, il loro ruolo e il loro approccio nei confronti del contesto di riferimento.

Nello specifico, i social network e internet sono diventati cruciali per il mantenimento di posizioni di rilievo all’interno della società. Questi, però, a volte risultano essere poco affidabili. Basti pensare alle conseguenze devastanti degli attacchi hacker o ai possibili down di internet. Non è un caso, infatti, che nei giorni scorsi, durante le manifestazioni di protesta che si sono svolte in Iraq, la connessione a Internet sia mancata a milioni di utenti nel Paese. Questo, un esempio tra tanti, rivela quanto affidarsi esclusivamente ai social e alla dimensione cibernetica non sia più sufficiente e poco sicuro.

L’ORIGINE DELLA THOUGHT LEADERSHIP

È necessario, dunque, ripensare la dirigenza in modo efficace e stimolante per preservare i caratteri esclusivi del leader e garantirne il suo durevole successo. In questo caso la thought leadership, parola d’ordine negli ultimi anni, rappresenta una strategia soddisfacente. Il termine, coniato per la prima volta nel 1994 da Joel Kurtzman, l’editore fondatore di Strategy+Business, una rivista di management pluripremiata per i decisori nelle aziende e nelle organizzazioni di tutto il mondo, può essere identificata come un tipo di content marketing che prevede la condivisione di media e contenuti editoriali per acquisire clienti in cui si attinge al talento, all’esperienza e alla passione all’interno della propria azienda per rispondere in modo coerente alle domande dei propri clienti e del proprio target di riferimento.

Un thought leader è un esperto del settore che condivide la sua esperienza con un pubblico più ampio allo scopo di educare, migliorare e aggiungere valore al settore nel suo complesso

Kelsey Raymond, la co-fondatrice e ceo di Influence & Co.

Kelsey Raymond, la co-fondatrice e ceo di Influence & Co., un’agenzia di content marketing, descrive un thought leader come «un esperto del settore che condivide la sua esperienza con un pubblico più ampio allo scopo di educare, migliorare e aggiungere valore al settore nel suo complesso». La thought leadership è oggi sempre più radicata e comprende una serie di attività volte a posizionare un individuo o una realtà aziendale nel ruolo di massimi esperti nel loro campo.

IL LEADER DEL PENSIERO DEVE ESSERE CREDIBILE E UN BUON COMUNICATORE

Un thought leader è una figura riconosciuta da colleghi, clienti ed esperti del settore come profondamente competente del business in cui si trova, delle esigenze dei clienti e del più ampio mercato in cui opera. Questo è, generalmente, un efficace comunicatore, risorsa coinvolgente per un pubblico specifico. Il soggetto identificato come thought leader è dunque detentore di una certa fama e un certo posizionamento che deriva dalla sua credibilità e dalla solidità dimostrata sul campo. Un programma di thought leadership, diretto da un leader di pensiero, se ben strutturato, può aiutare piccole aziende o startup a potenziare le proprie strutture a essere competitive sul mercato. Il pensiero organizzato e coerente permette di allineare i potenziali clienti con un preciso modo di pensare, agevolando la conversazione e rendendola più efficace al perseguimento dei propri obiettivi.

RACCONTARE LA PROPRIA STORIA PER ENTRARE IN CONNESSIONE

I leader di pensiero aiutano, dunque, a supportare gli altri attraverso la condivisione di esperienze e conoscenze. Questa condivisione permette all’individuo di essere percepito come una figura di autorità affidabile a cui le persone si rivolgono quando hanno bisogno di consigli o di una guida. Questo posizionamento permette, non solo di essere apprezzati al pubblico a cui già si rivolgeva, ma anche di essere notati da un nuovo pubblico e di raggiungere nuovi obiettivi incrementando la platea di interlocutori. Sono leader che si aprono e raccontano storie di vita vissuta. Riportano gli aspetti che hanno motivato le loro scelte inziali, come hanno mosso i primi passi nella loro attività e quali errori hanno commesso lungo la strada. Questo approccio li aiuta a entrare in connessione con il proprio pubblico e a risultare credibili, ispirando fiducia e solidità.

APRIRSI PER ISPIRARE I DIPENDENTI E INCORAGGIARE IDEE CREATIVE

La thought leadership, differentemente da altri approcci dirigenziali, garantisce la creazione di un ambiente in cui team e partner imparano continuamente e sono costantemente incoraggiati a sviluppare idee creative. Questo ispira l’apertura e stimola l’innovazione, creando così un vero vantaggio competitivo. La cultura dell’apprendimento rappresenta, infatti, un vero valore aggiunto che l’azienda può vantare e utilizzare in maniera strategica nei confronti dei propri competitor.

