Ita, Lazzerini in bilico potrebbe traslocare alla Uvet American Express Global Business Travel

All’assemblea di Ita il prossimo luglio, nonostante l’attivismo di alcuni esponenti del Pd nel difenderlo, è molto probabile che il Mef, azionista della compagnia di bandiera nata dalle ceneri di Alitalia, non gli rinnovi la fiducia. Così l’amministratore delegato Fabio Lazzerini si sta guardando intorno per cercare una nuova collocazione. Potrebbe trovarla, secondo le indiscrezioni che girano, nella Uvet American Express Global Business Travel del suo amico Luca Patanè. La società, di cui l’imprenditore milanese è presidente, frutto di una joint venture tra Uvet e il colosso delle carte di credito, è leader nell’offerta di servizi e soluzioni per la mobilità aziendale.

Ita, Lazzerini in bilico potrebbe traslocare alla Uvet American Express Global Business Travel
Luca Patanè (Imagoeconomica).

RFI, l’ad Strisciuglio: «4 mila cantieri in corso per la rete del futuro»

Gianpiero Strisciuglio, amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, ha fatto il punto sui 4 mila cantieri ferroviari e stradali attivi in tutta Italia per realizzare nuove opere e manutenere quelle esistenti. Tra questi quelli per gli snodi nevralgici della penisola come la Direttrice Adriatica, il Passante di Firenze e la Brescia-Verona-Padova (la cui realizzazione è attualmente al 50 per cento).

L’ad di RFI Strisciuglio fa il punto sui cantieri attivi

In un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale, il manager ha dichiarato: «I 180 miliardi di investimenti previsti dal Piano Industriale del Gruppo FS, per il Polo Infrastrutture, nei prossimi 10 anni giocano un ruolo fondamentale per migliorare la mobilità e i servizi, colmare il gap tra Nord e Sud Italia ed essere connessi all’Europa. Il nostro obiettivo è avere infrastrutture ferroviarie e stradali con standard di sicurezza sempre più elevati per offrire al Paese una rete sempre più integrata, accessibile, performante, affidabile e veloce. Il PNRR, con circa 24 miliardi affidati a RFI – di cui oltre l’80 per cento già in fase realizzativa -, ne rappresenta una parte importante per realizzare opere che entreranno in funzione entro il 2026».

L'ad di RFI Strisciuglio fa il punto sui cantieri attivi in Italia
Rete Ferroviaria Italiana (RFI).

Durante il colloquio c’è stato spazio per parlare anche dei Cantieri Parlanti, il progetto di trasparenza e informazione realizzato da RFI con Italferr, in collaborazione con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per raccontare i cantieri ai territori e alle comunità interessate attraverso un linguaggio semplice e immediato. Il tutto senza perdere d’occhio il tema della sostenibilità, centrale nella realizzazione delle nuove opere. In tutte le gare, infatti, sono stati inseriti criteri di premialità legati a temi ambientali come l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili e la riduzione della carbon footprint per i mezzi di cantiere.

Previste 8 mila assunzioni nel corso del 2023

Strisciuglio ha infine confermato l’impegno di RFI per l’innovazione delle Ferrovie italiane: «Dalla riduzione dei tempi di percorrenza all’elevazione degli standard di sicurezza e di affidabilità, saranno tante le opportunità ma anche le sfide che si apriranno negli anni a venire e che già proiettano i trasporti italiani in un futuro all’avanguardia. Attività che saranno portate avanti anche grazie alle 8 mila nuove assunzioni previste nel corso dell’anno».

SACE presenta il Rapporto Export 2023: vendite oltre i 660 miliardi di euro

In un mondo ancora esposto a shock e incertezze, investire in digitalizzazione, innovazione e transizione energetica è la chiave per le imprese italiane per rafforzare sempre di più la competitività sui mercati internazionali e crescere in modo sostenibile. È il messaggio che emerge dal Rapporto Export 2023 di SACE dal titolo Il futuro è adesso. Insieme, una guida che da ormai 17 anni aiuta le imprese a orientarsi sui mercati esteri e a cogliere le opportunità di internazionalizzazione in un contesto globale complesso come l’attuale, caratterizzato da condizioni finanziarie meno favorevoli, minori spazi di manovra di politica fiscale, progressiva erosione del potere d’acquisto dei consumatori, rallentamento della produzione industriale e molteplicità di tensioni commerciali.

Il Rapporto Export 2023 di SACE

In questo scenario, il 2023 sarà un anno dalle prospettive macroeconomiche deboli, ma positive, a cui seguirà un 2024 di maggiore slancio, con il PIL globale atteso in crescita a +1,7 per cento quest’anno e +2,5 per cento il prossimo. Lo stesso trend varrà per il commercio internazionale di beni, mentre quello di servizi registrerà un buon dinamismo già quest’anno. Il grado di apertura commerciale – calcolata come incidenza degli scambi complessivi sul PIL mondiale – è sostanzialmente stabile, senza quindi arretramenti del processo di integrazione dei mercati o fine della globalizzazione: si può pertanto parlare di ri-globalizzazione, ossia di un aggiustamento delle catene globali del valore nell’ottica di una maggiore diversificazione dei fornitori e dei mercati di sbocco.

L’export si conferma solido motore di sviluppo dell’economia italiana. Dopo la performance sostenuta registrata lo scorso anno (+20 per cento), attribuibile principalmente alla componente prezzi, le esportazioni di beni nel 2023 cresceranno del 6,8 per cento, superando i 660 miliardi di euro. L’anno prossimo il ritmo rimarrà sostenuto al +4,6 per cento per poi assestarsi al +3,8 per cento medio annuo nel biennio successivo. Un forte impulso all’innovazione è rappresentato dagli investimenti green e in nuove tecnologie.

Dati e tendenze delle vendite all'estero secondo il Rapporto Export 2023 di SACE
Esportazioni italiane di beni e servizi in valore (SACE).

Dove esportare?

Le principali economie come Germania, Stati Uniti, Francia e Cina si confermano le maggiori geografie di riferimento per le vendite italiane, ma ci sono importanti cambiamenti in atto: Paesi del Golfo, India, Thailandia e Vietnam, senza dimenticare Messico, Brasile e Croazia – la new entry dell’Eurozona – presentano opportunità sempre più significative per il nostro export. Fra i principali mercati di destinazione la maggiore spinta è attesa dalla Cina (+17 per cento nel 2023), la cui completa riapertura dopo anni di restrizioni anti-Covid rappresenta un beneficio per i settori industriali non solo cinesi ma anche di quei paesi ben inseriti nelle sue catene di approvvigionamento.

Pechino, insieme a Nuova Delhi, farà da traino a tutta l’area asiatica e, di riflesso, a quella mondiale. L’India (+10,3% nel 2023), infatti, si conferma tra i mercati in maggiore espansione per l’export italiano di beni grazie all’importante evoluzione del suo sistema produttivo, già in atto da diversi anni e sulla quale il governo appare intenzionato a puntare con decisione. L’andamento delle vendite italiane risentirà inoltre positivamente della robusta crescita economica del Vietnam, mercato che vedrà una crescita del nostro export dell’8,1 per cento nel 2023 e del 6,5 per cento nel 2024, favorita da un contesto politico stabile e dal crescente ruolo di hub manifatturiero nella regione.

