Incendio in un sottotetto a Milano: morta una coppia

Le fiamme si sono sviluppate intorno alle 3 e mezza di notte. Le vittime, un uomo di 29 anni e una donna di 27, sorprese nel sonno. In corso gli accertamenti dei Vigili del fuoco.

Due persone sono morte, a Milano, a seguito dell’incendio di un sottotetto avvenuto la scorsa notte nella zona dei Navigli. Quando i pompieri hanno spento le fiamme hanno trovato un uomo e una donna deceduti. Una terza persona invece si è salvata e non ha avuto bisogno di cure mediche.

Secondo quanto riferito dai Vigili del fuoco le fiamme si sono sviluppate intorno alle tre e mezza di notte in una palazzina in alzaia Naviglio Grande 156, quando i due stavano dormendo profondamente. Secondo le prime informazioni di 118 la coppia sarebbe stata sorpresa nel sonno e sarebbe morta sia per l’intossicazione sia per le ustioni.

Si tratta di una donna di 27 anni e di un uomo di 29. La terza persona sarebbe, invece una parente della donna. L’autorità giudiziaria ha demandato gli accertamenti tecnici al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco mentre le indagini sono a cura dei Carabinieri.

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Tir a fuoco in galleria sull’A10: 32 intossicati

Il camion è andato in fiamme in un tunnel tra Spotorno e Savona. I vigili del fuoco sono riusciti a domare l'incendio.

È di 32 persone intossicate il bilancio dell’incendio avvenuto questa mattina intorno alle 10 sull’autostrada A10 tra Spotorno e Savona. Per cause ancora da chiarire un Tir ha preso fuoco all’interno della galleria Fornaci: il denso fumo nero ha invaso la galleria intossicando gli automobilisti rimasti intrappolati all’interno.

Alla fine 32 persone sono state portate negli ospedali San Paolo di Savona e Santa Corona di Pietra Ligure. Molte di loro erano a bordo di un autobus che si trovava subito dietro il Tir. Il conducente del mezzo pesante è uscito indenne dal rogo. Sul posto diverse ambulanze e i vigili del fuoco, che sono riusciti non senza difficoltà a domare le fiamme. Il tratto di autostrada è chiuso con uscite obbligatorie a Savona e Pietra Ligure.

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A Centocelle va a fuoco anche il Baraka bistrot

Il locale aveva espresso solidarietà alla Pecora elettrica, bruciata per la seconda volta in pochi mesi. Era uno dei primi ad aver aperto nel quartiere.

Ancora un rogo, un altro incendio appiccato in un locale a Centocelle a pochi passi dal punto in cui la notte del 5 novembre è stato dato fuoco per la seconda volta alla libreria antifascista ‘La Pecora elettrica, già oggetto di un attacco incendiario durante la notte del 25 aprile. Ad andare a fuoco, stavolta, nella notte tra l’8 e il 9 novembre, è stato il ‘Baraka bistrot‘ in via dei Ciclamini, vicino allo storico centro sociale Forte Prenestino . Dai primi accertamenti l’atto potrebbe essere doloso: la serranda è stata divelta e ci sono tracce di liquido infiammabile. Sul posto polizia e carabinieri. Con questo sono quattro i locali andati a fuoco nel quartiere di Centocelle in pochi mesi.

NESSUN DANNO STRUTTURALE

Sono stati distrutti dalle fiamme gli arredi interni del pub. La palazzina in cui si trova il locale è stata evacuata a scopo precauzionale. L’incendio è divampato intorno alle 4.30 ed è stato domato dai vigili del fuoco, che sono riusciti così a evitare che si provocassero danni strutturali all’edificio. Nessuno è rimasto ferito o intossicato. Sulla vicenda indagano i carabinieri della compagnia Casilina e della stazione Centocelle. Nei giorni precedenti l’incendio, sulla pagina Facebook del locale erano stati pubblicati post di solidarietà alla libreria antifascista ‘La Pecora elettrica’, che sarebbe dovuta riaprire il 7 novembre dopo il rogo avvenuto nell’aprile del 2019. Il sospetto è che dietro questa serie di incendi ci sia la pista della droga. Un giro di spaccio “infastidito” dalle attività serali nel quartiere. Il ‘Baraka bistrot’ è uno dei primi locali aperti a Centocelle.

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Raimo: «L’incendio alla Pecora Elettrica è una dichiarazione di guerra»

Per l'assessore alla Cultura del Municipio III di Roma «è la città intera a essere sotto attacco». La libreria era stata distrutta da un rogo il 25 aprile scorso ed era stata riaperta grazie a un crowdfunding. Le voci e le paure di Centocelle.

Dopo l’attentato incendiario subito il 25 aprile scorso, la libreria antifascista La Pecora Elettrica di Roma è finita di nuovo sotto attacco.

Alla vigilia della riapertura, resa possibile grazie a una raccolta fondi che aveva coinvolto l’intero quartiere Centocelle, un secondo incendio nella notte tra il 5 e il 6 novembre ha guastato la festa. I proprietari Danilo Ruggeri e Alessandra Artusi questa volta non vogliono proprio parlare: «Non abbiamo niente da dichiarare», si limita a dire Ruggeri, «adesso tocca alle istituzioni».

L’INTERVENTO DEL MINISTRO FRANCESCHINI

In tarda mattinata è arrivato il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini per dimostrare la vicinanza del governo. «Quando vengono bruciati i libri il fatto è ancora più grave per questo lo Stato deve esserci», ha detto il ministro. «Ho parlato con il ministro dell’Interno Lamorgese che mi ha detto che convocherà un consiglio di sicurezza per il quartiere di Centocelle e in particolare per questa via visto che anche il mese scorso un’altro locale ha subito un attentato simile». 

La Pecora Elettrica, libreria antifascista, doveva riaprire il 7 novembre.

RAIMO: «È UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA»

Solo l’8 ottobre scorso, infatti, un altro incendio aveva devastato una pizzeria a soli 50 metri dalla Pecora Elettrica. «Sembra un romanzo», dice il proprietario del locale Valerio Pasqualucci, «invece è la realtà che viviamo tutti i giorni. Non si può stare così con la paura. E se succede anche a noi che dovremmo riaprire tra un mese? Che facciamo?». I carabinieri stanno seguendo le indagini ma per ora confermano solo l’origine dolosa dell’incendio: non ci sono piste di alcun tipo. «È chiaro che è un attacco alla città non alla Pecora Elettrica», ha detto a Lettera43.it Christian Raimo, scrittore e assessore alla Cultura del Municipio III. «Un criminale che fa una cosa del genere sa il rischio che si prende. C’è tentata strage, è un caso che diventa nazionale. Se lo fai vuol dire che è una dichiarazione di guerra».

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