In conclusione, la thought leadership costituisce un’ottima opportunità e un’esperienza gratificante che può comportare benefici, a breve e a lungo termine, per creare e mantenere la propria reputazione, o quella di un’azienda, in un mondo interconnesso e sempre più precario. Per diventare un thought leader è necessario mettersi in gioco in maniera strategica, individuando le esperienze da condividere e identificando l’utilità che da questa condivisione può derivare. In particolare, nelle piccole aziende questa strategia può rappresentare l’ago della bilancia e costituire il valore aggiunto e il vantaggio competitivo dell’azienda rispetto ad altri grandi competitor.

Gianluca Comin è professore di Strategie di Comunicazione, Luiss, Roma

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Poste Italiane, ecco i dati dei primi nove mesi

I ricavi del terzo trimestre sono in aumento, con una crescita complessiva nei nove mesi dell'1,7%. Utile netto a +2,6%

Poste Italiane ha chiuso i primi nove mesi del 2019 con ricavi pari a 8,089 miliardi di euro, riscontrando un aumento dell’1,7% rispetto allo stesso periodo del 2018. I ricavi nel terzo trimestre si sono attestati a 2,568 miliardi, in salita dell’1,8% rispetto al terzo trimestre del 2018. L’utile netto nei nove mesi è stato pari a 1,083 miliardi (+2,6%), mentre quello dell’ultimo trimestre si è fermato a 320 milioni (-0,4%). I numeri sono in linea con gli obiettivi 2019 del piano Delivery 2022 su tutti i segmenti di business.

Per la prima volta il Gruppo guidato dall’amministratore delegato Matteo Del Fante ha approvato la distribuzione di un acconto sul dividendo 2019, pari a 0,154 euro per azione, corrispondente a un terzo della somma prevista per il 2019 (pari a 0,463 euro). L’acconto sarà distribuito a partire dal 20 novembre, con data stacco della cedola al 18 e record date al 19 novembre.

Grande spinta data dai Servizi Assicurativi, che hanno ottenuto nel trimestre ricavi pari a € 423 milioni (+16,5% rispetto al terzo trimestre del 2018) mentre il comparto Pagamenti, Mobile e Digitale ha registrato ricavi pari a € 171 milioni (+10,6% rispetto al terzo trimestre del 2018). Nel comparto Corrispondenza, Pacchi e Distribuzione continua il processo di trasformazione industriale in corso: il Joint Delivery Model è stato implementato nel 95% dei centri di recapito previsti a Piano  e i ricavi scendono del 3,5% a 800 milioni di euro. Stabili i ricavi dei servizi finanziari a 1173 milioni di euro (-0,1%).

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Alla ricerca di idee imprenditoriali per lo sviluppo del Mezzogiorno col progetto “Resto al Sud Hackathon Tour”

Invitalia, in partnership con l’Università di Bari “Aldo Moro”, lancia la prima call che si chiuderà il 22 novembre. 4 tappe in 4 università per raccogliere i progetti più interessanti a favore del Sud Italia.

Stimolare ed accelerare idee e proposte imprenditoriali per lo sviluppo del Mezzogiorno da finanziare con gli incentivi Resto al Sud.

È questo l’obiettivo del “Resto al Sud Hackathon Tour” promosso da Invitalia, l’Agenzia per lo sviluppo, in partnership con 4 università italiane, alla ricerca di giovani aspiranti imprenditori che vogliano avviare un’attività nelle regioni del Sud, in settori strategici e innovativi.

Parte il 6 novembre la prima call, rivolta ai laureati e laureandi dell’Università di Bari, tra i 18 e i 35 anni, con idee di impresa da sviluppare nel corso dell’Hackathon che si svolgerà il 29 e 30 novembre presso il Centro di Eccellenza per l’Innovazione e la Creatività dell’Ateneo, partner dell’iniziativa (aula BaLab ‘Guglielmo Minervini’).

C’è tempo fino al 22 novembre per iscriversi e partecipare al contest, organizzato in collaborazione con la società benefit Onde Alte, presentando idee progettuali centrate su uno dei 4 ambiti ritenuti prioritari per lo sviluppo del Sud:

  • Salute e Welfare
  • Ambiente
  • Turismo Sostenibile
  • Agritech e Foodtech

Le migliori proposte progettuali, che verranno selezionate anche in base ai criteri dell’innovazione, della sostenibilità e dell’impatto sociale, parteciperanno alla full immersion del 29-30 novembre, dove un team di mentor lavorerà insieme agli startupper con un approccio “open innovation” per accelerare lo sviluppo dei progetti e accompagnare i team davanti alla giuria di esperti che sceglierà il vincitore.