Dati e tendenze delle vendite all'estero secondo il Rapporto Export 2023 di SACE
Mappa Export (SACE).

L’insorgere del conflitto russo-ucraino ha accelerato il riassetto energetico dello scacchiere internazionale, favorendo le economie del Golfo che hanno potuto stanziare ulteriori e consistenti risorse per piani d’investimento finalizzati alla diversificazione produttiva, con effetti positivi anche per la domanda di beni italiani, in particolare in Arabia Saudita (+15,6 per cento) ed Emirati Arabi Uniti (+10 per cento), dove il nostro export mostra tassi di crescita a doppia cifra quest’anno e non inferiore al 5 per cento per il 2024.

In America Latina, Messico e Brasile, oltre a essere i due principali mercati, sono tra le geografie con prospettive di domanda più favorevoli. Il Messico (+8,4 per cento), unico paese davvero manifatturiero dell’area, si trova oggi in una posizione molto più centrale nello scenario regionale e globale ed è rafforzato anche dal fenomeno del nearshoring, in atto dallo scorso anno. L’ambizione del Brasile (+7,2 per cento) di aumentare il peso del comparto manifatturiero sul totale del valore aggiunto stimolerà le nostre vendite. Anche la Croazia (+14,4 per cento), entrata nell’Eurozona a gennaio 2023, geografia a noi prossima e porta d’ingresso alla regione balcanica, rappresenterà un mercato di opportunità.

Infine, le grandi dimensioni del mercato interno e l’indipendenza energetica continuano a imprimere una discreta performance dell’economia degli Stati Uniti, che si rafforzerà ulteriormente grazie alla spinta che l’Inflation Reduction Act imprimerà a molti settori con risvolti positivi anche per il nostro export (+6 per cento). Le nostre imprese potranno, infatti, beneficiare degli ingenti investimenti del piano, non solo investendo direttamente nel mercato statunitense ma anche allacciando contratti di fornitura in loco con clienti lungo l’intera catena di valore.

Le dichiarazioni dei vertici

Alessandra Ricci, amministratore delegato di SACE, ha così commentato il contenuto del Rapporto: «Rivoluzione tecnologica e transizione sostenibile sono le sfide che tutti noi, insieme, siamo chiamati ad affrontare oggi per disegnare il mondo di domani. Le imprese che investono in sostenibilità e in digitalizzazione sono anche quelle che esportano, di più e meglio. Il nostro Rapporto Export 2023 evidenzia proprio questa connessione e accompagnare le imprese in questi processi è la missione che noi del Gruppo SACE abbiamo fatto nostra, per contribuire al benessere duraturo della collettività. L’invito che voglio rivolgere ai nostri partner, le circa 40 mila imprese che supportiamo ogni giorno, è di investire in questo percorso contando sempre sui nostri strumenti informativi, formativi e assicurativo-finanziari e sul nostro network di relazioni, per rafforzare la capacità di gestire i rischi, cogliere le opportunità e trarre profitto dai cambiamenti in atto».

Le ha fatto eco Alessandro Terzulli, chief economist di SACE: «In un contesto sicuramente non semplice, la performance dell’export italiano, pur in fisiologico rallentamento, quest’anno e il prossimo si conferma robusta. Il nostro Rapporto Export rappresenta una bussola di riferimento per le imprese che vogliono crescere all’estero, anche in nuove geografie e con uno sguardo sempre attento a intercettare i segnali del mercato».

Twitter, nuovi guai per Elon Musk: i dipendenti fanno causa per i bonus 2022

Mentre gira per l’Italia tra incontri con i vertici della politica nostrana e interviste televisive su temi come la natalità (con tanto di consigli non richiesti), in America arrivano i guai per Elon Musk. L’amministratore delegato di Tesla, SpaceX e Twitter è costretto a incassare l’ennesima azione legale e ancora una volta è proprio il social network a creargli problemi. O meglio, è la piattaforma ad aver provocato più di un grattacapo ai propri dipendenti, che si sono riuniti per un’azione collettiva intentata da Mark Schobinger. I lavoratori, ex e attuali, accusano di non aver ricevuto una parte dei bonus del 2022. Lo rivela il portale Insider, che cita alcuni documenti presentati in tribunale secondo cui ai dipendenti era stato promesso dai dirigenti il 50 per cento del bonus del 2022, sia prima sia dopo l’arrivo di Musk nell’ottobre di quell’anno.

Alcuni ex e attuali lavoratori hanno fatto causa a Twitter perché non avrebbero ricevuto metà di un bonus promesso nel 2022
Il Ceo di Tesla e Twitter, Elon Musk (Getty).

Twitter, bonus non pagati nel primo trimestre 2023

Schobinger è il nome forte della causa. Fino ai primi mesi del 2023, infatti, è stato un alto dirigente di Twitter e si occupava proprio dei compensi. Adesso afferma che del bonus promesso non c’è stata traccia. Per le norme fiscali vigenti, avrebbero dovuto essere distribuiti nel primo trimestre del 2023, ma non è stato elargito nemmeno un dollaro della cifra complessiva e sta per scadere anche il secondo trimestre. E si parlerebbe di «decine di milioni di dollari», ha spiegato a Insider uno degli avvocati dei querelanti, Shannon Liss-Riordan: «Stimiamo che circa un paio di migliaia di dipendenti avrebbero potuto beneficiare dei bonus». Contattati dal quotidiano, i vertici di Twitter non hanno però replicato né smentito.

Musk avvistato anche con Draghi

Intanto Elon Musk si è goduto il proprio tour tra le istituzioni in Italia. Ha incontrato prima la premier Giorgia Meloni e poi il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Poi è stato intervistato in esclusiva da Nicola Porro per Quarta Repubblica. Ma secondo il settimanale Chi, ci sarebbe stato anche un incontro «molto riservato» tra il patron di Tesla e l’ex premier Mario Draghi. Si legge che i due «si sono incontrati in maniera molto riservata nel corso della giornata romana in cui il miliardario texano ha avuto due colloqui importanti», proprio quelli con Giorgia Meloni e Antonio Tajani.

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43

Si sta dando un gran da fare l’amministratore delegato di Ita Airways Fabio Lazzerini. Per portare a buon fine la vendita a Lufthansa? Speriamo di sì, visto che tra quando si chiamava ancora Alitalia e la nuova compagnia nata dalle sue ceneri i contribuenti italiani hanno visto bruciare oltre 13 miliardi dei loro soldi per tenerla in piedi. Lazzerini non fa solo questo, ma anche altre cose. Per esempio querelarci perché si è sentito diffamato da alcuni articoli che denunciavano una certa chiamiamola freddezza nel liberare lo Stato italiano, che controlla Alitalia-Ita al 100 per cento, dell’oneroso fardello.

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43
L’amministratore delegato di Ita Fabio Lazzerini (Imagoeconomica).

Le intercettazioni e l’ipotesi di spionaggio illegale

Cosa dice nella sua querela, cui alcuni giornali e siti hanno dato conto? In soldoni che avremmo agito in combutta con l’ex presidente Alfredo Altavilla per scrivere male di lui. Per avvalorare la sua tesi acclude una serie di intercettazioni di alcuni dirigenti, di cui il Garante della Privacy sta indagando per possibili attività di spionaggio illegale in cui sembrerebbe avere un ruolo rilevante l’ad stesso, in cui accusa Tag43 e chi lo dirige di essere stato al soldo dell’ex presidente: 25 mila euro il prezzo pagato per il servizio reso. Senza dimenticare la famosa registrazione della riunione del board aziendale su cui penderebbe una denuncia penale sempre a carico dell’ad.

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43
Fabio Lazzerini e Alfredo Altavilla (Imagoeconomica).

Quei 25 mila euro? Regolare contratto col centro media di Ita

Ma si sa, ormai nessuno più verifica niente e dunque tutti a prendere per buona l’insinuazione sul fatto che il nostro sito sarebbe prezzolato. Peccato, perché non occorreva un grande sforzo investigativo per scoprire che quei soldi erano l’ammontare del contratto per inserzioni pubblicitarie display da noi sottoscritto e totalmente intermediato dalla nostra concessionaria di allora, Newsonline, e Mindshare, il centro media di Ita. E che una successiva decisione della compagnia di ridurre il budget pubblicitario ha tagliato di un buon terzo la cifra da noi incassata. Tutto regolare, tutto tracciato e pronto a essere esibito a chiunque ce ne faccia richiesta. Bastava farsi dare dal centro media i fogli excel che documentano fino all’ultimo euro le transazioni, invece l’ad di Ita ha preferito definire quell’accordo una consulenza di 25 mila euro pagata «per una non meglio specificata collaborazione annuale». Ma la sua natura era specificata, specificatissima: doveva solo chiedere ai suoi numerosi consulenti e collaboratori e avrebbe trovato contezza del rapporto.

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43
Ita è la compagnia nata dalle ceneri di Alitalia (Imagoeconomica).

Abbiamo scritto oltre 30 articoli sulla privatizzazione

Noi però immaginiamo l’obiezione di Lazzerini: quell’accordo pubblicitario era il prezzo chiesto da Altavilla per scrivere articoli che mettessero l’ad in cattiva luce. Se davvero lo pensa, Lazzerini non deve avere una grande considerazione di noi. Abbiamo scritto oltre 30 articoli sulla tribolata vicenda della privatizzazione di Ita, e quando Lufthansa e Msc fecero cordata offrendo quasi 1 miliardo di euro per rilevarla abbiamo sostenuto in tutti i modi possibili che di fronte a quell’offerta portata su richiesta di Palazzo Chigi da Altavilla, il Mef avrebbe dovuto non aspettare neanche un secondo per accettarla. Si liberava dell’80 per cento della compagnia, non avrebbe più dovuto pompare capitale (cioè soldi dei contribuenti) nelle sue casse. Invece, inspiegabilmente – ma noi qualche idea nel merito ce la siamo fatta – quell’offerta non è stata presa in considerazione e si è deciso di dare l’esclusiva a quella fantomatica del fondo Certares – che tra l’altro dialogava con Lazzerini, il quale non aveva deleghe in materia – che lasciando allo Stato la maggioranza delle azioni era infinitamente meno conveniente.

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43
Lufthansa ha rilevato il 41 per cento di Ita Airways (Imagoeconomica).

L’accordo rimandato e altri 650 milioni messi dal Mef

Come è finita è cronaca recente. L’inconsistente Certares è uscito di scena, e il Mef è tornato sui suoi passi richiamando Lufthansa, non la Msc di Gianluigi Aponte, che sentitosi preso in giro si era chiamato fuori dalla partita. Il 25 maggio l’accordo in base al quale i tedeschi rilevano il 41 per cento della compagnia per 325 milioni è fatto, anche perché non c’erano altri compratori e Ita di questo passo avrebbe presto portato i libri in tribunale. Nel frattempo il Mef, facendo passare tempo, ha messo dentro altri 400 milioni per tenere in piedi la baracca e ne metterà altri 250.

Perché nel luglio del 2022 Lazzerini si è messo di traverso a un’offerta da 960 milioni che avrebbe finalmente tolto dalle spalle dei contribuenti il fardello Alitalia-Ita?

Ora Lazzerini, che generosamente ci ha sopravvalutato considerandoci autori di un complotto ai suoi danni, che era ad di Ita quando Msc-Lufthansa presentarono la prima offerta e lo è tutt’oggi, dovrebbe avere la bontà di rispondere a una domanda che molto interessa anche all’erario: perché nel luglio del 2022 si è messo di traverso a un’offerta da 960 milioni che avrebbe finalmente tolto dalle spalle dei contribuenti il gravoso e prolungato sostegno della compagnia e meno di un anno dopo non ha battuto ciglio di fronte a un’offerta che lascia la maggioranza allo Stato e di fatto porta nelle casse di Ita solo 75 milioni?

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43
Gianluigi Aponte di Msc Crociere (Imagoeconomica).

La vicenda dei versamenti alla True Italian Experience

In questi mesi un po’ di risposte sono già state date, come per esempio l’accordo proposto e voluto da lui, anche opponendosi al volere del Consiglio di amministrazione, con True Italian Experience (Tie). Una società vicina al mondo della Cgil che fa capo a Gianni Prandi, il comunicatore di Maurizio Landini. A fronte di 0 (zero) ricavi, Ita ha versato nelle casse di Tie 4,5 milioni. E se non fosse intervenuto il cda minacciando verso l’ad l’intervento della Corte dei conti, Ita avrebbe versato a Tie 15 milioni di euro fino al 2025. Come mai risulterebbe ancora attivo l’accordo di rete tra Tie e la compagnia nonostante le chiare indicazioni del cda di chiudere ogni rapporto?

Ita, le insinuazioni di Lazzerini e la risposta di Lettera43
L’invito al Forte Village organizzato da Ita.

Viaggio estivo in Sardegna: una gestione che non bada a spese

E per ultimo, ma solo in ordine di tempo, non era ancora stato firmato l’accordo definitivo per il passaggio di Ita nelle mani di Lufthansa che la compagnia con un invito a firma Lazzerini ha organizzato un viaggio estivo. «Due giorni indimenticabili nella prestigiosa cornice del Forte Village» in Sardegna, come riferisce lo stesso invito di Ita strettamente personale e valido per due persone per il fine settimana del 16-18 giugno. Non è noto chi siano stati gli invitati, ma è certo che nella sua gestione di Ita Lazzerini non badi a spese. Anche a dispetto del fatto che fino a pochi giorni fa fosse una società interamente controllata dal Mef, quindi di tutti i contribuenti italiani, compreso l’ex personale Alitalia. Chi è allora il problema: noi che abbiamo sostenuto a spada tratta l’offerta Msc-Lufthansa che ci avrebbe liberato di un incubo che dura da decenni e ci è costato l’importo di una finanziaria o Lazzerini e con lui chi dirigeva allora il Mef che lo hanno fatto saltare?

Chi è Joseph Tsai, nuovo presidente di Alibaba

Cambio al vertice del gigante cinese dell’e-commerce Alibaba. Daniel Zhang a settembre lascerà la carica di presidente e amministratore delegato, per dedicarsi alla guida della divisione cloud computing del gruppo. Come ceo sarà sostituito da Eddie Wu, ora presidente delle divisioni commerciali Taobao e Tmall, mentre come presidente dal miliardario taiwanese Joseph Tsai.