In palio ci sono servizi per l’accrescimento delle competenze e l’internazionalizzazione del business presso partner (incubatori all’estero) di comprovata esperienza.

Prima di iscriversi e caricare la presentazione dell’idea progettuale sul sito di Invitalia, si consiglia di leggere il Regolamento.

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Prada è il primo brand del lusso a sottoscrivere un finanziamento legato alla sostenibilità

Il Sustainability Term Loan è stato disposto da Crédit Agricole Corporate e Investment Bank, che funge anche da Sustainability Coordinator, Sustainability Advisor e Facility Agent, mentre Crédit Agricole Italia è l’istituto finanziatore.

Prada S.p.A. è la prima azienda nel settore dei beni di lusso a sottoscrivere con Crédit Agricole Group un finanziamento legato alla sostenibilità. Questa operazione introduce un meccanismo premiante che permette di collegare il raggiungimento di obiettivi in materia di sostenibilità a un aggiustamento annuale del margine. Il tasso del finanziamento (50 milioni di euro erogati nell’arco di cinque anni) potrà quindi essere ridotto in funzione del conseguimento di risultati relativi al numero di punti vendita con certificazioni LEED Gold o Platinum, al numero di ore per la formazione dei dipendenti e all’uso di nylon rigenerato per la propria produzione.

«Il settore del lusso è sempre più impegnato nel conseguimento di uno sviluppo sostenibile», ha dichiarato Alberto Bezzi, Senior Banker in Crédit Agricole Corporate and Investment Bank. «Sono molto orgoglioso di questa collaborazione», ha infine aggiunto il manager, «che conferma gli sforzi attuati da Prada per intraprendere e coltivare comportamenti virtuosi in grado di contribuire a una crescita responsabile».

«Questa operazione testimonia quanto la sostenibilità sia un elemento chiave per lo sviluppo del Gruppo Prada», ha invece chiosato Alessandra Cozzani, Chief Financial Officer dell’azienda. «Siamo certi che questa collaborazione con Crédit Agricole, tra i leader del settore, aiuterà a estendere i benefici di una gestione di impresa responsabile anche al mondo finanziario», ha concluso la dirigente.

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Chi è Lucia Morselli, amministratore delegato di ArcelorMittal Italia

Laureata in Matematica alla Normale con il massimo dei voti, ha iniziato la sua carriera alla Olivetti. All'ex Ilva ha portato lo stesso direttore del personale protagonista dei tagli all'Ast di Terni.

Poco dopo essersi insediata nel ruolo di amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli ha sostituito la direttrice del personale dell’ex Ilva di Taranto con un suo fedelissimo, Arturo Ferrucci, protagonista dei pesanti tagli di forza lavoro all’Ast di Terni. Quella vertenza fu durissima: nel 2014 gli operai delle acciaierie organizzarono uno sciopero di 36 giorni, ma lei non fece una piega. Alla fine si trovò un accordo per incentivare gli esodi, che portò fuori dall’azienda 290 dipendenti rispetto ai 400 chiesti inizialmente.

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UNA CORDATA TIRA L’ALTRA

Basterebbe questo dettaglio per spiegare di che pasta è fatta la donna che ha comunicato al governo l’intenzione di restituire l’ex Ilva allo Stato italiano. Prima di approdare in ArcelorMittal, Morselli era a capo di Acciaitalia, la cordata perdente. Nessuno scrupolo a passare dall’altra parte, come solo i veri professionisti sanno fare. Nata a Modena nel 1956, sposata, si è laureata in matematica alla Normale di Pisa con il massimo dei voti e la lode. Poi un dottorato in Fisica Matematica a Roma e due master: uno a Torino in Business Administration, l’altro a Milano in European Public Administration.