Chi è Joseph Tsai, nuovo presidente di Alibaba. Il profilo del miliardario taiwanese proprietario dei Brooklyn Nets.
La sede di Alibaba a Hangzhou (Imagoeconomica).

Nel 2019 ha acquistato i Brooklyn Nets per la cifra record di 2,1 miliardi di dollari

Nato nel 1964 a Taipei in una famiglia fuggita a Taiwan durante l’esodo del Kuomintang dopo che il Partito Comunista Cinese aveva preso il controllo della Cina continentale, Joseph Tsai a 13 anni fu mandato negli Stati Uniti dai genitori per frequentare le scuole superiori nel New Jersey. Successivamente ha studiato giurisprudenza a Yale, università che aveva frequentato anche il padre, laureandosi in Economia nel 1986 e successivamente in legge presso la Yale Law School. Ammesso come avvocato all’ordine degli avvocati di New York nel 1991, dopo pochi anni nello studio legale Sullivan & Cromwell è passato al private equity, entrando a far parte di Rosecliff, Inc., piccola società di management buyout. Poi il salto a Hong Kong nel 1995, dove ha conosciuto Jack Ma. Colpito dall’idea di quest’ultimo di creare un mercato internazionale di importazione ed esportazione, ha lasciato il lavoro da 700 mila dollari all’anno presso Investor AB, unendosi a Ma e altri 16 co-fondatori di Alibaba. Diventato nel 2013 vicepresidente esecutivo della società oltre che secondo azionista individuale dopo Ma, nel 2019 ha acquisito i Brooklyn Nets per la cifra record di 2,1 miliardi, la più alta mai pagata per una franchigia Nba: la valutazione era stata concordata l’anno prima, quando il magnate era entrato in società con il russo Mikhail Prokhorov, proprietario della squadra dal 2010. Oggi Tsai ha un patrimonio stimato di 7,7 miliardi di dollari.

Chi è Joseph Tsai, nuovo presidente di Alibaba. Il profilo del miliardario taiwanese proprietario dei Brooklyn Nets.
Joseph Tsai (Getty Images).

Secondo cambio al vertice per Alibaba: quattro anni fa Jack Ma era stato sostituito da Daniel Zhang

Si tratta del secondo cambio al vertice di Alibaba: la multinazionale con sede ad Hangzhou dal 1999 al 2019 è stata guidata dal fondatore Jack Ma, che ora si dedica alla filantropia, a cui appunto era succeduto il già citato Daniel Zhang. Il colosso cinese sta rispondendo con un’imponente riorganizzazione alle sfide del post-Covid: a marzo ha infatti annunciato l’intenzione di dividersi in sei unità separate (tra cui cloud, e-commerce, logistica, media e intrattenimento), supervisionate da un proprio amministratore delegato, per permettere a ciascuna di esse di cercare finanziamenti indipendenti.

TIM accelera sulla cybersecurity e premia l’innovazione a supporto delle tecnologie Made in Italy

Un mercato nazionale della cybersecurity in forte sviluppo – con un tasso di crescita media annua dell’11-12 per cento per un valore stimato in circa 2,5 miliardi di euro nel 2025 – e caratterizzato da un’elevata frammentazione, con oltre 3 mila aziende metà delle quali concentrate in tre regioni (Lazio, Campania e Lombardia). Partendo da queste evidenze il Centro Studi TIM ha elaborato il white paper Cybersecurity Made in Italy, presentato oggi a Roma durante l’evento che ha premiato le migliori soluzioni innovative in ambito cyber.

L’evento di TIM sulla cybersecurity

Ad aprire i lavori Elio Schiavo, Chief Enterprise and Innovative Solutions Officer TIM, che ha illustrato il ruolo delle tecnologie cyber e le prospettive di crescita nell’ambito dell’offerta di servizi digitali a 360 gradi che TIM Enterprise rende disponibili alle aziende e alla Pubblica Amministrazione. Dopo un’analisi del mercato della cybersecurity in Italia a cura di Giorgia Dragoni, ricercatrice dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano, hanno fatto seguito gli interventi di Eugenio Santagata, Chief Public Affairs and Security Officer di TIM e Amministratore Delegato di Telsy, e di Bruno Frattasi, Direttore Generale Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che hanno evidenziato l’importanza di fare rete per sviluppare un ecosistema nazionale della cybersecurity, in linea con le iniziative di paesi come Francia e Germania, per consolidare al proprio interno la crescita del settore.

L’analisi dello stato dell’arte del settore

Nel 2022, gli attacchi cyber hanno registrato il valore più elevato di sempre e la maggior percentuale di crescita annua: rispetto al 2021 + 169 per cento in Italia, mentre a livello mondiale + 21 per cento. Gli attacchi nel paese hanno rappresentato il 7,6 per cento del totale globale (Fonte: CLUSIT, Rapporto 2023 sulla Sicurezza ICT in Italia). A fronte di questo scenario, come rilevato dall’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano, il valore del mercato italiano della cybersecurity ha registrato elevati tassi di crescita: 15 per cento e 18 per cento, rispettivamente nel 2021 e 2022.

Secondo quanto emerso dal rapporto del Centro Studi TIM, le realtà dedicate ai servizi cyber che sono riuscite ad affermarsi seguendo un chiaro percorso di crescita rappresentano appena il 10-15 per cento del mercato. Tra queste prevalgono due modelli alternativi: società che si focalizzano su un unico segmento di clientela – ad esempio con servizi dedicati al sistema bancario – e società con un’offerta più ampia “one stop shop” (più della metà delle imprese esaminate) al cui interno è presente almeno una tecnologia proprietaria (tre quarti delle imprese del campione).

Tuttavia, la gran parte del mercato rimane oggi polarizzata tra i grandi gruppi ICT il cui portafoglio di offerta include anche i servizi cyber e piccole realtà molto specializzate che faticano a crescere, e presenta un livello di polverizzazione molto maggiore rispetto a quello degli altri grandi paesi europei. In particolare, l’Italia, secondo le stime del Centro Studi TIM, ha 1,6 imprese di cybersecurity per miliardo di PIL, un numero doppio rispetto al Regno Unito (0,8 imprese per miliardo di PIL) e superiore anche a quello della Spagna (1,2 imprese per miliardo di PIL).

Le dichiarazioni di Santagata  

A fronte dei dati presentati, Eugenio Santagata ha così affermato: «Oggi serve dotarsi di tecnologie proprietarie certificate e gestite internamente al perimetro nazionale e occorrono quindi esperti e competenze specifiche ma anche una cultura nuova. Le aziende premiate oggi testimoniano il potenziale delle imprese italiane nel campo della cybersecurity e sottolineano l’importanza di creare un ecosistema collaborativo per garantire la sicurezza digitale. L’obiettivo è quello di costruire una solida base di cybersecurity italiana che possa competere a livello internazionale. Vogliamo attrarre investimenti e talenti nel nostro paese, promuovere lo sviluppo di tecnologie innovative e creare un ambiente favorevole all’innovazione. In questo modo, potremo affrontare le sfide della cybersecurity in modo efficace e fornire soluzioni affidabili e all’avanguardia per proteggere le nostre infrastrutture digitali».

La Cybersecurity Made in Italy Challenge e le realtà premiate da TIM

Proprio con l’obiettivo di sviluppare nuove soluzioni volte a contrastare il crescente fenomeno legato ai rischi informatici e di arricchire il portafoglio dei servizi TIM Enterprise e Telsy che fanno uso di tecnologie innovative e proprietarie nazionali è stata realizzata la Cybersecurity Made in Italy Challenge.

L’iniziativa rientra tra le attività previste nell’ambito del programma di Open Innovation TIM Growth Platform, il nuovo modello di innovazione basato sulla collaborazione industriale con società ad alto potenziale con l’obiettivo di accelerarne la crescita. La Challenge punta a facilitare l’incontro tra le imprese, soprattutto italiane, che dispongono di soluzioni e competenze ultra-specialistiche e le esigenze ed i bisogni espressi dalle PMI, con l’obiettivo di far crescere tutta la filiera e accelerare la digitalizzazione e l’innovazione del paese.

La sfida ha coinvolto, nel giro di pochi giorni, oltre 50 aziende, PMI, startup e scaleup italiane e internazionali per individuare soluzioni innovative. Ai vincitori verrà offerta una partnership tecnologica e commerciale con TIM Enterprise e Telsy. Le società selezionate avranno infatti un accesso privilegiato al mercato della cybersecurity e la possibilità di crescere ulteriormente.

In particolare, nel corso dell’evento sono state premiate:

  • Ermes per la soluzione che, grazie ad avanzati algoritmi di machine learning, garantisce sicurezza del browser consentendo una navigazione online sicura e protetta, difendendo gli utenti dalle minacce web, preservando la loro privacy e proteggendo i loro dati;
  • Pikered per aver ideato ZAIUX Evo, un “hacker virtuale” che, grazie all’Intelligenza Artificiale, effettua “attacchi etici”, con l’obiettivo di individuare le falle di una rete informatica e fornire le indicazioni per la mitigazione delle vulnerabilità;
  • Sensoworks per aver proposto una soluzione per il monitoraggio intelligente di infrastrutture strategiche (viadotti, tunnel, reti idriche) che acquisisce e analizza in real-time i dati provenienti dai sensori connessi e consente di intervenire tempestivamente migliorando efficienza e sicurezza.

Per Chi Crea, prorogata al 19 luglio la presentazione delle candidature

È stata prorogata al 19 luglio la scadenza per inviare la propria candidatura e aderire a Per Chi Crea, il programma promosso dal Ministero della Cultura e gestito da SIAE che destina il 10 per cento dei compensi della “Copia privata” a supporto della creatività e della promozione culturale dei giovani sotto i 35 anni di età. Interrotto durante la pandemia, il progetto si presenta nell’edizione 2023 con un investimento di oltre 14 milioni di euro che serviranno a favorire la creatività di giovani artiste e artisti residenti in Italia operanti nelle arti visive, performative e multimediali, cinema, danza, letteratura, musica e teatro.

Per Chi Crea, prorogato l’invio delle candidature 

Il cosiddetto compenso della “Copia privata” è quello che si applica ai supporti e agli apparecchi idonei alla registrazione audio/video in cambio della possibilità di effettuare copie ad uso personale di opere protette dal diritto d’autore. SIAE, per legge, riscuote tale compenso e lo ripartisce ad autori, produttori, artisti ed interpreti. Nel 2016, il governo ha previsto che il 10 per cento delle somme così riscosse dovesse essere investito in attività che favoriscano la creatività e la promozione culturale nazionale ed internazionale dei giovani.

Per questo, dal 2 maggio 2023, è possibile aderire al programma Per Chi Crea articolato in tre bandi rivolti ad aziende, scuole, enti e associazioni che presentano un progetto a sostegno di autori, artisti, interpreti ed esecutori under 35 e residenti in Italia. Si tratta, nello specifico, del bando Nuove opere per la realizzazione e promozione di opere inedite, del bando Formazione e promozione culturale nelle scuole riservato alle istituzioni scolastiche ed educative statali del primo e secondo ciclo e del bando Live e promozione nazionale e internazionale per la realizzazione di live tour o rassegne, sia nazionali che internazionali, e progetti di traduzione in altre lingue e relativa distribuzione all’estero.

I bandi privilegiano in particolare i seguenti aspetti:

  • l’ampliamento dell’offerta e della domanda culturale, attraverso azioni volte al superamento del cultural divide;
  • la specializzazione delle professionalità artistiche, anche attraverso il sostegno alla creazione, composizione, edizione, diffusione, esecuzione e promozione di nuove opere di giovani autrici e autori;
  • l’internazionalizzazione, attraverso il sostegno alla diffusione di opere nel mercato internazionale;
  • la promozione e la diffusione degli aspetti più qualificanti della cultura italiana, nella sua dimensione artistica, letteraria e storica, per rafforzare tra i giovani il senso di appartenenza alla Nazione e il ruolo da questa svolto nello sviluppo culturale mondiale;
  • il coinvolgimento di più istituzioni o la realizzazione sulla base di accordi di partenariato tra più soggetti proponenti;
  • l’inclusione sociale.

I dettagli in merito ai progetti da presentare, con materiali e guide operative, sono disponibili sul sito www.perchicrea.it/. Come anticipato, i soggetti interessati potranno inviare la propria candidatura entro mercoledì 19 luglio 2023 attraverso la piattaforma dedicata disponibile sul medesimo sito. I progetti vincitori verranno pubblicati entro il 27 ottobre 2023.

SACE supporta Mygrants e premia Gingem e Human Maple

SACE partecipa al MygrantsDays Summer Edition 2023 e premia Gingem e Human Maple rispettivamente come miglior business idea e impresa già sul mercato. Il contest nasce con l’obiettivo di promuovere e supportare le idee di business e le imprese migranti ed è stato realizzato a Rimini nella cornice di We Make Future, Fiera Internazionale e Festival sull’Innovazione tecnologica e digitale che ha, a sua volta, riconosciuto con un award l’impegno di SACE per l’inclusione e lo sviluppo di competenze imprenditoriali nel Mezzogiorno con il progetto Women in Export: Obiettivo Sud.

Il supporto di SACE a Mygrants e il premio a Gingem e Human Maple

In questa iniziativa SACE è al fianco di Mygrants, la piattaforma che dal 2017 sfrutta l’adaptive microlearning per erogare a migranti percorsi di training, upskilling e assessment in diversi settori professionali per far emergere e allineare i loro background (formali, non formali e informali) al fabbisogno occupazionale italiano. Dal 2021, con Pickme (piattaforma B2B), mette a disposizione a PMI, corporate e agenzie interinali un database che permette loro di accedere a questo talent pool e di individuare e comparare in maniera bias-free i profili più idonei per soddisfare il loro crescente fabbisogno occupazionale.

Gingem è un’alternativa naturale e sana ai più comuni drink energetici, una bevanda a base di zenzero ad alta concentrazione con hibiscus e tamarindo per migliorare la digestione, stimolare il metabolismo e rafforzare il sistema immunitario, senza additivi o conservanti. Human Maple è un marchio che si pone l’obiettivo di migliorare il rapporto uomo-ambiente, prototipando un servizio per la raccolta e il riciclo dei mozziconi di sigarette che possono rappresentare materia prima per, tra gli altri, capi di abbigliamento.