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UNA CARRIERA DI INCARICHI AD ALTO LIVELLO

La sua carriera lavorativa comincia nel 1982 alla Olivetti. Nel 1985 si sposta in Accenture e, dal 1990 al 1995, ricopre il ruolo di direttore finanziario della Aircraft Division in Finmeccanica. Poi la parentesi nella comunicazione. Morselli è amministratore delegato del gruppo Telepiù dal 1995 al 1998, dal 1998 al 2003 di News Corporation (gruppo Murdoch). Un intermezzo nella telefonia e arriva la volta del settore metalmeccanico, sempre come amministratore delegato: dal 2013 al 2014 al gruppo Berco, dal 2014 al 2016 alla Ast di Terni. Attualmente Morselli fa parte del cda di Telecom Italia, Sisal, ST Microelectronics ed EssilorLuxottica. Proprio la Delfin, “cassaforte” di Leonardo Delvecchio, assieme all’imprenditore siderurgico Giovanni Arvedi, Cdp e Jindal l’aveva scelta per guidare la cordata avversaria di ArcelorMittal nella gara per rilevare l’ex Ilva in amministrazione straordinaria.

A TARANTO LA «SFIDA INDUSTRIALE PIÙ GRANDE»

«Non esiste forse oggi in Italia una sfida industriale più grande e più complessa di quella degli impianti dell’ex Ilva», aveva dichiarato la lady d’acciaio una volta preso il timone dello schieramento opposto e vincente, «sono molto motivata dall’opportunità di poter guidare, farò del mio meglio per garantire il futuro dell’azienda e far sì che il suo contributo sia apprezzato da tutti gli stakeholder». Poco più di due settimane dopo, la lettera al governo con l’annuncio che «non è possibile gestire lo stabilimento» senza le protezioni legali «necessarie all’esecuzione del piano ambientale».

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La storia infinita della crisi dell’Ilva di Taranto in cinque tappe

Dal sequestro dell'acciaieria nel 2012 alla promessa di chiusura del M5s per le elezioni del 2018, Come siamo arrivati al conflitto di oggi.

Sembrava l’inizio della fine della crisi, almeno sul fronte occupazionale, quando, un anno fa, l’insegna sopra la fabbrica -città di Taranto, è cambiata da Ilva a ArcelorMittal. E invece a 365 giorni dal presunto salvataggio del gruppo franco indiano, il destino dell’Ilva è ancora tutto da definire. Ecco il film degli ultimi anni.

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1° NOVEMBRE 2018: ARRIVA ARCELOR MITTAL

Il 1° novembre 2018 dopo 113 anni, l’Ilva ammaina la bandiera italiana ed entra a far parte di un colosso multinazionale, ArcelorMittal, nato nel 2006 dalla fusione della francese Arcelor e dell’inglese Mittal Steel. La vecchia insegna viene subito sostituita dal nuovo marchio ArcelorMittal Italia ma se per la multinazionale con sede a Lussemburgo, con stabilimenti in tutta Europa e guidata dalla famiglia indiana Mittal, è un successo inseguito da anni i problemi e le polemiche che hanno accompagnato l’operazione non si quietano.

2012: L’ACCIAIERIA FINISCE SOTTO SEQUESTRO

Negli anni precedenti all’arrivo di ArcelorMittal più volte il siderurgico di Taranto (la più importante acciaieria a caldo d’Europa) ha rischiato di essere chiuso. Nel corso degli anni, infatti, Ilva è diventata il simbolo della fabbrica che inquina e uccide. Nel 2005 lo stabilimento di Cornigliano chiude la produzione a caldo (quella più inquinante) che rimane solo a Taranto. Una ferita per i tarantini. Il caso Ilva diventa eclatante nel 2012 quando la magistratura dispone il sequestro dell’acciaieria per gravi violazioni ambientali e l’arresto dei suoi dirigenti, di Emilio Riva e di suo figlio Nicola. Da quel momento, per i governi che si sono succeduti, il sito siderurgico diventa una sfida da vincere con l’obiettivo di coniugare il diritto alla salute, la tutela dell’ambiente e mantenere viva la produzione di acciaio, materia prima fondamentale per le aziende italiane manifatturiere.

2015: LA TRIADE DI COMMISSARI

Sottratta ai vecchi proprietari Riva, l’azienda viene commissariata. Il primo commissario governativo è Enrico Bondi al quale succederà Piero Gnudi. All’inizio del 2015 Ilva viene ammessa alla procedura in Amministrazione Straordinaria. I commissari diventano tre: resta Pietro Gnudi al quale si affiancano Enrico Laghi e Corrado Carrubba.