Le dichiarazioni di Frezza

Antonio Frezza, Chief Marketing and Sales PMI di SACE, ha così dichiarato a margine dell’evento: «Noi di SACE siamo orgogliosi di aver selezionato due startup italiane fondate da giovani di origine straniera, che hanno trovato nel nostro paese terreno che ha nutrito il loro talento, permettendo di realizzare i loro sogni imprenditoriali e arricchire con il valore della diversità il Made in Italy. Anche questa iniziativa testimonia l’impegno del Gruppo nella sostenibilità e per lo sviluppo di un’economia sempre più solidale in linea con la nostra missione e i nostri valori».

 

Moby Fantasy, battesimo ad Olbia per il traghetto più grande mai costruito al mondo

Dopo il battesimo ufficiale venerdì 17 giugno 2023 al porto di Olbia, Moby Fantasy è già entrata in servizio sulla tratta Livorno-Olbia. La nuova ammiraglia e 23esima nave della compagnia, nave da record che consente il doppio della capacità di un qualsiasi traghetto oggi in servizio nel Mediterraneo, sarà seguita, in autunno, dalla gemella Moby Legacy che ha recentemente superato con successo le prove in mare. L’arrivo dei due traghetti, entrambi costruiti nei cantieri cinesi di Guangzhou, rafforza il piano industriale di crescita della compagnia leader nel trasporto merci e passeggeri nel Mediterrane. La loro entrata in servizio avrà importanti ricadute sul territorio sia toscano che sardo generando un impatto occupazionale di 500 nuovi posti di lavoro tra diretti e indotto.

Moby Fantasy entra ufficialmente in servizio

Al comando del genovese Massimo Pinsolo e con i suoi 119 membri di equipaggio, con i suoi 237 metri di lunghezza per 33 di larghezza e una stazza lorda di 69.500 tonnellate, Moby Fantasy può trasportare fino a 3 mila persone che alloggeranno nelle 441 cabine tutte con standard da nave da crociera. Inoltre, grazie agli oltre 3.800 metri lineari di garage, può trasportare fino a 1.300 auto o 300 camion. La potenza dei quattro motori di ultima generazione è di 10,8 megawatt ciascuno, per una velocità di crociera di 23,5 nodi con punte di 25.

Moby Fantasy esprime la rivoluzione nel concetto di traghetto così come lo conosciamo oggi: gli standard degli arredi, delle dotazioni e delle cabine sono ai livelli di quelle delle navi da crociera. Ogni singolo particolare – dalla chiglia, ai garage, agli spazi per i passeggeri – è stato studiato con attenzione dai progettisti danesi dello studio OSK Ship Tech sulla base di un concept ideato dall’Armatore Vincenzo Onorato che ha partecipato allo sviluppo del traghetto sin dal disegno iniziale, per assicurare la massima qualità nelle cabine e negli spazi comuni ma anche negli innovativi servizi di ristorazione per offrire ai viaggiatori i migliori standard possibili a bordo.

La nave Moby Fantasy entra in servizio dopo il battesimo ad Olbia
Moby Fantasy (Moby).

La tradizionale cerimonia di battesimo si è svolta alla presenza della madrina d’eccezione Sofia Goggia, sciatrice italiana, campionessa olimpica nella discesa libera a Pyeongchang 2018 e vice campionessa olimpica a Pechino 2022, quattro volte vincitrice della Coppa del Mondo di discesa libera oltre che di due medaglie mondiali nonché simbolo della determinazione e del coraggio. L’atleta azzurra sarà anche ambasciatrice di Moby facendosi interprete di un più ampio progetto della compagnia per diffondere tra i propri ospiti il concetto di «benessere nel movimento» dove lo sport e il viaggio saranno al centro del messaggio per sostenere la salute fisica e mentale come priorità per tutti.

Le dichiarazioni dell’Ad Achille Onorato

Achille Onorato, amministratore delegato di Moby, ha così commentato l’avvio della nave: «Il battesimo di Moby Fantasy rappresenta per tutti noi un nuovo inizio. Non è un punto di arrivo ma un punto di partenza per guardare al futuro con entusiasmo e con la consapevolezza di aver compiuto un percorso virtuoso di ristrutturazione che ci consentirà di crescere e di consolidare il nostro mercato. Attendiamo in autunno l’arrivo della seconda nave, Moby Legacy, che sarà impiegata sulla rotta per la Sardegna offrendo a questa splendida isola l’opportunità di essere servita dalla flotta più giovane e più sostenibile in mare».

La nave Moby Fantasy entra in servizio dopo il battesimo ad Olbia
Achille Onorato (Moby).

E ancora: «La realizzazione di queste due navi risponde in primis a criteri di sostenibilità ambientale ma anche sociale che sono certo saranno riconosciuti e apprezzati dai nostri clienti. Il settore dello shipping sta attraversando un momento di profondo cambiamento, ci sono ancora molte turbolenze dettate dalle normative europee sui carburanti e le nuove regolamentazioni alle quali dovremo prestare continua attenzione. Per questo abbiamo in programma investimenti nel refitting della flotta per 36 milioni di euro che per il 40 per cento saranno co-finanziati grazie al PNRR e realizzati in cantieri italiani generando un ulteriore impatto positivo sul nostro territorio e che ci consentiranno di raggiungere una riduzione complessiva delle emissioni della flotta del 32 per cento superando i requisiti richiesti dalla Fuel EU».

 

Siamo appena agli inizi della digital revolution

I cambiamenti sperimentati finora sono solo un assaggio. La vera trasformazione avverrà nei prossimi 20 anni. E porterà a un’economia Ict driven in tutti i settori.

Se qualcuno pensa oggi che il digitale abbia già apportato un grande cambiamento nelle nostre vite, rimarrà sorpreso di sapere che stiamo vivendo solamente l’inizio di una radicale trasformazione nel business e nella società. I cambiamenti degli ultimi 20 anni di digital revolution avranno pieno impatto nei prossimi 20 e più, fino ad avere un’economia ed una società Ict driven in tutti i settori. Infatti, mentre finora i cambiamenti più visibili erano nelle aree consumer, la rivoluzione e le opportunità digitali si stanno spostando negli ambiti operations, supply chain e nel business to business e business to government, settori più lenti nei cambiamenti ma che quando si muovono lo fanno con una scala che genera impatti molto profondi nel tessuto economico.

NESSUN SETTORE SARÀ RISPARMIATO DALLA RIVOLUZIONE

Non vi è settore che non sarà rivoluzionato. La digital revolution toccherà anche servizi finanziari ed assicurativi, di sicurezza, ma anche l’IT stesso, fino ad arrivare a quei settori considerati “maturi”, quali la logistica, l’agricoltura, l’industria. Ma, concretamente, quali sono i cambiamenti a cui le aziende nei vari settori dovranno prepararsi? Primo fra tutti il business model, cioè il modello fondamentale con cui oggi ottengono profitto. Inoltre, l’evoluzione dovrà tenere conto dei concorrenti attuali, di nuovi possibili entranti, nativi digitali, ma anche degli altri attori nella catena del valore attuale come clienti, distributori e fornitori. Il motto è “il tuo margine è la mia opportunità”. La lotta sarà per il controllo del cliente finale, degli asset strategici, delle competenze critiche e così via.

POCHISSIME AZIENDE ITALIANE TENGONO IL PASSO

Un altro cambiamento fondamentale sarà nella scala minima, nella massa critica, necessaria per restare competitivi in un mondo di giganti. In relazione alla struttura dei costi, agli investimenti in R&D ed in tecnologia, alla scala richiesta per acquisire e controllare competenze, brevetti, dati, accesso a materie prime, asset strategici, canali distributivi. Praticamente, tutti i fattori strategici e competitivi del futuro. Questo non solo per vincere nei mercati di sbocco, ma anche per essere attrattivi nel mercato dei capitali. Nel concreto, poche, pochissime aziende italiane – nei settori non regolamentati – hanno oggi la scala per essere protagonisti nei prossimi 20 anni. A tal fine, il tasso di innovazione del prodotto e di tutti i servizi ad esso collegati che definiscono la customer experience dovranno necessariamente accelerare. L’innovazione dovrà essere continua anche nei processi produttivi, nella gestione della supply chain e delle operations, per poter migliorare costantemente il livello di servizio al cliente mentre, riducendo il cost-to-serve.

Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione

Tutti i cambiamenti elencati finora non potranno che mettere in discussione i modelli organizzativi aziendali tradizionali e verticalmente rigidi. I confini stessi dell’azienda verranno ridefiniti, con un processo di integrazione con l’ecosistema in cui l’azienda opera. Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione, con uno stravolgimento nel ruolo e negli approcci dei manager, che rischieranno di diventare un elemento di rigidità in un sistema che dovrà essere molto fluido. I cambiamenti nei sistemi di gestione delle persone e del capitale umano, saranno ancora più drastici. A parte la sostituzione degli “umani” e dei decisori con robot e con machine learning, dovranno cambiare le modalità di attrazione e ritenzione del talento, delle nuove competenze, così come gli approcci alla divisione del lavoro, al team-working, alla fissazione degli obiettivi e alla misurazione dei risultati e delle modalità di compenso.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO CON GLI AZIONISTI

Ultimo cambiamento, ma non meno importante, sarà nel rapporto con i fornitori di capitale, azionisti in primis. Servono nuovi soggetti, che affianchino gli imprenditori, in grado di comprendere i nuovi modelli di rischio-rendimento, di creare sinergie e modelli di collaborazione all’interno di un certo ecosistema, di accompagnare le aziende in questo percorso di crescita continuo ed incerto con capitali “fedeli” ma anche flessibili nel lungo termine. Grandi sfide, grandi opportunità.

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Come maneggiare i pregiudizi nelle assunzioni e nel marketing

L'effetto alone fa formulare valutazioni specifiche basandosi su impressioni generali. Per esempio facendoci ingaggiare una persona solo per l'aspetto fisico. Colloqui strutturati evitano questa distorsione. Che invece serve a valorizzare i brand. Guida per aziende ai "bias" cognitivi.

Nonostante le loro migliori intenzioni, anche i manager possono cadere preda di generalizzazioni, stereotipi e pregiudizi. Questi meccanismi sono in grado di influenzare profondamente l’individuo e, conseguentemente, l’andamento dell’azienda, arrivando perfino a ostacolarne il buon processo decisionale.

AUTOMATISMI MENTALI CHE CI FANNO SBAGLIARE

I bias cognitivi, così vengono denominate in psicologia le forme di comportamento mentale caratterizzate da valutazioni distorte della realtà, sono molto difficili da individuare e da tenere sotto controllo. Si tratta, infatti, di schemi di deviazione del giudizio, condizionati da concetti preesistenti nella nostra mente, spesso senza legami logici o razionali. Questi errori di giudizio e automatismi della mente possono spingerci a prendere decisioni affrettate, approssimative e sbagliate e avere importanti ripercussioni sulla vita personale e professionale di ognuno di noi.

SPUNTI INTERESSANTI PER LA GESTIONE AZIENDALE

Per questi motivi, alla luce degli studi condotti tra la fine degli Anni 60 e l’inizio degli Anni 70 da due psicologi israeliani, Amos Tversky e Daniel Kahneman, quest’ultimo vincitore del premio Nobel per l’Economia nel 2002, è necessario affrontare questa tematica anche in relazione alla gestione aziendale. In particolare, tra i tanti bias cognitivi esistenti e individuati nel corso di questi anni, l’halo effect o “effetto alone” sembra essere uno dei più interessanti.

IMPLICAZIONI NELLA SELEZIONE DEL PERSONALE

Se da un lato questo è in grado di incidere negativamente su delicate decisioni aziendali, dall’altro può essere sfruttato per incentivare la propria reputazione aziendale. Proprio in un articolo pubblicato sul Mckinsey Quarterly di dicembre 2019 sono state evidenziate le conseguenze dell’effetto alone su amministratori delegati di importanti aziende, in particolar modo come questo possa influenzare il processo di selezione del personale.

L’ASPETTO ESTETICO FA SEMBRARE TUTTO POSITIVO

L’effetto alone, infatti, influenza i singoli individui e li induce a formulare giudizi specifici basati su impressioni generali. In poche parole, secondo quanto riportato dallo psicologo Edward L. Thorndike, il primo a coniare il termine nel 1920, è sufficiente valutare positivamente una singola caratteristica di una persona, come per esempio l’aspetto estetico, per farsi l’idea che in essa siano presenti quasi esclusivamente aspetti positivi.

TEST IDENTICI E INDICATORI PRECISI EVITANO DISTORSIONI

Tra i compiti di un manager vi è certamente un’adeguata selezione del personale. Questa attività, così come il rapporto che si ha con i clienti, è profondamente influenzata dall’effetto alone. Per evitare che questo bias influenzi scelte aziendali, così come riporta l’articolo del McKinsey Quarterly, quando si tratta di decisioni di assunzione, la predisposizione di colloqui strutturati può contribuire a mitigare l’effetto alone. Impostare colloqui o test identici e misurati rispetto a precisi indicatori può certamente aiutare a gestire la selezione del personale.

SERVE UNA SCALA DI VALORI STANDARDIZZATA

Valutare i candidati secondo specifici criteri basati su mission, vision e obiettivi aziendali, utilizzando una scala di assunzione standardizzata, rappresenta certamente una valida soluzione per evitare di incappare nell’effetto alone e per consentire l’assunzione e la formazione di personale allineato sugli stessi obiettivi e valori. Dunque, certamente l’impostazione di colloqui strutturati non previene l’uso di bias cognitivi, ma può aiutare utilmente a ridurli e tenerli sotto controllo.

L’EFFETTO ALONE PUÒ ESSERE UN’ARMA PER IL MARKETING

Differentemente da quanto riportato rispetto all’assunzione del personale aziendale, l’effetto alone può rappresentare un’ottima arma per il marketing. In questo ambito, infatti, l’effetto alone viene ampiamente sfruttato per migliorare l’immagine di alcuni prodotti e posizionare un brand sul mercato. La condivisione di esperienze positive online di prodotti e servizi può influenzare altri clienti, creando così un orientamento positivo a favore dell’azienda stessa. Questo orientamento può essere costruito investendo sulla pubblicità di prodotti di punta e sull’associazione di personaggi famosi a particolari brand.

COSÌ SI AUMENTA FEDELTÀ A MARCHI E VALORI

In conclusione, una volta individuati e compresi i pregiudizi e le distorsioni della realtà che la nostra mente può attuare, è possibile sfruttarli in una visione strategica per implementare la reputazione aziendale e aumenterà la fedeltà a marchi e valori.