2016: IL BANDO INTERNAZIONALE PER LA VENDITA DEL GRUPPO

Un anno dopo, a inizio 2016, si apre la procedura per il trasferimento degli asset aziendali attraverso un bando internazionale. Alla fine in corsa restano due cordate. Una cordata italiana col nome “Acciaitalia” e un’altra AmInvestco nata dalla joint-venture fra l’italiana Marcegaglia e ArcelorMittal. Alla cordata tricolore partecipano Cassa Depositi e Prestiti, l’italiana Arvedi, la holding della famiglia Del Vecchio Delfin, a questi gruppi va a unirsi il gruppo indiano Jindal South West (JSW). Alla fine vincitrice risulta la joint venture “AmInvestco” considerata dai commissari la cordata che ha presentato il piano industriale e ambientale migliore. Vinta la gara partono le trattative con i sindacati. Un confronto che risulta subito in salita per l’alto numero di tagli chiesto dai nuovi proprietari (4.000 esuberi e 10.000 assunti).

2018: IL M5s PROMETTE LA CHIUSURA DELLA FABBRICA

Il Governo Gentiloni con il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda e il vice ministro Teresa Bellanova cercano di mediare e di chiudere l’acquisizione prima della fine della legislatura. Su Ilva pendono infatti le minacce del Movimento 5 Stelle che in campagna elettorale nel 2018 promette ai tarantini la chiusura dell’Ilva. Vinte le elezioni il vicepremier Luigi di Maio, dopo aver letto le 27.000 pagine del pesante dossier Ilva, si convince che l’Ilva non si può chiudere e continua la trattativa con Arcelor Mittal.

6 SETTEMBRE 2018: SI CHIUDE L’ACCORDO, ASSUNTI IN 10.700

Il 6 settembre 2018 arriva l’accordo, fin da subito vengono assunti in 10.700. Non ci sono esuberi perché gli altri lavoratori restano in Amministrazione Straordinaria ovvero vengono incentivati all’uscita. L’accordo raggiunto ottiene un voto plebiscitario dai dipendenti ma la successiva rottura sul fronte della tutela legale per gli amministratori coinvolti nel lavori di risanamento ambientale riporta in luce tutti i problemi. Nei giorni scorsi la maggioranza giallorossa raggiunge un accordo per sopprimere l’articolo del decreto relativo ad ArcelorMittal, dopo la presa di posizione del M5s.

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Aumento di capitale per salvare Bialetti dal fallimento

La manovra finanziaria dovrebbe portare Sculptor Ristretto al massimo al 25% del capital. Ma si tratta di una condizione necessaria ma non sufficiente per la sopravvivenza dello storico marchio del Made in Italy.

Parte l’aumento di capitale di Bialetti, parte della manovra finanziaria che cerca di evitare il fallimento del”omino coi baffi’. Le azioni hanno guadagnato il 28,4% a 0,28 euro mentre i diritti, negoziabili fino al 15 novembre, sono stati venduti (-4,05% a 0,0332 euro). Il risanamento è in corso ma il rischio fallimento non è allontanato.

SCULPTOR AL MASSIMO AL 25% DEL CAPITALE

«Sussiste una incertezza significativa» sulla continuità aziendale scrive il gruppo nel prospetto e «il rischio di mancata esecuzione del Piano stesso è molto elevato». Sculptor Ristretto, veicolo che fa capo ai fondi Och Ziff, si è impegnato a sottoscrivere l’aumento per 4,2 milioni (e ha già effettuato il pagamento). Se nessun altro aderirà, Bialetti Holding scenderà dal 64,8% al 50,5% con Sculptor al 21,89%, mentre in caso di sottoscrizione totale Bialetti Holding scenderebbe al 45% e Sculptor si troverebbe al 19,57%. Ma Bialetti Holding si è impegnata a cedere la totalità dei diritti di opzione che le spettano (sul 5,43%) e questo farà salire Och Ziff fino a un massimo del 25% del capitale.

10 MILIONI DI DEBITI A SOSTEGNO DEL NUOVO PIANO INDUSTRIALE

La manovra finanziaria prevede anche un bond da 35,8 milioni, sottoscritto da Sculptor Ristretto Investments e nuovo debito per 10 milioni per supportare il piano industriale 2018-2023. «La piena realizzazione della manovra finanziaria costituisce condizione necessaria ma non sufficiente» mentre è «necessario che le azioni del Piano Industriale 2018-2023 siano realizzate». Bialetti dovrebbe correre ben più del mercato: le previsioni di settore – riportate dalla stessa società – evidenziano un mercato italiano del caffè in crescita nel 2018-2023 del 2,5%, mentre il Piano si attende una crescita media dei ricavi pari a circa l’11% ma durante l’ultima riunione, il 4 ottobre, il cda ha tagliato le stime sul 2019 e all’orizzonte ci sono sempre le possibili dismissioni mentre l‘indebitamento finanziario netto al 30 settembre è salito a 120,5 milioni.

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