*Professore di Strategie di comunicazione, Luiss, Roma

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Workers Buyout, quando il riscatto è frenato dalla burocrazia

Dalla Italcables a Birrificio Messina fino ad Ar.Pa Lieviti. Sono una settantina le aziende in crisi salvate dai dipendenti. Ma i ritardi nell'erogazione della Naspi in un'unica soluzione a chi ne fa richiesta resta un problema.

I lavoratori salvano l’azienda. Diventandone titolari attraverso la creazione di una cooperativa. E così mandano avanti l’attività, trasformandosi di fatto in imprenditori, spesso di successo.

Non è una storia da film, ma le realtà realizzata in decine di casi in Italia. Dalla cartiera Pirinola di Cuneo alla Estesa di Catania, fino alla Ar.pa Lieviti di Bologna.

Talvolta sono nomi noti, come la Ideal Standard di Pordenone o la Birra Messina, in altri casi si tratta di piccole e medie imprese come la Ceramica Noi di Città di Castello, in Umbria, o la 3Elle di Imola. Certo, il risultato non è mai scontato ed è frutto di sacrificio e impegno.

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Solitamente i lavoratori ricorrono a questa soluzione quando l’azienda ha difficoltà a stare sul mercato a causa dei conti in rosso, oppure quando dopo l’uscita di scena del capo, manca un successore o un erede. Così i lavoratori non si danno per vinti e assicurano la continuità produttiva o il risanamento. C’è un dato che colpisce: quasi l’80% di queste realtà registra buoni risultati; solo il 20% non riesce a rilanciarsi. 

IN CINQUE ANNI SALVATI PIÙ DI 1.200 POSTI DI LAVORO

Tutto bene, quindi? Non proprio. I casi sono ancora troppo pochi rispetto alla potenzialità. In Italia sono state mappate almeno 70 workers buyout (Wbo), con più di 1.200 posti di lavoro salvati negli ultimi cinque anni dai diretti interessati. Si potrebbero avere ben altre cifre, visto che purtroppo ci sono migliaia di imprese che falliscono ogni anno. I motivi del percorso a rilento delle Wbo sono sostanzialmente la frammentazione legislativa e alcune volte la lentezza burocratica sulla liquidazione della Naspi in un’unica soluzione – come prevede una norma del Jobs Act – per chi vuole costituire una cooperativa

DA ZANARDI A MANCOOP, LE STORIE DI RISCATTO

E dire che sono numerosi i case history di successo. C’è la veneta Zanardi editoriale, per esempio. Nel 2014 il titolare dell’impresa si è tolto la vita, lasciando la società in grave difficoltà per debiti. La sfida è stata vinta grazie a 24 dipendenti che hanno investito nel progetto la loro mobilità e la cassa integrazione per una somma totale di 400 mila euro. Con il sostegno di altri finanziatori hanno tenuto in piedi l’impresa. Nel primo anno il fatturato è stato di 360 mila euro. Storie del genere non accadono solo al Nord, nonostante esistano delle disparità territoriali. La Mancoop di Latina è nata quattro anni fa quando 52 dipendenti hanno deciso di salvare la fabbrica di imballaggi passata, prima di andare in rosso, da una multinazionale a un fondo lussemburghese e quindi a un’altra multinazionale.

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IN EMILIA-ROMAGNA E TOSCANA VINCE LA CULTURA COOPERATIVA

In Umbria, altra regione flagellata dalla crisi economica, ci sono la Ternipan (ex Novelli) e la Sartoria Eugubina di Gubbio. L’ex Ceramisia di Città di Castello (Perugia) ha addirittura adottato lo slogan «tutti per uno, un sogno per tutti», cambiando il nome in Ceramica Noi. E il “sogno” è aver conservato il posto di lavoro grazie ai 180 mila euro messi insieme dai fondi per Tfr e Naspi. Da un punto di vista territoriale, Toscana ed Emilia-Romagna vantano maggiori casi di successo, potendo contare su una cultura cooperativa molto radicata. Nel primo caso le Wbo sono 10, nel secondo 19. Proprio a Bologna, di recente, c’è stata la rinascita della Ar.pa lieviti. Il proprietario Paolo Fantizzini, 78 anni, aveva deciso di vendere. Prima di rivolgere lo sguardo ad acquirenti esterni, ha avviato un percorso con i suoi lavoratori. Alla fine è rimasto come consigliere vista l’esperienza nel settore, mentre il comando è passato ai lavoratori-imprenditori. E le premesse sono ottime: per il 2019 sono stimati ricavi di 4 milioni di euro con un incremento del 10% del fatturato.

Lo staff del Birrificio Messina.

SICILIA, ISOLA FELICE DEL MEZZOGIORNO

Il divario con il Mezzogiorno è palese: la mappa delle Wbo è praticamente vuota tra Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria. Due piccole oasi sono l’Italcables e la Nuova Ossigeno, entrambe a Napoli. Italcables, azienda siderurgica con sede a Caivano, ha superato la fase difficile grazie al coraggio dei lavoratori: ognuno ha messo a disposizione 25 mila euro, rischiando in proprio. I risultati stanno arrivando, anche se dalla cooperativa sono prudenti circa il futuro per evitare di fare il passo più lungo della gamba. La Sicilia può essere considerata un’Isola felice in questo contesto difficile: tra i sei case history c’è quello di Birra Messina, fondata nel 1923. Il marchio, finito sotto il controllo del colosso Heineken, era stato poi ceduto agli eredi della famiglia Faranda fondatrice del birrificio. Nel 2011, però, l’azienda decise di licenziare, fino a che nel 2014 un gruppo di lavoratori aprì una cooperativa. Oggi Birra Messina è distribuita anche all’estero e sono state immesse sul mercato delle varianti del prodotto.

COME NASCE IL WORKER BUYOUT

Oggi i lavoratori che intendono rilevare un’azienda in affanno devono costituire una coop (in materia stella polare è la Legge Marcora del 1985, poi modificata) e sottoscrivere le partecipazioni come soci. A loro sostegno possono esserci anche investitori istituzionali, come Cfi o Coopfond. Dal 2015 c’è un’altra possibilità: il lavoratore che ha i requisiti per la Naspi può richiedere la liquidazione anticipata, in un’unica soluzione, della cifra che gli spetta. Questa procedura è legata alla presentazione di un progetto analizzato ed eventualmente validato. In quel caso la liquidazione viene versata per intero. 

LO SCOGLIO DEI TEMPI LENTI

Ma qui c’è l’inghippo: i tempi lenti. «È necessario accelerare le procedure amministrative dell’Inps affinché sia garantita in tempi celeri l’erogazione della Naspi in un’unica soluzione ai lavoratori che ne fanno richiesta e servono nuove misure di agevolazione che prevedano la detassazione del Tfr utilizzato dai lavoratori per costituire la nuova impresa», spiega a Lettera43.it la deputata del Movimento 5 stelle, Tiziana Ciprini che ha depositato una proposta di legge sul tema, sollecitando il governo con un’interrogazione alla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, e al titolare del Mise, Stefano Patuanelli. «Lo strumento del worker buyout», aggiunge, «è potenzialmente molto forte in quanto attua una democrazia economica. Ma si tratta di una realtà ancora troppo poco conosciuta».

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